La diversità del bene giuridico tutelato non basta per negare la continuazione tra reati

Ai fini dell’applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 c.p.p., il giudice dell’esecuzione è chiamato ad una riconsiderazione dei fatti giudicati per la verifica della prospettata unitarietà progettuale degli illeciti ai fini della sussistenza del requisito di cui all’art. 81 c.p

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18471/20, depositata il 17 giugno. Il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione , ha rigettato la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 c.p.p. con riguardo ai reati di ricettazione, evasione e furto commessi dall’istante. Secondo il giudice non vi era possibile ravvisare l’ unicità del bene giuridico tutelato dalle norme incriminatrici violate. La pronuncia è stata impugnata con ricorso per cassazione. Il Collegio ricorda che, ai sensi dell’art. 671 c.p.p., il giudice dell’esecuzione può applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili nei confronti della medesima persona e rideterminare così le pene inflitte. A tal fine è dunque necessaria una riconsiderazione dei fatti giudicati per la verifica della prospettata unitarietà progettuale degli illeciti per il requisito di cui all’art. 81 c.p Inoltre l’eccezione alla regola stabilita dall’art. 671 c.p.p. sui poteri del giudice dell’esecuzione in materia di esecuzione, non può essere oggetto di interpretazione estensiva, come è stato ritenuto nel provvedimento impugnato, atteso che il legislatore, per come si evince dal tenore della prima parte dell’art. 671 c.p.p., comma 1, ha inteso affidare al giudice dell’esecuzione ampio margine di valutazione della sussistenza dell’identità del medesimo disegno criminoso tra tutti i reati oggetto delle intervenute sentenze o decreti penali irrevocabili, sicché se la valutazione, operata in una delle sentenze concluse, di esclusione dell’esistenza del presupposti di applicazione della disciplina della continuazione non comprendeva tutti i reati oggetto poi dell’istanza introduttiva del condannato dinanzi al giudice dell’esecuzione, questi è tenuto a svolgere una nuova valutazione omnicomprensiva . La motivazione della sentenza impugnata, in conclusione, incentrata unicamente sulla diversità di bene giuridico tutelato dal delitto di evasione e da quello di furto, appare insufficiente , perché non descrive le situazioni fattuali di concreta manifestazione di tutti i reati oggetto dell’istanza per come risultanti dalle sentenze di condanna ed appare, di conseguenza, priva di un’effettiva valutazione dei singoli fatti di reato oggetto delle sentenze di condanna . Il giudice avrebbe piuttosto dovuto valorizzare l'effettiva considerazione della notevole vicinanza cronologica degli episodi delittuosi di ricettazione e furto, distanti tra loro solo 11 giorni, e la particolare tipologia dei reati stessi, entrambi contro il patrimonio. La Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Napoli per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 febbraio – 17 giugno 2020, n. 18471 Presidente Tardio – Relatore Fiordalisi Ritenuto in fatto 1. B.S. ricorre avverso l’ordinanza del 19/06/2019 del Tribunale di Napoli che, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 c.p.p., con riguardo 1 al reato di ricettazione, ai sensi dell’art. 648 c.p., commesso il omissis , giudicato con sentenza divenuta definitiva il 19 marzo 2018 2 ai reati di evasione e di furto, ai sensi degli artt. 385 e 624 c.p., commessi il omissis , giudicati con sentenza divenuta definitiva in data 1 febbraio 2018. Il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che non vi era prova della sussistenza del medesimo disegno criminoso tra i reati oggetto dell’istanza, nonostante questi fossero stati commessi in un lasso temporale ravvicinato che il bene giuridico tutelato dalle norme violate era differente che in ogni caso non era possibile nemmeno in linea astratta svolgere una valutazione finalizzata a riconoscere il medesimo disegno criminoso con riferimento ai reati di ricettazione e di furto, posto che quest’ultimo era ricompreso in una contestazione più ampia, che prevedeva anche il delitto di evasione, non solo di diversa oggettività giuridica rispetto ai reati contro il patrimonio, ma sul quale era già intervenuta la valutazione negativa sulla disciplina della continuazione da parte del giudice di cognizione in relazione al furto tale decisione in sede di cognizione costituiva un ostacolo che impediva in sede di esecuzione ogni diversa valutazione sul vincolo della continuazione tra il reato sub 1 ed una soltanto delle imputazioni di cui alla sentenza sub 2, ricorrendo la causa ostativa di cui all’art. 671 c.p.p., comma 1. 2. Denuncia il ricorrente inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 624 e 648 c.p. e art. 671 c.p.p., perché il giudice dell’esecuzione ha erroneamente dichiarato che i reati di ricettazione e di furto tutelino un diverso bene giuridico, ritenendo, quindi, tale circostanza ostativa al riconoscimento del vincolo della continuazione. Il ricorrente, inoltre, reputa l’insussistenza della ritenuta causa ostativa di cui alla norma processuale, per la circostanza che il giudice della cognizione avesse già escluso la continuazione tra i reati di evasione e di furto, atteso che la stessa decisione in quella sede non poteva inficiare il riconoscimento della sussistenza del vincolo della continuazione tra tale ultimo reato e quello giudicato dalla sentenza sub 1, formando tale valutazione un compendio argomentativo assolutamente