Cambio di scuola per il figlio: grave la condotta della madre che attesta falsamente il consenso del padre

Sotto accusa una madre, che ha compiuto l’operazione dopo avere rotto la relazione con il padre. Per i giudici del Tribunale, però, la condotta è valutabile come non punibile, poiché inquadrata in una situazione di conflitto tra i due genitori. Di diverso parere i Giudici della Cassazione, che escludono la modesta offensività dell’addebito, essendo evidente l’intento di mendacio perseguito dalla madre, pienamente realizzato e reso ancor più grave dalla circostanza di coinvolgere gli interessi di un figlio piccolo.

Illogico valutare come non particolarmente grave la condotta della madre che porta a compimento il trasferimento scolastico del figlio attestando falsamente la consapevolezza del padre con cui lei ha rotto la relazione. Cassazione, sez. V Penale, sentenza n. 25941, depositata oggi . A finire sotto processo è una madre. Sotto i riflettori l’azione con cui, rotta la relazione col compagno, ha portato a termine il trasferimento scolastico del figlio . Più precisamente, secondo l’ipotesi accusatoria, la madre ha attestato falsamente – in una dichiarazione presentata al dirigente di un istituto scolastico – di avere effettuato con il consenso dell’altro genitore la scelta per l’iscrizione del proprio figlio minore presso il medesimo istituto mentre invece ella aveva trasferito il piccolo all’insaputa del padre , spostandolo tra due regioni differenti. A sorpresa, però, in Tribunale, nonostante le verifiche effettuate sull’episodio incriminato, la madre si salva i Giudici optano per la declaratoria di assoluzione , ritenendo evidente la particolare tenuità del fatto Questa visione viene severamente contestata dal Pubblico Ministero. Consequenziale il ricorso in Cassazione, ricorso con cui vengono rilevate le stranezze” della pronuncia emessa in Tribunale. In particolare, viene evidenziato che secondo il giudice la minima offensività dell’episodio deriverebbe dalle modalità della condotta, occorsa in un quadro di conflittualità fra i due genitori , ma tale rilievo è illogico, poiché semmai l’esistenza di un pregresso contenzioso dovrebbe accrescere la gravità del reato, almeno in punto di intensità del dolo , osserva il Pubblico Ministero. Sempre nel ricorso, poi, si sostiene che il bene giuridico è stato offeso in modo pieno per quanto atteneva all’oggetto della dichiarazione , mentre il fatto che si trattasse di mendacio facilmente accertabile – sol che l’altro genitore palesasse il suo dissenso – non sembra invero comportare una minore offesa del bene giuridico tutelato e tanto meno una offesa particolarmente tenue . Per i giudici della Cassazione sono plausibili le obiezioni mosse dal Pubblico Ministero. Per il Tribunale non può contestarsi che la condotta della donna, la quale – a seguito dell’interruzione della relazione col compagno ha cambiato residenza, trasferendo inevitabilmente anche il figlio – si è limitata ad attestare, nella dichiarazione di responsabilità genitoriale”, la sussistenza del consenso di entrambi i genitori, non risulta connotata da particolare perspicacia e scaltrezza, dovendo essere letta, peraltro, nell’ambito di una controversia evidentemente di accesa conflittualità fra il padre e la madre. Dal Palazzaccio i magistrati ribaltano tale prospettiva, e chiariscono che, invece, il riferimento alla astiosità tra i due protagonisti della vicenda non sembra giustificare in alcun modo la ritenuta, modesta offensività dell’addebito, quand’anche fosse da interpretare come contrapposizione reciproca e non certo unilaterale . E la stessa descrizione del fatto palesa al contrario il chiaro intento di mendacio perseguito dalla donna, pienamente realizzato e reso ancor più grave dalla circostanza di coinvolgere gli interessi di un figlio di ancor tenera età . Di nuovo in discussione, quindi, la posizione della madre, su cui dovrà pronunciarsi una seconda volta il Tribunale, tenendo presenti le indicazioni fornite dalla Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 6 luglio – 11 settembre 2020, n. 25941 Presidente Palla – Relatore Micheli Ritenuto in fatto Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia ricorre avverso la pronuncia indicata in epigrafe, recante la declaratoria di assoluzione di Ya. Li. dal reato a lei ascritto per particolare tenuità del fatto. L'esercizio dell'azione penale nei confronti dell'imputata ha riguardato una condotta qualificata ex artt. 76 del D.P.R. n. 445/2000 e 483 cod. pen. secondo l'ipotesi accusatoria, la donna avrebbe attestato falsamente - in una dichiarazione presentata al dirigente di un istituto di istruzione sito nella provincia di Brescia - di avere effettuato con il consenso dell'altro genitore la scelta per l'iscrizione del proprio figlio minore presso il medesimo istituto quando invece ella aveva trasferito il piccolo, da una scuola materna delle Marche, all'insaputa del padre . Il P.M. ricorrente evidenzia che, secondo il giudice, la minima offensività dell'episodio deriverebbe dalle modalità della condotta, occorsa in un quadro di conflittualità fra i due genitori ma tale rilievo si palesa manifestamente illogico, atteso che - semmai - l'esistenza di un pregresso contenzioso dovrebbe accrescere la gravità del reato, almeno in punto di intensità del dolo. Si legge poi nell'atto di impugnazione, onde sostenere l'inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 131-bis cod. pen., che il bene giuridico, nel caso di specie, è stato offeso in modo pieno per quanto atteneva all'oggetto della dichiarazione , mentre il fatto che si trattasse di mendacio facilmente accertabile - sol che l'altro genitore palesasse il suo dissenso - non sembra invero comportare una minore offesa del bene giuridico tutelato e tanto meno una offesa particolarmente tenue . E' pervenuta memoria nell'interesse della parte civile Ma. Ac. padre del suddetto minore , nella quale vengono rassegnate conclusioni adesive al ricorso del P.g. territoriale. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Secondo il Tribunale di Brescia, infatti, non può contestarsi che la condotta di Li. Ya., la quale - a seguito dell'interruzione della relazione con Ac. ha cambiato residenza, trasferendo inevitabilmente anche il figlio - si è limitata ad attestare, nella dichiarazione di responsabilità genitoriale , la sussistenza del consenso di entrambi i genitori, non risulta connotata da particolare perspicacia e scaltrezza, dovendo essere letta, peraltro, nell'ambito di una controversia evidentemente di accesa conflittualità fra le parti . Il riferimento, ribadito alcune righe dopo, alla astiosità tra i due protagonisti della vicenda, non sembra però giustificare in alcun modo la ritenuta, modesta offensività dell'addebito, quand'anche fosse da interpretare come contrapposizione reciproca e non certo unilaterale. La stessa descrizione del fatto, come risultante dalla rubrica, palesa al contrario il chiaro intento di mendacio perseguito dall'imputata, pienamente realizzato e reso ancor più grave dalla circostanza di involgere gli interessi di un figlio di ancor tenera età. Si impongono, pertanto, le determinazioni di cui al dispositivo, dovendosi prendere atto della natura predibattimentale della decisione de qua. Data la natura peculiare del reato in rubrica, che si assume commesso dalla Li. quale esercente potestà su un minore, la Corte ritiene infine doveroso disporre l'omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, dell'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti del processo, ai sensi dell'art. 52 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196. P. Q. M. Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Brescia.