Un crocifisso dalla storia misteriosa

In assenza della verifica dell'interesse culturale di un bene risalente a più di settanta anni fa, di valore pari o inferiore ad euro 13.500,00, non se ne può disporre la confisca.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, con la sentenza n. 17814 depositata il giorno 10 giugno 2020. Il Cristo dalle incerte origini. Me ne rendo conto soltanto dopo averli scritti tra il titolo dell'articolo – degno di un thriller di ultima generazione - e quello del paragrafo ce n'è quanto basta per garantirmi un posto in prima fila tra gli aspiranti alla scomunica. Ne chiedo venia, e provo a spiegarmi. La sentenza oggi in commento, per l'argomento che affronta e per la fredda” questione tecnica su cui è incentrata, non sarebbe stata – senza offesa per i suoi illustri autori – tra quelle di maggior interesse per gli operatori del diritto. A renderla degna di particolare nota, però, è proprio il fatto storico che ne ha giustificato la pronuncia. La protagonista è una scultura lignea raffigurante Gesù crocifisso, custodita nientemeno che in un caveau di una banca della Repubblica di San Marino. Secondo alcuni, il manufatto sarebbe opera di Michelangelo. Sulla base di questo dato oggettivo, viene avviato un procedimento penale per illecita esportazione di beni di interesse culturale a carico di due soggetti, ritenuti responsabili della fuoruscita illecita dell'oggetto dai confini del territorio nazionale. La vicenda giudiziaria rimane per lunghi anni allo stato di germoglio, e termina con un decreto di archiviazione per intervenuta prescrizione, subito seguito da un provvedimento di confisca del bene . Da qui, il ricorso per cassazione, col quale viene a galla la curiosa storia di un Cristo ligneo irrequieto e misterioso. Da quello che si legge nella sentenza apprendiamo così che vi sono due storie sulla sua origine completamente discordanti tra loro. Secondo una prima ricostruzione, questa scultura sarebbe stata affidata ad un ambasciatore di San Marino che avrebbe dovuto sottoporla ad uno studio e a un restauro in Italia. Mai restituita al mittente, essa sarebbe divenuta parte dell'asse ereditario del diplomatico per approdare, poi, ad uno dei ricorrenti. Altra voce narrante, invece, vuole che il Cristo sia stato acquistato da quell'ambasciatore al mercatino di Porta Portese poco più di trent'anni fa per una cifra tutt'altro che astronomica. Quest'ultima ipotesi, e cioè quella del tesoro rinvenuto tra le cianfrusaglie di qualche bancarella, è suggestiva tanto quanto la prima è, invece, degna del copione di un film. Come non v'è concordia sulle origini del possesso, così regna l'incertezza sulla individuazione della mano che eseguì l'opera secondo alcuni è quella del sublime Michelangelo, secondo altri sarebbe di un secolo più giovane rispetto al periodo in cui visse l'artista. Posta all'attenzione degli Ermellini, la questione deve necessariamente smettere gli avvincenti panni del noir per vestire quelli, algidi e burocratici, della disciplina sui beni culturali. Fondamentale è la verifica dell'interesse culturale. La disciplina in materia di beni culturali può rivaleggiare, per minuziosità e contorsioni sintattiche, con molti altri capolavori della nostra normativa penale extra-codicistica. Non proviamo nemmeno a sintetizzarne i passaggi salienti, perché – come è noto – risulta difficile estrapolarli nel contesto di un coacervo di norme dense di richiami e rinvii nei quali è facilissimo perdere la strada maestra. Basterà soltanto osservare che alcuni beni, analiticamente descritti ed elencati in apposite norme, non possono uscire definitivamente dal territorio della Repubblica Italiana, mentre altri, invece, non sono soggetti a particolari autorizzazioni. In quest'ultima categoria rientrano, tra gli altri, i beni di interesse culturale , realizzati almeno settanta anni fa da autore non più vivente e dal valore inferiore ad euro 13.500,00. L'onere di dimostrare la sussistenza dei requisiti per la libera esportazione incombe – ovviamente – su chi ne fa richiesta e, per completare, è previsto che il competente ufficio può – se lo ritiene – avviare, nonostante la richiesta, una specifica procedura per dimostrare che quel bene, per l'interesse che riveste, non dovrebbe abbandonare definitivamente il territorio nazionale. Così, a grandi linee, vuole la disciplina attualmente in vigore figlia di una riforma del 2017 innestata sul corpo normativo principale risalente al 2004 . Come si vede, l'ago della bilancia tra la libera esportabilità e la non esportabilità di un certo bene di interesse culturale è rappresentato dall'accertamento del suo valore artistico. In mancanza di esso, non soltanto va esclusa qualsiasi responsabilità penale, ma anche la possibilità di confiscare il bene ove il reato si sia estinto, ad esempio, per intervenuta prescrizione. L'annullamento con rinvio per nuovo esame – c'è da starne certi – aprirà le porte ad un nuovo capitolo di questa singolare vicenda.