Mamma non autorizzata si reca a scuola per prendere il figlio: condannata per interruzione di pubblico servizio

Nessuna giustificazione per la madre, finita sotto processo per avere compiuto un ingresso imprevisto nell’edificio scolastico e per avere portato via il figlio senza alcuna autorizzazione. Il suo comportamento ha creato tale scompiglio da spingere docenti e allievi a uscire per qualche minuto dalle classi.

Va punita la mamma che si reca a scuola senza preavviso per portare via il figlio – in anticipo sull’orario di uscita – e crea così tanto scompiglio da spingere docenti e allievi a uscire dalle classi, per qualche minuto. Definitiva e sacrosanta, secondo i Giudici, la condanna per interruzione di pubblico servizio Cassazione, sez. VI Penale, sentenza n. 28213/20, depositata il 9 ottobre . Scenario dell’assurda vicenda è una scuola in Puglia. Sotto accusa una mamma, che col proprio comportamento – si è introdotta nella scuola in orario non previsto, utilizzando una porta secondaria, e ha prelevato il figlio senza alcuna comunicazione ed autorizzazione – ha provocato uno stop di qualche minuto alla didattica. Ricostruito l’episodio, i Giudici di merito ritengono legittima la condanna della madre, in quanto ella ha cagionato l’ interruzione e turbato la regolarità delle lezioni scolastiche e si è così resa responsabile del delitto di interruzione di un pubblico servizio . Inevitabile, ovviamente, l’opposizione della mamma, che contesta la decisione emessa in Appello e ritiene erronea la lettura data dai Giudici. Nello specifico, secondo l’accusa l’accaduto ha determinato una agitazione tale da indurre ad interrompere le attività didattiche per affacciarsi nel corridoio a vedere cosa stava succedendo e la situazione si è protratta per circa dieci minuti , ma ciò non è sufficiente, osserva il legale della madre, per ipotizzare il reato contestato, poiché è mancata una incidenza del comportamento della sua cliente sul funzionamento dell’ufficio nel suo complesso, che nella specie ha regolarmente continuato a funzionare . Inoltre, non è concreta la valutazione di apprezzabilità dell’interruzione, non essendo neanche chiarito per quanti alunni ed insegnanti si ingenerò la agitazione generale e per quale ragione le lezioni furono interrotte per quel lasso di tempo , aggiunge il legale, che poi ritiene illogico anche il richiamo al dolo eventuale della sua cliente che sapeva che il figlio che si era recata a prelevare era in segreteria con l’operatore scolastico e non in classe . In ultima battuta, infine, il difensore della stessa ritiene plausibile il riconoscimento della particolare tenuità del fatto, essendosi in presenza di una condotta episodica , del resto dimostrata dallo stato di incensuratezza della sua cliente e sicuramente esigua, in considerazione del breve lasso temporale interessato . La linea difensiva non convince però i Giudici della Cassazione, i quali ritengono invece evidente, come accertato in Appello, la realizzazione di un danno al regolare svolgimento dell’attività scolastica, essendo incontestato che l’introduzione nella scuola della donna in orario non a ciò previsto, utilizzando una porta secondaria retrostante dell’istituto, prelevando il proprio figlio senza alcuna comunicazione ed autorizzazione, con quel che ne è seguito in termini di aggressione verbale nei confronti della collaboratrice scolastica, ha fatto sì che si determinasse tra gli alunni e gli insegnanti in generale un’agitazione tale da indurli ad interrompere le attività didattiche ed affacciarsi dalle aule per capire cosa stesse succedendo e ad intervenire opportunamente, assieme alla dirigente scolastica . Corretta, quindi, la lettura data al comportamento tenuto dalla madre, poiché il reato previsto dal Codice Penale si concretizza anche quando la condotta, pur non determinando l’interruzione o il turbamento del pubblico servizio inteso nella sua totalità, comporta comunque la compromissione del regolare svolgimento di una parte di esso , posto che va tutelato non solo l’effettivo funzionamento di un ufficio o servizio pubblico, ma anche il suo ordinato e regolare svolgimento . Evidente poi, secondo i Giudici, la consapevolezza della madre, che ha tenuto una volontaria condotta trasgressiva , accettando le possibili conseguenze, anche in punto di regolare svolgimento delle lezioni e dell’attività in genere del plesso scolastico . Corretta anche su questo fronte la valutazione compiuta in Appello, laddove si è applicato il principio secondo cui ai fini della configurabilità dell’ elemento psicologico è sufficiente che il soggetto sia consapevole che il proprio comportamento possa determinare l’interruzione o il turbamento del pubblico ufficio o servizio, accettando ed assumendone il relativo rischio . A rendere ancora più grave il comportamento della madre, portando così ad escludere l’ipotesi difensiva della non punibilità , è la constatazione che non era la prima volta che ella travalicava le regole di comportamento in quel contesto scolastico, essendo più volte accaduto che la ricorrente attaccasse, minacciasse, aggredisse, ingiuriasse ed offendesse insegnanti ed operatori per un malinteso senso di difesa del figlio, che ripetutamente assumeva comportamenti intemperanti, aggressivi e violenti sia nei confronti dei propri compagni che degli insegnanti .