Trattamento sanzionatorio pendente dinanzi giudice di rinvio: quale quantum di pena (minima) è frattanto possibile porre in esecuzione?

Va rimessa alle Sezioni Unite della Suprema Corte, la questione inerente alla possibilità di porre in esecuzione la pena quando ancora il punto relativo al trattamento sanzionatorio sia sotto la cognizione del giudice del rinvio parimenti, il Supremo Consesso, dovrà pronunciarsi in merito agli spazi di esecutorietà che possono riconoscersi laddove si sia data risposta positiva al primo quesito, nascendo da qui l’esigenza di stabilire in che modo stabilire la pena minima certa insuscettibile di modificazioni in melius e se questa debba essere indicata dal giudice dell’esecuzione o dalla Corte di Cassazione in sede di annullamento con rinvio o, ancora, se possa essere desunta, anche in ragione di computi ipotetici, dagli organi dell’esecuzione.

È quanto ha ritenuto di statuire la prima sezione penale della Corte di Cassazione, con la ordinanza n. 21824/20, depositata in cancelleria il 21 luglio. Condanna per traffico di stupefacenti passata in giudicato. Il caso si specie trae origine dalla sentenza di condanna per il reato di traffico di stupefacenti, ormai passata in giudicato, e dal conseguente ordine di carcerazione emesso nei confronti del reo condannato. In particolare, la lite perviene alla Suprema Corte alla quale viene posto il seguente tema problematico, plasticamente fotografato dall’ordinanza richiamata se ed in che limiti, formatasi la cosa giudicata sull’affermazione di responsabilità con contestuale annullamento della statuizione e alla rilevanza di elementi circostanziali del reato, possa essere posta in esecuzione la pena individuata nella soglia minima . Il contrasto giurisprudenziale. Sul punto, la Corte prende atto di un contrasto maturato in giurisprudenza. Più precisamente, dall’esame della giurisprudenza, attentamente ripercorsa dall’ordinanza, emerge una difformità di orientamenti sia sulla possibilità di porre in esecuzione la pena quando ancora il punto relativo al trattamento sanzionatorio sia sotto la cognizione del giudice del rinvio sia sugli spazi di esecutorietà che possono riconoscersi laddove si sia data risposta positiva al primo quesito, nascendo da qui l’esigenza di stabilire in che modo stabilire la pena minima certa insuscettibile di modificazioni in melius e se questa debba essere indicata dal giudice dell’esecuzione o dalla Corte di Cassazione in sede di annullamento con rinvio o, ancora, se possa essere desunta, anche in ragione di computi ipotetici, dagli organi dell’esecuzione. Esecutorietà ammessa in relazione alla pena minima immodificabile” e orientamenti avversi. Segnatamente, secondo un primo orientamento, è ammessa l’esecutorietà della sentenza anche quando l’annullamento abbia ad oggetto il punto – relativo al trattamento sanzionatorio – di un unico capo, ma è rilevante stabilire cosa si intenda per pena immediatamente eseguibile”. Secondo tale primo orientamento, invero, è pena minima quella non suscettibile di mutare in senso favorevole in melius all’imputato nel giudizio di rinvio, potendo al più essere aumentata in seguito al riconoscimento in quella sede della sussistenza di circostanze aggravanti e/o della loro prevalenza ovvero anche solo della loro equivalenza, rispetto alle circostanze già affermate nei giudizi di merito precedenti l’annullamento e non poste in discussione nel giudizio di legittimità. Secondo altri orientamenti, invece, sempre aperti all’esecutorietà della sentenza, i criteri per individuare la pena minima insuscettibile di modifica sarebbero diversi. Per altri ancora non vi sarebbero i presupposti per l’esecutorietà della sentenza definitiva, stante la possibilità di un ribaltamento ad opera del giudice del rinvio. La rimessione alle Sezioni Unite. Sul crinale delle considerazioni che precedono la Corte ha dunque rimesso alle Sezioni Unite le questioni su sintetizzate, ai sensi dell’art. 618, cod. proc. pen., nell’ottica di pervenire alla risoluzione del contrasto pretorio.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, ordinanza 10 – 21 luglio 2020, n. 21824 Presidente Di Tomassi – Relatore Santalucia Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Lecce, in parziale accoglimento della richiesta di G.A., detenuto in esecuzione dell'ordine di carcerazione emesso in data 19 settembre 2019 a seguito del passaggio in giudicato della sentenza emessa dalla Corte di appello di Lecce il 16 aprile 2018 - irrevocabile il 3 luglio 2019 -, ha dichiarato l'esecutività della sentenza nei limiti della pena di anni quattro, mesi cinque e giorni dieci di reclusione, trasmettendo gli atti alla Procura generale per l'emissione di nuovo ordine di carcerazione. Con la citata sentenza G.A. è stato condannato alla pena di anni sette di reclusione per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 capo 13 e art. 73 capo 8 , riconosciute le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante dell'associazione armata contestata al capo 13. La Procura generale presso la Corte territoriale ha emesso ordine di esecuzione per la pena di sei anni e otto mesi di reclusione sul presupposto che la Corte di cassazione avesse dichiarato l'inammissibilità del ricorso. 1.1. Invece, la Corte di cassazione, con la sentenza n. 41998 del 3 luglio 2019, aveva dichiarato l'irrevocabilità dell'affermazione di responsabilità per il coimputato B. e annullato con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce in relazione al reato sub 13, limitatamente alla valutazione della sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 74, comma 4 e in relazione al capo 8, limitatamente alla qualificazione giuridica ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. In riguardo al reato di cui al capo 13, per il quale l'accertamento di responsabilità è passato in giudicato e l'annullamento con rinvio attiene alla valutazione dell'aggravante con l'assorbimento dei motivi sul bilanciamento delle attenuanti generiche, può ritenersi che la pena minima certa sia quella di anni quattro, mesi cinque e giorni dieci di reclusione, determinata la pena base secondo il calcolo del giudice di primo grado in anni dieci di reclusione, operata sulla medesima la massima diminuzione per le generiche e applicata la riduzione per i il rito. L'ordine di esecuzione, pertanto può essere emesso soltanto entro questi limiti, perchè tale pena costituisce la soglia al di sotto della quale l'imputato non potrà essere condannato in sede di giudizio di rinvio. