Non sussiste falsità materiale di un atto senza attività di contraffazione

Ai fini della condanna per il reato di cui agli artt. 482-477 c.p. è necessario verificare che il documento prodotto sia stato oggetto di un’attività di contraffazione tale da farlo apparire il documento originale oppure la copia conforme, originale, dell’atto corrispondente.

Così si esprime la Corte di Cassazione nella sentenza n. 23940/20, depositata il 13 agosto. La Corte d’Appello di Lecce confermava la sentenza del Tribunale di Taranto con cui l’imputato era stato condannato per i reati di cui agli artt. 640, 477 e 482 c.p Nello specifico, il fatto verte sul prelievo abusivo di carburante agricolo da parte dell’imputato mediante l’utilizzo di una copia del libretto intestato ad altra persona. Propone ricorso per cassazione l’imputato, censurando, tra i diversi motivi, l’assunto della Corte per cui l’utilizzo della copia sarebbe rilevante perché proveniente da colui che non è titolare del documento originale. Gli Ermellini dichiarano il ricorso fondato in relazione al motivo sopra indicato, inerente alla sussistenza del reato di cui agli artt. 482-477 c.p A tal proposito, la Corte osserva come, secondo la ricostruzione dei fatti effettuata dal Giudice di secondo grado, l’imputato abbia usato la copia fotostatica del libretto di certificazione UMA intestata ad altro soggetto per acquistare carburante agricolo, operazione andata a buon fine poiché la persona offesa non si era accorta del fatto. Con una tale ricostruzione, gli Ermellini rilevano che la Corte d’Appello ha escluso il reato de quo nel solo caso in cui l’impiego della fotocopia sia effettuato dallo stesso intestatario del documento riprodotto, fondandone la sussistenza sull’ uso della copia anziché dell’originale e sull’impiego da parte di soggetto diverso rispetto al legittimo detentore. Così facendo, però, il Giudice ha ignorato il principio in base al quale, in siffatti casi, l’attenzione va posta sul fatto che la copia di un documento si presenti o venga esibita con caratteristiche tali, di qualsiasi guisa, da voler sembrare un originale, ed averne l’apparenza, ovvero la sua formazione sia idonea e sufficiente a documentare nei confronti dei terzi l’esistenza di un originale conforme . Tale principio è stato evidenziato anche dalle Sezioni Unite , le quali hanno sottolineato che lo stesso soggetto che produce la copia deve anche compiere un’attività riconducibile alla contraffazione che incida materialmente sugli elementi che caratterizzano il documento prodotto in tal modo, facendolo apparire originale. Ora, nel caso di specie la Corte d’Appello ha trascurato di verificare se il libretto prodotto dal ricorrente fosse stato o meno oggetto di un’attività di contraffazione tale da farlo sembrare il documento originale ovvero la copia conforme dell’atto originale, dunque la sentenza va annullata in relazione al reato di cui agli artt. 482-477 c.p

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 15 luglio – 13 agosto 2020, n. 23940 Presidente Rago – Relatore Pacilli Ritenuto in fatto Con sentenza del 3 luglio 2019 la Corte d’appello di Lecce - Sezione distaccata di Taranto ha confermato la sentenza del Tribunale di Taranto, con cui R.G.P. è stato condannato alla pena ritenuta di giustizia in relazione ai reati di cui all’art. 640 c.p., art. 61 c.p., n. 7, nonché agli artt. 477 e 482 c.p., art. 61 c.p., n. 2. Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, che ha dedotto i seguenti motivi 1 violazione degli artt. 120 e 640 c.p., stante il difetto di querela da parte della persona offesa dal reato di cui al capo a dell’epigrafe, da identificarsi in G.R. , legale rappresentante della omissis s.a.s. che avrebbe ceduto il carburante, e non in C.F. , rimasto estraneo al rapporto tra l’imputato e l’anzidetta società e che non avrebbe subito un danno patrimoniale 2 violazione dell’art. 61 c.p., n. 7, essendo stata riconosciuta la circostanza del danno di rilevante entità, pur in presenza di un pregiudizio limitato in rapporto alla capacità produttiva della omissis s.a.s., facente capo al G. 3 violazione dell’art. 74 c.p., per essere stata ammessa la costituzione di parte civile di C.F. , estraneo al rapporto contrattuale tra la omissis s.a.s. e l’imputato e non pregiudicato dalla condotta di quest’ultimo 4 violazione dell’art. 640 c.p., non ricorrendo l’elemento