Violenza su minore e misure alternative alla detenzione

Secondo la normativa ante legem n. 69/2019, nel caso di riconoscimento dell’attenuante del comma 3 dell’art. 609-bis c.p., l’ordine di esecuzione della pena, di cui all’art. 656 c.p.p., va sospeso sia nel caso che il fatto sia commesso nei confronti di persona maggiore di età che di minorenne.

È facoltà del condannato, in questo secondo caso, partecipare al programma riabilitativo di cui all’art. 13- bis ord. pen., il cui esito positivo potrà essere fatto valere a supporto della propria istanza di ammissione ad una misura alternativa alla detenzione, che viene, comunque, formulata in stato di libertà. Così la Cassazione con sentenza n. 27724/20, depositata il 6 ottobre. Il caso. L’imputato, condannato per il delitto di violenza sessuale nei confronti di soggetto infradiciottenne, proponeva ricorso per cassazione avente ad oggetto il rigetto della istanza di sospensione dell’esecuzione dell’ordine di carcerazione emesso nei suoi confronti per una pena inferiore ai due anni. Secondo il giudice dell’esecuzione, infatti, l’ordine di carcerazione non poteva essere sospeso, nel caso di specie, attesa l’applicazione della disciplina di cui all’art. 4- bis , comma 1- quinquies ord. pen. prevalendo la circostanza speciale della minore età della persona offesa secondo cui per l’accesso alle misure alternative è prevista la valutazione positiva del condannato a seguito della partecipazione al programma riabilitativo di cui all’art. 13- bis stessa legge. Complementarietà dei commi 1- quater e 1- quinquies dell’art. 4- bis ord. pen Secondo il condannato, nondimeno, l’ordinanza meritava censura perché, in realtà, deve applicarsi al caso di specie la disciplina di cui all’art. 4- bis , comma 1-quater ord. pen. che esclude espressamente dal novero dei reati ostativi alla concessione del beneficio della sospensione dell’ordine di esecuzione quello di cui alla fattispecie attenuata dell’art. 609- bis , comma 3 c.p Programma riabilitativo facoltativo nel caso di vittime minorenni. Trattandosi di elencazione tassativa, invero, non vi può essere alcuna preclusione nel caso di specie. Infatti, rileva, che la norma di cui al comma 1-quinquies dispone semplicemente che, nel caso di fatto commesso su persona minorenne, viene devoluta al giudice di sorveglianza la valutazione di uno specifico percorso riabilitativo portato avanti dal condannato. Percorso, peraltro, scelto in via facoltativa da quest’ultimo ed ultroneo rispetto a quello previsto dalla norma di cui al comma 1- quater un anno di osservazione obbligatoria effettuato da parte di un collegio scientifico . Dalla semplice lettura dell’art. 13- bis ord. pen. si ricava, infatti, proprio che nel caso in cui i reati ivi indicati siano commessi in danno di minori, i soggetti possono sottoporsi a un trattamento psicologico con finalità di recupero e di sostegno . Pertanto, secondo il ricorrente, l’errore di cui al provvedimento del giudice dell’esecuzione consiste nell’aver dato prevalenza all’elemento della minore età rispetto al riconoscimento di una ipotesi meno grave. In altri termini, il giudice, piuttosto che applicare in concreto la disciplina di cui al secondo capoverso del comma 1- quater , che prevede un vaglio immediato della istanza di concessione della misura da parte del magistrato o del tribunale di sorveglianza nelle ipotesi attenuate di cui al comma 3 dell’art. 609- bis c.p. , ha ritenuto necessario, secondo un erroneo riconoscimento di un principio di specialità tra norme, dare prevalenza alle condizioni soggettive della vittima, così da richiedere l’avverarsi della condizione di cui al successivo comma 1- quinquies in combinato con l’art. 13- bis ord. pen Tassatività dei reati ostativi. Ritenuto fondato il ricorso, gli ermellini tuttavia hanno rammentato, in prima battuta, come il divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione non vada applicato, in generale, alle ipotesi di violenza sessuale attenuata di cui all’art. 609- bis , comma 3 c.p., in considerazione della mancata inclusione degli stessi nel novero