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore di G.A., che ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. Nel caso di specie, l'annullamento con rinvio in riguardo alla circostanza aggravante di cui al cit. D.P.R., art. 74, comma 4, oltre che sul reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 incide in modo determinante sulla pena, a fronte peraltro delle già riconosciute attenuanti generiche e del conseguente relativo giudizio di bilanciamento. Non v'è possibilità, allo stato, di porre in esecuzione una pena minima, in ragione dell'impossibilità di gestire detta sanzione nella fase esecutiva, per le inevitabili ricadute in tema di ordinamento penitenziario e di misure alternative alla detenzione. Non si potrebbe in ipotesi stabilire la pena già espiata ai fini dell'accesso ai permessi premio o alla semilibertà e non si è in grado di stabilire quale dovrebbe essere la sorte dell'eventuale accesso ad una misura alternativa qualora dovesse intervenire un supplemento di pena detentiva per effetto del giudizio di rinvio. Ancora, in assenza della definizione del giudizio sulla pena non si saprebbe, accettando la tesi dell'esecutorietà anticipata di parte di essa, in che modo dovrebbe atteggiarsi l'eventuale giudizio di revisione, che presuppone che l'intera sentenza sia interamente passata in giudicato. Effetti paradossali si avrebbero anche in relazione alla disciplina della continuazione in fase esecutiva, perchè la mancanza di una pena definitivamente stabilita non consentirebbe di individuare il reato più grave ai fini della rideterminazione della pena. Considerato in diritto 1. La questione oggetto del presente ricorso è interessata da contrasti interpretativi che impongono la rimessione degli atti alle Sezioni unite. Il tema è se ed in che limiti, formatasi la cosa giudicata sull'affermazione di responsabilità con contestuale annullamento della statuizione sul trattamento sanzionatorio, in particolare delle determinazioni afferenti alla sussistenza e alla rilevanza di elementi circostanziali del reato, possa essere posta in esecuzione la pena individuata nella soglia minima. 1.1. Per l'indirizzo interpretativo che ammette l'esecutorietà della sentenza pur quando l'annullamento abbia ad oggetto il punto relativo al trattamento sanzionatorio di un unico capo, è rilevante stabilire cosa si intenda per pena minima immediatamente eseguibile. Si afferma così che è pena minima quella non suscettibile di mutare in senso favorevole all'imputato nel giudizio di rinvio, potendo al più essere aumentata in seguito al riconoscimento in quella sede della sussistenza di circostanze aggravanti e/o della loro prevalenza, o anche solo equivalenza, rispetto alle circostanze già affermate nei giudizi di merito precedenti l'annullamento e non poste in discussione nel giudizio di legittimità. 1.2. Data l'impossibilità di riduzioni per effetto delle determinazioni del giudice del rinvio, ulteriore dato controverso è se la pena minima debba essere individuata dalla sentenza che viene a costituire il titolo dell'esecuzione anticipata o se, invece, possa essere computata, in assenza di una indicazione espressa in sentenza, dagli organi dell'esecuzione in forza di calcoli ipotetici che prefigurino il miglior esito possibile, a favore dell'imputato, del giudizio di rinvio in punto di determinazione della pena finale o, ancora, se debba essere indicata nella sentenza di annullamento con rinvio, in conseguenza della quale si è formato il giudicato parziale. 2. Premessa indiscussa della tesi sull'esecutività immediata della sentenza, pur fatta oggetto di annullamento parziale in punto di pena, è la piena compatibilità col sistema processuale del cd. giudicato progressivo o giudicato parziale. Da tempo le Sezioni unite hanno dato cittadinanza a questa forma di giudicato, traendone il fondamento normativo nella previsione dell'art. 624 c.p.p. - e, ancor prima, vigente il codice del ‘30, nell'omologo art. 545 secondo cui se l'annullamento non è pronunciato per tutte le disposizioni della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale con la parte annullata . 2.1. Come chiarito tanti anni addietro da Sez. U, n. 373 del 23/11/1990, dep. 1991, P.G. in proc. Agnese, Rv. 186165C, con la formula contenuta nell'art. 624 c.p.p. si delinea il fenomeno della formazione progressiva del giudicato, che si verifica sia quando nel processo confluiscono più azioni penali sia quando il procedimento abbia ad oggetto un solo reato nei confronti di un solo soggetto . Anche in tale ultima ipotesi la sentenza definitiva può essere la risultante di più decisioni che si susseguono nel tempo per effetto dello sviluppo progressivo dei mezzi di impugnazione. Non è casuale, infatti, che il legislatore faccia riferimento alle parti della sentenza e non utilizzi i termini capo e punto se avesse inteso riferire il fenomeno del giudicato parziale soltanto ai capi autonomi della sentenza, la norma sarebbe stata del tutto superflua, non essendo contestabile l'autonomia delle azioni penali confluenti nel processo cumulativo. Dunque, il giudicato parziale può aversi pur quando la sentenza si componga di un solo capo e riguardi un solo imputato, perchè l'irrevocabilità della decisione segue all'esaurimento del giudizio su tutti i punti di cui il capo si compone. Per mezzo del giudicato parziale, ed è questa la sua principale funzione, il giudizio di rinvio viene conformato nei suoi limiti, che discendono direttamente dalla pronuncia della Corte di cassazione in relazione a tutte le parti diverse da quelle annullate e non necessariamente connesse . 3. Non è invece conseguenza del giudicato parziale, secondo la ricostruzione operata dalla citata pronuncia, l'eseguibilità della sentenza essa non deve essere confusa con l'autorità di cosa giudicata che viene attribuita ad una o più delle statuizioni, perchè l'irrevocabilità della sentenza in relazione allo sviluppo del rapporto processuale è cosa ben diversa dalla possibilità di attuazione delle definitive decisioni in essa contenute. La definitività del provvedimento va posta in relazione alla formazione di un vero e proprio titolo esecutivo e quindi alla materiale e giuridica possibilità della esecuzione della sentenza l'irrevocabilità di alcune statuizioni si collega invece all'esaurimento del giudizio su quel o quei punti e prescinde dalla concreta realizzabilità della pretesa punitiva. Quando la legge disciplina lo sviluppo processuale e attribuisce autorità di cosa giudicata ad una parte della sentenza, non fa certo riferimento al giudicato in senso sostanziale e alla idoneità della decisione ad essere posta in esecuzione, perchè soltanto l'esaurimento del giudizio attribuisce alla decisione il carattere e gli effetti del giudicato . 4. Del giudicato progressivo si è occupata anche Sez. U, n. 6019 del 11/05/1993, Ligresti ed altri, Rv 193419, che ha confermato la nozione di parti della sentenza di, cui all'art. 545 c.p.p. del 1930, riprodotta nell'art. 624 del vigente c.p.p., riferibile a qualsiasi statuizione avente un'autonomia giuridico-concettuale e, quindi, non solo alle decisioni che concludono il giudizio in relazione ad un determinato capo di imputazione, ma anche a quelle che, nell'ambito di una stessa contestazione, individuano aspetti non più suscettibili di riesame anche in relazione a questi ultimi la decisione adottata, benchè non ancora eseguibile, acquista autorità di cosa giudicata, quale che sia l'ampiezza del relativo contenuto . Anche in questa occasione le Sezioni unite precisarono che l'irrevocabilità di alcune statuizioni della sentenza non interessate dall'annullamento con rinvio è direttamente strumentale a definire i limiti oggettivi del giudizio di rinvio e non anche a consentire l'immediata eseguibilità di parti della sentenza, perchè l'esecuzione è necessariamente legata alla formazione del titolo esecutivo e quindi alla irrevocabilità della sentenza interamente considerata, salvi i casi di pluralità di capi autonomi. 