differente da quello che aveva condotto il giudice sub 2 ad escludere la continuazione interna. Il giudice dell’esecuzione, pertanto, sarebbe venuto meno al dovere di svolgere la valutazione di sua spettanza, analizzando nel merito gli indici sintomatici della sussistenza del medesimo disegno criminoso evidenziati dalla giurisprudenza di legittimità, tra i quali la tipologia dei reati, la natura del bene giuridico protetto, l’omogeneità delle violazioni, i motivi a delinquere e le circostanze di luogo e di tempo dell’azione. I reati, infatti, erano stati compiuti ad una distanza temporale assolutamente ravvicinata e in luoghi attigui, con modalità di esecuzione sovrapponibili e fondate sullo stato di indigenza del condannato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 1.1. Giova premettere in diritto che, ai sensi dell’art. 671 c.p.p., il giudice dell’esecuzione può applicare in executivis l’istituto della continuazione nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili, pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona e rideterminare le pene inflitte per i reati separatamente giudicati sulla base dei criteri dettati dalla stessa norma. L’applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva impone, quindi, una riconsiderazione dei fatti giudicati di cui alla richiesta dell’istante, volta alla specifica verifica della prospettata unitarietà progettuale degli illeciti, che è indispensabile requisito per il riconoscimento del rapporto descritto nell’art. 81 c.p 1.2. Nel caso di specie, nell’adempimento di tale doverosa valutazione della quale è stato investito con apposita istanza del condannato, il giudice dell’esecuzione - contrariamente a quanto asserito nel provvedimento impugnato - non avrebbe dovuto considerare ostativa la disposizione di cui all’art. 671 c.p.p., comma 1, atteso che in fase di cognizione, con la sentenza sub 2 , era stata svolta una valutazione limitata a due reati evasione e furto per la tutela di beni giuridici eterogenei che non comprendeva, non essendovi specifica richiesta in tal senso, il reato giudicato con la sentenza sub 1 . Questo, essendo un delitto di ricettazione, ben può essere ritenuto come lesivo del medesimo bene giuridico, del furto giudicato con la sentenza sub 2 ed avrebbe dovuto, pertanto, essere oggetto di una valutazione complessiva, al fine di verificare la presenza degli altri elementi sintomatici epoca, luogo e altre modalità del fatto , che avrebbero permesso una complessiva analisi dei presupposti per l’eventuale applicazione della disciplina del reato continuato di tutti e tre idelitti oggetto dell’istanza. D’altronde, l’eccezione alla regola stabilita dall’art. 671 c.p.p. sui poteri del giudice dell’esecuzione in materia di esecuzione, non può essere oggetto di interpretazione estensiva, come è stato ritenuto nel provvedimento impugnato, atteso che il legislatore, per come si evince dal tenore della prima parte dell’art. 671 c.p.p., comma 1, ha inteso affidare al giudice dell’esecuzione ampio margine di valutazione della sussistenza dell’identità del medesimo disegno criminoso tra tutti i reati oggetto delle intervenute sentenze o decreti penali irrevocabili, sicché se la valutazione, operata in una delle sentenze concluse, di esclusione dell’esistenza del presupposti di applicazione della disciplina della continuazione non comprendeva tutti i reati oggetto poi dell’istanza introduttiva del condannato dinanzi al giudice dell’esecuzione, questi è tenuto a svolgere una nuova valutazione omnicomprensiva. 1.3. Alla luce dei principi sopra indicati, la Corte ritiene che la motivazione di merito dell’ordinanza impugnata, incentrata unicamente sulla diversità di bene giuridico tutelato dal delitto di evasione e da quello di furto, appare insufficiente, perché non descrive le situazioni fattuali di concreta manifestazione di tutti i reati oggetto dell’istanza per come risultanti dalle sentenze di condanna ed appare, di conseguenza, priva di un’effettiva valutazione dei singoli fatti di reato oggetto delle sentenze di condanna a questo proposito, invece era necessaria una effettiva considerazione della notevole vicinanza cronologica degli episodi delittuosi di ricettazione e furto, distanti tra loro solo undici giorni, e la particolare tipologia dei richiamati reati, entrambi contro il patrimonio. Sotto questo profilo, il giudice dell’esecuzione si è limitato ad evidenziare che non era possibile ravvisare il vincolo della continuazione tra il reato di ricettazione ed il reato di furto, anche se entrambi contro il patrimonio e commessi in un lasso temporale ravvicinato, poiché tale ultimo reato costituiva solo una delle imputazioni per le quali era intervenuta la sentenza di condanna sub 2, posto che il giudice della cognizione aveva escluso il vincolo della continuazione interna tra i reati di furto e di evasione. La motivazione del giudice di merito pertanto, oltre che espressa in violazione dei limiti della causa ostativa di cui all’art. 671 c.p.p., non essendo sovrapponibile il giudizio richiesto a quello svolto dal giudice della cognizione, è anche manifestamente incongrua nel merito. 3. All’annullamento consegue che va disposta la trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli, in diversa composizione fisica, per rinnovato esame della richiesta, in ossequio ai principi affermati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 183 del 03/07/2013, sulla diversa composizione del giudice di rinvio, in caso di annullamento di ordinanze in materia di applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli.