Il sequestro diretto del profitto del reato è ammesso solo su beni riferibili all’indagato

Il sequestro totalitario” finalizzato alla confisca del denaro giacente sul conto corrente cointestato può essere disposto a seguito di una verifica, anche solo a livello indiziario, che il conto sia alimentato solo da somme dell’indagato. In mancanza di tale elemento, il sequestro può essere disposto solo sulla parte del denaro riconducibile , proveniente dall’indagato.

Sul tema torna aa esprimersi la Corte di Cassazione con la sentenza n. 19766/20, depositata il 1° luglio. Il Tribunale confermava l’ordinanza emessa dal GIP con cui era stata rigettata la richiesta di restituzione delle somme di denaro - depositate su un conto corrente bancario cointestato - oggetto di un sequestro preventivo disposto nei confronti dell’imputato. Il conto corrente risultava intestato a quest’ultimo e alla moglie e per il giudice dette somme rientrerebbero tra i valori costituenti il prezzo complessivo delle corruzioni a lui ascrivibili. Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando violazione di legge in relazione all’art. 325 c.p.p. l’ordinanza sarebbe illegittima per avere ritenuto inammissibile la richiesta di restituzione delle somme in questione in ragione della mancata dimostrazione del nesso di derivazione del denaro giacente sul conto corrente rispetto al reato ipotizzato. Secondo costante orientamento giurisprudenziale, la mancata tempestiva proposizione, da parte dell’interessato, della richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare reale non ne preclude la revoca per la mancanza delle condizioni di applicabilità. A ciò consegue che è ammissibile l’appello cautelare avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca, non potendosi attribuire alla mancata attivazione del riesame la valenza di una rinuncia all’impugnazione . Inoltre, proseguono i Supremi Giudici, con riferimento al caso in esame, in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca eseguito su conto corrente cointestato all’indagato e a soggetto estraneo al reato la moglie in tal caso , la misura cautelare si estende all’intero importo in giacenza, ma è fatta salva la facoltà per il terzo di dimostrare l’esclusiva titolarità di tali somme e la conseguente illegittimità del vincolo. Ma si tratta di principi solo in parte condivisibili con riferimento al caso in esame. Infatti, l’analisi deve essere spostata al momento precedente la costituzione della comunione sul denaro, poiché la comproprietà del denaro che si realizza successivamente al versamento di esso sul conto corrente cointestato con un soggetto terzo estraneo , non rende cioè irrilevante l’accertamento della provenienza del denaro su quel conto. Il sequestro totalitario” finalizzato alla confisca del denaro giacente sul conto corrente cointestato può essere disposto a seguito di una verifica, anche solo a livello indiziario, che il conto sia alimentato solo da somme dell’indagato. In mancanza di tale elemento, il sequestro può essere disposto solo sulla parte del denaro riconducibile , proveniente dall’indagato. Da qui l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 dicembre 2019 – 1 luglio 2020, n. 19766 Presidente Fidelbo – Relatore Silvestri Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Varese ha confermato l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale con cui è stata rigettata la richiesta di restituzione delle somme di denaro - depositate su un conto corrente bancario cointestato - oggetto di un sequestro preventivo disposto nei confronti di R.F. nell’ambito di un procedimento penale per i reati di cui agli artt. 318 e 319 c.p. e D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 8. Il sequestro ha ad oggetto la somma di 109.880 Euro, ritenuta profitto delle dazioni illecite erogate per il compimento di atti contrari ai doveri di ufficio nonché quella di 15.784,57 Euro depositata sul conto corrente bancario n. , acceso presso la Banca Popolare di Sondrio, filiale di omissis , intestato allo stesso R.F. ed alla di lui moglie S.V. dette somme, a dire del Tribunale, rientrerebbero tra i valori costituenti il prezzo complessivo delle corruzioni ascrivibili a R.D. e R.F. così l’ordinanza impugnata . Secondo l’impostazione accusatoria, R.D. , Sindaco del comune di omissis , ed il di lui fratello, R.F. , attraverso la società Proget s.r.l., a loro direttamente o indirettamente riconducibile, avrebbero ottenuto numerosi incarichi professionali e denaro in cambio della commissione, da parte di R.D. , di una serie di atti contrari ai doveri di ufficio. 2.1. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore di S.V. , articolando quattro motivi di ricorso. 