dei reati di cui all’art. 4- bis , comma 1- quater ord. pen., secondo capoverso per i quali invece è richiesto un precedente periodo di osservazione obbligatoria in carcere di un anno , precisando, inoltre, che tale deroga vale anche nel caso in cui l’ipotesi attenuata riguardi un fatto commesso, prima dell’entrata in vigore della l. n. 69/2019, nei confronti di minore di anni diciotto. Precedente normativa. Ed infatti, la vecchia normativa, inquadrava la violenza sessuale su minore, nel combinato disposto dell’art. 609- bis c.p., aggravato dall’art. 61, n. 11- quinquies c.p. l’aver commesso il fatto in danno di persona minore” . Con la legge n. 69/2019, invece, è stata introdotta nel testo dell’art. 609- ter c.p. un’aggravante speciale per il reato di violenza sessuale, permanendo l’aggravante comune per tutti gli altri reati commessi con violenza alla persona. L’interpretazione della Corte Costituzione del principio tempus regit actum . In aggiunta a quanto detto finora, la Corte ha altresì evidenziato come diversi interventi del giudice delle leggi già dalla sentenza n. 32/2020 abbiano ritenuto l’illegittimità dell’interpretazione giurisprudenziale che voleva soggette al principio del tempus regit actum tutte le modifiche peggiorative della disciplina riguardante sia le misure alternative alla detenzione che la sospensione dell’ordine di carcerazione. In base a tale interpretazione, la Corte ritiene non potersi applicare, al caso di specie, la normativa che non consente la sospensione dell’ordine di esecuzione, atteso che l’applicazione con effetti retroattivi di una disciplina modificativa di una norma penale art. 609- ter c.p. sopravvenuta al momento dei fatti, non può esplicare efficacia in materia di ammissione alle misure alternative alla detenzione per fatti commessi prima.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 9 settembre – 6 ottobre 2020, n. 27724 Presidente Siani – Relatore Sandrini Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza indicata il rubrica il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’incidente di esecuzione proposto da V.S. , avente per oggetto l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva dell’ordine di carcerazione emesso nei suoi confronti per l’espiazione della pena di anni 1 mesi 7 giorni 25 di reclusione inflitta con sentenza di condanna per il titolo di reato di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3. Il giudice dell’esecuzione rilevava che, trattandosi di reato di violenza sessuale commesso in danno di persone offese infradiciottenni, doveva trovare applicazione nella fattispecie il comma 1-quinquies dell’art. 4-bis ord.pen. richiamato all’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. a quale condizione ostativa della sospensione dell’esecuzione della pena prevista al comma 5 del medesimo articolo - contemplante, per l’accesso alle misure alternative alla detenzione in carcere, la valutazione della positiva partecipazione del condannato al programma di riabilitazione specifica previsto dall’art. 13-bis ord.pen., così da esigere un giudizio particolarmente rigoroso per la concessione dei benefici penitenziari, in ragione della maggiore gravità dei fatti commessi in danno di soggetti minorenni, ancorché connotati dal riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3 valorizzava, a sostegno della ritenuta prevalenza dell’elemento di specialità costituito dalla minore età della persona offesa contenuto nel citato comma 1-quinquies rispetto a quello della qualificazione del fatto come di minore gravità indicato nell’art. 4-bis, comma 1-quater come idoneo a derogare al divieto di sospensione dell’esecuzione della pena sancito in via generale per il delitto di violenza sessuale , il precedente giurisprudenziale di questa Corte riguardante il caso - ritenuto analogo - dell’art. 609-ter c.p., che aveva limitato alla sola misura della pena l’effetto del riconoscimento dell’attenuante del fatto di minore gravità, senza incidenza sulla previa sottoposizione del condannato a un periodo di osservazione in carcere prima di poter accedere ai benefici penitenziari. 