Alla Consulta il neo decreto sulla costante rivalutazione delle scarcerazioni legate al Covid-19: violato il diritto di difesa (e non solo)

È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 d.l. 10 maggio 2020 n. 29 nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da Covid-19, il Magistrato di sorveglianza che lo ha emesso, per violazione degli artt. 3, 24, comma 2 e 111 Cost.

Ufficio di Sorveglianza di Spoleto, ordinanza n. 1380/20 depositata il 26 maggio. Com’era ampiamente prevedibile, vengono subito portate all’attenzione della Corte Costituzionale le norme sul discusso nuovo decreto legge 10 maggio 2020 n. 29, nella parte in cui prevedono che qualora alcune categorie di condannati peraltro selezionati in modo irragionevole, anche per il giudice a quo , abbiano avuto concessa la detenzione domiciliare o usufruiscono del differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da Covid-19 , il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza che ha adottato il provvedimento, acquisito il parere della DDA e, nel solo caso di ristretti al 41-bis, della DNA, valuta la permanenza dei motivi legati all’emergenza sanitaria entro il termine di quindici giorni dall’adozione del provvedimento e, successivamente, con cadenza mensile. E la difesa del condannato? Il Magistrato di sorveglianza di Spoleto ritiene che la procedura di monitoraggio introdotta dalla decretazione d’urgenza violi l’art. 24 Cost. perché si svolge senza adeguato coinvolgimento della difesa e senza il necessario contraddittorio delle parti in condizioni di parità. Risultano assenti spazi difensivi legati alla mancata informazione dell’apertura del procedimento di revoca della misura alternativa e alla mancata visione degli atti, non conoscendo la posizione del proprio contraddittore in questo caso la D.D.A, che viceversa, al fine della formulazione del parere, ha potuto conoscere l’istruttoria effettuata ed interloquire con il carcere sulle misure di protezione adottate e sulla diffusione del virus . La procedura interinale ordinaria Il giudice remittente, dopo aver ricordato la particolare procedura dell’art. 684 c.p.p. – culminante in prima battuta con un provvedimento provvisorio e interinale per salvaguardare il fondamentale diritto di salute del detenuto – ricorda che la decisione provvisoria del magistrato di sorveglianza dovrà essere discussa dinanzi al tribunale di sorveglianza. È dunque nella sua sede ‘naturale’, quella dell’organo collegiale della magistratura di sorveglianza, che viene ripristinato il pieno contraddittorio, derogato per tutelare il condannato infatti, anche se in una prima fase non partecipano né il PM né la difesa è quest’ultima che ordinariamente avvia il procedimento di rinvio dell’esecuzione o, in surroga, della detenzione domiciliare . e quella ‘inedita’ prevista dal decreto n. 29/2020. Questo schema salta nel procedimento di costante rivalutazione di nuovo conio ove i contributi istruttori vengono solo da una parte procedimentale mentre la difesa – alla quale non è data contezza delle emergenze in atti – non può confrontarsi con i contenuti delle note pervenute non può soprattutto prendere atto dei contenuti del parere della parte pubblica, che invece ha potuto leggere l’intera istruttoria pervenuta e svolgere autonomi approfondimenti istruttori come avvenuto nel caso di specie, ad esempio mediante nota richiesta direttamente dalla DDA alla Casa circondariale , e fornire al magistrato di sorveglianza le proprie repliche. La difesa del condannato ‘brancola nel buio’. Nell’oscurità dei contenuti procedimentali, cosa potrà fare il difensore del soggetto gravemente malato che rischia di rientrare in carcere? Peraltro, in tempi brevissimi rispetto alla sua scarcerazione, come se in tale risibile arco temporale possa essere cambiato lo status quo o, peggio ancora, come se la spasmodica ricerca di una struttura ospedaliera per apprestare i trattamenti sanitari possa superare la grave infermità psico-fisica posta e il rischio di contagio da covid-19 che sarebbe letale. E poi il rientro in carcere, non configura in ogni caso per un soggetto scarcerato 15 giorni prima