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 29 novembre 2019 – 10 giugno 2020, n. 17814 Presidente Rosi – Relatore Cerroni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 10 luglio 2019 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Rimini ha disposto - su istanza del Pubblico ministero - la confisca, a norma del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 174, di scultura lignea raffigurante omissis , attribuita a omissis e custodita nel caveau della omissis altresì oggetto di iniziale tutela da parte della Commissione per la conservazione dei monumenti e degli oggetti d'antichità ed arte della Repubblica di San Marino , in esito al procedimento rubricato nei confronti di B.A. e di Ba.Gi.Hu. per il reato di cui all'art. 110 c.p. e art. 174 D.Lgs. n. 42 cit., instaurato avanti al Tribunale di Torino, trasmesso per competenza al Giudice riminese ed infine definito con decreto di archiviazione del 20 ottobre 2018, stante l'intervenuta prescrizione. 2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione su quattro articolati motivi di impugnazione. 2.1. Col primo motivo i ricorrenti hanno eccepito, quanto all'instaurato incidente di esecuzione proposto dal Pubblico ministero, la nullità del decreto di fissazione dell'udienza camerale attesa l'omessa notificazione all'indagato Ba.Gi.Hu., del quale lo stesso provvedimento non operava alcun cenno. 2.2. Col secondo motivo è stata parimenti eccepita - stante la mancata menzione della confisca - la nullità del decreto di fissazione dell'udienza in considerazione della lesione dei diritti difensivi, attesa l'assoluta assenza e genericità dell'oggetto. 2.3. Col terzo motivo è stata lamentata la violazione del principio del ne bis in idem, ciò a norma dell'art. 666 c.p.p., comma 2, dal momento che la richiesta di confisca formulata dal Pubblico ministero non comprendeva alcun elemento nuovo rispetto a quanto già esaminato nella precedente archiviazione, disposta dal G.i.p. in data 20 ottobre 2018 in accoglimento della richiesta del 3 ottobre 2018 presentata - stante l'intervenuta prescrizione del reato contestato dalla stessa Procura della Repubblica, che in tale sede non aveva richiesto la confisca della statuetta. In precedenza il Pubblico ministero - cui il fascicolo era stato appunto trasmesso per competenza - aveva altresì notificato l'avviso di conclusione delle indagini ancora in data 25 ottobre 2014, ed in ogni caso aveva avanzato a suo tempo richiesta di rogatoria all'Autorità sanmarinese per il dissequestro dell'opera e la sua restituzione al B., con manifesta violazione pertanto del principio invocato. 2.4. Col quarto motivo infine è stata in primo luogo dedotta l'erronea applicazione della norma di cui all'art. 174 cit 2.4.1. In particolare, quanto a provenienza e proprietà del bene oggetto di confisca ed al contestato mancato superamento della presunzione di proprietà statale dell'opera presunzione che consentiva la confisca come strumento recuperatorio dell'opera nel patrimonio dello Stato , il ricorrente B. ha sottolineato di avere fornito prove incontrovertibili in merito, volte al superamento della presunzione. Nè la stessa Amministrazione statale, pur essendo entrata più volte in contatto col bene, aveva mai inteso avanzare alcuna pretesa rivendicatoria ed invero aveva riconosciuto la proprietà privata dell'oggetto, senza dare corso a provvedimenti di sorta al fine di impedire l'uscita del bene dallo Stato ovvero al procedimento di interesse culturale. Nella ricostruzione operata in ricorso, infatti, la statuetta sarebbe stata rinvenuta in Libano ed infine donata dal patriarca della OMISSIS a U.G.M., colà ambasciatore di San Marino, cui l'opera sarebbe stata in precedenza consegnata dalla medesima Autorità religiosa per un esame in Italia di studio e di restauro. L' U., divenuto proprietario della cosa quantomeno per usucapione, avrebbe infine disposto mortis causa in favore del B., il quale peraltro aveva inteso affidare l'opera al Ba., esperto altresì in materia di sicurezza, a seguito di un'aggressione mafiosa subita. 