5. Sull'ammissibilità del giudicato parziale in caso di sentenza composta di un unico capo e sulla netta distinzione tra autorità di cosa giudicata ed eseguibilità ha detto anche Sez. U, n. 4460 del 19/01/1994, Cellerini ed altri, Rv. 196888. All'osservazione critica contro la tesi del giudicato progressivo, espressa nella considerazione della inaccettabilità della dicotomia tra definitività ed eseguibilità del giudicato per l'impossibilità che possa darsi l'esistenza di una sentenza irrevocabile eppure non eseguibile se non condizionatamente all'esaurimento complessivo del processo, le Sezioni unite opposero che l'autorità di cosa giudicata, come già avvertito in dottrina, non va scambiata con la esecutorietà di una decisione, perchè l'esecutorietà non è sufficiente ad attribuire ad un provvedimento l'autorità di cui si tratta e, talvolta, neppure il carattere della irrevocabilità mentre vi possono essere decisioni aventi autorità di cosa giudicata senza essere in tutto o in parte eseguibili. Come nel caso della condanna a pena condizionalmente sospesa o che fruisca di indulto revocabile o condizionato ovvero nei casi di differimento della esecuzione della pena previsti dagli artt. 146 e 147 c.p. e, comunque, della sentenza di condanna nel periodo di tempo intercorrente tra il momento in cui la stessa è stata pronunciata e quello della sua messa in esecuzione . 6. Nel medesimo solco si è collocata altra sentenza delle Sezioni unite. Sez. U, n. 20 del 09/10/1996, Vitale, Rv. 206170 ha ribadito che anche nel giudizio penale il giudicato può avere una formazione non simultanea, bensì progressiva ciò avviene sia quando una sentenza di annullamento parziale venga pronunciata nel processo cumulativo e riguardi solo alcuni degli imputati ovvero alcune delle imputazioni, sia quando detta pronuncia abbia ad oggetto una o più statuizioni relative ad un solo imputato e ad un solo capo di imputazione, chè anche in tal caso il giudizio si esaurisce in relazione a tutte le disposizioni non annullate ne consegue che la competente autorità giudiziaria può legittimamente porre in esecuzione il titolo penale per la parte divenuta irrevocabile, nonostante il processo, in conseguenza dell'annullamento parziale, debba proseguire in sede di rinvio per la nuova decisione sui capi annullati . Il principio di diritto fu pronunciato - è bene precisare - in un caso in cui, dopo l'annullamento con rinvio, aveva avuto inizio l'esecuzione, ma soltanto in riguardo ai capi della sentenza una pluralità di imputazioni non interessati dall'annullamento parziale. Ancora dopo le. Sezioni unite si occuparono nuovamente della questione. Sez. U, n. 4904 del 26/03/1997, Attinà, Rv. 207640 ha confermato l'esistenza della formazione progressiva del giudicato per i casi di annullamento soltanto su alcuni dei punti di una sentenza, ma ciò fece soltanto nella prospettiva di spiegare l'impossibilità di fare applicazione, una volta intervenuta irrevocabilità da giudicato sulla statuizione in punti di responsabilità, di cause estintive del reato, e non anche per risolvere aspetti problematici legati ad una anticipata esecuzione delle parti non annullate. Ha così stabilito che, qualora venga rimessa dalla Corte di cassazione al giudice di rinvio esclusivamente la questione relativa alla determinazione della pena, il giudicato progressivo formatosi sull'accertamento del reato e della responsabilità dell'imputato, con la definitività della decisione su tali parti, impedisce l'applicazione di cause estintive sopravvenute all'annullamento parziale . 7. La lunga elaborazione del cd. giudicato parziale o progressivo, categoria tenuta comunque separata dall'idea della esecutorietà come effetto automatico e indefettibile dell'irrevocabilità, anche parziale, è stata ulteriormente validata con una pronuncia sul tema delle preclusioni endoprocedimentali conseguenti all'effetto devolutivo delle impugnazioni ordinarie. Sez. U, n. 1 del 19/01/2000, Tuzzolino A, Rv. 216239 ha chiarito che l'esclusione del giudicato parziale in conseguenza del meccanismo preclusivo legato alla devoluzione parziale delle impugnazioni non smentisce gli approdi interpretativi precedenti, la cui ratio decidendi è la specialità della forza precettiva dell'art. 624 c.p.p., comma 1. Esso esprime un principio che non può operare al di fuori della specifica situazione dell'annullamento parziale, attenendo unicamente ai limiti obiettivi del giudizio di rinvio. 8. Nei confini delineati dalla giurisprudenza delle Sezioni unite si sono mosse, almeno per un primo periodo, le Sezioni semplici, affiancando l'esecutorietà immeditata al giudicato parziale nei soli in cui la sentenza oggetto di annullamento si compone di più capi, uno o più dei quali non interessati dall'annullamento. Sez. 1, n. 4506 del 10/12/1990, dep. 1991, Teardo, Rv. 186838 stabilì che nel caso in cui la sentenza, pur documentalmente unica, ricomprenda una pluralità di capi e di imputazioni a carico dello stesso imputato, dalla autonomia di ciascuno di essi deriva il passaggio in giudicato di quei capi della sentenza non investiti dall'annullamento con rinvio, a seguito della sentenza della corte di cassazione ciò determina l'obbligo per la competente autorità giudiziaria di porre in esecuzione il titolo penale per la parte divenuta irrevocabile, nonostante il processo, in conseguenza dell'annullamento parziale, debba proseguire, in sede di rinvio, per la nuova decisione sui capi annullati . Sez. 1, n. 575 del 12/02/1993, P.G. in proc. Fracapane, Rv. 193656 disse poi che l'irrevocabilità e la conseguente esecutività della sentenza penale di condanna, ai sensi del combinato disposto degli artt. 648 e 650 c.p.p., debbono necessariamente riguardare il capo d'imputazione nella sua interezza, nulla rilevando in contrario la possibilità di formazione di un giudicato parziale prevista, nel caso di annullamento con rinvio, dall'art. 624 c.p.p., comma 1, giacchè, in tale ultima ipotesi, si tratta di una irrevocabilità connessa allo sviluppo del rapporto processuale e limitata ad una o più statuizioni aventi un'autonomia giuridico - concettuale anche nell'ambito di un singolo capo d'imputazione, senza che però ciò incida sulla concreta realizzabilità della pretesa punitiva dello Stato, richiedendo questa pur sempre la formazione di un giudicato di condanna che non può dirsi realizzato finchè il soggetto rivesta comunque la qualifica di imputato . In applicazione del principio, di diretta discendenza dalle elaborazioni delle Sezioni unite, escluse che potesse darsi esecuzione, sia pur limitatamente alla parte di pena che sarebbe residuata in caso di applicazione nella massima possibile estensione delle attenuanti generiche, ad una sentenza di condanna che era stata annullata con rinvio unicamente sul punto attinente la concedibilità o meno di dette attenuanti. 