Sospensione dei procedimenti per Covid-19: nessun automatismo per la custodia cautelare in carcere

In base alle previsioni dell’art. 83, d.l. n. 18/2020 c.d. Cura Italia” , mentre per i casi di cui al comma 2 l’esclusione dalla sospensione dei termini e dal rinvio d’ufficio operava automaticamente, senza alcun impulso di parte, per quelli di cui al comma 3, affinché non operasse, l’imputato o il suo difensore avrebbero dovuto chiedere che l’udienza fosse tenuta, sicché la mancata richiesta di procedere alla trattazione non incide sull’efficacia della misura.

Lo ha stabilito la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24431, depositata in cancelleria il 28 agosto 2020. Custodia cautelare in carcere appena prima del lockdown. Il caso di specie riguarda l’applicazione delle norme processuali - straordinarie e a tempo” - introdotte per effetto dell’emergenza Covid-19 in relazione a un procedimento penale, a carico di un giovane, perciò sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere. L’ordinanza che ha disposto la misura restrittiva è stata impugnata dinanzi al Tribunale del riesame, con notifica di inizio marzo i.e. appena prima del lockdown . In base all’art. 83, d.l. n. 18/2020 c.d. Cura Italia” , il Giudice ha ritenuto - considerato la domanda - di non sospendere il procedimento, restando in attesa di ricevere eventuale istanza difensiva di trattazione che, in effetti, non è mai pervenuta . La difesa, da parte sua, non avendo ricevuto alcun avviso quanto alla fissazione dell’udienza, ha dato per acclarata - stante il decorso dei termini processuali - l’intervenuta inefficacia della misura disposta ex art. 309, comma 9, c.p.p Senonché il Tribunale, quando è stato richiesto - in data successiva - di dichiarare l’inefficacia della misura rigettava la domanda, siccome il termine per tale effetto risultava ancora sospeso in assenza di istanza difensiva per la trattazione ex art. 83, comma 3, d.l. n. 18/2020. Da qui, il ricorso di legittimità presso la Suprema Corte, alla quale è stato chiesto di annullare il provvedimento del Tribunale. Le sospensioni introdotte dal Decreto Cura Italia”. I Giudici romani, nel definire la vicenda, hanno spiegato il perimetro di applicazione delle plurime sospensioni processuali - a geometria variabile” - previste dal d.l. n. 18/2020, in relazione alle pendenze cautelari in sede penale. L’aspetto controverso del caso scrutinato ha riguardato, in buona sostanza, la preliminare riconducibilità del procedimento alla regola generale di cui ai commi 1 e 2 del citato art. 83 ovvero a una delle ipotesi derogatorie i.e. nessuna sospensione previste dal comma 3, per poi comprendere l’esatta portata del regime di sospensione applicabile. L’onere dell’istanza difensiva. Ebbene, ricondotto il procedimento alla casistica di cui al comma 3, gli Ermellini hanno evidenziato come, per effetto delle espresse previsioni della norma, appare di chiara interpretazione che, mentre per i casi di cui al comma 2 l’esclusione dalla sospensione dei termini e dal rinvio d’ufficio operasse automaticamente, senza alcun impulso di parte, per quelli di cui al comma 3, perché non operasse, l’imputato o il suo difensore avrebbero dovuto chiedere che l’udienza fosse tenuta e la mancata richiesta di procedere alla trattazione non incide sull’efficacia della misura . Insomma, in base alle previsioni del decreto, il difensore avrebbe dovuto coltivare l’azione insistendo per la trattazione, senza poter contare sul pur anelato decorso del termine per la declaratoria di inefficacia della misura cautelare impugnata. Ricorso inammissibile, condanna al pagamento delle spese e sanzione pecuniaria. Sul crinale delle considerazioni che precedono la Corte ha confermato quanto statuito del tribunale e, ravvisando la sussistenza della colpa in capo al ricorrente nella determinazione della inammissibilità del ricorso, lo ha altresì condannato alla refusione delle spese di lite e al pagamento della sanzione pecuniaria.