2.4.2. In secondo luogo è stata eccepita l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da M.M., broker assicurativo, circa il racconto fattogli dall' U., il quale avrebbe ammesso l'acquisto dell'opera per pochi soldi al mercatino rionale di OMISSIS ed i successivi tentativi di assicurazione della statuetta in questione sì che in tal modo sarebbe stata comprovata la provenienza del bene, non riconducibile al OMISSIS ma comunque di buona fattura, dal territorio dello Stato, col conseguente rientro della cosa nel patrimonio culturale del Paese . Tra l'altro la deposizione era stata assunta successivamente al termine di durata massima delle indagini preliminari di cui all'art. 407 c.p.p., comma 2, nè risultava chiara la ragione per la quale il M. era stato assunto ad informazioni. In ogni caso le dichiarazioni contrastavano con altra documentazione ufficiale del Ministero dei Beni culturali ed ambientali nonchè dell'Opificio delle pietre dure in OMISSIS , dove la scultura era stata temporaneamente depositata, mentre comunque il OMISSIS non rientrava nell'ambito della Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti. Laddove, infine, la circostanza dell'avvenuta donazione del bene al dante causa del B. era stata confermata dal teste P., professore emerito di arte sacra all'Università OMISSIS . Contraddittorio appariva quindi il provvedimento, alternativamente incline a valutare l'acquisto dell' U. dante causa del B. a OMISSIS , ovvero a considerare la truffa perpetrata dallo stesso U. ambasciatore di San Marino ed in seguito testatore a favore dell'odierno ricorrente, ancorchè la scheda testamentaria fosse ancora sotto sequestro a San Marino ai danni del Patriarca della Chiesa orientale, che gli aveva affidato l'opera. Mentre l'opera era rimasta appunto a lungo in Italia - senza alcun interesse amministrativo - nella disponibilità dell'Autorità e dell'Opificio delle Pietre Dure per l'esame della medesima, senza contestazioni dei titoli di proprietà. In ogni caso il ricorrente aveva sempre manifestato la volontà di assicurare la pubblica fruizione della statua, senza alcun intendimento di sottrarre il bene a detta finalità. 2.4.3. In terzo luogo è stata sottolineata l'inammissibilità delta condotta del Pubblico ministero, il quale non aveva assunto alcuna iniziativa processuale nonostante il decorso di nove anni dalla condotta in contestazione, salvo poi richiedere la confisca una volta archiviato il procedimento per prescrizione. Parimenti, quanto alla dedotta inutilizzabilità degli atti di indagine successivi al 16 m. 2013 stante la scadenza del termine massimo delle indagini preliminari ed alla sussistenza dell'elemento oggettivo e soggettivo del reato di cui all'art. 174 cit., non vi era prova certa della condotta di illecito trasferimento del bene da parte del B. nel territorio della Repubblica di San Marino, nè vi era prova sicura di dove si trovasse la statuetta allorchè venne depositata nella cassetta di sicurezza a seguito dell'aggressione mafiosa ai danni dei ricorrenti. Oltre a ciò, non erano mai stati eseguiti accertamento di valore ovvero verifica di interesse culturale, tanto più che il provvedimento impugnato aveva richiamato l'acquisto del bene a OMISSIS per l'irrisorio valore di L. 1.200.000. 2.4.4. In quarto luogo è stata eccepita la prescrizione quinquennale di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 28. 2.4.5. In relazione poi all'eccepita violazione della norma di cui all'art. 578-bis c.p.p., la confisca avrebbe potuto trovare applicazione solamente in esito ad una sentenza in primo grado, mentre il procedimento si era estinto nella fase delle indagini preliminari. 2.4.6. In sesto luogo, non poteva procedersi ad accertamento di merito, dal momento che la confisca avrebbe avuto necessità di un accertamento incidentale in ordine alla sussistenza dell'ipotesi di reato, e ciò non poteva accadere per la prima volta nell'ambito del procedimento di esecuzione. 