Udienza di convalida d’arresto da remoto in piena fase COVID-19: i vizi devono essere eccepiti in modo tempestivo

La Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di nullità dell’udienza di convalida dell’arresto celebrata da remoto ai sensi dell’art. 83, comma 12-bis, d.l. n. 18/2020.

Così con sentenza n. 22528/20 depositata il 27 luglio. Al termine dell’ udienza celebrata da remoto ex art. 83, comma 12- bis , d.l. n. 18/2020 , il Tribunale convalidava l’arresto dell’indagato in relazione al reato di resistenza a pubblico ufficiale. Avverso tale provvedimento, l’indagato , per mezzo del suo difensore, ricorre per cassazione chiedendone l’ annullamento per violazione delle regole processuali relative alla partecipazione dell’indagato all’udienza. In particolare, il difensore evidenzia che l’udienza, svoltasi durante la fase emergenziale da COVID-19 , non era stata preceduta da alcuna comunicazione, che non era stata verbalizzata la presenza della parti e neppure l’identificazione dell’indagato e che l’udienza era iniziata in assenza dell’indagato, introdotto nella stanza dove era stato installato il video collegamento solo al termine della relazione del teste, senza poter ascoltare le ragioni per cui era stato arrestato e neppure le difese espletate. Dalla lettura del verbale di udienza, la Cassazione rileva che l’ udienza di convalida di arresto è stata celebrata per mezzo del sistema Microsoft Teams , così come stabilito con provvedimento dal Presidente del Tribunale in base al disposto dell’art. 83, comma 12, l. n. 18/2020, e che durante la celebrazione, oltre a non è essere stata mossa alcuna eccezione da parte del difensore, l’indagato si avvaleva della facoltà di non rispondere. Affermata, dunque, la genericità e l’inammissibilità del ricorso, la Cassazione aggiunge che tutti i vizi denunciati dal difensore concernono la celebrazione dell’udienza di convalida di arresto in relazione all’intervento e all’assistenza dell’indagato in udienza e, per tale motivo, sarebbero risultati idonei ad integrare una nullità di ordine generale, a regime intermedio , ex art. 178, lett. c e 180 c.p.p Infatti, avendo la parte assistito all’atto, il difensore avrebbe dovuto eccepire tali vizi, a pena di decadenza, prima del compimento dell’atto, ovvero, ove impossibile, immediatamente dopo, ex art. 182, comma 2, c.p.p Pertanto, chiarisce la Cassazione, anche laddove le nullità si fossero prodotte, queste risultano ora sanate per mancata tempestività della deduzione da parte del difensore. Sulla scorta di tali motivi, la Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che ad una somma in favore della cassa delle ammende.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 1 – 27 luglio 2020, n. 22528 Presidente Mogini – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, il Tribunale di Prato ha convalidato l’arresto di L.Q. in relazione al reato di resistenza a pubblico ufficiale all’esito dell’udienza celebrata da remoto ai sensi del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 12-bis. 2. Nel ricorso a firma del difensore di fiducia avv. Massimo Taiti, L.Q. chiede l’annullamento del provvedimento per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. c.p.p 2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c , per avere il giudice della convalida violato le regole processuali relative alla partecipazione dell’indagato all’udienza. Evidenzia il difensore che l’udienza del 20 marzo 2020 è stata celebrata in video-conferenza mettendo in collegamento il Tribunale di Prato - ove erano presenti il giudice, il pubblico ministero ed il sostituto processuale del difensore - e la Questura di Prato - ove il ricorrente era trattenuto in attesa della convalida dell’arresto - che tale udienza non è stata preceduta da alcuna comunicazione ai sensi della D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 12-bis che, nel corso dell’udienza, non è stata verbalizzata la presenza delle parti, nè l’identificazione dell’arrestato da parte della Polizia Giudiziaria che l’udienza è iniziata in assenza dell’indagato, il quale veniva trattenuto nella stanza attigua unitamente al difensore di fiducia e veniva introdotto nella stanza ove era installato il video collegamento soltanto al termine della relazione del teste di P.G., senza poter pertanto ascoltare l’illustrazione dei fatti per i quali era stato tratto in arresto che il video collegamento veniva stabilito soltanto fra il giudice e la Questura, sicché l’indagato non aveva modo di ascoltare le richieste del pubblico ministero, nè le difese espletate dal difensore in tribunale se non attraverso il resoconto fattone dal giudice stesso, con conseguente nullità dell’udienza di convalida, dell’interrogatorio e di tutti gli atti conseguenti. 