Detenzione domiciliare alla madre per assistere la figlia avente più di 10 anni ma disabile

Per la valutazione dei presupposti di concessione della detenzione domiciliare, il Tribunale di sorveglianza deve contemperare tutti i beni in gioco, ossia le esigenze di cura del disabile, così come quelle parimenti imprescindibili della difesa sociale e del contrasto alla criminalità.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 23460/20, depositata il 3 agosto. il Tribunale di sorveglianza. rigettava l’istanza di detenzione domiciliare speciale , avanzata, a norma dell’art. 47- quinquies ord.pen., dalla detenuta in espiazione della pena inflitta relativa ai reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione continuata e ricettazione. Il Tribunale rilevava come alla concessione della misura alternativa non osti la natura dei suddetti reati, parzialmente riconducibili all’elenco di cui all’art. 4- bis ord.pen. La condannata ricorre così in Cassazione avverso tale decisione di non concessione della detenzione domiciliare speciale. In particolare, nel caso in esame, la ricorrente richiama alcune pronunce della Corte Costituzionale, la quale ha ritenuto che precludere la detenzione domiciliare dopo il compimento dei 10 anni del figlio, affetto da disabilità grave, reca una violazione dell’art. 3 Cost ., alla luce del perdurante bisogno di cura e di assistenza da parte della madre. La Consulta ha anche richiamato il parametro di cui all’art. 31, comma 2, Cost., che prevede la tutela della maternità , cioè del legame tra madre e figlio che non può considerarsi esaurito dopo le prime fasi di vita del bambino , e che esige che una misura alternativa alla detenzione, di cui all’art. 47- quinquies ord.pen., finalizzata a tutelare il figlio, terzo incolpevole e bisognoso del rapporto quotidiano e delle cure del detenuto, debba estendersi all’ipotesi del figlio portatore di disabilità con connotazione di gravità ai sensi della L. n. 104 del 1992, art. 3, comma 3, il quale si trova sempre in condizioni di particolare vulnerabilità fisica e psichica indipendentemente dall’età . Per tali ragioni, la S.C. accoglie la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla ricorrente e annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di sorveglianza per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 2 luglio – 3 agosto 2020, n. 23460 Presidente Iasillo – Relatore Centofanti Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza. di Reggio Calabria ha rigettato l’istanza di detenzione domiciliare speciale , avanzata, a norma dell’art. 47-quinquies Ord. Pen., da F.A. , detenuta in espiazione della pena inflitta con sentenza emessa dalla locale Corte di appello il 30 aprile 2015 e scadente, in allora, il 13 novembre 2024. La condanna, pronunciata a carico dell’istante, è relativa ai reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione continuata e ricettazione. Il Tribunale ha rilevato come alla concessione della misura alternativa non osti, in sé, la natura dei reati testè menzionati, quantunque parzialmente riconducibili al catalogo di cui all’art. 4-bis Ord. Pen., comma 1, posto che la Corte costituzionale, con sentenza n. 239 del 2014, ha dichiarato costituzionalmente illegittime - con riferimento alla misura medesima, nonché alla detenzione domiciliare prevista dall’art. 47-ter Ord. Pen., comma 1, lett. a e b , le relative preclusioni nè si ponga, sempre ai fini di una tale concessione, questione alcuna di previa espiazione di una quota/parte della pena inflitta, in quanto la successiva sentenza costituzionale n. 76 del 2017 ha caducato la corrispondente previsione, valevole rispetto alle persone condannate per i reati indicati nel citato art. 4-bis. Piuttosto, ha osservato ulteriormente il Tribunale, l’accesso alla misura alternativa è impedito, in radice, dal fatto che la figlia minorenne della condannata, P.M.R. - in funzione della cui cura e assistenza la misura alternativa è stata domandata - sia nata nel omissis e abbia così superato, alla data dell’istanza, il decimo anno di età condizione, quest’ultima, legalmente stabilita per la fruizione del beneficio specificamente invocato. Ancorché risulti che la minore sia persona fisicamente invalida al 100%, in quanto affetta da paralisi cerebrale infantile, di ordine bilaterale, tale da renderla totalmente impossibilitata a deambulare e bisognosa dell’aiuto permanente di un accompagnatore, la relativa circostanza è stata dal Tribunale reputata ininfluente sul giudizio da rendere in causa. Ciò in quanto le funzioni intellettive della ragazza sono nondimeno conservate, e si presentano in linea con l’età anagrafica, sicché ella non può essere equiparata, sotto il profilo cognitivo-comportamentale, vale a dire per età mentale , ad un soggetto inferiore ai dieci anni, limite che costituisce l’insuperabile criterio legale di riferimento. 2. La condannata ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, sulla base di unico articolato motivo, con cui si è dedotta la violazione dell’art. 125 c.p.p. e art. 47-quinquies Ord. Pen., nonché il vizio della motivazione. Secondo la ricorrente, l’ordinanza impugnata avrebbe trascurato di esaminare significative evidenze istruttorie e avrebbe tratto, in ogni caso, conclusioni incompatibili con i dati acquisiti, risolvendosi in un provvedimento illogico e privo di adeguata e razionale giustificazione. Sotto altro aspetto, la medesima ordinanza avrebbe fatto applicazione di una disposizione che - se interpretata nel senso di escludere la parificazione, ai fini della concedibilità alla madre condannata della detenzione domiciliare speciale , tra i minori di dieci anni e i soggetti di età superiore totalmente disabili, anche solo dal lato fisico - sarebbe in contrasto con plurimi parametri costituzionali, come nel motivo diffusamente argomentato ragion per cui la ricorrente ha domandato a questa Corte, sia pure in prospettazione subordinata, di sollevare incidente di legittimità costituzionale. 