un trattamento contrario al senso di umanità, in aperto contrasto con l’art. 27 comma 3 Cost. e 3 Cedu? C’è lo dirà in futuro la Corte di Strasburgo. Dalla difesa ‘tecnica’ alla difesa ‘cieca’. Non conoscendo i contenuti informativi della procedura al difensore non resta come avvenuto nel caso di specie che scrivere una memoria nella quale prevedere come un indovino quale possano essere i contenuti della parte contrapposta, cercando di far transitare quanti più elementi e documenti di risposta alle possibili valutazioni contenute nel parere della DDA o della DNA. Invero, già a monte, la memoria è stata acquisita per ‘gentile concessione’ del magistrato di sorveglianza il quale dubita della legittimazione della parte interessata o del suo difensore di produrre memorie e documentazione, tenuto conto della prevista assunzione della decisione senza formalità, de plano e non con lo schema della camera di consiglio. Oltre il danno, la beffa revoca con contraddittorio monco senza difesa ‘definitiva’. L’ordinanza di rimessione evidenzia la differenza sostanziale tra questo modello ordinario e quello di nuova introduzione per la rivalutazione delle detenzioni domiciliari e dei differimenti già concessi qui, innanzitutto, è prevista una decisione del magistrato di sorveglianza che, lungi dall’assumere carattere provvisorio, è destinata a spiegare effetti tendenzialmente definitivi per la posizione del soggetto. A riprova di ciò, secondo il magistrato, l’utilizzo del termine revoca”, che parrebbe altresì escludere il successivo incardinarsi di una competenza del collegio a valutare in via definitiva la posizione del soggetto. Non dal ‘dentro’ al ‘fuori’ ma in direzione opposta. Né vengono a supporto della procedura atipica recentemente introdotta, il pur variegato panorama dei modelli procedimentali, più o meno semplificati, previsti dinanzi alla magistratura di sorveglianza. Il magistrato di sorveglianza di Spoleto ripercorre le discipline dei riti con profili semplificatori reclamo ex art. 35- bis o.p. procedimento semplificato previsto nell’ultima parte dell’art. 678 o quelli di sospensione delle misure alternative in caso di sopravvenienza di nuovi titoli esecutivi di cui all’art. 51- bis o.p. . Ne è un brillante paragone la procedura per concedere la liberazione anticipata che riguarda solo la riduzione del quantum della pena detentiva ma – per usare le penna del giudice remittente – il drammatico nuovo cambiamento nelle modalità di esecuzione della pena, che per altro non induce dal dentro” al fuori”, ma in direzione opposta . La violazione di applicazione norme di carattere sostanziale retroattive in peius. Anche perché – come affermato con forza dalla storica sentenza n. 32 del 2020 della Consulta – tra il fuori e il dentro la differenza è radicale . Sotto tale profilo, anche se non sollevata nell’odierna ordinanza, altri giudici di sorveglianza verosimilmente rileveranno anche la violazione della irretroattività della legge penale più sfavorevole art. 25 comma 2 Cost. in quanto le nuove norme si applicano ‘a ritroso’ alle scarcerazioni disposte dal 23 febbraio 2020. In questo caso, il giudice di sorveglianza remittente non ha percorso tale ulteriore sentiero di possibile incostituzionalità pur accennando alla differenza tra il dentro e il fuori. L’ha soltanto agganciata quale quid pluris della violazione del diritto di difesa. Il dentro e il fuori ‘a fortiori’ nella fase esecutiva. Vero è che la Corte costituzionale nella sentenza n. 32 del 2020 ha agganciato l’irretroattività al fatto di reato, ma è evidente che tale logica ‘tra il dentro e il fuori’ vale anche, a fortiori, per la fase esecutiva. Occorre compiere questo ulteriore passaggio di garanzia il legislatore non può cambiare le carte in tavola qualora non piaccia l’applicazione di norme di contenuto sostanziale che dispongano la scarcerazione peraltro per ragioni legate alla salute che trova fondamentale presidio costituzionale nell’art. 32 Cost. . Le norme introdotte varranno solo per le scarcerazioni” successive. Il corollario della legalità penale della irretroattività vale proprio per salvaguardare l’individuo dagli