Anche il curatore fallimentare può impugnare i provvedimenti in materia cautelare reale

La Corte di Cassazione chiarisce la posizione del curatore fallimentare in relazione ai provvedimenti in materia cautelare reale, affermando un nuovo principio di diritto che non solo gli riconosce la legittimazione a chiedere la revoca del sequestro preventivo ai fini di confisca, ma anche ad impugnare i suddetti provvedimenti.

Questa la decisione della Suprema Corte n. 23645/20, depositata il 7 agosto. Il GIP del Tribunale di Lecco dichiarava inammissibile l’ opposizione proposta dal curatore fallimentare di una società contro l’ordinanza con cui era stata rigettata l’istanza di revoca della confisca per equivalente disposta mediante decreto penale di condanna. Avverso tale pronuncia, il curatore fallimentare propone ricorso per cassazione, lamentando, tra i diversi motivi, il mancato riconoscimento in capo a lui della legittimazione a proporre la suddetta opposizione, tenendo conto che la stessa è oggi pienamente ravvisata in sede giurisprudenziale. La Suprema Corte dichiara fondato il ricorso, evidenziando come siano state le stesse Sezioni Unite , con la sentenza n. 45936/19 , ad affermare la legittimazione del curatore fallimentare non solo a chiedere la revoca del sequestro preventivo ai fini della confisca, ma anche ad impugnare i provvedimenti di natura cautelare reale. Nella stessa pronuncia, dal punto di vista normativo si sottolinea come l’art. 322- bis c.p.p., disciplinante l’appello contro le pronunce relative al sequestro preventivo, individui tra i soggetti legittimati a proporre opposizione il pubblico ministero, l’imputato ed il suo difensore e la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione . Gli Ermellini si soffermano proprio su tale formulazione per precisare innanzitutto che l’avente diritto alla restituzione dei beni può ben essere persona differente rispetto a quella a cui il bene è stato sequestrato, avendo dunque una sua distinta fisionomia nell’ordinamento quale soggetto portatore di un proprio interesse meritevole di tutela. Inoltre, la Corte evidenzia che l’avente diritto alla restituzione dei beni sequestrati si identifica mediante la disponibilità autonoma e tutelata giuridicamente del bene, ed una siffatta posizione sussiste senza dubbio in capo al curatore nei confronti dei beni del fallimento, considerando che l’art. 42, comma 1, l.f. attribuisce a quest’ultimo la disponibilità dei beni dal momento in cui viene emessa la sentenza che dichiara il fallimento. Sulla base di tale ragionamento, la giurisprudenza di legittimità ha ricondotto la posizione del curatore a quella dell’ avente diritto alla restituzione dei beni sequestrati, riconoscendogli, dunque, la legittimazione all’impugnazione in tema di sequestri di beni oggetto della massa fallimentare. Per questi motivi, la Corte di Cassazione annulla con rinvio l’ordinanza impugnata, affermando il principio di diritto in base al quale il curatore fallimentare è legittimato a chiedere la revoca del sequestro preventivo a fini di confisca e ad impugnare i provvedimenti in materia cautelare reale .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 luglio – 7 agosto 2020, n. 23645 Presidente Sarno – Relatore Mengoni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 27/7/2018, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecco dichiarava inammissibile l’opposizione proposta dal curatore del fallimento omissis s.a.s. e del fallimento B.A. avverso l’ordinanza del 1/9/2017, emessa dallo stesso Ufficio quale giudice dell’esecuzione, con la quale era stata rigettata la richiesta di revoca della confisca per equivalente disposta con decreto penale di condanna del 7/7/2015, irrevocabile il 16/9/2015. 