Pena confermata in appello con riqualificazione dell’aggravante: qual è il giudice dell’esecuzione?

La competenza a provvedere quale giudice dell’esecuzione spetta al giudice d’appello anche laddove abbia diversamente qualificato una circostanza aggravante, già riconosciuta in primo grado, pur avendo confermato integralmente la sentenza impugnata.

Lo ha affermato la Corte di legittimità con la sentenza n. 18850/20, depositata il 22 giugno. IL GIP del Tribunale di Palermo, quale giudice dell’esecuzione , rideterminava la pena inflitta ad un condannato per effetto della deduzione dei periodi di presofferto. Il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per cassazione deducendo inosservanza ed erronea applicazione della legge penale per incompetenza del Tribunale. Secondo il ricorrente, la competenza avrebbe dovuto essere riconosciuta alla Corte d’Appello avendo essa pronunciato la sentenza definitiva di condanna del condannato, previa riqualificazione delle circostanze aggravanti . Il Collegio ricorda che la determinazione della posizione esecutiva di un soggetto nei cui confronti siano state pronunciate più sentenze di condanna da parte di diversi giudici, deve essere necessariamente unitaria per ragioni di economicità e razionalità del sistema. Il giudice unico deve dunque essere individuato in base al criterio fissato dall’ art. 665, comma 1, c.p.p. . In virtù di tale disposizione, la competenza appartiene al giudice che ha deliberato il provvedimento salvo che non sia diversamente stabilito da altra disposizione di legge. Tale previsione deve poi essere raccordata con il comma 2 della medesima norma con la conseguenza che la competenza del giudice dell’esecuzione viene fissata in base al contenuto della decisione assunta nel grado d’impugnazione se di conferma o meno della pronuncia di primo grado, ovvero di riforma limitata della sola pena, nel senso che, quando ricorrono queste condizioni, la competenza resta in capo al giudice di primo grado . La competenza a provvedere come giudice dell’esecuzione è invece in capo alla Corte d’appello laddove la sentenza di secondo grado abbia operato una rielaborazione sostanziale della prima pronuncia con un intervento concretamente riformatore anche sulla misura della pena. In conclusione la Corte cristallizza il principio di diritto secondo cui la competenza a provvedere quale giudice dell’esecuzione spetta al giudice di appello anche nei casi in cui abbia diversamente qualificato una circostanza aggravante , riconosciuta nella sentenza di primo grado, pur avendo in dispositivo confermato integralmente la sentenza impugnata . Per questi motivi, il ricorso risulta fondato. La Cassazione annulla il provvedimento impugnato senza rinvio e dispone la trasmissione degli atti alla Corte d’Appello di Palermo.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 25 maggio – 22 giugno 2020, n. 18850 Presidente Di Tomassi – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 24 ottobre 2019 il G.i.p. del Tribunale di Palermo, pronunciando in funzione di giudice dell’esecuzione, ritenuta la propria competenza, per effetto della deduzione dei periodi di presofferto, rideterminava nei confronti del condannato G.B. in anno uno e mesi quattro di reclusione la pena da espiare, inflittagli con la sentenza dello stesso giudice del 5 aprile 2017, confermata dalla Corte di appello di Palermo con sentenza dell’1 giugno 2018, irrevocabile il 18 gennaio 2019. 2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo ha denunciato, proponendo ricorso per cassazione, la inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 665 c.p.p. per incompetenza del Tribunale ad emettere il provvedimento impugnato, essendo, invece, competente la Corte di appello di Palermo, che, con sentenza dell’1 giugno 2018, aveva sostanzialmente modificato la sentenza di primo grado del 5 aprile 2017 in riferimento alla circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80. 