Rientra in carcere con uno smartphone: revocata la semilibertà

Confermata la decisione del Tribunale di sorveglianza. La condotta tenuta dal detenuto è grave, e rende evidente l’inidoneità del soggetto ad usufruire ancora del beneficio.

Addio alla semilibertà per il detenuto che prova a portar con sé in carcere uno smartphone. Decisivo il controllo effettuato dalla polizia penitenziaria. Evidente per i giudici la gravità dell’azione compiuta dall’uomo Cassazione, sentenza n. 21575/20, sez. I Penale, depositata il 20 luglio . A ‘congelare’ la semilibertà ha provveduto il magistrato di sorveglianza. A revocare il beneficio penitenziario, invece, è stato il Tribunale di sorveglianza, una volta valutata la condotta tenuta dal detenuto. Più precisamente, si è appurato che l’uomo aveva cercato di introdurre all’interno della casa circondariale dove era detenuto – come segnalato dalla direzione della stessa struttura penitenziaria – un telefono smartphone , nascondendolo nella manica del giubbotto che indossava al momento del controllo al quale veniva sottoposto dagli agenti di polizia penitenziaria . Secondo il detenuto, però, non vi sono i presupposti per ritenere legittimo il provvedimento revocatorio adottato dal Tribunale di sorveglianza. In questa ottica il suo legale osserva che non si è tenuto conto del processo rieducativo intrapreso dal condannato e dell’ effettivo disvalore delle infrazioni in discussione, infrazioni che non apparivano idonee a interrompere il processo trattamentale proficuamente avviato dal condannato , come testimoniato dal fatto che il detenuto, durante la sua carcerazione, non aveva mai riportato sanzioni disciplinari , aggiunge il legale. Per i Giudici della Cassazione, invece, la revoca della misura della semilibertà è assolutamente legittima. Ciò perché il Tribunale di sorveglianza ha formulato un giudizio adeguato sulla personalità del detenuto e sul disvalore delle violazioni del programma trattamentale commesse durante il regime della semilibertà . Come detto, egli aveva cercato, in pendenza del regime di semilibertà, di introdurre all’interno della casa circondariale un telefono smartphone, nascondendolo nella manica del giubbotto che indossava al momento del controllo al quale veniva sottoposto prima di fare rientro nell’istituto penitenziario , ma, allo stesso tempo, a seguito degli accertamenti eseguiti sul telefono smartphone sequestrato, è emerso che tale utenza telefonica era stata già utilizzata dal detenuto all’interno dell’istituto penitenziario, sia per comunicare con detenuti della stessa struttura sia per comunicare all’esterno di essa con soggetti che non erano ristretti . E lo stesso detenuto ha ammesso tali variegate forme di utilizzo dell’apparecchio telefonico in questione, precisando che, prima del sequestro, in diverse altre occasioni era riuscito a occultare tale strumento di comunicazione, nascondendolo nella biancheria intima che indossava al momento del controllo e che non veniva abitualmente sottoposta a verifica dagli agenti di polizia penitenziaria che lo perquisivano al momento del suo ingresso nell’istituto . Logica, quindi, secondo i Giudici della Cassazione, la revoca della semilibertà , alla luce del principio secondo cui assumono rilievo le condotte che, per natura, modalità di commissione ed oggetto, siano tali da arrecare grave vulnus al rapporto fiduciario che deve esistere tra il condannato semilibero e gli organi del trattamento, dovendosi valutare se il complessivo comportamento del condannato riveli l’inidoneità al trattamento e quindi l’esito negativo dell’esperimento . Assolutamente corretta, quindi, la valutazione compiuta dal Tribunale di sorveglianza, che ha posto in evidenza l’inidoneità della misura alternativa applicata al detenuto .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 16 -20 luglio 2020, n. 21575 Presidente Di Giuro – Relatore Centonze Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza emessa il 19/02/2020 il Tribunale di sorveglianza di Torino, ratificando la misura sospensiva adottata dal Magistrato di sorveglianza di Torino il 30/01/2020, disponeva la revoca del beneficio penitenziario della semilibertà, che era stato concesso a Lu. Ve. ex art. 50 Ord. pen., con provvedimento dello stesso Tribunale di sorveglianza del 10/04/2018, in relazione alla pena residua che il condannato doveva scontare. Il provvedimento revocatorio veniva giustificato dal Tribunale di sorveglianza di Torino, in conformità della misura sospensiva disposta dal Magistrato di sorveglianza di Torino il 30/01/2020, sull'assunto che Ve. aveva cercato di introdurre all'interno della Casa circondariale di Torino dove era detenuto - come segnalato dalla direzione della stessa struttura penitenziaria il 30/01/2020 - un telefono smartphone, nascondendolo nella manica del giubbotto che indossava al momento del controllo al quale veniva sottoposto dagli agenti di polizia penitenziaria. 