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 luglio – 28 agosto 2020, n. 24431 Presidente Piccialli – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. L.S. ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso l'ordinanza del Tribunale del Riesame di Potenza del 31/3/2020, che ha rigettato l'istanza difensiva del 30/3/2020, con cui si chiedeva dichiararsi la perdita di efficacia della misura cautelare, impostale con ordinanza di custodia cautelare in carcere n. 28/2020 RM. C., del GIP del Tribunale di Potenza del 27/2/2020, relativa al procedimento penale n. 482/18 R. G.NR. e n. 308/2019 R.G. G.I.P, eseguita in pari data, con tutte le conseguenze di legge. 2. Il difensore ricorrente premette che, in data 5/3/2020, veniva depositata, presso la Cancelleria del Tribunale di Matera, l'istanza di riesame ex art. 309 c.p.p., avverso l'ordinanza di non convalida di fermo e di parziale accoglimento di richiesta di custodia cautelare in carcere con cui, oltre a richiedere l'annullamento dell'o. si riservava di enunciare motivi nuovi e di depositare documenti, in sede di udienza camerale ed anche che l'indagata potesse comparire personalmente. Poichè, nonostante il decorso del tempo, il difensore non aveva ricevuto alcuna comunicazione inerente alla fissazione dell'udienza camerale, essendo a suo avviso i perentori termini di cui all'art. 309 c.p.p. ampiamente decorsi e ritenendo che la fissazione della camera di consiglio fosse tra le previsioni di cui alla L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 3, per cui non si applicava quanto disposto dai commi 1 e 2 della medesima norma e che, comunque, alcuna udienza era stata fissata e con la richiamata istanza si invocava la violazione dei termini detti, e conseguentemente che, la loro mancata osservanza determinava l'inefficacia della misura ex art. 309 c.p.p., comma 10, chiedeva la remissione in libertà della propria assistita. In data 31/3/2020 il Tribunale di Potenza Sezione Riesame rigettava l'istanza. 3. L.S., a mezzo del proprio difensore di fiducia, deduce i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. a. Inosservanza ed errata applicazione del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 3. Secondo la ricorrente l'ordinanza impugnata partirebbe da un presupposto errato, allorquando afferma che si debba ritenere applicabile il D.L. n. 18 del 2020, comma 1 che prevede che dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate ufficio a data successiva al 15 aprile 2020, ed il comma 2, che prevede, fino a tale data, la sospensione generalizzata di tutti i termini procedurali in materia civile e penale. Da tale originario errore il tribunale del riesame perverrebbe alla conclusione che le disposizioni richiamate non si applicano ai casi di cui al comma 3 D.L. citato e per quanto qui interessa ai procedimenti in cui sono state disposte misure cautelari, a condizione che, in tali ipotesi, il difensore, l'imputato o il detenuto propongano istanza di trattazione, da interpretarsi ope legis come rinuncia ad avvalersi della sospensione dei termini cfr. pag. 2 del provvedimento impugnato e in virtù di tale ragionamento conclude che conseguentemente peri procedimenti instaurati a seguito di istanze di riesame o di appelli cautelari e indipendentemente dalla natura della misura cautelare applicata, è disposto il rinvio d'ufficio delle udienze già fissate, la sospensione fino cd 15/4/2020 di tutti i termini procedurali e l'onere di presentazione dell'istanza con la quale la parte manifesta espressamente la sua intenzione di rinunciare alla sospensione di cui al capoverso del D.L. n. 18 del 2020, art. 83 così sempre a pag. 2 . Per il ricorrente, tale assunto avrebbe avuto, al massimo, valenza qualora il tribunale del riesame avesse, a seguito della presentazione dell'istanza di riesame, fissato la relativa udienza e notificato tale provvedimento al difensore che, solo in tal caso, avrebbe avuto l'onere di presentare istanza di trattazione o