abusi dello stesso potere legislativo Il campo della revoca delle misure alternative è quello in cui occorre la pienezza del contraddittorio. Il giudice a quo ricorda come l’ambito della revoca delle misure alternative è proprio quello in cui la pienezza del contraddittorio, come confermato, in una prospettiva naufragata de iure contendo che oggi si auspica, in attesa della pronuncia della Consulta, de iure condito della legge delega Orlando n. 103/2017, che all’art. 85 comma 1, escludeva la revoca delle misure alternative dal novero della semplificazione delle procedure di sorveglianza. Innesto di una ‘costante’ fase interinale ma con una revoca ‘stabile’. L’assoluta aticipicità della proceduta di nuovo conio viene ben evidenziate dal giudice remittente che allo schema ordinario fase interinale del magistrato di sorveglianza inaudita altera parte e quella definitiva nel pieno contraddittorio delle parti dinanzi all’organo collegiale prevede che ad una fase provvisoria si innesta una ulteriore nuova fase – dai tratti urgenti dubbi – in una sequenza che ha già attraversato una fase interinale avente ad oggetto la concessione di una misura di sospensione dell’esecuzione della pena, anche nelle forme della detenzione domiciliare umanitaria, che avrebbe trovato il suo naturale sbocco nella successiva fase, a contraddittorio pieno, dinanzi al tribunale di sorveglianza, con salvezza delle sue conseguenze, in senso reiettivo o concessivo, sino a quel momento. Anche se non lo si considera definitivo, i profili di incostituzionalità permangono. Nella inedita procedura prevista dal d.l. 29/2020 alla fase interinale, se ne innesta un’altra in cui viene coinvolta solo la parte pubblica, senza possibilità di replica della controparte, che sfocia in un provvedimento che sembra caratterizzato da definitività, con vanificazione della fase collegiale. Anche se non lo si considera definitivo – continua il magistrato remittente – avremo invece un provvedimento che ha inciso sulla libertà personale nella sua massima compressione possibile che rimane ‘stabile’ per tutto il periodo dei 60 giorni termine peraltro acceleratorio ma non perentorio! con confusione del petitum della valutazione collegiale che non si comprende se abbracci anche l’originaria scarcerazione . Violato dunque il diritto di difesa Le evidenziate criticità comportano per il giudice a quo un vulnus al diritto di difesa tecnica e al contraddittorio nella parità delle parti che sono particolarmente gravi se rapportate ad un procedimento di rivalutazione che può portare alla revoca di misura extramuraria concessa per motivi di salute e al rientro in carcere. e l’irragionevolezza sotto vari profili. Per l’ufficio di sorveglianza di Spoleto si apprezza la violazione dell’art. 3 Cost. in quanto il condannato finisce per subire una defaticante rivalutazione soltanto in base ad un dato casuale che sia intervenuta o meno la decisione definitiva del Tribunale di sorveglianza. Per la verità tale profilo, sicuramente corretto, sembra da aggiungere un altro profilo di incostituzionalità dell’art. 2 con riferimento alle decisioni del tribunale di sorveglianza. Anche con riferimento alla costante rivalutazione del Tribunale di sorveglianza. Tralasciando all’uopo le considerazioni sulle alterazioni sistemiche che vede innestarsi un ‘neo’ procedimento interinale dopo una decisione definitiva del tribunale di sorveglianza , cosa succede se il tribunale di sorveglianza aveva concesso la detenzione domiciliare in surroga e successivamente, a seguito della costante rivalutazione, invece disponga la revoca della stessa? Poiché tale decisione è immediatamente esecutiva, malgrado il ricorso per cassazione magari già presentato medio tempore dalla Procura avverso la decisione ‘definitiva’ dell’organo collegiale di concessione della misura alternativa, da questo punto di vista l’innesto di un meccanismo di immediata esecutività crea dei problemi di costituzionalità soprattutto a fronte di una valutazione di contenuto opposto già disposta in precedenza dallo stesso tribunale di sorveglianza. Perimetro soggettivo incostituzionale. La platea dei destinatari