costitutivo dei raggiri e degli artifici, necessari a trarre in inganno la vittima, per la grossolanità della condotta decettiva e per la posizione soggettiva del G. , dotato essendo nel settore del commercio di carburanti da oltre 20 anni di capacità e conoscenze tali da non potere essere tratto in inganno dall’imputato, presentatosi, secondo il costrutto accusatorio, con la fotocopia di un libretto, intestato a soggetto diverso da sé, per fornirsi di carburante per l’esecuzione di lavori agricoli su terreni intestati a un altro soggetto. Inoltre, non potrebbe qualificarsi in termini di raggiro la condotta volta a ingenerare l’affidamento contrattuale attraverso l’adempimento delle prime prestazioni e la successiva consegna di titoli sprovvisti di copertura 5 violazione dell’art. 78 c.p., lett. d , essendo l’atto di costituzione di parte civile, depositato dal C. , assolutamente carente sotto il profilo del petitum e della causa petendi, che devono individuarsi in quelli di cui all’art. 163 bis c.p.c., ad eccezione del caso in cui essi non siano contenuti nello stesso atto di citazione a giudizio. Di contro, nel caso in esame, i capi di imputazione farebbero riferimento come persona danneggiata alla omissis s.a.s. e mancherebbe la diretta riferibilità alla sfera patrimoniale del C. , così che la costituita parte civile avrebbe dovuto spiegare, almeno sommariamente, le ragioni della costituzione 6 violazione degli artt. 477 e 482 c.p., essendo erroneo l’assunto della Corte territoriale secondo cui l’uso della copia sarebbe rilevante poiché effettuato dal non titolare del documento originale e secondo cui l’imputato avrebbe utilizzato la copia spacciandola per l’originale circostanza comunque ben nota alla persona offesa G. , essendo un semplice foglio mentre l’originale avrebbe la consistenza di un quaderno 7 vizio di motivazione in relazione ai reati ascritti al ricorrente, per non avere la Corte d’appello considerato che l’elemento rilevante del reato di falso non è l’appartenenza o l’intestazione del documento in capo all’agente quanto piuttosto l’utilizzo della copia spacciata come originale circostanza, questa, del tutto non credibile per la conformazione e la consistenza dell’originale del libretto U.M.A., non confondibile - per di più da un esperto del settore - con un foglio in fotocopia, privo di una copertina nonché delle firme e dei timbri in originale relativi ai precedenti prelievi. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato solo con riguardo alle censure relative alla sussistenza del reato di cui agli artt. 482 e 477 c.p., mentre è inammissibile nel resto. 1.1 Il primo e il secondo motivo sono manifestamente infondati. Questa Corte Sez. 2, n. 48734 del 6/10/2016, Rv. 268446 ha già avuto modo di affermare che, nel valutare l’applicabilità della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, può farsi riferimento alle condizioni economico-finanziarie della persona offesa solo qualora il danno sofferto, pur non essendo di entità oggettiva notevole, può essere qualificato tale in relazione alle particolari condizioni della vittima, che sono invece irrilevanti quando l’entità oggettiva del danno è tale da integrare di per sé un danno patrimoniale di rilevante gravità. Nella fattispecie, in cui il danno è di ammontare superiore agli Euro 3.500,00, deve ritenersi che esso è oggettivamente grave, così che, alla luce dei principi enunciati in sede di legittimità, sono irrilevanti le condizioni economiche della persona offesa. Ne discendono, da un lato, la correttezza della ritenuta sussistenza dell’aggravante del danno di rilevante entità e, dall’altro lato, l’inconferenza delle deduzioni difensive sul difetto di una rituale querela, essendo la truffa aggravata dall’art. 61 c.p., n. 7, procedibile di ufficio. 