avvalersi della sospensione dei termini processuali di cui al D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 9 e non certamente quella del capoverso dell'art. 83 come suggerita dal tribunale. Altrimenti, sarebbe del tutto vanificato, sia l'art. 309 c.p.p., sia il D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 3. L'art. 83, comma 3 si ricorda in ricorso esclude dal differimento d'ufficio le udienze relative ai procedimenti elencati alle lett. a e b e comma 7, in quanto il rinvio ex lege delle udienze fa riferimento solo ai procedimenti non compresi nel citato D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 3, lett. a e b . Infatti, nel settore penale non sono soggette a differimento, nè d'ufficio nè su disposizione del dirigente 1. le udienze relative ai procedimenti di convalide dell'arresto e del fermo 2. i procedimenti nei quali, durante il periodo di sospensione, scadono i termini di cui all'art. 304 c.p.p. 3. quelli nei quali sono state richieste ed applicate misure di sicurezza detentive 4. nonchè i procedimenti in cui i detenuti, gli imputati, i proposti o loro difensori chiedono espressamente che si proceda a. a carico di persone detenute, salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternativa, ai sensi della L. n. 354 del 1975, art. 51 ter b. in cui siano state applicate misure cautelari o di sicurezza c. relativi all'applicazione di misure di prevenzione o nei quali sono state disposte misure di prevenzione. L'art. 83, comma 3, lett. b , n. 2 udienze relative a procedimenti in cui siano state applicate misure cautelari o di sicurezza non opera distinzioni tra le misure cautelari personali e quelle reali e, nell'ambito delle prime, tra quelle custodiali e le altre misure coercitive e interdittive, così come non distingue tra le misure di sicurezza personali non detentive e quelle patrimoniali. Analogamente, l'art. 83, comma 3, lett. b , n. 3 non pone alcuna distinzione tra i procedimenti per l'applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali. Non vi è, però, in tale norma, in relazione ai procedimenti con imputati detenuti, la previsione di un termine entro il quale l'imputato, indagato o i loro difensori, devono rappresentare il proprio interesse alla trattazione. A tal proposito, il ricorrente richiama il parere espresso dal C.S.M in sede di conversione del decreto, deducendo che ivi si parta dal presupposto che ci sia una data fissata, nei termini di legge ex art. 309 c.p.p. nel caso di specie e dopo tale fissazione che, per logica, deve essere notificata, l'imputato o il difensore, entro un termine congruo. possono addirittura, non affermano che devono chiedere che il procedimento sia trattato. E' evidente secondo la tesi proposta in ricorso che l'erronea applicazione di legge, da parte del Tribunale del Riesame di Potenza, inficerebbe inevitabilmente tutto il ragionamento inferenziale, in quanto qualora si potessero invocare le sospensioni processuali di cui all'ordinanza impugnata, queste non possono certamente applicarsi, al caso de quo, non avendo il tribunale del riesame fissato alcuna udienza e pertanto nessuna istanza di trattazione poteva essere inviata dalla difesa e/o dall'indagato. La linearità del ragionamento difensivo si evincerebbe direttamente dalla semplice lettura delle norme richiamate. Ed invero, prosegue il ricorrente, se il D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 9 recita che nei procedimenti penali il corso della prescrizione e i termini di cui agli artt. 303 e 308 c.p.p., art. 309 c.p.p., comma 9, art. 311 c.p.p., commi 5 e 5-bis, e art. 324 c.p.p., comma 7, e al D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159, art. 24, comma 2 e art. 27, comma 6, rimangono sospesi per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lett. g , e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020 , sarebbe tangibile che la fattispecie che ci occupa esulerebbe da tale situazione poichè l'espressione letterale della norma