9. Allo stesso modo pronunciarono varie altre sentenze che riconobbero esecutività ai giudicati parziali su capi autonomi di un'unica decisione, annullata per altri e non con i primi in connessione essenziale, in specie per la determinazione di pena. Pur ritenuta la continuazione con i reati oggetto dei capi annullati, la linea di discrimine fu quella di valutare se l'annullamento avesse riguardato il reato individuato come più grave o solo reati satellite. Sez. 6, n. 3216 del 20/08/1997, Maddaluno C, Rv. 208873 affermò che per il principio di formazione progressiva del giudicato, quando la decisione sia irrevocabile in relazione all'affermazione di responsabilità dell'imputato, e rispetto ad essa la sentenza contenga già l'indicazione della pena da irrogare, la sentenza di condanna deve essere posta in esecuzione e il rinvio parziale operato dalla cassazione per ipotesi di reato poste in continuazione con la prima non incide sulla immediatà eseguibilità del giudicato . In tal caso, infatti, la pena è posta con certezza dalla sentenza soltanto parzialmente annullata, perchè essa è riferita al reato più grave della continuazione che non è stato coinvolto nell'annullamento. Allo stesso modo si pronunciò Sez. 1, n. 2071 del 20/03/2000, Soldano, Rv. 215949, statuendo che. attesa la regola generale della formazione progressiva del giudicato, consacrata dall'art. 624 c.p.p., deve ritenersi che, quando la decisione divenga irrevocabile in relazione all'affermazione di responsabilità e contenga già l'indicazione della pena minima, il condannato deve comunque espiare, la stessa vada posta in esecuzione . Il principio, anche in questo caso, fu stabilito in seguito all'annullamento soltanto in relazione all'entità degli aumenti di pena da applicare a titolo di continuazione sulla pena base e quindi di irrevocabilità delle statuizioni sull'intero capo attinente al reato più grave. Più recentemente il principio dell'autonomia dei capi di una sentenza cumulativa e della conseguente eseguibilità parziale della sentenza annullata soltanto su alcuni è stato sottolineato da Sez. 1, n. 23592 del 05/06/2012, Martuzi, Rv. 253337. Questa pronuncia ha puntualizzato che la formazione del giudicato parziale, per essere la decisione di condanna divenuta irrevocabile in relazione all'affermazione di responsabilità per uno o per alcuni dei reati contestati con indicazione della pena che il condannato deve comunque espiare, impone che la condanna sia messa in esecuzione, a nulla rilevando l'annullamento con rinvio per gli altri autonomi capi . Ancora dopo, sulla stessa linea, si è posta Sez. 1, n. 36331 del 30/06/2015, Cafasso, Rv. 264528, per la quale per il principio della c.d. formazione progressiva del giudicato , qualora una sentenza di merito venga annullata dalla Corte di cassazione limitatamente alla statuizione relativa ad un capo di imputazione, la parte della sentenza riguardante l'affermazione definitiva della responsabilità per i restanti delitti acquista autorità di cosa giudicata ne deriva che, in relazione a questi ultimi, l'imputato si troverà detenuto non più in stato di custodia cautelare, ma in espiazione della pena definitiva . 10. La regola dell'autonomia dei capi di un'unica sentenza, ai fini dell'esecutorietà immediata, non può invece valere quando, unificati dal vincolo della continuazione, l'annullamento attenga al reato ritenuto più grave. In tale ipotesi, infatti, l'annullamento del capo relativo al reato più grave fa venir meno la pena base e quindi, per necessità logica, la stessa determinazione della pena per i reati non fatti oggetto di annullamento. In questo senso si spiega l'indicazione in forza della quale, perchè si abbia esecutorietà, la pena debba essere stata determinata nel minimo dalla sentenza oggetto di annullamento parziale. Sez. 1, n. 32477 del 19/06/2013, Dello Russo, Rv. 257003, ha così affermato che il principio secondo cui la sentenza di condanna per la parte divenuta irrevocabile deve essere posta in esecuzione anche in caso di rinvio parziale disposto dalla Corte di cassazione per ipotesi di reato in continuazione con la prima, ricollegabile alla regola della formazione progressiva del giudicato, trova applicazione solo se è stata determinata la pena minima che il condannato deve comunque espiare . In forza di questo principio la Corte di cassazione ha disposto l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza del giudice dell'esecuzione che aveva determinato la pena in concreto da espiare, dato che il giudizio di rinvio avrebbe potuto individuare un diverso reato più grave e, conseguentemente, calcolare la pena in modo diverso. Sulla stessa linea si è collocata Sez. 1, n. 15949,del 21/02/2013, Antonacci, Rv. 256255, secondo cui, atteso il principio di formazione progressiva del giudicato, la sentenza di condanna deve essere immediatamente posta in esecuzione quando essa sia irrevocabile in relazione all'affermazione di responsabilità dell'imputato per alcune delle fattispecie contestate e contenga già l'indicazione della pena da applicare per le stesse, anche se la Corte di cassazione abbia disposto l'annullamento con rinvio per altre ipotesi di reato che il giudice di merito aveva ritenuto unificate alle prime dal vincolo della continuazione . Ha infatti chiarito che il giudicato parziale formatosi in relazione a due dei reati per i quali era intervenuta condanna ha reso esecutiva la stessa e quindi ha concretizzato la possibilità di applicazione dell'indulto, senza che possa essere d'ostacolo il riconosciuto vincolo della continuazione tra i suddetti reati e quello per il quale, a seguito, dell'annullamento con rinvio della Corte di cassazione, si era celebrato il giudizio di rinvio . 10.1. Proprio in ragione di queste premesse, di recente Sez. 1, n. 30780 del 5 luglio 2019, Fiesoli, n. m., ha spiegato che è eseguibile la pena che sia stata determinata e non anche quella che sia determinabile, sia pure in modo certo, ma non ancora applicata specificamente. Ciò ha stabilito in un caso in cui oggetto di annullamento era uno dei reati in continuazione, non ritenuto più grave ma che avrebbe potuto essere così qualificato nel giudizio di rinvio in accoglimento dell'impugnazione del pubblico ministero che mirava a ripristinare l'originaria qualificazione in peius, la quale avrebbe comportato una maggiore gravità rispetto al reato che la sentenza di appello aveva individuato come più grave. Ha precisato che la pena che - secondo quanto affermato dal giudice dell'esecuzione - è eseguibile nel caso in esame non è stata definita con statuizione ormai irrevocabile, ma è il risultato di un ragionamento in ipotesi, dato che non può escludersi che il'reato continuato possa mutare struttura con l'individuazione di altro reato come reato più grave . Ed ha proseguito affermando che benchè il ragionamento in ipotesi consegni un risultato certo, almeno nel minimo di pena eseguibile, la pena posta in esecuzione non è stata ancora determinata con pronuncia sul punto irrevocabile. Il fatto che il risultato finale non potrà consistere in una pena inferiore a quella ora posta in esecuzione non significa che la pena sia stata già definita . 