2. Propongono congiunto ricorso per cassazione il fallimento omissis s.a.s. ed il fallimento B.A. , in persona del curatore fallimentare, deducendo i seguenti motivi - violazione dell’art. 321 c.p., comma 2, art. 322-ter c.p., comma 2, L. Fall., art. 42. Il Giudice avrebbe errato nell’affermare il difetto di legittimazione del curatore fallimentare a proporre l’opposizione avverso l’ordinanza del 1/9/2017, atteso che dalla giurisprudenza di questa Corte, ampiamente richiamata, ben emergerebbe, in termini contrari, la legittimazione stessa, anche in forza della L. Fall., art. 42 e della conseguente privazione - che il fallito subirebbe con la dichiarazione di fallimento - della disponibilità dei propri beni con la precisazione, peraltro, che nel caso di specie - a differenza della vicenda esaminata dal Supremo Collegio con la sentenza Uniland n. 11170 del 25/9/2014 , citata nell’ordinanza impugnata le dichiarazioni di fallimento avevano preceduto, non seguito, la confisca per equivalente disposta, ai sensi dell’art. 322-ter c.p., su beni comunque riferibili all’imputato B. , destinatario di un decreto penale di condanna non opposto, quindi irrevocabile - la stessa violazione di legge è poi dedotta con il secondo motivo di ricorso. Il Giudice non avrebbe considerato che, al momento dell’applicazione della confisca, i beni interessati non sarebbero stati più nella disponibilità del fallito, perché già acquisiti alla massa fallimentare, non potendosi dunque tout court affermare un giudizio di prevalenza del sequestro finalizzato a confisca rispetto allo spossessamento fallimentare di cui al citato L. Fall., art. 42 il profilo decisivo, infatti, dovrebbe esser individuato nella attuale disponibilità dei beni, di certo non più rinvenibile in capo all’indagato B. . Al riguardo, peraltro, si lamenta la carenza di motivazione dell’ordinanza, con riguardo all’art. 322-ter c.p. - violazione dell’art. 2741 c.c., art. 189 c.p., art. 316 c.p.p. La tesi sostenuta nel ricorso - ossia l’applicazione automatica della confisca per equivalente ai beni del fallito - genererebbe forti dubbi, anche di legittimità costituzionale, in merito alla disciplina prevista per i privilegi dei crediti. Attesa la natura pacificamente sanzionatoria della confisca in esame, apparirebbe del tutto irragionevole non poter tutelare, nell’ambito della procedura fallimentare, gli interessi dei creditori aventi diritto ad essere soddisfatti in forma concorsuale sui beni assoggettabili a confisca e che possono essere assistiti da privilegi superiori a quello riconosciuto allo Stato - violazione dell’art. 676 c.p.p., art. 322-ter c.p., comma 2, per non aver il Giudice provveduto sull’istanza di riduzione della confisca, da contenere al più nel valore di 355.373,00 Euro, in luogo del complessivo valore dei beni sottoposti a vincolo, erroneamente stimato in 760.044,00 Euro, ossia secondo un valore di mercato. 3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto annullarsi il provvedimento. Il ricorrente ha proposto memoria. Considerato in diritto 3. L’impugnazione risulta fondata con riguardo ai primi due decisivi motivi, strettamente connessi, con evidente assorbimento dei successivi. Osserva il Collegio, infatti, che, successivamente alla proposizione dell’impugnazione, le Sezioni Unite di questa Corte hanno pronunciato una fondamentale sentenza n. 45936 del 26/9/2019, Fallimento Mantova Petroli s.r.l., Rv. 277257 con la quale hanno affermato la legittimazione del curatore fallimentare a chiedere la revoca del sequestro preventivo a fini di confisca e ad impugnare i provvedimenti in materia cautelare reale legittimazione che, per contro, era stata negata dal Tribunale di Lecco, che aveva infatti dichiarato inammissibile - proprio in tale ottica - l’istanza di revoca della confisca ex art. 322 - ter c.p. proposta dallo stesso curatore. 4. Il Supremo Collegio, ricostruito il quadro giurisprudenziale di riferimento, anche con riguardo alla citata sentenza Uniland, ha quindi sottolineato la centralità della disciplina normativa vigente, e da questa ha poi ricavato il principio generale che rileva nella vicenda in esame. In particolare, si è evidenziato che l’art. 322-bis c.p.p., nel disciplinare l’appello avverso le ordinanze in materia di sequestro preventivo indica quali soggetti legittimati a proporre l’impugnazione, oltre al pubblico ministero, all’imputato e al difensore di questi, anche la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione una disposizione, questa, peraltro già dettata nel precedente art. 322, in materia di riesame del decreto di sequestro preventivo, e puntualmente riportata nel successivo art. 325, a proposito del ricorso per cassazione avverso le ordinanze che decidono nelle procedure di riesame e di appello. Da questa formulazione risulta in primo luogo evidente il riferimento del legislatore alla persona alla quale le cose sono state