della farraginosa procedura di nuovo conio è più ristretta dai condannati 4- bis . Tale selezione di destinatari fa dubitare il giudice a quo della ragionevolezza dell’art. 2 d.l. 29/2020 in un procedimento meno garantito e fortemente orientato verso il ripristino della detenzione, attribuendo alla presunzione di speciale pericolosità derivante dalla commissione di un certo reato in ambito che peraltro non concerne il trattamento, ma la tutela del diritto fondamentale di salute ex art. 32 Cost. e alla umanità delle pene ex art. 27 comma 3 una portata che finisce per travalicare il giudizio in concreto già compiuto sul punto, in modo individualizzato, nel provvedimento provvisorio emesso dal magistrato di sorveglianza . Superfluo aggiungere altro Clicca qui per consultare la sezione dedicata al decreto Coronavirus

Ufficio di Sorveglianza di Spoleto, ordinanza 26 maggio 2020, n. 1380 Magistrato di sorveglianza Gianfilippi rilevato che, ai sensi dell'art. 2 D.L. 10.05.2020 n. 29, è iscritto procedimento relativo a omissis , nato a omissis già ristretto presso la Casa Circondariale di Terni, in esecuzione della pena di cui alla sentenza Corte Appello Napoli 30.10.2014, irrevocabile il 21.07.2017, per anni 5 di reclusione, per la rivalutazione del provvedimento con il quale il magistrato di sorveglianza di Spoleto gli ha provvisoriamente concesso la detenzione domiciliare di cui all'art. 47 ter comma 1 ter ord. penit., surrogatoria della sospensione della pena di cui all'art. 147 cod. pen. decorrenza pena 23.07.2017 fine pena 28.06.2021 tenuto conto della liberazione anticipata concessagli e della fungibilità riconosciutagli vista la documentazione in atti acquisito il parere del Procuratore Distrettuale antimafia di Napoli Osserva Con provvedimento in data 21.03.2020 il magistrato di sorveglianza di Spoleto concedeva provvisoriamente al omissis la sospensione della pena ex art. 147 cod. pen. nelle forme di cui alla detenzione domiciliare ex art. 47 ter comma 1 ter ord. penit., secondo le disposizioni contenute negli art. 684 cod. proc. pen. e 47 ter comma 1 quater ord. penit. come novellato con D.L. 146/2013, poi convertito il L. 21 febbraio 2014, n. 10 . Nelle motivazioni di quel provvedimento si leggono i seguenti elementi omissis espia la pena in relazione ad una condanna per associazione a delinquere di stampo mafioso con condotte realizzate tra il 1998 ed il 1999, per la quale gli sono stati comminati anni 5 di reclusione. Segnatamente, è attestata la sua partecipazione ad un gruppo camorristico denominato clan omissis a marcata connotazione familiare. Il ruolo ricoperto dall'interessato è descritto come di primo piano, quale braccio destro di omissis , in particolare nel settore della esazione di tangenti, predisposizione degli stipendi agli associati e verifica dell'afflusso dei proventi illeciti nelle casse del grappo. Le sue condizioni di salute sono state più volte valutate dalla competente magistratura di sorveglianza, sino al provvedimento di marzo 2020, con giudizio di compatibilità con la prosecuzione dell'espiazione pena in carcere, pur rilevandosene la gravità, ma evidenziandosi pure la possibilità di fare accesso ai presidi sanitari anche sul territorio mediante autorizzazioni ex art. 11 ord. penit. Nelle relazioni sanitarie pervenute per la valutazione sul differimento della pena di marzo scorso si legge che il detenuto è affetto da esiti di trapianto di omissis per omissis , in buon riscontro clinico ma con necessità di continuare il trattamento con immunosoppressore e immunoglobuline anti-HBV, omissis , portatore omissis per tensione arteriosa sistemica. A novembre 2019 risultava sottoposto a visita dermatologica per pregresso epitelioma vasocellulare superficiale alla coscia destra, già curato con terapia farmacologica in grado di far regredire la lesione, mentre si procedeva ad asportazione con crioterapia di una cheratosi seborroica del torace. Con l'ultima relazione sanitaria del 20.03.2020, il responsabile medico affermava che il condannato, pur non presentando situazioni di attuale incompatibilità con il regime carcerario, in considerazione delle