10.2. Da ultimo il principio è stato rafforzato da Sez. 1, n. 6189 del 17/12/2019, dep. 2020, Castiglione, Rv. 278473, secondo cui, in caso di annullamento parziale per taluno dei reato oggetto di una continuazione, occorre che la pena minima da espiare sia stata indicata in modo specifico dalla sentenza di merito divenuta parzialmente irrevocabile, non essendo sufficiente che detta pena sia solo determinabile, anche mediante ragionamenti logici o normativi che conducono a risultati certi, ed il giudizio di rinvio non possa portare ad uno stravolgimento delle indicazioni di pena in esito ad una rivisitazione della struttura del reato continuato, con diversa qualificazione del reato più grave all'interno della sequela criminosa. 11. Alcune pronunce, negando l'esecutorietà della sentenza oggetto di annullamento soltanto sul trattamento sanzionatorio, e che quindi si pongono in linea con quelle appena prima richiamate, hanno valorizzato, per affermare che l'imputato in vinculis si trovi, nonostante l'irrevocabilità dell'affermazione di responsabilità, in stato di custodia cautelare, l'omessa indicazione della pena minima, fors'anche ad opera della stessa sentenza di annullamento con rinvio. Sez. 1, n. 20178 del 07/04/2017, Gallo, n. m. ha ritenuto fondata la tesi difensiva per la quale, siccome la sentenza di annullamento parziale che aveva reso definitive le statuizioni di condanna per i reati di cui all'art. 416-bis c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 aggravato ex D.L. n. 152 del 1991, art. 7 , non aveva determinato la parte di pena immediatamente eseguibile con riferimento a tali reati, non poteva dirsi esistente un titolo esecutivo idoneo a novare il fondamento della restrizione in carcere del ricorrente. Ha a tal proposito affermato - richiamando altra sentenza resa nella stessa vicenda processuale e pur essa non massimata Sez. 1, n. 3273/17 del 19/12/2916, Gallo, n. m. che il principio per cui, in forza della regola della formazione progressiva del giudicato, la sentenza di condanna deve essere immediatamente posta in esecuzione quando essa sia divenuta irrevocabile in relazione all'affermazione di responsabilità dell'imputato per alcuni dei reati giudicati, anche se la Corte di cassazione abbia disposto contestualmente l'annullamento con rinvio per altri reati che il giudice di merito aveva unificato ai primi sotto il vincolo della continuazione, trova applicazione soltanto se è stata determinata la pena minima che il condannato deve espiare per i reati definitivamente giudicati . Vale infatti quanto affermato dalla sentenza Cellerini delle Sezioni unite, che ha precisato come l'autorità di cosa giudicata non debba essere scambiata con l'esecutorietà della decisione, così che anche in caso di formazione progressiva del giudicato . il differimento della eseguibilità della sentenza, anche nelle parti non annullate, al momento -successivo - in cui la sentenza sia divenuta definitiva in ogni sua parte deve ritenersi del tutto legittimo . . Ha quindi rilevato, come già accennato, che la sentenza di annullamento parziale non aveva determinato la parte di pena immediatamente eseguibile e ha così escluso che essa potesse costituire - allo stato - un titolo esecutivo idoneo a novare il fondamento della restrizione in carcere del ricorrente. Da questo specifico passaggio sembra potersi trarre la conclusione che i poteri di individuazione delle parti della sentenza che divengono irrevocabili in caso di annullamento parziale, attribuiti alla Corte di cassazione dall'art. 624 c.p.p., comprendano anche quello di individuazione della pena eseguibile. 12. Il potere di determinazione delle parti divenute irrevocabili, che l'art. 624 c.p.p. assegna alla Corte di cassazione, serve a delimitare oggettivamente campo cognitivo e decisorio del giudice del rinvio. Quel che diviene irrevocabile e poi eseguibile non è la sentenza della Corte di cassazione, ma la sentenza di merito, con la conseguenza che a rigore la Corte di cassazione non potrebbe integrare la sentenza di merito, desumendo da essa una quantità di pena non specificamente individuata, per poi far sì che questa integrazione possa assumere, in uno con le statuizioni in punto di responsabilità, il carattere non solo dell'irrevocabilità ma anche dell'eseguibilità. E' appena il caso di aggiungere che, nell'ambito di quanto previsto dall'art. 624 c.p.p., la Corte di cassazione non esplica poteri costitutivi ma meramente dichiarativi in ordine a quanto contenuto nella sentenza di merito che, per effetto della parzialità dell'annullamento, acquista immediatamente autorità di cosa giudicata. Per Sez. 2, n. 46419 del 16/10/2014, Barchetta ed altri, Rv. 261050 la declaratoria in dispositivo delle parti della sentenza impugnata divenute irrevocabili, ex art. 624 c.p.p., comma 2, ha efficacia meramente dichiarativa e non costitutiva . La pronuncia appena citata ha a tal proposito rilevato che la norma prevede che, ove non abbia provveduto all'indicazione delle parti divenute irrevocabili nel'dispositivo della sentenza di annullamento, la Corte di cassazione possa riparare all'omissione in ogni momento tramite un'ordinanza da adottarsi de plano in camera di consiglio, d'ufficio o su richiesta del pubblico ministero o della parte privata interessata. Alla stregua di tale disciplina, deve allora concludersi che alla declaratoria prevista dall'art. 624 c.p.p., comma 2, non può essere riconosciuta alcuna efficacia costitutiva dell'effetto della irrevocabilità dei capi della sentenza impugnata che non siano stati oggetto di annullamento e non siano in connessione essenziale con quelli annullati al contrario, la declaratoria delle parti della sentenza impugnata divenute irrevocabili ha efficacia meramente dichiarativa . In conformità ha poi pronunciato anche Sez. 4, n. 29186 del 29/05/2018, Marangio, Rv. 272966 e Sez. 1, n. 10880 del 17 gennaio 2020, Toscano ed altri, n. m., Secondo cui non rileva la mancanza delle indicazioni ex art. 624 c.p.p., comma 2, in ordine alle parti della sentenza impugnata divenute irrevocabili, poichè a tal riguardo la Corte di cassazione non esplica poteri costitutivi, prevedendosi solo una declaratoria riferita al contenuto della decisione, che già per effetto della parzialità dell'annullamento acquista autorità di cosa giudicata . 13. Occorre poi considerare che, pur quando oggetto di annullamento sia il capo relativo alla condanna per un reato meno grave, non perciò può dirsi che la condanna per il reato più grave e per gli altri reati satellite sia, oltre che irrevocabile, anche esecutiva. Entrano in gioco, almeno alle volte, altri istituti, la cui operatività è strettamente connessa al quantum di pena definitivamente irrogato, come la sospensione condizionale. Se si tratta di decidere se la pena sia sospendibile, occorre che la statuizione sulla pena, e non solo quella sulla pena minima, sia certa. E pertanto, ha affermato Sez. 1, n. 45340 del 10/09/2019, Vinciguerra, Rv. 277915, l'annullamento con rinvio di una sentenza di condanna per più reati avvinti dalla continuazione limitatamente ad uno di essi, la cui pena implicherebbe il superamento della soglia di due anni di reclusione rilevante per l'applicazione della sospensione condizionale, non comporta - in ragione del principio di formazione progressiva del giudicato - l'esecutività parziale della condanna alla pena irrevocabilmente determinata per gli altri, qualora l'imputato abbia proposto appello sulla mancata concessione