è insindacabile e non altrimenti interpretabile e cioè per aversi il rinvio e sospensione dei termini, occorre che vi sia stata una fissazione di udienza. b. Inosservanza delle norme processuali di cui all'art. 309 c.p.p., commi 5, 9 e 10. Dalla lettura dell'ordinanza si evincerebbe indiscutibilmente, inoltre, la violazione, per inosservanza delle norme processuali stabilite dall'art. 309 c.p.p., comma 5 e 9, con particolare riferimento sia al termine di trasmissione previsto per gli atti da parte dell'autorità giudiziaria procedente entro i 5 giorni e sia in riferimento ai 10 giorni dalla ricezione degli atti per l'emanazione del provvedimento da parte dal tribunale del riesame. Il difensore ricorrente lamenta di essere stato posto nella materiale impossibilità di verificare la regolarità dell'osservanza dei termini detti, poichè allorquando è stata presentata l'istanza di declaratoria di inefficacia della misura il Tribunale della Libertà di Potenza, non aveva ancora provveduto alla notifica del decreto di fissazione della camera di consiglio e nessuna norma prevede la sospensione automatica dei termini procedurali, nel caso che ci riguarda, al contrario di ciò che si afferma nell'ordinanza impugnata. Si ribadisce che, non vi è alcuna sospensione automatica ai sensi del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 3, nel caso de quo e non si applica automaticamente, il capoverso del medesimo art. 83. Tra l'altro, pur stando alle indicazioni fornite nel provvedimento che si impugna, si rinviene che l'atto di impugnazione sarebbe pervenuto in data 18 marzo 2020, pur essendo stato depositato al Tribunale di Matera ben 15 giorni prima e cioè il 5 marzo 2020 e che gli atti, del P.M. sarebbero giunti alla cancelleria del tribunale del riesame solo il 23 marzo 2020. Al di là della considerazione che pure l'indicazione del 23 marzo 2020 come data dalla quale far decorrere i dieci giorni per l'emissione del provvedimento prosegue il ricorso sarebbe sintomatica dell'errore in cui è incorso il Tribunale del Riesame di Potenza, si censura il provvedimento impugnato laddove ritiene che, alla data del 31 marzo 2020 data di notifica dell'ordinanza impugnata , nessuna anomalia si possa invocare poichè l'inefficacia della misura oggetto di riesame è prevista nelle sole ipotesi di cui all'art. 309 c.p.p., comma 10 e non anche per la mancata fissazione dell'udienza camerale di comparizione delle parti che soggiace alla generale sospensione dei termini procedurali contemplata dal citato capoverso dell'art. 83 . Per il ricorrente, invece, se non si osservano i termini di cui all'art. 309, commi 5 e 9 e non viene fissata la camera di consiglio, è chiaro che siamo nell'ipotesi di cui all'art. 309 c.p.p., comma 10 perchè il tribunale, per logica, non potrebbe decidere entro 10 giorni dal ricevimento degli atti, se non fissa la relativa Camera di Consiglio. Inoltre, già il rinvio al capoverso dell'art. 83 sarebbe materia assolutamente esulante il caso di specie poichè il D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 3, afferma testualmente le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non operano nei seguenti casi Procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti . Indubbio sarebbe che il caso che ci riguarda sia quello di una misura cautelare personale per la quale -secondo la tesi che si sostiene in ricorso il richiamo al capoverso dell'art. 83 sarebbe inapplicabile, ferma restante la possibilità del difensore e/o dell'indagato di avvalersi della sospensione dei termini ma solo dopo aver ricevuto in notifica, la data di fissazione della camera di consiglio. Per il ricorrente solo la fissazione dell'udienza gli avrebbe imposto l'onere di inviare eventuale istanza di espressa trattazione o tacito consenso al rinvio e solo in tale ultima ipotesi si può parlare di sospensione dei termini ex art. 83, comma 3, lett. b in combinato disposto con il D.L. n. 18 del 2020, comma 9. c. Contraddittorietà ed illogicità