2.2. Manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dei presupposti legittimanti l’arresto eseguito ovvero della legittimità dell’operato della polizia sulla base di un controllo di ragionevolezza in relazione allo stato di flagranza. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione del diritto di difesa in relazione alla celebrazione dell’udienza di convalida in video-conferenza secondo le disposizioni introdotte con il D.L. 17 marzo 2020, n. 18, in forza dell’emergenza COVID-19, con conseguente nullità dell’udienza di convalida, dell’interrogatorio e di tutti gli atti conseguenti. 2.1. Secondo quanto si legge nel verbale di udienza in atti cui questa Corte può direttamente accedere trattandosi di verificare la sussistenza o meno di un error in procedendo v. Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro e altri, Rv. 220092 Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304 , l’udienza di convalida dell’arresto si è tenuta con il sistema Microsoft Teams secondo il provvedimento del Presidente del Tribunale in ossequio al disposto del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, art. 83, comma 12. Soprattutto, durante la celebrazione di detta udienza, nessuna eccezione è stata mossa da parte del difensore presente in aula in Tribunale, nè dal difensore che affiancava presso la Questura l’indagato, il quale si è avvalso della facoltà di non rispondere. Da quanto si evince dall’incartamento processuale, nessuna nullità processuale risulta, pertanto, essersi prodotta o, comunque, eccepita da parte della difesa. 2.2. D’altronde, il ricorrente non ha fornito alcun elemento obbiettivo atto a comprovare quanto sostenuto nella doglianza, di tal che il motivo risulta comunque generico ed inammissibile. 2.3. A ciò si aggiunga che i denunciati vizi - concernendo la celebrazione dell’udienza di convalida dell’arresto, in quanto afferenti all’intervento ed all’assistenza dell’indagato in udienza - integrerebbero delle nullità di ordine generale, a regime intermedio, a norma dell’art. 178 c.p.p., lett. c e art. 180 c.p.p., di tal che, avendo la parte indagato e difensori assistito all’atto rectius partecipato attivamente all’udienza di convalida avrebbero dovuto essere eccepiti, a pena di decadenza, prima del compimento dell’atto ovvero, ove impossibile, immediatamente dopo, giusta espressa disposizione dell’art. 182, comma 2. Ne discende che, quand’anche delle nullità si fossero prodotte, essa sarebbero comunque sanate per l’intempestiva deduzione. 3. All’evidenza destituito di fondamento è anche il secondo motivo di ricorso, con il quale L.Q. eccepisce la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza dei presupposti legittimanti l’arresto. 3.1. Da un lato, occorre ribadire, che, in sede di ricorso per cassazione contro il provvedimento di convalida dell’arresto, possono dedursi esclusivamente vizi di illegittimità, con riferimento, in particolare, al titolo del reato, all’esistenza o meno della flagranza e all’osservanza dei termini, rimanendo escluse le questioni relative ai vizi di motivazione che attengono, in punto di fatto, al giudizio di merito inerente all’affermazione della responsabilità penale. Sez. 6, n. 21771 del 18/05/2016 - dep. 24/05/2016, Saluci, Rv. 267071 3.2. Dall’altro lato, il giudice per le indagini preliminari ha comunque esaustivamente argomentato la ritenuta flagranza di reato evidenziando come L. abbia colpito più volte gli agenti e tentato di impossessarsi dell’arma di uno di questi riuscendo a rompere la fondina e come, una volta catturato, abbia continuato a manifestare un atteggiamento violento, colpendo a testate il vetro dell’auto di servizio ed insultando e minacciando gli operanti con i riferimenti alle proprie affiliazioni criminali, così da impedire loro il compimento dell’atto d’ufficio. Il che, senza dubbio alcuno, integra la flagranza del reato di resistenza a pubblico ufficiale. 4. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente, oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila Euro. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.