1.2 Il terzo e il quinto motivo possono essere trattati congiuntamente, afferendo entrambi alla costituzione della parte civile. C.F. è stato ritenuto persona danneggiata dal reato di truffa, in quanto è stata raggiunta la prova dell’esistenza di un nesso di causalità tra l’illecito penale e il pregiudizio lamentato dalla vittima, consistente nell’uso da pare dell’imputato del suo libretto personale UMA, con cui effettuava i prelievi abusivi di carburante agricolo a nome del C. , che si vedeva poi richiedere dal creditore G.R. i pagamenti insoluti, pur rimasto totalmente estraneo alla vicenda. I giudici del merito hanno fatto corretta applicazione dei principi enunciati da questa Corte Sez. 4, n. 12175 del 3/11/2016, Rv. 270386 , secondo cui, ai fini della condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile, non è necessario che il danneggiato provi l’effettiva sussistenza dei danni e il nesso di causalità tra questi e l’azione dell’autore dell’illecito, essendo sufficiente l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose. La suddetta pronuncia, infatti, costituisce una mera declaratoria juris da cui esula ogni accertamento relativo alla misura e alla stessa esistenza del danno, che sono rimessi al giudice della liquidazione. Deve poi rilevarsi che questa Corte Sez. 6, n. 32705 del 17/4/2014, Rv. 260325 ha già avuto modo di affermare che, in tema di costituzione di parte civile, l’indicazione delle ragioni, che giustificano la domanda risarcitoria, è funzionale esclusivamente all’individuazione della pretesa fatta valere in giudizio, non essendo necessaria un’esposizione analitica della causa petendi , sicché, per soddisfare i requisiti di cui all’art. 78 c.p.p., lett. d , è sufficiente il mero richiamo al capo di imputazione descrittivo del fatto, allorquando il nesso tra il reato contestato e la pretesa risarcitoria azionata risulti con immediatezza. Nel caso in esame, nell’atto di costituzione la parte civile ha richiamato integralmente il capo di imputazione e ha espresso la volontà di ottenere il risarcimento del danno, discendente dall’accertamento della condotta descritta. Ciò rende valido l’atto di costituzione, essendovi nella descrizione della condotta, effettuata nel capo di imputazione, il riferimento al libretto UMA, con cui l’imputato effettuava i prelievi abusivi di carburante agricolo a nome di C.F. . 1.3 Il quarto motivo è privo di specificità. Secondo la ricostruzione effettuata dai giudici di merito, l’imputato, avvalendosi della collaborazione di un altro soggetto, aveva fatto recapitare a G.R. una copia fotostatica di un libretto UMA intestato all’inconsapevole C.F. e, dopo avere effettuato presso il distributore di carburanti di quest’ultimo alcuni rifornimenti, pagando ritualmente in contanti il prezzo dovuto per tali primi acquisti, aveva consegnato a G.R. , convinto fino a quel momento di interfacciarsi con il titolare formale del libretto fiscale o quanto meno con un soggetto da costui delegato e oramai rassicurato in ordine alla solvibilità della propria controparte contrattuale, assegni in seguito non onorati, così avvantaggiandosi dell’apprensione del gasolio agricolo e cagionando un danno corrispondente alla perdita di quel bene, senza l’incasso delle somme dovute quale corrispettivo. Come rilevato dalla Corte distrettuale, siffatta condotta - articolatasi anche nel carpire la fiducia del G. , instaurando un rapporto per costui economicamente proficuo, attraverso l’adempimento delle prestazioni da principio assunte - concretizza una truffa. Siffatta conclusione sfugge ad ogni rilievo censorio, essendo esente da vizi e in linea con i principi enunciati da questa Corte Sez. 2, n. 24499 del 7/5/2015, Rv. 264224 , secondo cui, in tema di truffa contrattuale commessa mediante la compravendita di merci, il raggiro può essere integrato da una serie preordinata di acquisti successivi, dapprima per modesti importi regolarmente onorati, in modo da ingenerare nel venditore l’erroneo convincimento di trovarsi di fronte a un contraente solvibile e degno di credito, e poi per importi maggiori, che non vengono invece pagati, purché l’inadempimento degli obblighi contrattuali sia l’effetto di un precostituito proposito fraudolento. Si è altresì puntualizzato che l’eventuale mancanza di diligenza o di prudenza da parte della persona offesa non esclude l’idoneità del mezzo, in quanto determinata dalla fiducia che l’agente ha saputo conquistarsi presso la controparte contrattuale. 