del beneficio per tutti i reati. In motivazione, la Corte ha precisato che conseguentemente, compete al giudice di rinvio ex art. 627 c.p.p., e non al giudice dell'esecuzione, la decisione in ordine alla domanda di applicazione dell'art. 163 c.p. anche con riferimento alla pena inflitta per i capi di sentenza passati in giudicato 14. Maggiormente compatibile con le indicazioni delle plurime sentenze delle Sezioni unite è l'orientamento per il quale, in caso di annullamento con rinvio all'interno di un unico capo, la sentenza non è in alcun modo suscettibile di esecuzione. Sez. 1, n. 22293 del 05/05/2004, De Finis, Rv. 228199 ha dettato il principio per il quale qualora venga rimessa dalla Corte di cassazione al giudice di rinvio esclusivamente la questione relativa alla determinazione della pena, la formazione del giudicato progressivo riguarda esclusivamente l'accertamento del reato e la responsabilità dell'imputato e non invece la pena, e pertanto la detenzione dell'imputato deve essere considerata come custodia cautelare sottoposta alle regole sulla decorrenza termini e non come esecuzione di pena definitiva . La Corte di cassazione, sulla base di tale principio, annullò l'ordinanza del Tribunale del riesame di conferma del provvedimento con cui era stata rigettata la richiesta di declaratoria di avvenuto decorso dei termini di custodia cautelare sul presupposto che, annullata la sentenza di condanna limitatamente alla determinazione della pena base per l'omicidio prima della applicazione della diminuente, si era comunque formato il cosiddetto giudicato progressivo in relazione alla affermazione della responsabilità e quindi la pena da determinare non avrebbe potuto comunque essere inferiore al minimo teorico, comprese tutte le attenuanti e le diminuenti riconosciute, pari ad anni 9, mesi 8 e giorni 20. Richiamando la sentenza Attinà delle Sezioni unite, la Corte di cassazione precisò che l'irrevocabilità può non coincidere con la definitività della decisione quando, come in quel caso, si sia formato un giudicato parziale sulla responsabilità e non sia ancora intervenuta la determinazione della pena e quindi la sentenza non sia utilizzabile come titolo esecutivo. Da qui la conclusione che la pendenza del giudizio di rinvio dopo l'annullamento della Corte di Cassazione in relazione alla quantificazione della pena, impedisce la formazione di un titolo esecutivo, che si realizza soltanto a seguito della irrevocabilità della decisione . Più di recente Sez. 4, n. 10674 del 19/02/2013, P.G. in proc. Macrì, Rv. 254940, ribadendo un principio già sancito nella giurisprudenza di legittimità, e cioè che, qualora l'annullamento di una sentenza di condanna non attenga alla parte relativa all'affermazione di responsabilità per la determinazione dei termini di custodia cautelare, si ha riferimento soltanto ai termini di durata complessiva e non a quelli di fase, ha ripreso l'elaborazione sulla formazione progressiva del giudicato nel giudicare di un caso interessato appunto dall'annullamento soltanto in merito alla sussistenza o meno di una circostanza aggravante ad affetto speciale, D.L. n. 152 del 1991, art. 7. Ha in particolare affermato che la formazione del giudicato sulla responsabilità, con rinvio soltanto per la determinazione della pena alla luce della contestazione di un'aggravante, non comporta che la decisione sia già eseguibile seppure abbia acquistato autorità di cosa giudicata. Allo stesso modo, pronunciandosi per l'applicabilità dei soli termini complessivi di custodia cautelare, Sez. 6, n. 29554 del 03/04/2014, D'Agostino e altro, Rv. 259814 ha affermato che in simili situazioni nelle quali, a fronte di sentenze di condanna, il rinvio è stato disposto esclusivamente per il giudizio sulla rideterminazione della pena o per l'applicazione di circostanze, . il giudicato parziale preclude l'applicazione dell'art. 129 c.p.p., anche in riferimento alla prescrizione . e consente l'esecuzione della sentenza nel caso in cui una quota della pena non possa più essere messa in discussione , a nulla rilevando che l'annullamento sia limitato alla sussistenza di una circostanza aggravante. Va però osservato che il quel caso il titolo non fu posto in esecuzione dato che oggetto della pronuncia fu soltanto la questione sui termini di custodia cautelare e non quella di espiazione, per così dire anticipata, della pena. Con particolare chiarezza Sez. 6, n. 2324 del 19/12/2013, dep. 2014, P.G. in proc. Ben Lahmar, Rv. 258251, richiamando gli assunti della sentenza De Finis, ha statuito che qualora venga rimessa dalla Corte di cassazione al giudice di rinvio esclusivamente la questione relativa alla determinazione della pena, la formazione del giudicato progressivo riguarda esclusivamente l'accertamento del reato e la responsabilità dell'imputato e non invece la pena e pertanto la detenzione dell'imputato deve essere considerata come custodia cautelare sottoposta alle regole sulla decorrenza termini e non come esecuzione di pena definitiva . Allo stesso modo si sono successivamente espresse Sez, 1, n. 25881 del 12 maggio 2015, Neri, n. m., in un caso di annullamento con rinvio della sentenza di condanna per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74, limitatamente alla circostanza aggravante di cui al comma 4, rilevando che la sentenza di annullamento non aveva determinato la pena minima e che il giudizio di rinvio avrebbe potuto comportare un diverso calcolo della pena per l'ipotesi che l'aggravante fosse ritenuta insussistente Sez. V, n. 46431 del 13 settembre 2017, Licciardi ed altro, n. m. in un caso di annullamento con rinvio della sentenza di condanna limitatamente al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 c.p., n. 6 Sez. 1, n. 53429 del 10 ottobre 2017, Bracale, n. m., secondo cui, siccome l'annullamento parziale aveva avuto ad oggetto l'applicazione della recidiva di cui all'art. 99 c.p., comma 5, con dichiarazione di assorbimento dei motivi inerenti alla determinazione della pena, specificamente afferenti al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e alla eccessività della misura stabilita, era impossibile individuare la porzione di pena corrispondente al reato per il quale era divenuta irrevocabile l'affermazione di responsabilità. 