Confine tra illegittimo distacco di manodopera e truffa all'INPS per indebita indennità di disoccupazione

Non è equiparabile la posizione di un soggetto che, solo formalmente assunto, non abbia mai operato in favore dell’apparente datore di lavoro e percepisca illegittimamente l’indennità di disoccupazione dall’INPS con quella di colui che, pur illegittimamente distaccato presso un diverso ente, abbia effettivamente svolto attività lavorativa a beneficio di tale diverso ente e abbia ritenuto legittima la percezione della disoccupazione nel periodo di mancata attività lavorativa.

Sul tema la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27283/20, depositata il 1° ottobre. Il Tribunale, adito con richiesta di riesame, confermava il decreto di sequestro preventivo emesso nei confronti di una lavoratrice in relazione al delitto di truffa in danno all’INPS , per aver indebitamente percepito l’indennità di disoccupazione nei momenti in cui non prestava attività lavorativa. Il Tribunale era giunto a tale conclusione poiché la lavoratrice aveva operato come dipendente presso un ente diverso da quello da cui era stata assunta, sulla base di un illegittimo distacco di manodopera. Avverso la decisione la parte propone ricorso a mezzo del proprio difensore lamentando l’assenza di motivazione quanto alla sussistenza della sua consapevole partecipazione al meccanismo illecito in danno all’INPS e l’assenza di motivazione sugli elementi costitutivi il concorso nella truffa ipotizzata. La Cassazione, ritenendo fondato il ricorso, rileva che il Tribunale ha richiamato gli esiti della complessa attività di indagine che aveva disvelato l’esistenza di una struttura associativa dedita alla commissione di una serie di reati in danno dell’INPS, indotto ad erogare prestazioni non dovute in favore di una pluralità di lavoratori cosiddetti fittizi . Lo stesso Tribunale ha posto in rilievo una distinzione tra una parte maggioritaria di lavoratori, che in realtà non aveva svolto alcun tipo di attività , ed altri che avevano svolto una prestazione lavorativa nell’interesse esclusivo di altri Enti, sulla base di un distacco illecito di manodopera . Posto che la ricorrente aveva svolto attività lavorativa presso un Patronato e aveva dichiarato di aver lavorato nell’interesse di soggetti giuridici diversi, il Tribunale ha ritenuto sussistere il fumus del contestato reato di truffa, essendo stata accertata l’illegittimità del distacco della ricorrente , illegittimità che aveva comportato il formale disconoscimento del rapporto di lavoro. Ritenendo fondati i rilievi della ricorrente, la Cassazione osserva che, nel decidere, il Tribunale ha ritenuto sufficiente far leva sull’accertata illegittimità del distacco rispetto alla normativa di settore, lasciando peraltro la posizione della singola lavoratrice del tutto inesplorata . La Suprema Corte rileva che l’automatismo tra illegittimo distacco e consapevole partecipazione della ricorrente alla truffa su cui ha fatto leva la motivazione del Tribunale, risulta meramente assertivo ed autoreferenziale, tanto da conferire a tale passaggio connotazioni di mera apparenza . È infatti del tutto assente l’esposizione dei motivi che hanno indotto il Tribunale a concludere per una piena equiparazione della posizione di un soggetto solo formalmente assunto, che mai ha operato in favore dell’apparente datore di lavoro o di altri, e la posizione di chi - pur distaccato presso un diverso ente in termini non consentiti dalla normativa di settore - ha invece effettivamente svolto attività lavorativa a beneficio di tale diverso ente un soggetto che quindi ben potrebbe essere stato del tutto ignaro della illegittimità del distacco , ed avere conseguentemente ritenuto di essere pienamente legittimato alla percezione delle indennità, nei periodi non coperti da attività lavorativa . Alla luce di questo l’ordinanza impugnata viene annullata, con rinvio al Tribunale per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 17 settembre – 1° ottobre 2020, n. 27283 Presidente Gallo – Relatore Pazienza Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 19/09/2019, il Tribunale di Reggio Calabria, adito con richiesta di riesame ex art. 322 c.p.p. da P.F. , ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso nei suoi confronti dal G.i.p. del Tribunale di Palmi in data 27/06/2019, in relazione al delitto di truffa in danno dell’INPS, come meglio specificato in rubrica. 2, Ricorre per cassazione la P. , a mezzo del proprio difensore, deducendo 2.1. Violazione di legge con riferimento alla ritenuta configurabilità del fumus commissi delicti. Dopo aver ripercorso l’iter motivazionale dell’ordinanza impugnata che quanto alla P. aveva ritenuto sufficiente l’accertato illegittimo distacco della sua posizione lavorativa dalla CONFSAL ASPI, che l’aveva assunta, alla INPAS, e l’avvenuta percezione dell’indennità di disoccupazione , la ricorrente censura la totale assenza di motivazione quanto alla sussistenza di una consapevole partecipazione al presunto meccanismo illecito in danno dell’INPS da parte della , che a differenza della maggioranza delle persone assunte aveva effettivamente svolto attività lavorativa non potendo a tal fine ritenersi sufficiente la mera esistenza di un distacco non legittimo, nè il rilievo peraltro prospettato in termini di mera verosimiglianza per cui l’assunzione per brevi periodi si sarebbe rivelato un espediente. Si segnala altresì il travisamento in cui era incorso il Tribunale, posto che nel verbale di accertamento INPS non era stato dato atto della asserita inesistenza di strumenti per rilevare la presenza in ufficio della lavoratrice. 