2. Avverso tale ordinanza Lu. Ve., a mezzo dell'avv. Roberto Franco, ricorreva per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, in riferimento all'art. 51 Ord. pen., conseguenti alla ritenuta insussistenza dei presupposti applicativi per il provvedimento revocatorio adottato, che erano stati valutati dal Tribunale di sorveglianza di Torino con un percorso argomentativo incongruo, che non teneva conto del processo rieducativo intrapreso dal condannato e dell'effettivo disvalore delle infrazioni di cui si controverte, che non apparivano idonee a interrompere il processo trattamentale proficuamente avviato dal condannato, attestato dal fatto che il detenuto, durante la sua carcerazione, non aveva mai riportato sanzioni disciplinari. Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso proposto da Lu. Ve. è inammissibile. 2. Osserva il Collegio che il ricorso in esame non individua singoli profili del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, ma tende a provocare la rivalutazione dei presupposti per la revoca della misura della semilibertà, che risultano vagliati dal Tribunale di sorveglianza di Torino in conformità delle emergenze processuali. Il Tribunale di sorveglianza di Torino, invero, valutava correttamente gli elementi risultanti agli atti, con una motivazione congrua e priva di erronea applicazione della legge penitenziaria, formulando un giudizio adeguato sulla personalità di Lu. Ve. e sul disvalore delle violazioni del programma trattamentale commesse durante il regime della semilibertà, che gli era stato concesso con ordinanza del 10/04/2018. Si evidenziava, in particolare, che Ve., in pendenza del regime di semilibertà di cui si controverte, aveva cercato di introdurre all'interno della Casa circondariale di Torino, dove si trovava detenuto, come segnalato dalla direzione della stessa struttura carceraria torinese il 30/01/2020, un telefono smartphone, nascondendolo nella manica del giubbotto che indossava al momento del controllo al quale veniva sottoposto prima di fare rientro nell'istituto penitenziario. Si evidenziava, al contempo, che a seguito degli accertamenti eseguiti sul telefono smartphone sequestrato a Ve., era emerso che tale utenza telefonica era stata già utilizzata dal ricorrente all'interno dell'istituto penitenziario torinese, sia per comunicare con detenuti della stessa struttura sia per comunicare all'esterno di essa con soggetti che non erano ristretti. Lo stesso Ve., del resto, ammetteva tali variegate forme di utilizzo dell'apparecchio telefonico in questione, precisando che, prima del sequestro di cui si controverte, in diverse altre occasioni, era riuscito a occultare tale strumento di comunicazione, nascondendolo nella biancheria intima che indossava al momento del controllo, che non veniva abitualmente sottoposta a verifica dagli agenti di polizia penitenziaria che lo perquisivano al momento del suo ingresso nell'istituto. In questa cornice, le condotte inosservanti delle prescrizioni disposte nei confronti di Ve. appaiono valutate dal Tribunale di sorveglianza di Torino nel rispetto delle emergenze processuali e in conformità della giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui Assumono rilievo, ai fini del giudizio di revoca del beneficio della semilibertà, le condotte che, per natura, modalità di commissione ed oggetto, siano tali da arrecare grave vulnus al rapporto fiduciario che deve esistere tra il condannato semilibero e gli organi del trattamento dovendosi valutare se il complessivo comportamento del condannato riveli l'inidoneità al trattamento e quindi l'esito negativo dell'esperimento Sez. 1, n. 31739 dell'01/07/2010, Farouq, Rv. 248357-01 si veda, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 46631 del 25/10/2019, Ocoro Velasquez Romero, Rv. 2774520-01 . Tenuto conto di questi univoci indicatori soggettivi e delle informazioni acquisite - che attestavano l'assenza di collaborazione del detenuto al percorso rieducativo attivato nei suoi confronti - il Tribunale di sorveglianza di Torino, evidenziava correttamente l'inidoneità della misura alternativa applicata a Ve. ad assolvere alle finalità di prevenzione speciale sue proprie, disponendone la revoca, in conformità del provvedimento emesso dal Magistrato di sorveglianza di Torino. 3. Per queste ragioni, il ricorso proposto nell'interesse di Lu. Ve. deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla cassa delle ammende, determinabile in tremila Euro, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.