15. Una evoluzione delle posizioni elaborate dalle Sezioni unite si è avuta ad opera delle sezioni semplici che, in apparente continuità con gli arresti in punto di formazione progressiva del giudicato, hanno affermato innovativamente che l'esecuzione della sentenza oggetto di annullamento può aversi pur quando il capo sia unico e sia divenuto irrevocabile il punto sulla responsabilità, a condizione però, ancora una volta, che la sentenza abbia determinato la pena in un minimo che non sia suscettibile di ulteriore diminuzione nel giudizio di rinvio. L'attuazione fedele dei pronunciamenti delle Sezioni unite si è riscontrata nell'affermazione dell'esecutività parziale sul capo autonomo non oggetto di annullamento significativamente diversa è invece l'ipotesi di un giudicato parziale su alcuni punti di un unico capo, specificamente sul punto relativo all'affermazione di responsabilità. Il requisito ritenuto indispensabile, e che ovviamente si fa più stringente in tali casi, è che il punto sulla determinazione della pena contenga l'indicazione di una pena minima, non modificabile verso il basso nel giudizio di rinvio. Della necessità dell'indicazione della pena minima in sentenza si è occupata Sez. 1, n. 41941 del 21/09/2012, Pitarà, Rv. 253622, secondo cui la sentenza divenuta irrevocabile in relazione all'affermazione di responsabilità dell'imputato e contenente l'indicazione della pena che il condannato deve espiare va posta in esecuzione, a nulla rilevando l'annullamento con rinvio operato dalla S.C. e limitato alla sussistenza di una circostanza aggravante. Fattispecie relativa a condanna per il delitto di spaccio di stupefacenti, annullata limitatamente alla sussistenza dell'aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80 . In questo caso la Corte ha ricordato che nel giudizio di merito era stata già determinata la pena in relazione al reato non aggravato, con la conseguenza che il giudizio di rinvio, limitato al tema dell'aggravante, avrebbe potuto incidere in aumento della pena già inflitta. Da qui la possibilità di immediata esecuzione. Allo stesso modo ha deciso Sez. 1, n. 12904 del 10/11/2017, dep. 2018, Centonze, Rv. 272610, statuendo che . la formazione del giudicato non coincide con l'eseguibilità del titolo, costituendo la prima il mero presupposto della seconda pertanto l'annullamento con rinvio di una sentenza di condanna composta di un unico capo in relazione al solo trattamento sanzionatorio non comporta automaticamente, in applicazione del principio della formazione progressiva del giudicato, l'immediata eseguibilità di detta sentenza, che può ricorrere soltanto qualora la pena sia definita con certezza nel quantum minimo inderogabile . Ciò ha stabilito in un caso di annullamento con rinvio disposto in relazione alla recidiva, con dichiarazione di assorbimento degli altri motivi di ricorso concernenti la determinazione della pena. Ha in particolare chiarito che la sentenza, là dove la pena non sia definita con certezza nel quantum minimo inderogabile, non può valere quale titolo eseguibile. Da ciò discende, altresì, il principio secondo cui, così come non risultano suscettibili di esecuzione decisioni di condanna in forma anticipata, egualmente non sono praticabili soluzioni interpretative che pretendano l'emissione dell'ordine di esecuzione per la carcerazione in incertam poenam ovvero che abbi no ad oggetto pene determinate nel minimo in maniera evidentemente virtuale, attraverso, cioè, operazioni di calcolo su cui non sia scesa l'irrevocabilità del giudicato che, pertanto, siano suscettibili di rivisitazioni anche in melius ovvero attraverso computi di cui non sia possibile intendere il percorso logico giuridico seguito nella relativa determinazione. Diversamente si rischierebbe di trasformare il rapporto afferente all'espiazione della pena in un'azione esecutiva ad oggetto incerto . -Ed ha quindi annullato il provvedimento impugnato, rilevando che il giudice dell'esecuzione non aveva adeguatamente spiegato come fosse giunto a ritenere che la pena minima si dovesse determinare in quella indicata ., nonostante l'intervenuto annullamento, il rinvio sul punto della recidiva e l'assorbimento dei motivi sul trattamento sanzionatorio, statuizione che pareva lasciasse l'intero profilo sub iudice . Successivamente il principio è stato confermato da Sez. 1, n. 43824 del 12/04/2018, Milito, Rv. 274639, secondo cui in caso di annullamento parziale della sentenza, qualora sia rimessa al giudice del rinvio la sola questione relativa al riconoscimento di una circostanza aggravante, il giudicato formatosi sull'accertamento del reato e sulla responsabilità dell'imputato impone che la sentenza di condanna, contenente l'indicazione della pena detentiva minima irrogata per effetto delle statuizioni non attinte dall'annullamento, sia posta in esecuzione . Nel caso preso in esame da detta pronuncia vi era stato annullamento della sentenza di condanna limitatamente alla sussistenza dell'aggravante di cui al D.L. n. 152 del 1991, art. 7, ma nelle parti non toccate dall'annullamento, la sentenza di condanna, pronunciata per il delitto di tentato omicidio in continuazione con reati in materia di armi e di falso, conteneva l'indicazione della pena come risultante dal computo immediatamente precedente all'incidenza dell'aggravante. 16. Secondo altre decisioni, espressive di un orientamento ancora difforme sia pure nel più ampio ambito di quelle che ammettono l'esecutorietà della sentenza annullata solo in punto di pena, il requisito della pena minima non implica che la statuizione sulla pena non derogabile in melius sia contenuta nella sentenza destinata a formare titolo, potendo essa porsi come risultato di un computo ipotetico, sia pure assistito dalla certezza logico-giuridica. Di recente, ferma l'essenzialità del requisito dell'indicazione di una pena minima non derogabile è stata affrontata la questione se, in caso di carenza di una statuizione certa nella sentenza da porre in esecuzione, possa provvedere in tal senso l'organo dell'esecuzione, e quindi, ove vi sia incidente di esecuzione, il giudice di tale fase, affidandosi a un computo fondato su mere ipotesi. Sez. 1, n. 19644 del 09/04/2019, Gallo, Rv. 275605 si è occupata di un caso in cui, in seguito all'annullamento con rinvio, era divenuta irrevocabile l'affermazione di responsabilità per il delitto più grave della continuazione criminosa costituito dall'essere stato l'imputato partecipe, con ruoli di promozione, direzione ed organizzazione, dell'associazione finalizzata alla commissione di più delitti di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, reato aggravato ai sensi del D.L. n. 152 del 1991, art. 7. Preso atto che il, giudice della cognizione, nella sentenza conclusiva del giudizio di appello che costituiva titolo per l'esecuzione, non era quantificato l'aumento per l'aggravante speciale contestata, e che dunque la pena per questo reato, il più grave tra quelli in continuazione, non era stata definita con la necessaria certezza, la Corte di cassazione ha affermato che il carattere di certezza della pena posta in esecuzione , sì come operato dagli organi dell'esecuzione, era conseguente al contenuto della previsione aggravatrice, che impone un aumento minimo, senza alcuna discrezionalità valutativa per il giudice, di un terzo della pena . Ha così stabilito che il calcolo condotto sui minimi di legge, sia per il reato associativo qualificato dal ruolo direttivo e organizzativo che per l'aggravante, non oggetto di annullamento, conferiscono certezza alla pena da porre in esecuzione perchè, al di là degli sviluppi del giudizio conseguente all'annullamento parziale , quel nucleo minimo di pena non era in alcun modo derogabile verso il basso e ha riconosciuto che gli organi dell'esecuzione possono integrare la pronuncia di condanna quando si è di fronte ad una pena certa, che a ben vedere è stata implicitamente determinata dal giudice della cognizione e che quindi non è meramente determinabile, ove con tale ultima espressione si intenda la possibilità di oscillazioni quantitative dipendenti da apprezzamenti discrezionali che