Il provvedimento abnorme e i suoi rimedi

Il provvedimento è abnorme qualora il giudice della cognizione abbia disposto la confisca in un momento successivo a quello della pronuncia della sentenza. All’omessa pronuncia di tale provvedimento è possibile porre rimedio solo tramite impugnazione o, in caso di formazione del giudicato, con lo strumento di cui all’art. 676 c.p.p., specificamente dettato per l’ipotesi di beni oggetto di ablazione obbligatoria.

Così la Cassazione con sentenza n. 18461/20 depositata il 17 giugno. Il GIP disponeva la confisca dell’autovettura utilizzata dall’imputato per la commissione del reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti , decidendo per la distruzione della stessa in quanto anche un’eventuale vendita risultava inutile. Avverso tale decreto, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione deducendo l’ abnormità del decreto impugnato . Nell’esaminare il ricorso, che la Suprema Corte ha ritenuto peraltro fondato, è stato chiarito che è abnorme il provvedimento con cui il giudice della cognizione disponga la confisca in un momento successivo a quello della pronuncia della sentenza , in quanto all’omessa pronuncia di tale provvedimento è possibile porre rimedio solo con l’impugnazione o, in caso di formazione del giudicato , con lo strumento previsto dall’art. 676 c.p.p., specificamente dettato per l’ipotesi di beni oggetto di ablazione obbligatoria . La Cassazione ha dunque inteso dare continuità a tale principio in quanto, dal combinato disposto degli artt. 205, comma 1 e 236 c.p., è desumibile che le misure di sicurezza devono essere disposte nella stessa sentenza di condanna , come confermato anche dall’art. 579 c.p.p. che prevede espressamente l’impugnazione contro il capo della sentenza relativa alle misure di sicurezza. Pertanto, conclude la Corte, in caso di omessa decisione sul punto, deve ritenersi esperibile, durante la fase di cognizione , la sola impugnazione della sentenza e non, al contrario, una separata decisione assunta dal giudice dopo l’emissione della sentenza di condanna.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 marzo – 17 giugno 2020, n. 18461 Presidente Liberati – Relatore Zunica Ritenuto in fatto 1. Con decreto del 10 giugno 2019, il G.I.P. presso il Tribunale di Roma, nell’ambito di un procedimento penale relativo al reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti di tipo cocaina e marijuana, instaurato a carico di V.A. e definito con sentenza di condanna emessa in data 24 maggio 2019 all’esito di rito abbreviato, disponeva la confisca tra l’altro dell’autovettura Volvo V50 targata di proprietà dell’imputato, utilizzata per la commissione del reato, prevedendone la distruzione, risultandone inutile l’eventuale vendita. 2. Avverso il provvedimento del G.I.P. romano, V. , tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con cui deduce la abnormità del decreto impugnato, perché emesso inaudita altera parte dopo la pronuncia di condanna, ciò in violazione del principio stabilito dal combinato disposto degli artt. 205 e 236 c.p., secondo cui le misure di sicurezza devono essere disposte nella stessa sentenza di condanna. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. Come segnalato anche dal Procuratore generale, la giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che è abnorme il provvedimento con cui il giudice della cognizione disponga la confisca in un momento successivo a quello della pronuncia della sentenza, in quanto all’omessa pronuncia di tale provvedimento è possibile porre rimedio solo con l’impugnazione o, in caso di formazione del giudicato, con lo strumento previsto dall’art. 676 c.p.p., specificamente dettato per l’ipotesi di beni oggetto di ablazione obbligatoria cfr. ex multis Sez. 6, n. 52007 del 16/10/2018, Rv. 274578, Sez. 5, n. 26481 del 04/05/2015, Rv. 264004 e Sez. 6, n. 10623 del 19/02/2014, Rv. 261886 . A tale impostazione ermeneutica, nettamente maggioritaria, il Collegio ritiene di dover dare continuità, desumendosi dal combinato disposto dell’art. 205 c.p.p., comma 1 e art. 236 c.p., che le misure di sicurezza devono essere disposte nella stessa sentenza di condanna , come confermato peraltro anche dal tenore dell’art. 579 c.p.p., che espressamente prevede l’impugnazione contro il capo della sentenza concernente le misure di sicurezza. Dunque, in caso di omessa decisione sul punto, deve ritenersi esperibile, durante la fase della cognizione, la sola impugnazione della sentenza, e non invece una separata decisione assunta dal giudice dopo l’emissione della sentenza di condanna, che peraltro, oltre a non essere prevista dal legislatore, porrebbe evidenti criticità anche in ordine alla individuazione dei rimedi esperibili, risultando invece disciplinata, con l’art. 676 c.p.p., la sola procedura che consente al giudice dell’esecuzione di decidere in ordine alla confisca, quando la sentenza sia passata in giudicato e non si sia provveduto al riguardo. 2. Alla stregua di tali considerazioni, il decreto impugnato, emesso in epoca successiva alla sentenza di condanna di primo grado, deve essere quindi annullato senza rinvio, restando efficace il provvedimento di sequestro e potendosi ovviare all’omessa statuizione sulla confisca nei modi prima indicati. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato. Motivazione semplificata. Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo Presidente del Collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a .