2. Ricorre per cassazione V.S. , a mezzo dei propri difensori, deducendo, con unico motivo, violazione dell’art. 15 c.p., art. 656 c.p.p., commi 5 e 9, art. 4-bis ord.pen., nonché carenza e manifesta contraddittorietà della motivazione, con riguardo alla mancata sospensione dell’ordine di esecuzione della pena per il reato di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3. Premessa la stretta correlazione tra sospensione dell’ordine di esecuzione e possibilità del condannato di accedere alle misure alternative previste dalla legge, il ricorrente deduce che l’art. 4-bis, comma 1-quater ord.pen. esclude espressamente l’ipotesi attenuata prevista dall’art. 609-bis c.p., comma 3, per la quale il V. era stato condannato, dal catalogo dei reati ostativi alla concessione immediata dei benefici penitenziari, rilevando la natura eccezionale di tale catalogo perciò insuscettibile di interpretazioni estensive siccome derogante alla regola generale della fruibilità delle misure alternative da parte di tutti i condannati, in attuazione della funzione rieducativa costituzionalmente attribuita alla pena. Il ricorrente deduce l’inesistenza di una norma preclusiva della concedibilità dei benefici penitenziari nell’ipotesi in cui il fatto di minore gravità ex art. 609 bis c.p., comma 3 sia commesso in danno di minori, rilevando che una tale disposizione non può essere individuata nel comma 1-quinquies dell’art. 4-bis ord.pen., il quale si limita a stabilire che qualora i delitti ivi stabiliti tra i quali la violazione dell’art. 609-bis siano commessi in danno di persona minorenne il giudice di sorveglianza è tenuto a valutare, ai fini della concessione dei benefici penitenziari, la positiva partecipazione al programma di riabilitazione specifica previsto dall’art. 13-bis ord.pen., al quale il condannato ha facoltà di sottoporsi volontariamente anche in regime di libertà la diversità di ratio di tale programma riabilitativo, rispetto all’osservazione scientifica della personalità che deve invece essere obbligatoriamente condotta, in forma collegiale, per almeno un anno ai sensi del comma 1-quater dell’art. 4-bis ord.pen. nei confronti dei soggetti condannati per uno dei reati ivi indicati e che non comprendono l’ipotesi attenuata di cui all’art. 609-bis c.p., comma 3 , esclude qualsiasi incompatibilità reciproca tra le norme di cui ai citati commi 1-quater e 1-quinquies, con la conseguenza che l’istanza di concessione di una misura alternativa formulata dal soggetto condannato per la violazione dell’art. 609-bis c.p., comma 3 non è sottoposta al preventivo espletamento di un periodo minimo di osservazione in carcere, ma può essere immediatamente vagliata dal giudice di sorveglianza a seguito della sospensione dell’ordine di esecuzione da parte del pubblico ministero , a prescindere dal fatto che la persona offesa dal reato sia maggiore o minore di età, salvo il dovere del giudice di valutare - in quest’ultimo caso - l’esito del programma di cui all’art. 13-bis al quale il condannato si sia volontariamente sottoposto. Il ricorrente censura perciò il travisamento della norma di cui all’art. 4-bis ord.pen., comma 1-quinquies operato dall’ordinanza impugnata, che aveva comportato un’inammissibile interpretazione estensiva, in malam partem, del catalogo di reati ostativi, di natura eccezionale, previsti al comma 1-quater, come fatto palese anche dall’erronea individuazione quale caso analogo del precedente giurisprudenziale di questa Corte Sez. 1 n. 39985 del 9.04.2019 invocato a supporto dal giudice dell’esecuzione, che riguardava il diverso caso di condanna per la violazione dell’art. 609-ter c.p., ritenuta dal legislatore sempre ostativa dell’immediata concessione di misure alternative, in assenza di preventiva osservazione scientifica della personalità in regime carcerario, anche nell’ipotesi di riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 609-bis, comma 3, in ragione della maggiore gravità strutturale del reato rispetto a quello di cui all’art. 609 bis. In ogni caso, conclude il ricorrente, anche nella denegata ipotesi in cui si volesse ritenere che le norme di cui all’art. 4 bis, commi 1-quater e 1-quinquies regolino la stessa materia, l’applicazione del principio di specialità imporrebbe di ritenere prevalente la disposizione contenuta nel comma 1-quater, che esclude dal divieto di ammissione immediata ai benefici penitenziari i condannati per fatti di minore gravità di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3. 