3. Il Sostituto Procuratore generale, Dott.ssa Maria Francesca Loy, ha concluso per l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, stante la fondatezza del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso, che attiene alla competenza del Giudice che ha emesso l’ordinanza impugnata, è fondato e merita dunque accoglimento. 1. Va premesso che la sentenza dell’1 giugno 2018 della Corte di appello di Palermo, pur avendo proceduto alla riqualificazione della circostanza aggravante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, per avere affermato che l’addebito di cui al capo H riguardava l’avere il G. concorso con soggetto minore di età nella commissione della condotta di detenzione e cessione di stupefacenti ai sensi della previsione di cui alla lett. b e non, come contestato nell’imputazione, al cit. art. 80, lett. a , ha confermato integralmente la sentenza di primo grado anche in riferimento a tutti gli elementi concorrenti a stabilire la pena inflitta. Tanto però non è sufficiente per escludere i presupposti giustificativi del chiesto riconoscimento in capo alla predetta Corte di appello della competenza a provvedere in sede esecutiva. 2 Per regola generale la determinazione della posizione esecutiva di un soggetto nei cui confronti siano state pronunciate più sentenze di condanna, emesse da giudici diversi, deve essere necessariamente unitaria, per ragioni di economicità e di razionalità del sistema, e far capo, quindi, a un giudice unico da individuare sulla base del criterio fissato dall’art. 665 c.p.p., comma 1. 2.1. Quest’ultima disposizione, nel dettare le regole per la determinazione della competenza del giudice dell’esecuzione, avente carattere funzionale e, perciò, assoluta e inderogabile sez. 1, n. 8849 del 15/02/2006, confl. comp. in proc. Marfella, rv. 233583 sez. 1, n. 24738 del 11/06/2008, Pm in proc. Peco, rv. 240812 sez. 1, n. 49378 del 02/12/2009, De Sano, rv. 245953 , stabilisce che essa appartiene, indipendentemente dall’oggetto della domanda e dall’attinenza della questione proposta a decisione adottata da altro giudice, al giudice che ha deliberato il provvedimento, salvo che non sia diversamente stabilito da altra disposizione di legge. 2.2. L’indicata previsione va raccordata con quella del successivo art. 665 c.p.p., comma 2, per il quale quando è stato proposto appello, se il provvedimento è stato confermato o riformato soltanto in relazione alla pena, alle misure di sicurezza o alle disposizioni civili, è competente il giudice di primo grado in tal modo la competenza del giudice dell’esecuzione viene fissata in base al contenuto della decisione assunta nel grado d’impugnazione se di conferma o meno della pronuncia di primo grado, ovvero di riforma limitata alla sola pena, nel senso che, quando ricorrono queste condizioni, la competenza resta in capo al giudice di primo grado sez. 1, n. 45481 del 19/11/2008, confl. comp. in proc. Orlandi, rv. 242069 sez. 1, n. 9017 del 08/01/2003, confl. comp. in proc. Emmausso, rv. 223979 sez. 1, n. 396 del 19/01/2000, confl. comp. in proc. Calderaro, rv. 215370 sez. 1, n. 1850 del 06/03/1997, Barbara, rv. 207320 . Si radica, invece, in capo al giudice di appello la competenza a provvedere quale giudice dell’esecuzione quando la sentenza di secondo grado operi una rielaborazione sostanziale della pronuncia del primo giudice con un intervento concretamente riformatore anche quanto esso abbia incidenza sulla misura della pena, prodotta non in maniera diretta, ma quale effetto di detto intervento sez. 1, n. 34578 del 12/07/2017, P.G. in proc. Morelli, rv. 270833 sez. 1, n. 5637 del 21/12/1993, dep. 1994, confl. comp. in proc. Comandi, rv. 196548, in tema di riconoscimento delle circostanze attenuanti sez. 1, n. 3818 del 17/10/1991, confl. comp. in proc. Calì, rv. 188801 sez. 1, n. 43535 del 12/11/2002, confl. comp. in proc. Orofino, rv. 223222, in tema di riconoscimento delle