sequestrate, ed a quella che avrebbe diritto alla loro restituzione, come soggetti diversi e non coincidenti per cui l’avente diritto alla restituzione, come del resto riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità, può essere individuato in una persona diversa da quella a cui il bene è stato sequestrato Sez. 2, n. 51753 del 03/12/2013, Casella, Rv. 257359 Sez. 2, n. 39247 del 08/10/2010, Gaias, Rv. 248772 . L’avente diritto ha pertanto, nella previsione normativa, una sua distinta fisionomia, quale soggetto portatore di un proprio interesse meritevole di tutela Sez. 6, n. 2599 del 27/05/1994, Della Volta, Rv. 199051 . In secondo luogo, se di tali soggetti la persona alla quale le cose sono state sequestrate è testualmente identificata in base ad una circostanza di fatto, la persona che avrebbe diritto alla loro restituzione ha assunto, nell’interpretazione che a tale nozione è stata data in sede giurisprudenziale, una configurazione estesa all’esistenza di un rapporto di fatto della persona con il bene, non essendo necessario che sullo stesso la persona vanti un diritto reale. È sufficiente, a tali fini, che tale situazione di fatto sia tutelata dall’ordinamento, e che la stessa dia luogo ad una posizione giuridica autonoma del soggetto rispetto al bene Sez. 6, n. 3775 del 04/10/1994, Rapisarda, Rv. 199929 condizioni, queste, riconosciute in fattispecie di possesso o detenzione qualificata, come nei casi del conduttore di un immobile Sez. 3, n. 26196 del 22/04/2010, Vicidomini, Rv. 247693 o del promissario acquirente già immesso nel possesso del bene Sez. 3, n. 42918 del 22/10/2009, Soto, Rv. 245222 . La persona avente diritto alla restituzione della cosa sequestrata, legittimata all’impugnazione dei provvedimenti dispositivi o confermativi del sequestro, è dunque identificata dalla disponibilità autonoma e giuridicamente tutelata del bene . Tanto premesso, le Sezioni Unite hanno quindi affermato che una disponibilità rispondente a queste caratteristiche è senza dubbio esistente in capo al curatore rispetto ai beni del fallimento. Come disposto dalla L. Fall., art. 42, comma 1, la sentenza che dichiara il fallimento priva dalla sua data il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento . La disponibilità di tali beni, da quel momento, si trasferisce dal fallito agli organi della procedura fallimentare. Di essi, il curatore è incaricato dell’amministrazione della massa attiva nella prospettiva della conservazione della stessa ai fini della tutela dell’interesse dei creditori, come indiscutibilmente affermato dalla giurisprudenza di legittimità Sez. 3, n. 17749 del 17/12/2018, dep. 2019, Casa di cura Trusso s.p.a., Rv. 275453 Sez. 5, n. 48804 del 09/10/2013, Fallimento Infrastrutture e Servizi, Rv. 257553 ed in questa veste, la L. Fall., art. 43 gli attribuisce la rappresentanza in giudizio dei rapporti di diritto patrimoniale compresi nel fallimento Sez. 2 civ., n. 11737 del 15/05/2013, Rv. 626734 . La giurisprudenza civilistica qualifica esplicitamente il curatore come detentore dei beni del fallimento Sez. 2 civ., n. 16853 del 11/08/2005, Rv. 585055 . E si tratta senz’altro di una detenzione qualificata, anche per il carattere pubblicistico della funzione per la quale la stessa è attribuita. La stessa sentenza Uniland ammette la natura pubblica della figura del curatore nella gestione dei beni del fallimento e su questo aspetto è concorde con quanto già affermato nella sentenza Focarelli, peraltro richiamando consolidati principi civilistici Sez. 1 civ., n. 2570 del 06/03/1995, Rv. 490929 , in ordine alla qualificazione del curatore come organo che esercita una pubblica funzione nell’ambito dell’amministrazione della giustizia. La disponibilità dei beni del fallimento, di cui il curatore è titolare, è dunque riconosciuta dall’ordinamento e oggetto di una posizione giuridicamente autonoma nell’esercizio dei poteri di amministrazione e di rappresentanza in giudizio che al curatore sono per quanto detto conferiti. Ed è sulla base di queste considerazioni che la giurisprudenza di legittimità, del resto, ha espressamente ricondotto la posizione del curatore a quella della persona avente diritto alla restituzione dei beni sequestrati, ai fini della previsione di cui all’art. 322-bis c.p.p. Sez. 2, n. 24160 del 16/05/2003, Sajeva, Rv. 