3. Il Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini che seguono. 2. Questa Corte ha ripetutamente affermato che il divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione della pena non si applica all’ipotesi di violenza sessuale attenuata di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3, per effetto della mancata inclusione - in forza del rinvio normativo operato dall’art. 656, comma 9, lett. a - nel novero dei reati ostativi indicati dall’art. 4-bis, comma 1-quater ord.pen., per i quali opera la presunzione di pericolosità superabile solo all’esito del periodo di osservazione scientifica della personalità condotta in forma collegiale per la durata di almeno un anno Sez. 1 n. 20373 del 24/04/2014, Rv. 263404 Sez. 1 n. 2283 del 3/12/2013, dep. 20/01/2014, Rv. 258293 . L’affermazione di tale principio deve essere ribadita anche nel caso - esaminato dall’ordinanza qui impugnata - in cui i fatti di violenza sessuale ex art. 609 bis c.p., per i quali è stata riconosciuta dal giudice della cognizione l’attenuante oggettiva della minore gravità, siano stati commessi in danno di persona minore degli anni diciotto prima dell’entrata in vigore della L. 19 luglio 2019, n. 69 l’art. 4-bis comma 1-quater, u.p., ord.pen., infatti, non pone alcuna deroga alla regola ivi stabilita che esclude la fattispecie attenuata del reato dal catalogo di quelli ostativi nel quale rientrano, invece, le ordinarie violazioni - non attenuate - dell’art. 609 bis c.p. . 2.1. L’ordinanza gravata ha individuato un’eccezione a tale regola nel disposto del comma 1-quinquies del medesimo art. 4-bis ord.pen., che prevede per una serie di reati contro la personalità e la libertà sessuale dei minori, tra i quali anche il delitto di cui all’art. 609 bis commesso in danno di un minorenne, la valutabilità da parte della magistratura di sorveglianza - agli effetti della concessione dei benefici penitenziari - della positiva partecipazione al programma di riabilitazione specifica di cui all’art. 13-bis ord.pen., al quale il condannato può sottoporsi con finalità di recupero e sostegno. L’opzione ermeneutica compiuta dal giudice dell’esecuzione si fonda sull’assunto dell’esistenza di un rapporto di specialità della norma contenuta nel comma 1-quinquies rispetto a quella del precedente comma 1-quater ultima parte dell’art. 4-bis ord.pen. - nel senso che il comma 1-quinquies conterrebbe un elemento di specificazione, costituito dalla minore età della persona offesa dal reato di violenza sessuale, prevalente su quello della qualificazione del fatto come di minore gravità ai sensi dell’art. 609 bis c.p., comma 3, contenuto nel comma 1-quater, e idoneo a far rientrare comunque il fatto nel novero dei reati ostativi - che non può essere condiviso, in quanto frutto di un’erronea lettura del rapporto tra le due norme e dei rispettivi ambiti di disciplina. Le norme di cui ai citati comma 1-quater e comma 1-quinquies dell’art. 4-bis ord.pen. , invero, hanno contenuti applicativi diversi e non si pongono in rapporto di specialità tra loro, ma semmai di complementarietà della seconda norma rispetto alla prima la possibilità per il soggetto condannato per uno dei titoli di reato sessuale in danno di minori previsti dal comma 1-quinquies di essere ammesso a partecipare - su base volontaria - al programma di trattamento psicologico riabilitativo di cui all’art. 13-bis ord.pen. non si configura, infatti, come un’alternativa rimessa alla scelta dell’interessato alla soggezione obbligatoria al periodo di osservazione scientifica in carcere in forma collegiale per la durata minima di un anno, prevista dal comma 1-quater per i medesimi titoli di