2.5. Con successiva memoria parte ricorrente ha insistito in particolare sul quarto motivo di ricorso, quanto al travisamento delle prove allegate in ordine alla proprietà del bene. 3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 4. Il ricorso è fondato per quanto di ragione. 4.1. Il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 174 invero prevede che 1. Chiunque trasferisce all'estero cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico, nonchè quelle indicate all'art. 11, comma 1, lettere f , g e h , senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione, è punito con la reclusione da uno a quattro anni o con la multa da Euro 258 a Euro 5.165. 2. La pena prevista al comma 1 si applica, altresì, nei confronti di chiunque non fa rientrare nel territorio nazionale, alla scadenza del termine, beni culturali per i quali sia stata autorizzata l'uscita o l'esportazione temporanee. 3. Il giudice dispone la confisca delle cose, salvo che queste appartengano a persona estranea al reato . 4.1.1. Ciò posto, il medesimo D.Lgs. n. 42, art. 65, comma 1 stabilisce anzitutto che E' vietata l'uscita definitiva dal territorio della Repubblica dei beni culturali mobili indicati nell'art. 10, commi 1, 2 e 3 . Al riguardo, per beni culturali devono quindi intendersi art. 10, comma 1 le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonchè ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico . Del pari comma 2 Sono inoltre beni culturali a le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e altri luoghi espositivi dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonchè di ogni altro ente ed istituto pubblico b gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonchè di ogni altro ente ed istituto pubblico c le raccolte librarie delle biblioteche dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonchè di ogni altro ente e istituto pubblico, ad eccezione delle raccolte che assolvono alle funzioni delle biblioteche indicate al D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 47, comma 2 . Mentre infine comma 3 sono altresì beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall'art. 13 a le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1 b gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante c le raccolte librarie, appartenenti a privati, di eccezionale interesse culturale d le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose d-bis le cose, a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l'integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione e le collezioni o serie di oggetti, a chiunque appartenenti, che non siano ricomprese fra quelle indicate al comma 2 e che, per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, ovvero per rilevanza artistica, storica, archeologica, numismatica o etnoantropologica, rivestano come complesso un eccezionale interesse . 4.1.2. Oltre a ciò l'art. 65 altresì prevede comma 2 che è vietata altresì l'uscita a delle cose mobili appartenenti ai soggetti indicati all'art. 10, comma 1, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, fino a quando non sia stata effettuata la verifica prevista dall'art. 12 b dei beni, a chiunque appartenenti, che rientrino nelle categorie indicate all'art. 10, comma 3, e che il Ministero, sentito il competente organo consultivo, abbia preventivamente individuato e, per periodi temporali definiti, abbia escluso dall'uscita, perchè dannosa per il patrimonio culturale in relazione alle caratteristiche oggettive, alla provenienza o all'appartenenza dei beni medesimi . Mentre comma 3 è altresì soggetta ad autorizzazione, secondo le modalità stabilite nella presente sezione e nella sezione II di questo Capo, l'uscita definitiva dal territorio della Repubblica a delle cose, a chiunque appartenenti, che presentino interesse culturale, siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, il cui valore, fatta eccezione per le cose di cui all'allegato A, lett. B, numero 1 e cioè i reperti archeologici, quelli derivanti dallo smembramento di monumenti, gli incunaboli e i manoscritti, qualunque sia il valore , sia superiore ad Euro 13.500 b degli archivi e dei singoli documenti, appartenenti a privati, che presentino interesse culturale c delle cose rientranti nelle categorie di cui all'art. 11, comma 1, lett. f , g ed h le fotografie, con relativi negativi e matrici, gli esemplari di opere cinematografiche, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, le documentazioni di manifestazioni, sonore o verbali, comunque realizzate, la cui produzione risalga ad oltre venticinque anni i mezzi di trasporto aventi più di settantacinque anni i beni e gli strumenti di interesse per la storia della scienza e della tecnica aventi più di cinquanta anni , a chiunque appartengano . 