si sostituiscano a computi meramente aritmetici, capaci per loro intrinseca natura di conferire certezza ai risultati . Altri ancor più recenti approdi segnano una ancora maggiore distanza dalle prime elaborazioni - in tema di giudicato parziale ed esecutività della decisione annullata. Sez. 1, n. 33154 del 15 maggio 2019, Chirico, Rv. 277226, intervenuta ex art. 624 c.p.p. in ordine ad una sentenza di annullamento con rinvio della condanna alla pena dell'ergastolo per un delitto di omicidio, ha stabilito il principio per il quale l'assenza di una pena minima determinata, in ragione del fatto che l'annullamento ha travolto l'intero punto del trattamento sanzionatorio, non è d'impedimento alla esecutività immediata della sentenza dovendosi aver riguardo alla piena equivalenza di una pena determinata, in parte, con statuizione irrevocabile in punto di responsabilità e di una pena che, seppure non determinata, è determinabile con certezza nel minimo, a fronte della irrevocabilità dell'affermazione di responsabilità e senza che il giudizio di rinvio possa apprezzare la ricorrenza di attenuanti, non ritenute dai giudici del merito e la cui mancata applicazione non ha formato oggetto dei motivi di ricorso accolti . Quel che rileva è che non vi sia incertezza circa la pena minima non più passibile di essere modificata, se non in aumento, poco importando se quel quantitativo sia espressamente indicato nella parte di sentenza non annullata o se, invece, sia implicitamente desumibile dalla statuizione irrevocabile in punto di responsabilità come diretta conseguenza del combinarsi di detta statuizione con le inderogabili previsioni di legge circa il limite edittale minimo per il reato riconosciuto in sentenza . Richiamata la vicenda in fatto e precisato che la condanna, intervenuta in appello a seguito di un'assoluzione in primo grado, era stata annullata in punto di pena, e che la pena irrogata era l'ergastolo, pena edittale in ragione del concorso dell'aggravante di cui all'art. 61 c.p., comma 1, n. 4, la Corte di cassazione ha statuito che, ai fini dell'esecutività immediata, l'annullamento in punto di aggravante non segna una particolare differenza . e non rilevata pertanto il fatto che il giudice del merito abbia, prima dell'annullamento, indicato la pena base su cui eventualmente, all'esito del giudizio di rinvio, computare l'aumento per l'aggravante, o, di contro, ciò non abbia potuto fare perchè la sussistenza dell'aggravante, poi oggetto di annullamento, ha determinato il mutamento di specie della pena, da detentiva temporanea ad ergastolo . Secondo tale impostazione, è eseguibile la pena meramente ipotetica, non determinata ma determinabile e la determinazione può essere operata anche dalla Corte di cassazione in sede di pronuncia di annullamento o comunque di adozione dei provvedimenti specificativi di cui all'art. 624 c.p.p 17. La praticabilità di una determinazione ipotetica, seppure certa, della pena minima da eseguire è stata avallata da Sez. 1, n. 46150 del 12 aprile 2018, Paun, n. m., che pure ha avuto cura di precisare che qualora la pena non sia definita con certezza nel quantum minimo inderogabile - ma, ciò, per diretto effetto delle statuizioni non attinte dalla sentenza oggetto dell'annullamento parziale con rinvio - questa non vale quale titolo eseguibile, non potendo accedersi alla giuridica possibilità dell'emissione di un ordine di esecuzione per la carcerazione che si fondi su una pena incerta nella sua entità minima, oppure che si basi sul computo di tale entità su cui però non possa dirsi maturata l'irrevocabilità del giudicato, per essere, la stessa, suscettibile - all'esito del giudizio di rinvio inerente al residuo thema decidendum - di modificazioni in melius . Ha infatti ritenuto eseguibile la pena, rigettando l'impugnazione con cui si mirava a porre nel nulla l'ordine di esecuzione in un caso di annullamento, su iniziativa del pubblico ministero, dei capi di sentenza relativi a due reati che erano stati riqualificati in melius in appello e che, ove ricondotti alla qualificazione originaria nel giudizio di rinvio, avrebbero mutato la struttura del reato continuato con altri non fatti oggetto di annullamento. Uno dei due, infatti, operata la riqualificazione, sarebbe divenuto quello più grave, ma ciò, a giudizio della Corte di cassazione, non avrebbe determinato alcuna conseguenza sulla pena minima certa nel senso che il giudizio di rinvio avrebbe in ogni caso potuto comportare soltanto un aumento e non la diminuzione della pena posta in esecuzione anticipata. Ha su tale aspetto considerato che per l'ipotesi di un giudizio di rinvio del tutto favorevole all'imputato la pena detentiva minima sarebbe coincidente con quella oggetto dell'ordine di esecuzione emesso. Pur costruendo la continuazione su altro reato da ritenersi più grave, ossia quello oggetto del giudizio di rinvio, la pena, in ragione del fatto che l'impugnazione dell'imputato sul trattamento sanzionatorio era stata dichiarata inammissibile, si collocherebbe, data la cornice edittale della nuova qualificazione, a un livello non inferiore all'attuale pena base, con l'ulteriore aggiunta dell'aumento conseguente al reato divenuto automaticamente satellite. L'esistenza di una pena minima certa, anche in caso di prosecuzione del giudizio sulle attenuanti, è stata infine affermata da Sez. 1, n. 42728 del 20 settembre 2019, Buonavoglia, n. m., che ha ritenuto l'esecutorietà immediata in un caso di annullamento in ordine alle attenuanti generiche, ferma l'irrevocabilità della statuizione sulla recidiva di cui all'art. 99 c.p., comma 4. Ha a tal fine rilevato che, ove nel giudizio di rinvio fossero riconosciute le attenuanti, il risultato in punto di pena non potrebbe essere di minor quantità rispetto alla pena base stabilita dal giudice di appello per computare l'aumento in quella sede applicato per la recidiva, e ciò in ragione del divieto normativo di prevalenza. In buona sostanza, ha ammesso che, dato il divieto di prevalenza, il giudizio di rinvio sulle attenuanti generiche ha la stessa potenziale incidenza di quello che ha ad oggetto una eventuale aggravante. In entrambi i casi, infatti, la pena base stabilita dal giudice del merito per i successivi computi è destinata a non poter variare in diminuzione. 18. L'esame della giurisprudenza fa emergere, come ricordato in esordio, una difformità di orientamenti sia sulla possibilità di porre in esecuzione la pena quando ancora il punto relativo al trattamento sanzionatorio sia oggetto delle valutazioni del giudice del rinvio sia sugli spazi di esecutorietà che possano riconoscersi ove si sia data risposta positiva al primo quesito, dovendo stabilirsi come individuare la pena minima certa non suscettibile di modificazioni in melius e se questa debba essere indicata dal giudice dell'esecuzione o dalla Corte di cassazione in sede di annullamento con rinvio, o se possa essere desunta, anche - in ragione di computi ipotetici, dagli organi dell'esecuzione. Si impone pertanto, ai sensi dell'art. 618 c.p.p., la rimessione del ricorso alle Sezioni unite per la risoluzione dell'indicato contrasto. P.Q.M. Visto l'art. 618 c.p.p., rimette il ricorso alle Sezioni unite.