circostanze attenuanti, di esclusione delle circostanze aggravanti, o di modifica del giudizio di comparazione, oppure di applicazione della continuazione tra più reati sez. 1, n. 34578 del 12/07/2017, Pg in proc. Morelli, rv. 270833 sez. 1, n. 32214 del 30/06/2015 confl. comp. in proc. Sciannamea, rv. 264508 sez. 1, n. 39123 del 22/09/2015, Pm in proc. Leo, rv. 264541 in tema di comparazione tra circostanze eterogenee sez. 1, n. 1850 del 06/03/1997, Barbara, rv. 207320 . È quanto è stato riconosciuto anche in relazione alla diminuzione della pena irrogata all’esito del giudizio di primo grado in conseguenza dell’ammissione dell’imputato, operata dal giudice di appello, ad un rito alternativo, -patteggiamento della pena sez. 3, n. 57121 dell’8/02/2017, Sorce, rv. 271868 o giudizio abbreviato sez. 1, n. 16745 del 4/02/2014, Biffi, rv. 259911 -, che postula una differente considerazione della decidibilità allo stato degli atti del processo o delle condizioni per l’accesso alla pena patteggiata, dal quale discende quale conseguenza anche una rimodulazione del trattamento sanzionatorio. 2.3 Nel solco della medesima linea interpretativa si pone anche quanto stabilito da sez. 1, n. 26692 del 23/05/2013, Palazzolo, rv. 256047, per la quale la riqualificazione del fatto operata nel giudizio di appello - determini o meno una modifica della pena - incide in modo significativo sulla statuizione di primo grado, e quindi comporta l’individuazione del giudice competente per l’esecuzione nel giudice di appello in termini anche sez. 1, n. 396 del 19/01/2000, Confl. comp. in proc. Calderaro, rv. 215370 . Tale principio, innovativo rispetto a quanto affermato da un precedente remoto di tenore opposto, che aveva riconosciuto la competenza del giudice di primo grado in un caso nel quale la sentenza di appello, decidendo sul gravame del solo imputato, si era limitata ad attribuire al fatto una qualificazione giuridica più grave nei limiti della competenza del giudice di primo grado ed aveva respinto l’appello proposto sez. 1, n. 906 del 14/05/1973, Dessi, rv. 124705 , merita condivisione. La sua correttezza giuridica si evince dalla necessità di considerare l’ambito dell’intervento cognitivo e l’esito del giudizio di appello a prescindere dalla formale statuizione di conferma della sentenza impugnata. Invero, come accaduto nel caso di specie, l’operazione di riqualificazione giuridica di una circostanza aggravante, frutto dell’esercizio del potere-dovere che grava sull’autorità giudicante di verificare, in aderenza al principio di legalità, la correttezza della impostazione giuridica data dal pubblico ministero al fatto e del conseguente potere di sostituire la qualificazione ritenuta non appropriata con quella corretta, si traduce nell’individuazione della norma regolatrice da applicarsi alla fattispecie concreta e quindi in un giudizio che in punto di diritto si discosta da quello formulato nel primo grado limitatamente a quell’elemento accidentale del reato. Il mantenimento in entità immutata del trattamento sanzionatorio ha indotto alla conferma della sentenza di primo grado, ma la statuizione relativa alla circostanza aggravante è stata modificata con la rielaborazione del giudizio e l’individuazione di una differente disposizione di legge da applicare al caso specifico. Va dunque formulato il seguente principio di diritto la competenza a provvedere quale giudice dell’esecuzione spetta al giudice di appello anche nei casi in cui abbia diversamente qualificato una circostanza aggravante, riconosciuta nella sentenza di primo grado, pur avendo in dispositivo confermato integralmente la sentenza impugnata . Ne discende che l’ordinanza impugnata, pronunciata da giudice funzionalmente incompetente, annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Palermo perché si pronunci sull’incidente di esecuzione proposto dal G. . P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Palermo, competente.