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 18 settembre – 9 ottobre 2020, n. 28213 Presidente Costanzo – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Lecce, a seguito di gravame interposto dalla imputata Ci. D’Am. avverso la sentenza emessa in data 13/10/2014 dal Tribunale di Brindisi, ha confermato la decisione con la quale la imputata è stata riconosciuta responsabile del delitto di cui all'articolo 340 cod. pen. per aver cagionato l'interruzione e turbato la regolarità delle lezioni scolastiche del 1. Circolo Didattico E. Pessina di Ostuni e condannata a pena di giustizia. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputata che, a mezzo del difensore, deduce 2.1. Violazione dell'articolo 340 cod. pen. e vizio di motivazione in relazione alla affermazione di responsabilità e con riferimento all'elemento oggettivo della condotta. La ricostruzione in fatto operata dal giudice - secondo la quale l'accaduto determinava una agitazione tale da indurre ad interrompere le attività didattiche per affacciarsi nel corridoio a vedere cosa succedeva ed affermando che la vicenda è durata circa dieci minuti - non si attaglia ai confini tracciati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione al reato contestato che richiede per la sua integrazione una incidenza del comportamento dell'agente sul funzionamento dell'ufficio nel suo complesso, che nella specie ha regolarmente continuato a funzionare. La Corte ha omesso di indicare a che cosa veniva ancorata la valutazione di apprezzabilità dell'interruzione non essendo neanche chiarito per quanti alunni ed insegnanti si ingenerò la agitazione generale e per quale ragione le lezioni furono interrotte per quel lasso di tempo. 2.2. Violazione dell'articolo 43 cod. pen. e vizio di motivazione in relazione all'elemento soggettivo del reato, ricostruito dalla sentenza in termini di dolo eventuale senza alcuna motivazione circa la sua rappresentazione da parte della ricorrente che sapeva che il figlio che si era recata a prelevare era in segreteria con l'operatore scolastico e non in classe. 2.3. Violazione dell'articolo 131-bis cod. pen. e vizio della motivazione in relazione all'omesso riconoscimento della particolare tenuità del fatto, essendosi in presenza di una condotta episodica, del resto dimostrata dallo stato di incensuratezza dell'imputata, e sicuramente esigua in considerazione del breve lasso temporale interessato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Il primo motivo è manifestamente infondato, quando non genericamente proposto per ragioni di fatto che non possono trovare accesso in sede di legittimità. Ritiene il Collegio che il Giudice di merito, senza incorrere in vizi logici e giuridici, ha ritenuto sussistente la realizzazione di un danno al regolare svolgimento dell'attività scolastica essendo incontestato che l'introduzione nella scuola della D’Am. in orario non a ciò previsto, utilizzando una porta secondaria retrostante dell'istituto, prelevando il proprio figlio senza alcuna comunicazione ed autorizzazione, con quel che ne è seguito in termini di aggressione verbale nei confronti della collaboratrice Ca., ha fatto si che si determinasse tra gli alunni e gli insegnanti in generale un'agitazione tale da indurli ad interrompere le attività didattiche ed affacciarsi dalle aule per capire cosa stesse succedendo ed intervenire opportunamente, assieme alla dirigente scolastica. Il giudizio si pone nell'alveo di legittimità secondo il quale integra il reato di cui all'articolo 340 cod.pen. la condotta che, pur non determinando l'interruzione o il turbamento del pubblico servizio inteso nella sua totalità, comporta comunque la compromissione del regolare svolgimento di una parte di esso Sez. 6 n. 1334 del 12/12/2018 Ud. dep. 2019 , Carannante, Rv. 274836 integra l'elemento oggettivo del reato previsto dall'articolo 340 cod. pen. anche l'interruzione o un mero turbamento nel regolare svolgimento dell'ufficio o del servizio, posto che la fattispecie tutela non solo l'effettivo funzionamento di un ufficio o servizio pubblico, ma anche il suo ordinato e regolare svolgimento Sez. 6, n. 46461 del 30/10/2013, Giannotti, Rv. 257452 . 3. Il secondo motivo è anch'esso manifestamente infondato, quando non proposto per ragioni di fatto che non possono essere scrutinate in sede di legittimità. La sentenza impugnata ha ritenuto pacifica la ricorrenza dell'elemento soggettivo - considerata la volontaria condotta trasgressiva tenuta - sub specie della accettazione delle conseguenze anche in punto di regolare svolgimento delle lezioni e dell'attività in genere del plesso scolastico. Il giudizio si pone nell'alveo di legittimità secondo il quale, ai fini della configurabilità dell'elemento psicologico del delitto di cui all'articolo 340 cod. pen., è sufficiente che il soggetto attivo sia consapevole che il proprio comportamento possa determinare l'interruzione o il turbamento del pubblico ufficio o servizio, accettando ed assumendone il relativo rischio Sez. 6, n. 39219 del 09/04/2013, Trippitelli, Rv. 257081 . 4. Il terzo motivo è proposto per ragioni di fatto non consentite rispetto alla ineccepibile esclusione della ricorrenza della causa di esclusione della punibilità in ragione degli elementi circostanziali considerati, tenuto conto che non era la prima volta che la imputata travalicava le regole di comportamento in quel contesto scolastico, essendo più volte accaduto che la ricorrente attaccasse, minacciasse, aggredisse, ingiuriasse ed offendesse insegnanti ed operatori per un malinteso senso di difesa del figlio, e che ripetutamente assumeva comportamenti intemperanti, aggressivi e violenti sia nei confronti dei propri compagni che degli insegnanti vedi p. 1 e 5 della sentenza impugnata . 5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo determinare in Euro tremila in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.