La negligenza dell’avvocato esclude la possibilità di restituzione in termini

Il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico, a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo ad integrare le ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore che giustificano la restituzione in termini.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 20132/20, depositata l’8 luglio, decidendo sul ricorso presentato da un imputato, a mezzo del proprio difensore, avverso il rigetto dell’istanza di restituzione nel termine per chiedere il rito abbreviato . Ripercorrendo la vicenda processuale, risulta che il GIP di Milano aveva disposto il giudizio immediato davanti al Tribunale collegiale per alcuni reati in tema di stupefacenti. Gli altri coimputati avevano chiesto il rito abbreviato, tranne il ricorrente che avanzava la richiesta in sede di udienza dibattimentale, al momento delle questioni preliminari, quando il difensore, spiegando un fraintendimento che era occorso con il proprio cliente, aveva fatto richiesta di remissione in termini per l’ammissione al rito speciale. Il ricorrente invoca la sussistenza di un caso fortuito che, ai sensi dell’art. 175, comma 1, c.p.p., consente la concessione della restituzione nel termine. Ed infatti il difensore ha certamente frainteso la volontà del cliente, ma ciò può essere ascrivibile alla negligenza della stessa, che avrebbe dovuto accertarsi senza margini di errore della volontà del K Ciò che emerge averle impedito di operare questo accertamento sono stati gli impegni di studio , che le hanno impedito appunto di tornare al colloquio con il cliente in tempo entro la scadenza del termine . Tali impegni avrebbero costituito il caso fortuito grazie ai quale il termine per depositare istanza di rito abbreviato non è stato rispettato . Il ricorso non trova condivisione da parte della Suprema Corte. Ed infatti la motivazione fornita dal Tribunale appare congrua e corretta in punto di diritto in quanto le deduzioni difensive non trovano riscontro nella documentazione prodotta e sembrano inoltre smentite dalla produzione della lista testi da parte del difensore. Il Collegio richiama sul tema il prevalente orientamento secondo cui il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico nei precedenti di proporre impugnazione, ma, mutatis mutandis , il principio vale anche per la richiesta di rito alternativo a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo ad integrare le ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore , che si concretano in forze impeditive non altrimenti vincibili, le quali legittimano la restituzione in termini poiché consiste in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione . In conclusione, la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 25 giugno – 8 luglio 2020, n. 20132 Presidente Fumu – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Milano, con ordinanza del 15/1/2020, rigettava l’istanza proposta nell’interesse di K.A.K. di restituzione nel termine per richiedere il rito abbreviato. 2. Ricorre per la cassazione di tale provvedimento, a mezzo del proprio difensore di fiducia, K.A.K. , deducendo, con un unico motivo la violazione dell’art. 175 c.p.p. e la manifesta illogicità della motivazione. Il difensore ricorrente ricorda che il Gip di Milano ha disposto il giudizio immediato davanti al Tribunale Collegiale di Milano per il 15/1/2020, con provvedimento del 7/11/2019 per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, artt. 74 e 73. Tutti gli imputati chiedevano il rito abbreviato, tranne l’odierno ricorrente, difeso dall’avv. R. Mirella. In data 30/12/2019 il suddetto, detenuto nel carcere omissis , nominava quale proprio difensore l’Avv. Ranieli Robert, odierno ricorrente, ed il 7/1/2020 gli inviava una e-mail, tramite il servizio interno del carcere, nella quale chiedeva un colloquio urgente, scrivendo che l’avv. R. mi dice che il 15 gennaio devo andare al dibattimento anche se lo le avevo chiesto di richiedere il rito abbreviato già l’8 novembre quando era venuta. Non so più cosa fare e non capisco il motivo di certe cose. Come devo procedere? . Il difensore ricorrente prosegue ricordando che, recatosi al colloquio il 13/1/20, ebbe a parlare con il cliente, che gli consegnò un memoriale, depositato poi nella cancelleria del Tribunale in data 14/1/2020 insieme alla e-mail ed alla nomina, in cui spiegava che, quando aveva parlato con l’avv. R., dopo avere ricevuto il decreto di giudizio immediato, le aveva detto che voleva fare il rito abbreviato, ma si erano messi d’accordo di rivedersi prima della scadenza del termine dei quindici giorni per chiedere appunto il rito speciale. Successivamente, però, l’avvocato non si era recata al colloquio, nè gli aveva inviato comunicazioni, e, scaduto il termine dei 15 giorni, egli aveva scoperto che era stato fissato il rito abbreviato per gli altri coimputati. Aveva perciò scritto una e-mail a vecchio e nuovo difensore chiedendo lumi. Alla fine del memoriale, affermando di essere un pò ignorante e non