2. Difetto di autonoma valutazione, da parte del decreto impositivo della misura, degli elementi indizianti specificamente relativi alla P. . La ricorrente richiama il contenuto del decreto, operante un rinvio all’ordinanza applicativa di misure cautelari personali a sua volta contenente una relatio alle considerazioni svolte dal P.M. richiedente , evidenziando l’esistenza solo di riferimenti alla inoperatività delle sedi territoriali e all’assenza di riscontri circa l’attività lavorativa svolta dai singoli , senza alcuna trattazione del fumus del reato contestato quanto ai lavoratori distaccati che avevano svolto attività lavorativa come la P. presso l’ente ad quem. In definitiva, la ricorrente lamenta il carattere del tutto apodittico dell’affermazione del suo coinvolgimento in un sistema illecito, senza alcuna motivazione sugli elementi costitutivi il concorso nella truffa ipotizzata. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato. 2. Nell’illustrare il fumus del reato di truffa all’INPS contestato alla P. e a numerosi altri indagati al capo 7 della rubrica, con riferimento alla illegittima percezione delle indennità di disoccupazione erogate dal predetto istituto indennità ammontanti, per la P. , a complessivi Euro 5.837,32 somma in relazione alla quale il G.i.p. del Tribunale di Palmi ha disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca anche per equivalente , il Tribunale di Reggio Calabria ha richiamato gli esiti della complessa attività di indagine che aveva disvelato l’esistenza di una struttura associativa dedita alla commissione di una serie di reati in danno dell’INPS, indotto ad erogare prestazioni non dovute in favore di una pluralità di lavoratori cosiddetti fittizi pag. 3 del provvedimento impugnato . In particolare, il Collegio reggino ha illustrato le attività ispettive che hanno consentito di individuare una serie di enti coinvolti nella predetta attività illecita, presso i quali erano state incardinate le posizioni lavorative alla base delle indebite erogazioni. A tale ultimo proposito, l’ordinanza ha posto in rilievo una distinzione tra una parte maggioritaria di lavoratori, che in realtà non aveva svolto alcun tipo di attività, ed altri che avevano svolto una prestazione lavorativa nell’interesse esclusivo di altri Enti, sulla base di un distacco illecito di manodopera di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 18, comma 5-bis cfr. pag. 5 dell’ordinanza impugnata il Tribunale, sul punto, ha chiarito che si era trattato di attività svolte a beneficio di patronati consistite nella preparazione e trasmissione di pratiche all’INPS e all’INAIL e di CAF consistite nella raccolta e invio di pratiche all’Agenzia delle Entrate, assistenza ai centri di raccolta, ecc. . Il Tribunale ha poi precisato, con specifico riferimento alla posizione della P. che quest’ultima, assunta dalla CONFSAL FASPI di , aveva svolto attività lavorativa presso il Patronato INPAS della stessa città che la ricorrente aveva dichiarato di aver lavorato nell’interesse di soggetti giuridici diversi dalla CONFSAL che i ratei di indennità di disoccupazione erano stati percepiti dalla P. .Su tali basi, il Tribunale ha ritenuto sussistere il fumus del contestato reato di truffa, essendo stata accertata l’illegittimità del distacco della P. presso l’INPAS di , in considerazione della mancanza di interesse in capo alla CONFSAL illegittimità che aveva comportato il formale disconoscimento del rapporto di lavoro tra quest’ultimo e la P. . D’altra parte, ad avviso del Collegio reggino, nessuna valenza scriminante poteva attribuirsi al fatto che la ricorrente avesse effettivamente svolto attività lavorativa presso il patronato, perché è emerso che era proprio questo uno dei meccanismi posti in essere dall’associazione criminale per frodare lo Stato. È, pertanto, certamente inverosimile che la ricorrente non si fosse resa conto di entrare a far parte di un meccanismo illecito cfr. pag. 7 dell’ordinanza impugnata . 3. I rilievi difensivi, ad avviso di questa Suprema Corte, colgono nel segno. Come già accennato, il Tribunale di Reggio Calabria ha compiutamente ricostruito gli esiti dell’attività investigativa, inserendo la P. tra i soggetti che, a differenza della maggioranza delle persone assunte, avevano effettivamente svolto attività lavorativa, sia pure presso un ente diverso. Tale innegabile differenza ontologica dalle altre posizioni è stata tuttavia ritenuta del tutto irrilevante ai fini della configurabilità del fumus, con specifico riferimento alla consapevolezza della P. di far parte di un complesso meccanismo truffaldino al riguardo, il Tribunale ha ritenuto sufficiente far leva sull’accertata illegittimità del distacco rispetto alla normativa di settore, lasciando peraltro la posizione della singola lavoratrice del tutto inesplorata. Si intende dire che l’automatismo tra illegittimo distacco e consapevole partecipazione della P. alla truffa, proposto dal Tribunale nel passaggio motivazionale qui in precedenza richiamato, risulta meramente assertivo ed autoreferenziale, tanto da conferire a tale passaggio connotazioni di mera apparenza. È infatti del tutto assente l’esposizione dei motivi che hanno indotto il Tribunale a concludere per una piena equiparazione - ai fini specifici che qui interessano - della posizione di un soggetto solo formalmente assunto, che mai ha operato in favore dell’apparente datore di lavoro o di altri, e la posizione di chi - pur distaccato presso un diverso ente in termini non consentiti dalla normativa di settore - ha invece effettivamente svolto attività lavorativa a beneficio di tale diverso ente un soggetto che quindi ben potrebbe essere stato del tutto ignaro della illegittimità del distacco, ed avere conseguentemente ritenuto di essere pienamente legittimato alla percezione delle indennità, nei periodi non coperti da attività lavorativa. 4. Le considerazioni fin qui svolte rendono ultroneo l’esame dell’ulteriore censura prospettata, ed impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per nuovo esame. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria competente ai sensi dell’art. 324 c.p.p., comma 5.