della motivazione. Le poche righe e la laconicità del provvedimento impugnato sarebbero per il ricorrente oltremodo contraddittori ed illogici, in quanto, se da un lato si rinvengono nel provvedimento impugnato richiami all'art. 83 del D.L. citato, in maniera contraddittoria ed illogica si riterrebbe, però, poi di non applicarli al caso concreto. In particolare, a pagina 2, espressamente il tribunale del riesame ritiene che le norme di cui al D.L. citato, art. 83, comma 3, si applicano ai procedimenti in cui sono state disposte le misure cautelari a condizione che il difensore o l'imputato propongano istanza di trattazione da considerarsi come rinuncia ad avvalersi della sospensione dei termini. Ebbene, per quanto già in precedenza detto, il difensore ritiene che non avrebbe potuto in alcun modo presentare alcuna istanza da valere come rinuncia ad avvalersi della sospensione dei termini, poichè nessuna fissazione di udienza, gli era stata notificata E nemmeno il tribunale, autonomamente, avrebbe potuto decidere di sospendere i termini. Sempre nel medesimo provvedimento, infine, sarebbe evidente la contraddittorietà nella parte in cui è proprio il tribunale del riesame a ritenere operante il rinvio d'ufficio delle udienze già fissate, con sospensione dei termini fino al 15 aprile 2020. Però, nel nostro caso, oltre a non trovare applicazione l'art. 83, comma 1 e 2 del D.L. più volte, dallo stesso citato, non vi era nessuna udienza fissata e quindi nessun rinvio d'ufficio che comunque non poteva farsi con sospensione dei termini, può invocarsi, anche se il rinvio d'ufficio delle udienze, è previsto si, dal D.L. n. 18, art. 83, nn. 1 e 2, ma fanno eccezione quelle che riguardano le controversie ed i procedimenti, espressamente indicati al comma 3 del medesimo articolo che, riguarda il caso de quo. Il criterio interpretativo del D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 3, dovrebbe essere per il ricorrente quello che esclude che possano ritenersi sospesi automaticamente i termini previsti per l'adozione di tutti quegli atti funzionali alla tutela di diritti costituzionalmente garantiti. Ne conseguirebbe, dunque, secondo la tesi proposta in ricorso, che è assolutamente infondata la considerazione che il tempo di fissazione dell'udienza camerale per la comparizione delle parti sia un atto del procedimento che soggiace alla regola generale della sospensione dei termini procedurali poichè in tema di misure cautelari non può certamente applicarsi la normativa che esclude le sospensioni ed agli atti prodromici applicarla e per la verità andando anche oltre e cioè invocando l'applicazione del capoverso dell'art. 83 citato cfr pag. 2 . Chiede pertanto che questa Corte annulli l'ordinanza impugnata, con tutte le conseguenze di legge. 3. In data 17/6/2020 il P.G. presso questa Suprema Corte ha rassegnato le proprie conclusioni scritte per l'odierna udienza camerale senza discussione orale celebrata ai sensi del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 12-ter, come convertito dalla L. 24 aprile 2020, n. 27 chiedendo dichiararsi inammissibile il proposto ricorso. Considerato in diritto 1. Il proposto ricorso è inammissibile. 2. Pacifiche sono le scansioni temporali della vicenda che ci occupa. In data 5/3/2020, L.S., a mezzo del proprio difensore, depositava presso il Tribunale di Matera istanza di riesame dell'ordinanza sopra menzionata. L'atto di impugnazione perveniva alla cancelleria del Tribunale di Potenza in data 18/3/2020 e il 23/3/2020 pervenivano alla cancelleria di quel tribunale del riesame gli atti trasmessi dal PM ai sensi dell'art. 309 c.p.p., comma 5. Orbene, in primo luogo, va evidenziato come si palesi priva di fondamento qualsivoglia doglianza riguardante il tempo tredici giorni impiegato dall'istanza in questione perchè pervenisse, ivi speditavi dal tribunale materano, al tribunale potentino. Al di là di qualsivoglia considerazione in ordine alla pur rilevante circostanza che si fosse in