di non sapere che magari poteva fare la richiesta direttamente dal carcere, ma era convinto che ci avrebbe pensato l’avvocato, perché così erano rimasti, così che aveva poi capito che c’era stato un grosso equivoco. Il giorno dell’udienza dibattimentale, in sede di questioni preliminari, il difensore ricorda di avere fatto richiesta di remissione in termine per chiedere il rito abbreviato, producendo, in aggiunta alla memoria già in atti, la pec ricevuta dall’avv. R. in data 14/1/2020, nella quale la stessa confermava l’equivoco incorso con il proprio assistito, spiegando che, subito dopo la notifica del decreto di giudizio immediato, aveva visto il cliente, il quale lamentava l’estraneità all’associazione contestata e manifestava la sua volontà di collaborare con il tribunale, riferendo quale fosse stato il suo effettivo coinvolgimento nella vicenda, ed aveva aggiunto tuttavia, c’è stato un fraintendimento poiché lo avevo inteso che il cliente volesse prendere tempo per decidere alla luce del fatto che nel giudizio abbreviato egli non avrebbe avuto l’opportunità di provare per testi alcune circostanze importanti. Nei frattempo, non avendo ricevuto e-mail dal cliente, ho immaginato che volesse proseguire con il giudizio e, tenuto conto degli impegni di studio, non sono passata entro il termine di scadenza per il deposito dell’istanza di rito abbreviato con l’avvicinarsi dell’udienza, egli mi ha inoltrato una e-mail chiedendomi se avessi depositato l’istanza di rito abbreviato e, solo in quel momento, ho compreso che il cliente aveva del tutto ignorato l’importanza del termine entro il quale depositare l’istanza, convinto che avrei potuto farlo anche in udienza. Ho compreso in quell’istante il grande fraintendimento sorto nel corso dei nostri incontri . Sulla base di queste considerazioni, il difensore ricorrente ricorda di avere chiesto la remissione in termini per proporre richiesta di rito abbreviato, con parere favorevole del Pubblico Ministero. Il tribunale, invece, aveva respinto la richiesta, sostenendo che le circostanze dedotte non trovano riscontro nella documentazione prodotta e sembrano anzi smentite dalla produzione della lista testi da parte del precedente difensore avv. R., nonché dal mancato rilascio di una procura speciale per chiedere riti alternativi ed inoltre anche dalla missiva dell’avv. R. emerge solo una tardiva volontà dell’imputato di accedere a riti alternativi successivamente alla scadenza del termine previsto a pena di decadenza. Ebbene, per il ricorrente tale motivazione si mostrerebbe, innanzitutto, manifestamente illogica. Premesso che dalla dichiarazione dell’imputato e da quella dell’avv. R. emergerebbe chiaramente, perché loro stessi lo scrivono, ché vi è stato un fraintendimento, il fatto che l’avv. R. abbia depositato una lista testi non può costituire una prova della volontà dell’imputato di fare il dibattimento, perché è circostanza bene spiegabile anche con il fatto appunto che l’avvocatessa non avesse capito che K. volesse chiedere il rito abbreviato. Anche il fatto che non sia stata rilasciata procura speciale non potrebbe costituire logica motivazione della volontà di procedere con il dibattimento, in quanto, come scritto da entrambi, dopo il primo colloquio essi avevano deciso di darsi tempo per la decisione finale K. scrive lo ero sicuro della mia volontà di chiedere il rito abbreviato ndr ma comunque ci eravamo messi d’accordo di rivederci prima della cadenza dei termini dei 15 giorni C’era stato l’accordo di prendere tempo e rivedersi, ma poi l’avv. R. ha immaginato che il cliente volesse fare il dibattimento e, come ella stessa scrive, tenuto conto degli impegni di studio, non sono passata entro il termine di scadenza per il deposito dell’istanza . La procura non è stata conferita, quindi, perché l’avv. R. non è tornata al colloquio. La motivazione, poi, sarebbe illogica nella parte in cui viene scritto che dalla missiva dell’avv. R. emerge solo la tardiva volontà dell’imputato di chiedere il rito solo dopo la scadenza del termine dei 15 giorni, in quanto viene travisato il contenuto della missiva stessa. E invece da nessuna parte emergerebbe che K. abbia voluto chiedere il rito abbreviato dopo la scadenza del termine dei 15 giorni, ma bensì emerge che è l’avv. R. che dopo la scadenza del termine dei 15 giorni si è accorta che K. voleva il rito abbreviato. Il ricorrente ricorda che l’art. 175 c.p.p., comma 1 recita che la restituzione nel termine stabilito a pena di decadenza può essere concesso qualora vi sia la prova che esso non è stato osservato per caso fortuito o per causa maggiore. Nel caso di specie sarebbe trattato di un caso fortuito. Ricordati i dicta di Sez. 6 n. 39117/19 e Sez. 2 n. 11440/19 laddove si è affermato essere esclusa la restituzione in termini in caso di inesatto e negligente adempimento della prestazione professionale da parte del difensore di fiducia, circostanza che lo stesso ricorrente riconosce che a prima vista parrebbe essersi verificata nel caso di specie , lo stesso aggiunge, però, che