reato con la sola eccezione della fattispecie attenuata di violenza sessuale di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3 , ma costituisce soltanto una facoltà aggiuntiva del condannato in funzione di una migliore emenda e della conseguente probabilità di beneficiare, al termine del periodo di osservazione obbligatoria, di una misura alternativa alla detenzione in caso di esito positivo anche del trattamento ex art. 13-bis ord.pen Opinando diversamente, si perverrebbe alla conclusione, illogica e contraria alla ratio normativa, di sostituire al periodo minimo obbligatorio di osservazione in carcere ex comma 1-quater una diversa forma di trattamento riabilitativo rimesso alla volontà del condannato, in tutti i casi in cui la pena da espiare sia stata inflitta per reati sessuali in danno di soggetti minorenni, e dunque per reati strutturalmente connotati da maggiore gravità rispetto a quelli commessi nei confronti di persone maggiori di età. Deve pertanto concludersi che nel caso - che qui rileva - di condanna per il delitto di violenza sessuale ex art. 609 bis c.p. l’età infradiciottenne della persona offesa comporta la possibilità per il reo di partecipare al programma di riabilitazione specifica di cui all’art. 4-bis comma 1-quinquies e art. 13-bis ord.pen. a prescindere dalla maggiore o minore gravità oggettiva del fatto e dunque dal riconoscimento o meno dell’attenuante di cui al comma 3 della norma incriminatrice, senza che ciò interferisca col contenuto normativo del comma 1-quater del medesimo art. 4-bis con la conseguente soggezione obbligatoria del condannato al periodo minimo di un anno di osservazione in carcere prima di poter accedere ai benefici penitenziari in tutti i casi in cui il giudice della cognizione non abbia applicato l’attenuante di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3, mentre nel caso di riconoscimento di tale attenuante l’ordine di esecuzione della pena dovrà comunque essere sospeso ove ricorrano gli altri requisiti richiesti dall’art. 656 c.p.p. indipendentemente dal fatto che il reato - commesso ante legem n. 69 del 2019 - sia in danno di persona maggiore o minore di età e dalla scelta del reo di partecipare, in questo secondo caso, al programma trattamentale volontario di cui all’art. 13-bis ord.pen., del cui eventuale esito positivo potrà valersi a supporto dell’istanza di ammissione a una misura alternativa, da formularsi ex artt. 47 e segg. ord.pen. in stato di libertà. 2.2. Anche il richiamo operato dall’ordinanza impugnata al precedente di questa Corte di cui alla sentenza Sez. 1 n. 39985 del 9/04/2019 Rv. 277487 non è conferente al fine di ricondurre la fattispecie attenuata di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3 commessa in danno di persona minore degli anni diciotto nel novero dei reati ostativi dell’immediata ammissibilità ai benefici penitenziari, sia pure con le precisazioni che seguono. Il suddetto precedente ribadisce l’orientamento consolidato Sez. 1 n. 30497 del 3/06/2010, Rv. 248579 Sez. 1 n. 20896 del 13/05/2010, Rv. 247464 secondo cui i condannati per il reato di violenza sessuale aggravata di cui all’art. 609 ter c.p., pur quando sia stata riconosciuta la circostanza attenuante di cui all’art. 609 bis, comma 3, per poter beneficiare di misure alternative alla detenzione devono essere sottoposti all’osservazione scientifica della personalità, condotta collegialmente, per almeno un anno il titolo di reato per il quale era stata pronunciata la condanna, in questi casi, era quello di cui all’art. 609 ter c.p. e non dell’art. 609 bis, commi 1 e 2 , che è stato ritenuto assolutamente ostativo, anche nella sua fattispecie attenuata, in considerazione della maggiore offensività che connota strutturalmente le forme commissive del reato di violenza sessuale nelle ipotesi elencate nell’art. 609 ter. Nel caso di specie, il V. è stato condannato per il reato di cui all’art. 609 bis c.p. con l’aggravante - contestata e ritenuta dal giudice della cognizione, sia pure con giudizio di subvalenza rispetto all’attenuante di cui al comma 3 della norma