2.2. Con il primo si lamenta violazione di legge in relazione all’art. 325 c.p.p. l’ordinanza sarebbe illegittima per avere ritenuto inammissibile la richiesta di restituzione delle somme in questione in ragione della mancata dimostrazione del nesso di derivazione del denaro giacente sul conto corrente rispetto al reato ipotizzato secondo il Tribunale, la questione sarebbe preclusa per non essere stata proposta richiesta di riesame avverso l’originario decreto di sequestro. Assume la ricorrente che si sarebbe applicato un principio di diritto in contrasto con quelli affermati dalle Sezioni unite della Corte di cassazione. 2.2. Con il secondo ed il terzo motivo si lamenta violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza del nesso di derivazione tra il denaro giacente sul conto corrente bancario cointestato ed il reato per cui si procede, anche con riferimento alle somme confluite successivamente alla commissione dei reati ipotizzato omissis in tal senso si richiama il contenuto della memoria depositata al Tribunale in sede di udienza camerale. 2.3. Con il quarto motivo, si deduce vizio di motivazione in relazione all’esame della documentazione prodotta dalla difesa. Le somme giacenti sul conto corrente bancario, intestato solo alla ricorrente fino al omissis , sarebbero riconducibili solo alla stessa S. in quanto derivanti dalla conversione in denaro di titoli costituiti in epoca risalente e, dunque, esterni rispetto ai reati per cui si procede si aggiunge che alla data della cointestazione, il conto presentava un saldo creditore di 54.902,33 e che non sarebbe possibile attribuire decisiva valenza alla procura di firma rilasciata a R.F. prima della formale cointestazione del conto corrente, ovvero agli accrediti mediante assegni bancari tratti da R. . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. È fondato il primo motivo, avendo le Sezioni unite della Corte di cassazione chiarito che la mancata tempestiva proposizione, da parte dell’interessato, della richiesta di riesame avverso il provvedimento applicativo di una misura cautelare reale non ne preclude la revoca per la mancanza delle condizioni di applicabilità, neanche in assenza di fatti sopravvenuti ne consegue che è ammissibile l’appello cautelare avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca, non potendosi attribuire alla mancata attivazione del riesame la valenza di una rinuncia all’impugnazione. Sez. U, n. 46201 del 31/05/2018, E., Rv. 274092 . Dunque, a differenza degli assunti del Tribunale, nessuna questione era preclusa alla ricorrente con la richiesta di dissequestro. 3. Sono fondati anche gli altri motivi di ricorso. Non è in contestazione che a il conto corrente sul quale erano giacenti le somme sequestrate fosse intestato solo alla odierna ricorrente sino al omissis e che in quel momento vi era un saldo positivo di 54.902,33 Euro b anche prima della cointestazione formale del rapporto bancario, R. era titolare di una procura di firma su quel conto c proprio il omissis fu accreditata sul conto la somma di 52.000 Euro a titolo versamento assegni circolari altre banche di cui si sconosce la riconducibilità e la provenienza pag. 3 ordinanza d l’odierna ricorrente è un soggetto terzo rispetto ai fatti di reato per cui si procede. Sulla base di tali fatti, i giudici di merito hanno fatto riferimento al principio di diritto secondo cui la mera cointestazione non può, in mancanza di una prova che dimostri la reale consistenza degli incrementi di propria pertinenza, accreditare la presunzione che le somme in deposito siano spettanti a ciascuno dei co-intestatari in parti uguali così il Tribunale . 4. Il ragionamento del Tribunale non può essere condiviso. Secondo un indirizzo giurisprudenziale di legittimità, in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca eseguito su conto corrente cointestato all’indagato e a soggetto estraneo al reato, la misura cautelare si estende all’intero importo in giacenza, senza che a tal fine rilevino presunzioni o vincoli posti dal codice civile artt. 1289 e 1834 , regolativi dei rapporti interni tra creditori e debitori solidali, ma è fatta salva la facoltà per il terzo di dimostrare l’esclusiva titolarità di tali somme e la conseguente illegittimità del vincolo Sez. 6, n. 24432 del 18/04/2019, Piacenti, Rv. 276278, in tema di confisca ai sensi dell’art. 240 bis c.p. . Nell’ambito di detta impostazione, si aggiunge che, ai fini del sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente di cui all’art. 322-ter c.p. della somma di denaro depositata su un conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato, la misura preventiva reale si estende ai beni comunque nella disponibilità dell’indagato, senza che a tal fine possano rilevare presunzioni o vincoli posti dal codice civile artt. 1289 e 1834 c.c. per regolare i rapporti interni tra creditori e debitori solidali o i rapporti tra banca e depositante, ferma restando la possibilità nel prosieguo di procedere ad un effettivo accertamento dei beni di esclusiva proprietà di terzi estranei al reato. Sez. 2, n. 36175 del 07/06/2017, Cismondi, Rv. 271136 in cui la Corte ha rigettato il ricorso del terzo interessato evidenziando, peraltro, che nel caso di specie l’indagato, in forza di una delega ad operare senza limitazioni, aveva la possibilità di disporre dell’intera provvista delle somme e dei valori depositati sul conto corrente cointestato . 