1.4 Sono fondati il sesto e il settimo motivo, concernenti la ritenuta sussistenza del reato di cui agli artt. 482 e 477 c.p Secondo la Corre territoriale, l’imputato aveva utilizzato la copia fotostatica del libretto di certificazione UMA, intestato a C.F. , per acquistare gasolio agricolo. Tale operazione era andata a buon fine, atteso che G.R. non si era reso conto del fatto che il libretto presentatogli per l’apposizione dei timbri di riferimento fosse una riproduzione di quello originario, intestato a un soggetto differente da colui che glielo aveva esibito. L’esistenza di un documento originale di riferimento, intestato a un altro soggetto, in uno con l’utilizzo della copia in luogo dell’originale da parte di un abusivo possessore della stessa, sì da sorprendere il soggetto al quale il documento era stato presentato tanto in ordine all’originalità quanto in ordine all’identità o quanto meno, alla legittimità del possesso del suo portatore, evidenzia l’avvenuta lesione del diritto tutelato dalle norme incriminatrici . Per la Corte d’appello il reato de quo è escluso solo quando l’impiego della fotocopia è effettuato dal medesimo intestatario del documento riprodotto evenienza che, diversamente da quanto verificatosi nell’ipotesi all’attenzione di questo Collegio, non determina alcuna abusiva moltiplicazione di documenti e non altera in alcun modo il regime di utilizzabilità degli stessi . Così argomentando, la Corte territoriale ha ancorato la sussistenza del reato all’utilizzo della copia in luogo dell’originale e all’impiego da parte di un soggetto diverso da colui che è il legittimo detentore del documento in originale. Così argomentando, il Collegio del merito non ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati da questa Corte Sez. U, n. 35814 del 28/3/2019, Rv. 276285 , che ha ritenuto condivisibile quel filone interpretativo che incentra l’attenzione sulle ipotesi in cui la copia di un documento si presenti o venga esibita con caratteristiche tali, di qualsiasi guisa, da voler sembrare un originale, ed averne l’apparenza, ovvero la sua formazione sia idonea e sufficiente a documentare nei confronti dei terzi l’esistenza di un originale conforme in tal caso la contraffazione si ritiene sanzionabile ex artt. 476 o 477 c.p., secondo la natura del documento che mediante la copia viene in realtà falsamente formato o attestato esistente cfr., in motivazione, Sez. 5, n. 7385 del 14/12/2007, dep. 2008, Fa via, Rv. 239112 v., inoltre, Sez. 5, n. 9366 del 22/05/1998, Celestini, Rv. 211443 . Le Sezioni unite hanno sottolineato che siffatta impostazione ricostruttiva poggia, invero, su un criterio di riferimento oggettivo, per cui lo stesso soggetto, che produce la copia, deve compiere anche un’attività di contraffazione che vada ad incidere materialmente sui tratti caratterizzanti il documento in tal modo prodotto, attribuendogli una parvenza di originalità, così da farlo sembrare, per la presenza di determinati requisiti formali e sostanziali, un provvedimento originale o la copia conforme, originale, di un tale atto ovvero comunque documentativa dell’esistenza di un atto corrispondente. Nel caso in esame, occorreva dunque verificare se il libretto prodotto dall’imputato fosse stato oggetto di un’attività di contraffazione tale da farlo sembrare il documento originale o la copia conforme, originale, di un atto corrispondente. Circostanze, queste che la Corte d’appello ha trascurato di considerare e che sono state evidenziate dal ricorrente, che ha rimarcato che per la conformazione e la consistenza dell’originale del libretto U.M.A. - la copia prodotta, ossia un foglio in fotocopia, privo di una copertina nonché delle firme e dei timbri in originale relativi ai precedenti prelievi, non era confondibile con il documento originale. Si impone, quindi, l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui agli artt. 482 - 477 c.p., con rinvio alla Corte d’appello di Lecce Sezione Promiscua per nuovo giudizio sul punto, che sarà condotto alla luce dei principi enunciati dal massimo Consesso nella pronuncia sopra evocata. 2. Ai sensi dell’art. 624 c.p.p., va dichiarata l’irrevocabilità della sentenza impugnata nella parte relativa all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato per il reato di cui agli art. 640 c.p., art. 61 c.p., n. 7. Va da sé che le statuizioni relative alla determinazione della pena potranno essere assunte solo all’esito del giudizio in ordine alla sussistenza o meno del reato di cui agli artt. 482 - 477 c.p P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui agli artt. 482 - 477 c.p., con rinvio alla Corte d’appello di Lecce - Sezione Promiscua per nuovo giudizio sul punto. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso ed irrevocabile l’affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui all’art. 640 c.p., e art. 61 c.p., n. 7.