3. Il procedimento è stato trattato nella camera di consiglio del 27 marzo 2019, all’esito della quale questa Corte - dopo aver pregiudizialmente ritenuto priva di pregio, con argomentazioni che debbono essere qui ribadite, la censura di mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, per essere viceversa quest’ultimo basato su una esaustiva ricognizione della situazione di fatto alla cui stregua l’istanza di misura alternativa doveva trovare, nell’odierno procedimento, giuridica definizione - ha sollevato, in riferimento all’art. 3 Cost., commi 1 e 2, e art. 31 Cost., comma 2, questione di legittimità costituzionale dell’art. 47-quinquies Ord. Pen., comma 1, nella parte in cui la disposizione non prevede la concessione della detenzione domiciliare speciale anche nei confronti della condannata, madre di prole affetta da handicap totalmente invalidante. 4. La Corte costituzionale ha pronunciato sulla questione con sentenza n. 18 del 2020. Considerato in diritto 1. Con la sentenza testè menzionata la questione è stata accolta, in relazione ai parametri costituzionali sopra enunciati, e la disposizione legislativa censurata è stata dichiarata costituzionalmente illegittima, nella parte in cui essa non prevede la concessione della detenzione domiciliare speciale anche alle condannate madri di figli affetti da handicap grave, ai sensi della L. n. 104 del 1992, art. 3, comma 3, ritualmente accertato in base alla medesima legge. 2. A sostegno della decisione, il giudice delle leggi ha richiamato la propria giurisprudenza, relativa all’istituto della detenzione domiciliare ordinaria per esigenze di cura dei minori, la quale aveva già posto utilmente a confronto le esigenze del figlio di età non superiore a dieci anni e quelle del figlio gravemente disabile di qualsiasi età. Secondo la Corte costituzionale, il riferimento all’età non può assumere in quest’ultimo caso un rilievo dirimente, in considerazione delle particolari esigenze di tutela psico-fisica il cui soddisfacimento si rivela strumentale nel processo rivolto a favorire lo sviluppo della personalità del soggetto , posto che I a salute psico-fisica di questo può essere , e notevolmente, pregiudicata dall’assenza della madre, detenuta in carcere, e dalla mancanza di cure da parte di questa, non essendo indifferente per il disabile grave, a qualsiasi età, che le cure e l’assistenza siano prestate da persone diverse dal genitore . La sentenza costituzionale ha pertanto ritenuto che precludere la detenzione domiciliare dopo il compimento dei dieci anni di età del figlio, affetto da disabilità grave, recasse una violazione sia al primo sia all’art. 3 Cost., comma 2, alla luce del perdurante, e talora anche più intenso, bisogno di cura e di assistenza da parte della genitrice. La medesima sentenza ha anche richiamato il parametro di cui all’art. 31 Cost., comma 2, che prevede la tutela della maternità, cioè del legame tra madre e figlio che non può considerarsi esaurito dopo le prime fasi di vita del bambino , e che esige che una misura alternativa alla detenzione, qual è quella prevista dall’art. 47-quinquies Ord. Pen. - finalizzata principalmente a tutelare il figlio, terzo incolpevole e bisognoso del rapporto quotidiano e delle cure del detenuto - debba estendersi all’ipotesi del figlio portatore di disabilità con connotazione di gravità ai sensi della L. n. 104 del 1992, art. 3, comma 3, il quale si trova sempre in condizioni di particolare vulnerabilità fisica e psichica indipendentemente dall’età . Tale conclusione risulta, per la Corte costituzionale, rafforzata dal rilievo secondo cui nelle relazioni umane, specie di tipo familiare, si ravvisano fattori determinanti per il pieno sviluppo e la tutela effettiva delle persone più fragili, e ciò in base al principio personalista garantito dalla nostra Costituzione, letto anche alla luce degli strumenti internazionali . 3. Accolta la questione di legittimità costituzionale, l’ordinanza impugnata basata sulla disposizione di legge dichiarata illegittima - deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza per nuovo giudizio. Il giudice di rinvio esaminerà, nel merito, i presupposti per la concessione della misura alternativa invocata. In proposito, questa Corte richiama, e fa proprie, le considerazioni già contenute nella sentenza costituzionale, secondo cui, in sede di valutazione in concreto dei presupposti di concessione della detenzione domiciliare, e di determinazione delle concrete modalità del suo svolgimento, il giudice di sorveglianza è chiamato a contemperare ragionevolmente tutti i beni in gioco, vale a dire le esigenze di cura del disabile, così come quelle parimenti imprescindibili della difesa sociale e del contrasto alla criminalità esigenze che devono formare necessariamente oggetto di verifica comparativa complessa , al cui esito sarà possibile adottare la decisione più appropriata. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Reggio Calabria per nuovo giudizio.