Sulle statuizioni relative al risarcimento alla parte civile pronunciate per la prima volta in appello

La statuizione sul risarcimento del danno in assenza di impugnazione della parte civile già soccombente in primo grado, in quanto sfavorevole all’imputato ed illegittimamente adottata nel giudizio di appello in violazione del principio devolutivo, deve essere eliminata, annullandosi senza rinvio la sentenza impugnata sul punto.

Così ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 19069/20, depositata il 23 giugno. La Corte d’Appello, riformando la sentenza di assoluzione di due imputati emessa in primo grado , li condannava alla pena di giustizia e al risarcimento del danno per il delitto di tentativo di violenza privata. Avverso la sentenza propongono ricorso gli imputati lamentando violazione di legge poiché la Corte territoriale aveva assegnato una provvisionale immediatamente esecutiva in favore della parte civile, richiesta per la prima volta in appello, senza che in primo grado vi fosse stata condanna dell’imputato al risarcimento del danno. La Cassazione ritiene la doglianza fondata anche se per motivi diversi da quelli esplicitamente rappresentati dai ricorrenti. Chiariscono i Giudici che il motivo di ricorso non coglie nel segno per quanto riguarda la dedotta violazione del divieto di reformatio in pejus in caso di appello del solo imputato. Tuttavia i ricorrenti hanno implicitamente posto l’attenzione sulla questione di un errore di diritto processuale riguardo all’applicazione dell’art. 597 c.p.p Tale questione è stata oggetto di una recente pronuncia n. 30466/2019 che ha sottolineato che i termini generalizzanti con il quali il principio devolutivo è stabilito dall’art. 597 c.p.p., comma 1, nella categorica limitazione della cognizione del giudice di appello ai punti oggetto dei motivi dell’impugnazione non lascia dubbi sulla sua riferibilità a tutti gli aspetti della decisione di primo grado, ivi comprese, pertanto, le statuizioni civili. Al Cassazione da seguito a tale principio il Collegio e, pertanto, sottolinea che la statuizione sul risarcimento del danno in assenza di impugnazione della parte civile già soccombente in primo grado, in quanto sfavorevole all’imputato ed illegittimamente adottata nel giudizio di appello in violazione del principio devolutivo, deve essere eliminata, annullandosi senza rinvio la sentenza impugnata sul punto. Chiarito questo la Cassazione annulla la sentenza senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 gennaio – 23 giugno 2020, n. 19069 Presidente Zaza – Relatore De Gregorio Ritenuto in fatto Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Messina, su appello del PG territoriale, ha riformato la sentenza di assoluzione emessa in primo grado ed ha condannato alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno gli imputati S.R. e Q.L. in concorso tra loro per il delitto di tentativo di violenza privata nei confronti della persona offesa, inquilina della casa della prima, compiuta al fine di fargliela lasciare, nonché il solo Q. per il delitto di lesioni ai danni della medesima persona. Fatti di omissis . 1.Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati tramite il difensore con unico atto di impugnazione, e, col primo motivo, hanno dedotto il vizio di manifesta illogicità, poiché la Corte aveva ritenuto che S. avesse avuto interesse a non stipulare il contratto di locazione per non pagare le tasse e per poter estromettere la locataria più facilmente mentre la ricorrente ne aveva dichiarato l’esistenza all’agenzia delle entrate ad Aprile 2016. Per altro verso la versione dei fatti raccontata dalla parte civile era rimasta priva di riscontri e neppure la sorella avrebbe assistito alla presunta aggressione. 1.1 Quanto alla testimonianza di quest’ultima ne è stata eccepita la nullità insanabile per violazione degli artt. 197 e 210 c.p.p., in quanto la sorella della parte civile risulterebbe imputata e persona offesa in un procedimento connesso nel quale Q. sarebbe persona offesa del delitto di resistenza a pubblico ufficiale. 