nella sentenza n. 11440/19 è spiegato che il caso fortuito consiste in ogni evento inevitabile con la normale diligenza e non imputabile al soggetto a titolo di colpa o dolo, così da caratterizzarsi con l’elemento della irresistibilità. Ed allora sostiene che questo sarebbe il caso, in quanto l’avv. R. ha certamente frainteso la volontà del cliente, ma ciò può essere ascrivibile alla negligenza della stessa, che avrebbe dovuto accertarsi senza margini di errore della volontà del K. . Ciò che emerge averle impedito di operare questo accertamento sono stati gli impegni di studio , che le hanno impedito appunto di tornare al colloquio con il cliente in tempo entro la scadenza del termine tenuto conto degli impegni di studio, non sono passata entro il termine di scadenza per 11 deposito dell’istanza . Questi impegni, evidentemente sopravvenuti o improrogabili, sono state circostanze che, per causa non voluta a titolo nè di dolo nè di colpa dall’avv. R., avrebbero costituito il caso fortuito grazie ai quale il termine per depositare istanza di rito abbreviato non è stato rispettato. In considerazione, però, comunque, della volontà espressa dal K. nella memoria e nella e-mail, della volontà di tutti gli altri coimputati, dell’entità della pena che potrebbe essere inflitta in caso di condanna, sarebbe da ritenere altamente verosimile che il K. abbia fin da subito optato per la scelta del rito abbreviato, vista la possibilità di beneficiare della diminuzione di un terzo della pena in caso di condanna. Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata al fine dell’accoglimento della richiesta di restituzione in termini. 3. Il P.G. presso questa Suprema Corte in data 6-9/3/2020 ha rassegnato conclusioni scritte ex art. 611 c.p.p. chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso. Considerato in diritto 1. I motivi sopra illustrati appaiono manifestamente infondati e, pertanto, il proposto ricorso va dichiarato inammissibile. 2. Con motivazione priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto, il tribunale meneghino ha rigettato la richiesta di restituzione nel termine per chiedere il rito abbreviato avanzata dal difensore dell’odierno ricorrente sul corretto rilievo che le circostanze dedotte non trovano riscontro nella documentazione prodotta e sembrano anzi smentite dalla produzione della lista testi da parte del precedente difensore avv. R., nonché dal mancato rilascio di una procura speciale per chiedere riti alternativi. E, aggiungendo, che anche dalla missiva dell’avv. R. emerge solo una tardiva volontà dell’imputato di accedere a riti alternativi successivamente alla scadenza del termine previsto a pena di decadenza. Del resto - va aggiunto - l’esistenza di una volontà dell’imputato di richiedere il rito abbreviato si scontra con l’evidenza che, benché poi egli abbia dimostrato di sapere inviare amali dal carcere ai propri difensori, non abbia provveduto a sollecitare l’avv. R. man mano che si avvicinava la scadenza del termine di 15 giorni per poter chiedere il rito abbreviato. Richiesta che, peraltro, poteva avanzare anche direttamente lui. Nè si comprende, se avesse realmente ab initio maturato la volontà di richiedere il rito alternativo di cui si discorre, non abbia immediatamente rilasciato una procura speciale al proprio precedente difensore. 3. Ritiene il Collegio, pur consapevole della presenza di due arresti giurisprudenziali di segno contrario, rimasti isolati Sez. 6, n. 35149 del 26/6/2009 Sez. 2, n. 31680 del 14/7/2011 , che vada riaffermato anche per il caso che ci occupa l’orientamento ormai decisamente prevalente della giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico nei precedenti di proporre impugnazione, ma, mutatis mutandis, il principio vale anche per la richiesta di rito alternativo a qualsiasi causa ascrivibile, non è idoneo ad integrare le ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore, che si concretano in forze impeditive non altrimenti vincibili, le quali legittimano la restituzione in termini poiché consiste in una falsa rappresentazione della realtà, superabile mediante la normale diligenza ed attenzione cfr. Sez. 3, n. 39437 del 5/6/2013, Sez. 1, n. 1801 del 30/11/2012 dep. 2013, Rv. 254211 Sez. 4, n. 20655 del 14/3/2012, Rv. 254072 Sez. 5, n. 43277 del 6/7/2011, Rv. 251695, Sez. 6 n. 18716 del 31/03/2016, Saracinelli Rv. 266926 Sez. 2, n. 48737 del 21/07/2016, Startari, Rv. 268438, Sez. 4 n. 39535 del 15/7/2016, Cucco, n. m Sez. 4, n. 24960 del 26/4/2017, Trombetta, n. m. Sez. 4 n. 6592 del 28/1/2020 n. m. . Peraltro, non può essere esclusa, in via presuntiva, la sussistenza di un onere dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito, nelle ipotesi in cui il controllo sull’adempimento defensionale non sia impedito al comune cittadino da un complesso quadro normativo cfr., ex multis, Sez. 5, n. 43277 del 6.7.2011, in cui il difensore aveva ritenuto che il termine per il deposito della motivazione rimanesse sospeso nel periodo feriale 4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.