5. Si tratta di principi solo in parte condivisibili. Al di là dei riferimenti alle norme del codice civile, il tema attiene al se, in caso di sequestro di somme di denaro giacenti su un conto corrente cointestato all’indagato ed ad un soggetto terzo , sia configurabile una presunzione generale, ancorché relativa, secondo cui tutte le somme giacenti sul conto dovrebbero considerarsi riferibili al soggetto indagato la questione si pone, in particolare, nel caso di sequestro finalizzato alla confisca diretta del prezzo o del profitto del reato, cioè in relazione ad un tipo di confisca per il quale è invece necessario verificare il nesso di derivazione della res dal reato e che il bene sia appartenente al soggetto indagato e non ad un terzo estraneo al reato per cui si procede. Ciò che dunque deve essere accertato non è la materiale disponibilità da parte dell’indagato del denaro versato sul conto corrente cointestato, non essendo peraltro in discussione nemmeno la comunione di quel denaro successivamente al suo versamento sul conto, quanto, piuttosto, il fatto che il denaro sia causalmente riferibile riconducibile - allo stesso indagato, provenga cioè da questi, perché solo ciò consente di affermare, in ragione della sua fungibilità, che quel bene sia profitto o prezzo del reato Sez. U., n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264437 . L’analisi cioè deve essere spostata al momento precedente la costituzione della comunione sul denaro diversamente, si ammetterebbe, in via generalizzata, il sequestro funzionale alla confisca diretta del prezzo o del profitto del reato di beni che possono essere appartenenti a soggetti diversi dall’indagato. La comproprietà del denaro che si realizza successivamente al versamento di questo sul conto corrente cointestato con un soggetto terzo estraneo , non rende cioè irrilevante l’accertamento della provenienza del denaro su quel conto. Il sequestro totalitario finalizzato alla confisca diretta del denaro giacente sul conto corrente cointestato può essere disposto non sulla base di meccanismi presuntivi, ma a seguito di una verifica, anche solo a livello indiziario, che il conto sia alimentato solo da somme dell’indagato. In mancanza di tale elemento, il sequestro può essere disposto solo sulla parte del denaro riconducibile , proveniente dall’indagato la riferibilità, in tutto o in parte, del denaro all’indagato deve essere oggetto di accertamento, seppure a livello indiziario, da parte del pubblico ministero che chiede il sequestro totalitario o parziale delle somme. Dunque, non una inversione probatoria su base presuntiva, ma l’applicazione di principi generali per cui il sequestro diretto del prezzo o del profitto del reato è ammesso solo su beni riferibili all’indagato. Tale impostazione si pone in senso simmetrico con quanto la Corte di cassazione ha già chiarito in tema di sequestro conservativo si è infatti affermato che il sequestro conservativo, avendo la funzione di garantire l’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato a carico della persona dell’imputato, non può estendersi ai beni appartenenti al terzo estraneo al reato, salva la prova dell’intestazione fittizia Sez. 2, n. 57829 del 14/11/2018, Vessella, Rv. 274460 in cui la Corte ha annullato la decisione del giudice territoriale che aveva confermato il sequestro conservativo in relazione a un immobile acquistato dall’imputato e dal coniuge in regime di comunione legale e alle somme depositate su un conto corrente bancario cointestato, disponendo, quanto a queste ultime, il rinvio al giudice del merito per la verifica della sostanziale esclusiva riferibilità all’imputato . Nel caso di specie, a fronte di deduzioni difensive specifiche, volte a comprovare che quel conto corrente bancario era stato alimentato da denaro della ricorrente, il Tribunale non ha fornito alcuna spiegazione nè sul perché la documentazione bancaria prodotta da S. consentirebbe di escludere che le somme confluite su quel conto corrente il omissis siano riferibili alla stessa, nè sulla riconducibilità di quelle somme all’indagato, nè, infine, sul perché anche le somme esistenti prima della formale cointestazione del conto sarebbero riconducibili all’indagato e non alla odierna ricorrente. L’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio il Tribunale, applicando i principi di diritto indicati e considerata l’inesistenza di ogni preclusione, verificherà se ed in che misura sia ammissibile il sequestro delle somme giacenti sul conto corrente bancario in ordine al reato per cui si procede. P.Q.M . Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Varese.