227479 . Il tema dell’attribuibilità al curatore della legittimazione ad impugnare i provvedimenti cautelari reali adottati sui beni del fallimento, in quanto persona avente diritto alla restituzione di essi in caso di dissequestro, non veniva affrontato nella sentenza Uniland. Come opportunamente osservato nell’ordinanza di rimessione, le conclusioni formulate in quella sede si limitavano ad escludere che il curatore fosse titolare di diritti reali sui beni in questione titolarità che, come si è detto, non esaurisce le situazioni nelle quali il soggetto assume la posizione di avente diritto alla restituzione del bene secondo al previsione normativa. Nella stessa sentenza, peraltro, si dava atto della funzione gestionale svolta dal curatore nell’interesse dei creditori ma la rilevanza di tale funzione, anche nella sua pur riconosciuta dimensione pubblicistica, non veniva esaminata nell’ottica della configurabilità di un diverso ed autonomo titolo di legittimazione del curatore all’impugnazione. Guardando invece il problema da questo punto di vista, le conclusioni appena raggiunte sulla qualificazione del curatore come persona avente diritto alla restituzione dei beni, nella sua funzione di conservazione e reintegrazione della massa attiva del fallimento ai fini del soddisfacimento delle ragioni dei creditori a cui la procedura fallimentare è istituzionalmente destinata, consentono di riconoscere a tale soggetto la legittimazione all’impugnazione in materia di sequestri di beni facenti parte del compendio fallimentare, derivante dalla predetta posizione secondo l’espressa previsione delle norme del c.p.p Non senza considerare, d’altra parte, che il curatore si appalesa anche in termini di fatto come l’unico soggetto destinatario dell’eventuale restituzione del bene, nelle sue funzioni di rappresentanza del fallimento e di amministrazione del relativo patrimonio. Tanto supera altresì i dubbi espressi nella sentenza Uniland sulla ravvisabilità di un concreto interesse della curatela ad impugnare provvedimenti non immediatamente pregiudizievoli dell’integrità della massa fallimentare, in quanto appositivi di un vincolo a tutela di diritti che lo Stato potrà far valere sui beni solo alla conclusione della procedura fallimentare. Nella prospettiva dell’inclusione o meno del curatore fra i soggetti legittimati all’impugnazione, la descritta funzione di salvaguardia della massa fallimentare esercitata dallo stesso non consente infatti di escludere l’attualità di un siffatto interesse nella rimozione di vincoli comunque potenzialmente incidenti sulla valutazione della consistenza patrimoniale dell’attivo. Infine, la sentenza ha evidenziato che la risposta al quesito proposto alle Sezioni Unite, nei termini nei quali è specificamente formulato, impone da ultimo di precisare come non abbia fondamento, nella ricostruzione appena esposta, la limitazione della legittimazione del curatore alle impugnazioni riguardanti beni sequestrati successivamente alla dichiarazione di fallimento, prospettata dall’indirizzo giurisprudenziale formatosi successivamente alla sentenza Uniland. La legittimazione all’impugnazione del curatore, in quanto derivante dalla sua posizione di soggetto avente diritto alla restituzione dei beni sequestrati, investe necessariamente la totalità dei beni facenti parte dell’attivo fallimentare. Ciò corrisponde peraltro al dato normativo rinvenibile nel già rammentato contenuto della L. Fall., art. 42, per il quale la dichiarazione di fallimento, privandone il fallito, conferisce alla curatela la disponibilità di tutti i beni di quest’ultimo esistenti alla data del fallimento e quindi anche di quelli già sottoposti a sequestro. Non può pertanto essere impedito al curatore di far valere le ragioni della procedura fallimentare con riguardo a tali beni, essi pure facenti parte dell’attivo fallimentare entrato nella disponibilità della curatela, avverso il vincolo apposto sugli stessi. Così da concludere - come sopra accennato - con l’affermazione del principio di diritto in forza del quale il curatore fallimentare è legittimato a chiedere la revoca del sequestro preventivo a fini di confisca e ad impugnare i provvedimenti in materia cautelare reale. Si impone, pertanto, l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Lecco. Motivazione semplificata.