2.Col secondo motivo ci si è doluti della violazione di legge riguardo al riconoscimento di una provvisionale richiesta per la prima volta in appello, senza che vi fosse stata condanna al risarcimento del danno in primo grado nei confronti dell’imputato. Sul punto è stata citata la pronunzia delle SU, che aveva affermato la mancanza di violazione del divieto di reformatio in pejus solo nel caso in cui in primo grado vi era già stata una condanna dell’imputato al risarcimento del danno. All’odierna udienza il PG, Dr.ssa Loy, ha concluso per l’inammissibilità e l’avvocato Giordano per gli imputati ha insistito per l’accoglimento del ricorso. Considerato in diritto I ricorsi sono fondati quanto alla doglianza espressa nel secondo motivo e per le ragioni che saranno chiarite nel corso del suo esame. 1.Le censure sviluppate nel primo motivo non hanno relazione con la congrua motivazione resa dai Giudici del merito, sono sviluppate sul merito del ragionamento decisorio e neppure sono dirette verso il nucleo essenziale del percorso argomentativo che intendono criticare. 1.1 Invero, l’asse portante della giustificazione della decisione è costituita dalla valutazione di attendibilità della persona offesa, che è stata ascoltata di nuovo nel giudizio di appello ed ha ripetuto in modo conforme a quanto detto in primo grado la sua versione del fatto, essendo, pertanto, plausibilmente giudicata attendibile, nonché dalle sue dichiarazioni, definite logiche e dettagliate. Esse sono state riscontrate in primis dai certificati medici relativi alle lesioni subite, che hanno confermato la dinamica dei colpi ricevuti, e da quelli inerenti le condizioni di salute del figlio, che attestano come questi sia stato in Ospedale poche ore dopo l’aggressione e vi sia stato di nuovo accompagnato dopo mezzogiorno dello stesso omissis , come narrato dalla madre. A conferma dell’affidabilità della persona offesa parte civile e delle sue dichiarazioni la Corte territoriale ha posto anche il racconto della sorella - anche lei risentita nel giudizio di appello - puntualmente esaminato e razionalmente giudicato veritiero, in quanto non sbilanciato a favore della versione offerta dalla congiunta e tuttavia coerente con questa. Su quest’ultima fonte di prova la difesa ha riproposto, se pure in termini del tutto generici, la doglianza dell’incompatibilità ex art. 197 c.p.p., poiché la teste sarebbe stata indagata e persona offesa in un procedimento connesso. La questione è già stata affrontata e risolta correttamente dalla Corte siciliana, che ha precisamente annotato come dalla documentazione prodotta dalla difesa degli imputati risultava solo che la teste era iscritta come persona offesa in un procedimento nel quale lo stesso Q. era indagato. Tale affermazione, è incontestata ed anzi confermata dalla difesa nell’atto di ricorso - alla pagina 8 in fine - che si è limitata a dichiarare che la teste figurava come imputata in un altro procedimento penale senza alcuna precisazione a riguardo. Il motivo è, pertanto, inammissibile. A diverse conclusioni si giunge quanto al secondo motivo. 2.Occorre in primis sottolineare che la Corte d’Appello di Messina, su appello del PG territoriale, ha riformato la sentenza di assoluzione emessa in primo grado ed ha condannato alla pena di giustizia ed al risarcimento del danno gli imputati, assegnando una provvisionale immediatamente esecutiva in favore della parte civile. A sostegno di quest’ultima determinazione la Corte territoriale ha citato sic et simpliciter la massima Sez.U, sentenza n. 53153 del 27/10/2016 ud. dep. 15/12/2016 rv. 268179 per la quale non viola il principio devolutivo nè il divieto di reformatio in peius la sentenza di appello che accolga la richiesta di una provvisionale proposta per la prima volta in quel giudizio dalla parte civile non appellante. 2.1 La censura avanzata dai ricorrenti lamenta, in sostanza, l’avvenuta condanna al risarcimento del danno ed al pagamento della provvisionale senza che vi sia stata impugnazione della sentenza di primo grado ad opera della parte civile ed invoca la violazione del principio della reformatio in pejus ex art. 597 c.p.p., comma 3. Osservano i ricorrenti che il criterio ermeneutico richiamato dai Giudici del merito a fondamento della determinazione sulle statuizioni civili è stato elaborato in una situazione processuale differente da quella in esame, in quanto nel caso risolto dalla decisione citata vi era stata una condanna agli effetti penali ed una condanna generica al risarcimento del danno pronunziata dal Giudice di primo grado e la parte civile non aveva avanzato istanza per la provvisionale in primo grado mentre lo aveva fatto per la prima volta nel giudizio di appello. 