incriminatrice - prevista dall’art. 61 c.p., n. 11-quinquies, riguardante il fatto commesso in danno di un soggetto minore di anni diciotto. È vero che, in forza della norma di cui alla L. 19 luglio 2019, n. 69, art. 13, comma 2, lett. a , n. 3 , il fatto di violenza sessuale commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto costituisce ora una specifica circostanza aggravante del delitto di cui all’art. 609 bis, rubricata all’art. 609 ter c.p., comma 1, n. 5, ma la relativa novella - sopravvenuta dopo i fatti giudicati con la sentenza in esecuzione nei riguardi del V. , risalenti agli anni 2014-2015 - non si è limitata a una mera trasposizione e ritrascrizione del precedente disposto dell’art. 61 c.p., n. 11-quinquies nel testo dell’art. 609 ter c.p., avendo invece introdotto una nuova aggravante speciale in luogo della precedente aggravante comune, che resta in vigore per tutti gli altri delitti non colposi contro la libertà personale contemplante una diversa misura dell’aumento di pena, che non è più quello fino a un terzo della pena edittale previsto per tutte le circostanze aggravanti comuni, ma quello fisso di un terzo stabilito per le ipotesi di violenza sessuale aggravata ex art. 609 ter c.p La nuova norma, di diritto sostanziale, ha dunque determinato una modifica in pejus del trattamento sanzionatorio che non può trovare applicazione ai fatti antecedenti la sua entrata in vigore, così che i reati per i quali il V. è stato condannato restano dei delitti di violenza sessuale ex art. 609 bis aggravati ex art. 61 c.p., n. 11-quinquies, e non dei delitti di violenza sessuale aggravata ex art. 609 ter c.p., comma 1, n. 5 , e ciò anche agli effetti della norma di diritto penitenziario di cui all’art. 4 bis, comma 1-quater, ord.pen., che esclude dal novero dei reati ostativi, per i quali opera la presunzione di pericolosità superabile solo all’esito dell’osservazione scientifica della personalità condotta in carcere per la durata di almeno un anno, le violazioni dell’art. 609 bis c.p. per le quali sia stata riconosciuta l’attenuante del fatto di minore gravità. Va ulteriormente rilevato che a seguito degli interventi della Corte Costituzionale che, a partire dalla sentenza n. 32 del 2020, hanno censurato la legittimità della interpretazione giurisprudenziale secondo cui sono soggette alla regola tempus regit actum le modifiche normative peggiorative della disciplina riguardante le misure alternative alla detenzione e il divieto di sospensione dell’ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna sul presupposto che l’applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, è incompatibile col principio di legalità sancito dall’art. 25 Cost., comma 2 , la riconducibilità attuale dei fatti di violenza sessuale, come quelli per i quali il V. è stato condannato, a un titolo di reato che non consente la sospensione dell’ordine di carcerazione - in forza di una norma modificativa del contenuto dell’art. 609 ter c.p. sopravvenuta all’epoca di commissione dei reati - non può comunque esplicare efficacia sulle regole di ammissione alle misure alternative dei fatti pregressi cfr. Sez. 1 n. 17203 del 28/02/2020, Rv. 279215, che su tali presupposti ha affermato il principio dell’inapplicabilità del divieto di sospensione dell’esecuzione della pena di cui all’art. 656 c.p.p., comma 9, lett. a nel caso di condanna per fatti di violenza sessuale commessi prima dell’inserimento del delitto di cui all’art. 609 bis c.p. nel catalogo dei reati ostativi di cui all’art. 4-bis ord.pen. . 3. L’ordinanza impugnata deve pertanto essere annullata, con rinvio al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna, in funzione di giudice dell’esecuzione, per un nuovo giudizio che faccia applicazione dei suindicati principi di diritto, tenendo conto anche delle modifiche che fossero sopravvenute, nelle more, nelle modalità fattuali di esecuzione della pena in atto nei confronti del ricorrente. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bologna. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge. Motivazione semplificata.