4.1.3. Non è invece art. 65, comma 4 soggetta ad autorizzazione l'uscita a delle cose di cui all'art. 11, comma 1, lett. d le opere di pittura, di scultura, di grafica e qualsiasi oggetto d'arte di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre settanta anni b delle cose che presentino interesse culturale, siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, il cui valore sia inferiore ad Euro 13.500, fatta eccezione per le cose di cui all'allegato A, lett. 8, n. 1 . In tali casi comma 4-bis , l'interessato ha l'onere di comprovare al competente ufficio di esportazione, mediante dichiarazione ai sensi del testo unico di cui al D.P.R. n. 28 dicembre 2000, n. 445, che le cose da trasferire all'estero rientrino nelle ipotesi per le quali non è prevista l'autorizzazione, secondo le procedure e con le modalità stabilite con decreto ministeriale. Il competente ufficio di esportazione, qualora reputi che le cose possano rientrare tra quelle di cui all'art. 10, comma 3, lett. d-bis , avvia il procedimento di cui all'art. 14, che si conclude entro sessanta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione . 4.1.4. Siffatta disciplina è stata in tal modo largamente rivisitata dalla L. 4 agosto 2017, n. 124, art. 175, comma 1, lett. g , nn. 1 e 2. In precedenza, tutte le opere di autore non più vivente, la cui esecuzione risaliva ad oltre cinquanta anni, che presentavano interesse culturale, non potevano uscire dal territorio della Repubblica senza attestato di libera circolazione, a prescindere dal loro valore quelle di autore vivente o comunque non risalenti ad oltre cinquanta anni potevano uscire liberamente alle sole condizioni previste dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 65, comma 4, che oneravano l'interessato di comprovare al competente ufficio di esportazione che le cose da trasferire all'estero fosse opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalisse ad oltre cinquanta anni, secondo le procedure e con le modalità stabilite con decreto ministeriale. 4.1.5. Il legislatore del 2017 ha ampliato la possibilità di esportare liberamente opere di autore non più vivente, da un lato aumentando a settanta anni l'arco temporale di riferimento, dall'altro introducendo un criterio di valore al di sotto del quale l'opera può essere liberamente esportata. In tal caso l'interessato ha il solo onere di comprovare al competente ufficio di esportazione che le cose da trasferire all'estero rientrino nelle ipotesi per le quali non è prevista l'autorizzazione, secondo le procedure e con le modalità stabilite con decreto ministeriale. Il competente ufficio di esportazione, qualora reputi che le cose presentino un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l'integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione, avvia il procedimento di cui all'art. 14, che si conclude entro sessanta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione. Normalmente, dunque, tutte le cose che presentano interesse culturale e che rispettano i requisiti del novellato D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 65, comma 3, lett. b , possono circolare liberamente ed uscire dal territorio della Repubblica, a meno che non presentino un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l'integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione. In tale eventualità la cosa, qualunque valore abbia, deve essere dichiarata al competente ufficio di esportazione che, all'esito del procedimento di cui all'art. 14, potrebbe negare il rilascio dell'attestato o della licenza. 