3.La doglianza è fondata anche se per motivi diversi da quelli esplicitamente rappresentati dai ricorrenti. Occorre che il ragionamento muova dalla motivazione della sentenza SU richiamata, sia pure in estrema - ma utile - sintesi. In essa, oltre alla fattispecie evocata dai ricorrenti, sono passate in rassegna anche le diverse ipotesi in cui la domanda di provvisionale sia stata respinta in primo grado oppure, essendo stata formulata dalla parte civile istanza di assegnazione di una provvisionale, il Giudice non abbia provveduto, omettendo di deliberare sul punto. In entrambi i casi - hanno osservato i Giudici del massimo consesso di questa Corte - la mancata impugnazione della parte civile preclude l’esame del punto da parte del Giudice di appello per essere la statuizione non oggetto di gravame, in coerenza con l’effetto devolutivo del gravame e col principio di disponibilità del processo nella fase delle impugnazioni. In tal senso si è citato l’art. 597 c.p.p., comma 1, che attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi di appello, e la sentenza SU n. 1 del 19.1.2000, Tuzzolino, Rv 216239, per la quale la mancata impugnazione di un determinato punto della decisione determina il verificarsi della preclusione ad esaminarlo da parte del giudice di appello. 3.1 Le ipotesi prese in esame nella sentenza SU cui si è riferita la Corte territoriale divergono profondamente dalla fattispecie in esame per la semplice ma dirimente ragione che, come ha ricordato l’atto di ricorso, nel presente giudizio in primo grado vi è stata l’assoluzione degli imputati e, di conseguenza, nessuna statuizione era legittimamente adottabile in quella sede in favore delle parti civili. 4. Tanto premesso si osserva che il motivo di ricorso non coglie nel segno per quanto riguarda la dedotta violazione del divieto di reformatio in pejus in caso di appello del solo imputato, che la sentenza SU più volte citata ha escluso - nella diversa ipotesi che era giunta al suo vaglio per l’impossibilità di estendere l’operatività del divieto ex art. 597 c.p.p., comma 3, dai casi in esso specificamente elencati di decisioni sfavorevoli all’imputato, anche alla modifica in senso peggiorativo delle statuizioni civili determinate in primo grado. Tuttavia i ricorrenti hanno implicitamente posto all’attenzione del Collegio la questione di un errore di diritto processuale riguardo all’applicazione della medesima norma di cui all’art. 597 c.p.p. in riferimento al diverso principio devolutivo pure in essa contenuto. 4.1 La questione è stata oggetto di una recente pronunzia di questa stessa Sezione Sez. 5, Sentenza n. 30466 del 06/06/2019 Ud. dep. 10/07/2019 Rv. 276348 , che ha richiamato la motivazione della sentenza SU citata sia dai ricorrenti che dalla Corte territoriale, nonché la precedente giurisprudenza di legittimità formatasi con specifico riferimento all’ipotesi della quantificazione del risarcimento del danno nel giudizio di appello in senso sfavorevole all’imputato, cioè con un importo maggiore di quello liquidato nella sentenza di primo grado, non impugnata dalla parte civile giurisprudenza che è stata costante nell’affermare che tale ipotesi è in netto contrasto con il principio devolutivo Sez. 2, n. 42822 del 17/09/2015, Portolesi, Rv. 265206 Sez. 1, n. 50709 del 30/10/2014, Birri, Rv. 261757. A tale orientamento - convalidato nel ragionamento condotto dalla sentenza SU in riferimento quel Collegio ha aderito sottolineando i termini generalizzanti con il quali il principio devolutivo è stabilito dall’art. 597 c.p.p., comma 1, nella categorica limitazione della cognizione del giudice di appello ai punti oggetto dei motivi dell’impugnazione formulazione che non lascia dubbi sulla sua riferibilità a tutti gli aspetti della decisione di primo grado, ivi comprese, pertanto, le statuizioni civili. 4.2 A tale principio il Collegio intende dar seguito e, pertanto,la statuizione sul risarcimento del danno in assenza di impugnazione della parte civile già soccombente in primo grado, in quanto sfavorevole all’imputato ed illegittimamente adottata nel giudizio di appello in violazione del principio devolutivo, deve essere eliminata, annullandosi senza rinvio la sentenza impugnata sul punto. Si dà atto che il presente provvedimento, allo stato, non è sottoscritto dal presidente e dall’estensore entrambi impediti, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a . P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili, che elimina. Dichiara inammissibili nel resto i ricorsi.