piena emergenza coronavirus, va rilevato che è stata la giurisprudenza di questa Corte di legittimità a prevedere, nonostante la specifica indicazione di cui all'art. 309 c.p.p., commi 4 e 7, secondo cui la richiesta di riesame va presentata nella cancelleria del tribunale del riesame distrettuale, che l'art. 582 c.p.p., comma 2, che permette di presentare l'impugnazione nella cancelleria della pretura del luogo in cui le parti private e i difensori si trovano, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, non avesse carattere eccezionale e trovasse perciò applicazione anche per le procedure di riesame cautelare, essendo espressione del principio del favor impugnationis e perciò non potendo essere interpretato in senso restrittivo, rigorosamente ancorato al dato testuale. Pacifico allora che, come nel caso che ci occupa, in tema di impugnazioni di misure cautelari personali, l'atto di impugnazione può essere presentato, oltre che nella cancelleria del tribunale del luogo nel quale ha sede la corte di appello o la sezione distaccata della corte di appello nella cui circoscrizione è compreso l'ufficio del giudice che ha emesso il provvedimento, anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano le parti private o i difensori, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti a un agente consolare all'estero, altrettanto consolidato è il dictum di questa Corte secondo cui, qualora la richiesta di riesame sia presentata nella cancelleria del tribunale in cui si trovano le parti ovvero spedita con le modalità di cui all'art. 583 c.p.p., i termini a disposizione del tribunale del riesame per ricevere gli atti dall'autorità procedente e per emettere la propria ordinanza decorrono comunque dal giorno in cui detta richiesta perviene alla cancelleria del tribunale del riesame stesso, restando a carico delle parti richiedenti il lasso di tempo intercorrente tra la presentazione o spedizione della richiesta e il suo successivo pervenimento al tribunale competente cfr. ex multis Sez. 3, n. 4113 del 17/12/2007 dep. 2008, Tanase ed altro, Rv. 239242 Sez. 1, n. 30526 del 8/7/2011 Abderrahman, Rv. 250911 . Sin dal 2000, peraltro, le Sezioni Unite di questa Corte Sez. Un. 10 del 22/03/2000, Solfrizz, Rv. 215827 avevano, peraltro, chiarito che il principio enunciato nella sentenza n. 232 del 1998 della Corte costituzionale, in virtù del quale il termine in questione decorre dal giorno stesso della presentazione della richiesta, è riferito solo al caso, esplicitamente previsto dall'art. 309 c.p.p., comma 4, prima parte, di presentazione della richiesta direttamente al tribunale competente a decidere su di essa, al quale va assimilata l'ipotesi della presentazione, a norma dell'art. 123, da parte di imputato detenuto, in stato di arresto o detenzione domiciliare, ovvero custodito in luogo di cura conf. Sez. un., 22 marzo 2000 n. 11, Audino, non massimata sul punto cfr. anche Corte Cost., 22 giugno 1998 n. 232, 23 giugno 1999 n. 269, 1 dicembre 1999 n. 445, 2 marzo 2000n. 69 . 3. Il 23.3.2020 gli atti del PM, dunque, pervenivano alla cancelleria del PM entro il termine di cui all'art. 309 c.p.p., comma 5, computato correttamente a far tempo dal 18.3.2020. In condizioni normali, pertanto, il 23/3/2020, il tribunale potentino avrebbe dovuto fissare l'udienza ex art. 309 c.p.p., comma 8. Tuttavia, correttamente i giudici del gravame cautelare hanno applicato le disposizioni di cui al D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, norma di portata generale, che si applica ai procedimenti penali pendenti in ogni stato e grado. La disposizione di cui al D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 1,, infatti, va coordinata con i successivi commi 2 e 3, i quali prevedono, il comma 2, la sospensione del decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti sia civili che penali, mentre il comma 3 individua le eccezioni alla regola del rinvio di ufficio e della sospensione dei termini processuali. In particolare, il comma 3 stabiliva che la sospensione dei termini e il rinvio d'ufficio delle udienze di cui commi 1 e 2 non operasse 1. per i procedimenti di convalida dell'arresto o del fermo 2. per i procedimenti nei quali nel periodo di sospensione scadessero i termini di cui all'art. 304 c.p.p. 3. per i procedimenti in cui fossero applicate misure di sicurezza detentive o è pendente la richiesta di applicazione di misure di sicurezza detentive. Inoltre, la sospensione dei termini e il rinvio d'ufficio delle udienze non operavano, quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente avessero richiesto che si procedesse per a procedimenti a carico di persone detenute, salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative, ai sensi della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 51-ter b procedimenti in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza c procedimenti per l'applicazione di misure di prevenzione o nei quali sono disposte misure di prevenzione. E' dunque fuori discussione che il caso in esame, che riguardava un soggetto detenuto, rientrasse nella previsione di cui al D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 3. Orbene, appare di chiara interpretazione che, mentre per i casi di cui al comma 2 l'esclusione dalla sospensione dei termini e dal rinvio d'ufficio operasse automaticamente, senza alcun impulso di parte, per quelli di cui al comma 3, perchè non operasse, l'imputato o il suo difensore avrebbero dovuto chiedere che l'udienza fosse tenuta e la mancata richiesta di procedere alla trattazione non incide sull'efficacia della misura. Tale richiesta di trattazione, che il difensore avrebbe potuto inoltrare direttamente al Tribunale di Potenza, a mezzo PEC, o anche attraverso i già utilizzati canali d'impugnazione ex art. 582 c.p.p., comma 2 non è stata mai avanzata. A fronte di tale dato, incontestato, la tesi difensive è che il tribunale del riesame potentino avrebbe dovuto comunque fissare una data di udienza, potendo solo una volta avuto notizia di quella il difensore optare per la richiesta di trattazione o meno. Si tratta, tuttavia, di un assunto che non trova fondamento alcuno nel più volte richiamato dettato normativo emergenziale di cui al D.L. n. 18 del 2020. In assenza di una richiesta di trattazione il tribunale potentino avrebbe potuto da subito fissare l'udienza oltre il termine del 15 aprile 2020. E, mancando la richiesta in questione, sarebbe stato costretto poi a rinviarlo oltre le successive scadenze dell'11 maggio cui il D.L. 8 aprile 2020, n. 23 aveva prorogato il termine previsto dal D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, commi 1 e 2. Tuttavia, come pure potevano fare, essendo i termini sospesi, i giudici del gravame cautelare non hanno proceduto ad immediata fissazione dell'udienza, restando in attesa di un'eventuale istanza difensiva che non è arrivata, e potendo in ogni momento fissare la procedura, in assenza di quella, dopo la scadenza del più volte ricordato termine di cui al D.L. n. 18 del 2020, art. 83 comma 1, con il rispetto del termine di tre giorni prima per le notifiche alle parti di cui all'art. 309 c.p.p., comma 8. Allorquando in data 23/3/2020 il tribunale del riesame di Potenza ebbe a ricevere gli atti dal PM, il termine per l'inefficacia della misura di cui all'art. 309 c.p.p., comma 9, era sospeso, in assenza della richiesta difensiva di trattazione di cui al D.L. n. 18 del 2020, art. 83, comma 3, vedeva il dies a quo ripartire il 15 aprile 2020. Pertanto, allorquando in data 30/3/2020 il difensore avanzava richiesta di declaratoria di inefficacia della misura in atto, la stessa era manifestamente infondata e, pertanto, correttamente il tribunale potentino l'ha rigettata, con il provvedimento che oggi si impugna. 4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000 , alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo. Vanno dati gli avvisi di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.