4.1.6. In definitiva, quindi, le modifiche intervenute nel 2017 hanno inciso sulla attuale struttura del reato, sottraendo dalla fattispecie incriminatrice le condotte di esportazione che hanno ad oggetto cose che presentano interesse culturale di non eccezionale rilevanza, diverse dei reperti archeologici, dagli elementi provenienti dallo smembramento dei monumenti, dagli incunaboli e manoscritti, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, di valore pari o inferiore ad Euro 13.500,00. Si tratta di modifica indubbiamente più favorevole, immediatamente applicabile, ai sensi dell'art. 2 c.p., comma 2, anche ai fatti pregressi. Il trasferimento all'estero di cose di interesse culturale di non eccezionale rilevanza di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 65, comma 3, lett. a , diverse da quelle di cui all'all. A, lett. B, n. 1, e di valore pari o inferiore ad Euro 13.500,00, non integra pertanto il reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 174, comma 1. Con la conseguenza che le modifiche siccome introdotte, in quanto incidono sulla struttura del reato di cui all'art. 174 cit., restringendone l'ambito applicativo, si applicano anche ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore cfr. amplius, Sez. 3, n. 10468 del 17/10/2017, dep. 2018, Lo Giudice, Rv. 272622 . 4.1.7. Al riguardo, va invero ricordato che, a termini del richiamato D.Lgs. n. 42 cit., art. 12 del medesimo le cose indicate all'art. 10, comma 1, che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, sono sottoposte alle disposizioni della presente Parte fino a quando non sia stata effettuata la verifica di cui al comma 2 , secondo il quale I competenti organi del Ministero, d'ufficio o su richiesta formulata dai soggetti cui le cose appartengono e corredata dai relativi dati conoscitivi, verificano la sussistenza dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico nelle cose di cui al comma 1, sulla base di indirizzi di carattere generale stabiliti dal Ministero medesimo al fine di assicurare uniformità di valutazione . 4.1.8. In conclusione, infine, l'accertamento dell'interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico, effettuato in conformità agli indirizzi generali di cui al comma 2, costituisce dichiarazione ai sensi dell'art. 13 comma 7 , laddove appunto è previsto - art. 13, comma 1 - che detta dichiarazione accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto, dell'interesse richiesto dall'art. 10, comma 3 . 4.2. In specie, lo stesso provvedimento impugnato - dopo avere richiamato le tortuose vicende processuali che hanno accompagnato la cosa, allo stato depositata in Istituto di credito sanmarinese - ha inteso ricordare che secondo gli elementi in atti l'origine del bene andava ricondotta ad una vicenda di natura internazionale le cui note di ambiguità, quanto soprattutto al rivendicato titolo di acquisto da parte del dante causa dell'odierno ricorrente B., sono state compiutamente illustrate dal Tribunale di Rimini ovvero ad un acquisto al mercatino di OMISSIS . Oltre a ciò, parimenti l'ordinanza di confisca ha dato conto da un lato del prezzo che sarebbe stato pagato al mercatino a metà degli anni Ottanta del 1900, pari a L. 1.200.000 per tre pezzi di antiquariato, e dall'altro dell'attribuzione dell'opera addirittura a OMISSIS . Attribuzione, questa, che lo stesso U. peraltro non riteneva sicura, a differenza dell'odierno ricorrente B., ed in ordine alla quale gli stessi esperti interpellati hanno fornito risposte divaricate, uno riconducendo l'opera al OMISSIS , un altro spostando addirittura di un secolo la data di creazione dell'oggetto, rispetto alla vita di OMISSIS . 4.3. In definitiva, quindi, ed in proposito il ricorso ha anche toccato tale profilo, nulla è stato direttamente accertato, quanto al valore dell'opera ed all'eventuale rilevanza eccezionale dell'interesse artistico. Da un lato deve applicarsi la nuova norma v. supra , dall'altro potrebbe astrattamente disporsi la confisca anche in caso di prescrizione del reato cfr. Sez. 3, n. 42458 del 10/06/2015, Almagià, Rv. 265046 . Nel difetto quindi della verifica dell'interesse culturale, pertanto, e degli altri requisiti previsti dalla legge novellata, non può quindi procedersi alla confisca, appunto avente ad oggetto cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico. 4.4. Gli ulteriori motivi risultano così assorbiti. 5. Alla stregua di quanto precede, pertanto, l'ordinanza impugnata va annullata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Rimini. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Rimini. Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo Presidente del Collegio per impedimento dell'estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a .