Niente patteggiamento se prima non vengono estinti i debiti tributari

Prima di ammettere le parti all’applicazione della pena concordata prevista dall’art. 444 c.p.p., il giudice deve verificare l’avvenuta estinzione dei debiti tributari, come risulta dalla lettura degli artt. 13 e 13-bis, d.lgs. n. 74/2000, di cui la Corte di Cassazione ha fornito chiare precisazioni.

Così si esprime la Suprema Corte con la sentenza n. 26529, depositata il 23 settembre. Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Brescia propone ricorso contro la sentenza emessa dal Tribunale di Cremona con cui era stata applicata all’imputato la pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. per il reato di cui all’art. 2, comma 3, d.lgs. n. 74/2000. Secondo il ricorrente, infatti, la sentenza era stata emessa in violazione dell’art. 13- bis della suddetta legge, in quanto era del tutto mancante la prova dell’avvenuto pagamento del debito tributario , il quale costituisce presupposto indispensabile ai fini dell’accesso al rito alternativo e sul quale nessuna verifica era stata condotta da parte del Pubblico Ministero, né dell’Autorità giudiziaria, conseguendone perciò l’applicazione di una pena illegale . La Suprema Corte accoglie il ricorso, osservando come il ricorrente abbia richiamato il secondo comma dell’art. 13- bis della legge citata, che ammette al rito alternativo di cui all’art. 444 c.p.p. solamente la parte che abbia adempiuto agli obblighi tributari previsti dal precedente comma o, comunque, abbia estinto il debito verso l’Erario attraverso ravvedimento operoso . Tale norma non lascia spazio a dubbi, avendo lo scopo di precludere l’applicazione della pena ex art. 444 a chi non abbia estinto il debito tributario. La Corte aggiunge che la suddetta norma, letta insieme al precedente art. 13, conduce a rilevare che l’adempimento integrale del debito viene disciplinato dall’art. 13 in qualità di condizione di non punibilità e dal successivo art. 13- bis come circostanza attenuante al primo comma e come presupposto ai fini dell’ammissione al rito oggetto dell’art. 444 c.p.p. al secondo comma . In tal senso, per il reato contestato all’imputato il pagamento integrale del debito tributario costituisce causa di non punibilità quando la condotta riparatoria venga realizzata entro il termine di presentazione della dichiarazione inerente al periodo d’imposta successivo, a condizione che l’autore del reato non abbia ancora notizie formali circa accessi, ispezioni, verifiche o altri accertamenti amministrativi o penali. All’art. 13- bis , invece, è previsto che, fuori dai casi di non punibilità, il pagamento integrale del debito avvenuto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado determina la diminuzione della pena e l’eliminazione delle pene accessorie. Al comma successivo, poi, è stabilito che nei casi previsti dal comma 1, nonché in caso di ravvedimento operoso , e sempre fuori dalle cause di non punibilità , l’imputato ha la possibilità di ottenere l’applicazione della pena concordata . Dunque, in assenza dell’estinzione del debito tributario, non sarà possibile richiedere l’applicazione del rito del patteggiamento. Ricostruito il quadro normativo, gli Ermellini evidenziano che il Giudice avrebbe potuto ammettere le parti al rito di cui all’art. 444 c.p.p. solo dopo aver effettuato una verifica positiva relativa all’avvenuta estinzione dei debiti tributari , verifica di cui non sussiste alcuna traccia. Per questo motivo, la sentenza impugnata viene annullata senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 giugno – 23 settembre 2020, n. 26529 Presidente Izzo – Relatore Marini Ritenuto in fatto Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Brescia propone ricorso nei confronti della sentenza emessa dal Tribunale di Cremona in data 14 dicembre 2018, con la quale, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., è stata applicata al sig. Z.P. la pena di otto mesi di reclusione, oltre pene accessorie, per il reato previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, comma 3, commesso con modello unico PF2013 in relazione all’anno di imposta 2012. A parere del ricorrente, la sentenza è stata emessa in violazione dell’art. 13 bis della medesima legge, in quanto difetta del tutto la prova del pagamento del debito tributario, circostanza che rappresenta il presupposto indispensabile per accedere al rito alternativo e sul quale non è stata effettuata alcuna verifica da parte del pubblico ministero e del giudice. Sussisterebbe, dunque, applicazione di pena illegale, censurabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 448 c.p.p., comma 2. Con conclusioni rese il 27 febbraio 2020, la Procura Generale in sede ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile. A tal proposito il Procuratore Generale richiama la sentenza di questa Sezione n. 48029 del 22 ottobre 2019, in cui si afferma che l’art. 13 della medesima legge prevede che il pagamento del debito tributario costituisca causa di non punibilità del reato previsto dal contestato art. 2, comma 3, con la conseguenza che, atteso l’incipit dell’art. 13 bis, comma 1 Fuori dei casi di non punibilità , che palesemente rinvia al precedente art. 13, la medesima condotta riparatoria non può rappresentare condizione per l’ammissione all’applicazione della pena consentita dal comma 2 della medesima disposizione. Considerato in diritto Il ricorso merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte. Il ricorrente opera un richiamo alla disposizione della L. del 2000, art. 13 bis, comma 2, la quale espressamente ammette alla procedura ex art. 444 c.p.p. solo la parte che abbia adempiuto agli obblighi tributari previsti dal comma precedente o, comunque, estinto il debito verso l’Erario mediante ravvedimento operoso. Tale disposizione, introdotta con il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, art. 12, non lascia dubbi circa la volontà del legislatore di precludere l’applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. al contribuente che non abbia provveduto a estinguere il debito tributario. Le conclusioni del Procuratore Generale presso questa Corte non appaiono condivisibili nella parte in cui fanno discendere dalla citata sentenza 48029 del 2019 conseguenze ulteriori rispetto al tema da essa affrontato, che, tra l’altro, non poteva porsi il problema di coordinare il D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 13 e 13 bis con riguardo alla fattispecie oggi in esame reato ex D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2 , in quanto il richiamo agli artt. 2 e 3 di tale legge è stato inserito nel D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, art. 13 bis, successivo alla sentenza di merito esaminata dalla Corte con la sentenza sopra citata. Questa Corte rileva che una lettura coordinata delle due disposizioni conduce a considerare che l’integrale adempimento tributario viene disciplinato dall’art. 13, citato, quale condizione di non punibilità e dal successivo art. 13 bis quale circostanza attenuante comma 1 e quale presupposto per l’ammissione alla procedura di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. comma 2 . Per i reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13, comma 2, che ricomprendono l’illecita utilizzazione di fatture come disciplinata dal precedente art. 2, comma 3, il pagamento integrale del tributo costituisce causa di non punibilità qualora la condotta riparatoria sia realizzata a Entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, e sempre che b L’autore del reato non abbia ancora notizia formale di accessi, ispezioni, verifiche o di altri accertamenti amministrativi o penali. Il successivo art. 13 bis, precede al comma 1 che, fuori dai casi di non punibilità, l’integrale pagamento compresa l’estinzione del debito e delle sanzioni a seguito di conciliazione oppure adesione all’accertamento che avvenga anteriormente alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, ha come conseguenza sul piano sostanziale la diminuzione della pena e l’eliminazione delle pene accessorie. A sua volta, il comma successivo del medesimo art. 13 bis prevede che nei medesimi casi dell’art. 13 bis, comma 1, nonché nel caso di ravvedimento operoso, e sempre al di fuori delle cause di non punibilità, l’imputato possa ottenere l’applicazione della pena ex art. 444 c.p.p La disposizione è inequivoca nell’affermare che in assenza di estinzione del debito tributario nelle forme di legge le parti non possono richiedere il patteggiamento. In sintesi, dunque, il pagamento integrale del debito, nelle sue forme diverse, comporta La non punibilità del reato, quando effettuato nei limiti temporali previsti dall’art. 13, comma 2, e sempre che l’autore non abbia notizia di accertamenti la riduzione della pena e l’esclusione delle pene accessorie, quando effettuato prima dell’apertura del dibattimento la possibilità di richiedere applicazione di pena ex art. 444 c.p.p. nei casi in cui sono stati superati scaduti i limiti di tempo e di conoscenza che avrebbero reso possibile l’estinzione del reato, Una conferma di tale lettura delle disposizioni di legge citate si rinviene nell’art. 13, comma 3, il quale dispone che l’apertura del dibattimento può essere rinviata dal giudice allorché il debito tributario sia stato riconosciuto dall’imputato e già rateizzato, di tal che il rimborso del debito è in corso ma non ancora perfezionato. Tale possibilità opera anche ai fini dell’applicabilità dell’art. 13 bis si tratta di richiamo che include indubbiamente il comma 2 di tale disposizione. In sostanza, il rinvio serve a consentire all’imputato che sta usufruendo della rateizzazione del debito di poter godere della riduzione di pena e della facoltà di patteggiare. Alla luce delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene inequivoco che l’espressione fatte salve le ipotesi di cui all’art. 13, commi 1 e 2 , che chiude l’art. 13 bis, comma 2, vada letta nel senso che la sentenza ex art. 444 c.p.p. può essere emessa allorché l’estinzione del debito sia avvenuta con tempi e modalità che non consentono la più radicale e favorevole dichiarazione di non punibilità del fatto ai sensi dell’art. 13. La conclusione cui deve giungersi è che il Tribunale di Cremona avrebbe potuto ammettere le parti all’applicazione di pena concordata ex art. 444 c.p.p. solo soltanto avere effettuato la verifica positiva dell’avvenuta estinzione dei debiti tributari. Come correttamente osservato dal ricorrente, la sentenza impugnata non reca traccia di tale verifica e la motivazione omette del tutto di affrontare il punto. Ne consegue che la decisione risulta viziata e gli atti vanno restituiti al giudice di merito perché proceda in conformità alle disposizioni di legge sopra ricordate. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Cremona per l’ulteriore corso.