patologie da cui è affetto, in particolare l'immunodeficienza, potrebbe essere particolarmente a rischio in caso di contagio da COVID19. Nella sua istanza la difesa chiedeva in quella sede un provvedimento urgente, anche ricordando la pendenza presso il Tribunale di sorveglianza di Perugia di un procedimento per l'eventuale differimento della pena rinviato per l'effettuazione di perizia, che l'emergenza sanitaria in corso impediva di ultimare in tempi brevi, attese le restrizioni all'ingresso' di tutti gli esterni al penitenziario per ridurre il rischio di diffusione del contagio, e comunque evidenziandosi i tempi lunghi di attesa, incompatibili con l'emergenza. In atti era inoltre pervenuta nota dell'area trattamentale che documentava come il condannato, di anni 66, ristretto nella sezione Alta Sicurezza 3 dell'istituto penitenziario, mantenesse buona condotta, seppur limitata dalle condizioni patologiche che vive. Si allegavano riferimenti anche al coeso nucleo familiare, che lo ha sempre supportato nel corso della detenzione. Veniva indicata la disponibilità domiciliare della moglie dell'interessato, omissis , in omissis . I Carabinieri di omissis attestavano l'idoneità del domicilio, anche dal punto di vista della sorvegliabilità da parte delle forze dell'ordine preposte ai controlli e confermavano la disponibilità della congiunta e della famiglia a dargli ospitalità. I familiari, aggiungevano le forze dell'ordine, sono immuni da precedenti o pendenze penali. In ulteriori note di p.s., pure in atti in relazione a pregresse decisioni, ne veniva evidenziata la pericolosità sociale deducibile dal reato commesso e dal carisma esercitato in passato dal fratello, esponente della locale criminalità organizzata, ma si aggiungeva pure che, pur non potendosi escludere in relazione al curriculum criminale, non erano in atti elementi per dedurne collegamenti attuali con la criminalità organizzata. In altra nota si diceva che la compagine di appartenenza risultava disfatta a seguito di arresti e collaborazioni con la giustizia, anche se alcuni componenti erano stati attinti da ordinanze di custodia cautelare ancora nel 2014. Sulla base del descritto compendio istruttorio il magistrato di sorveglianza disponeva, per come già ricordato, la detenzione domiciliare surrogatoria della sospensione dell'esecuzione della pena per gravi motivi di salute, con la seguente motivazione tenuto conto delle informazioni pervenute dall'area sanitaria di Terni, nonché della sussistenza dell'emergenza epidemiologica legata al COVID19, appare a questo magistrato di sorveglianza che sia necessario disporre il differimento facoltativo della pena in favore del omissis , almeno per il tempo dell'emergenza sanitaria e fino a valutazione del competente Tribunale di sorveglianza, in presenza di condannato con patologie gravi e necessitanti costanti contatti con le aree sanitarie territoriali per tenere sotto controllo i valori relativi, che allo stato appare, per come evincibile dall'ultima relazione sanitaria pervenuta il 20.03.2020, particolarmente a rischio per la condizione di immunodeficienza collegata al trapianto omissis nel caso auspicabilmente scongiurato di una diffusione del COVID19 nel contesto penitenziario. D'altra parte l'interessato è ristretto in sezione detentiva dove è difficile mantenere il distanziamento sociale richiesto dalle disposizioni emanate per la prevenzione del contagio e rispetto ai contatti con le aree sanitarie esterne vede inevitabilmente ridotta la possibilità di farvi accesso, è inoltre dato drammaticamente noto che l'incidenza sugli adulti ultrasessantacinquenni come l'interessato , di tale epidemia è negativa, ove all'età si associno alcune delle patologie da cui il omissis è affetto. La misura ha avuto regolarmente, inizio e sono pervenute, anche in occasione dell'odierno procedimento, note dai Carabinieri di omissis che attestano una condotta in tutto corrispondente alle stringenti prescrizioni proprie della misura domiciliare impostagli autorizzato ad allontanarsi dall'abitazione esclusivamente per il tempo strettamente necessario a recarsi presso i presidi sanitari territoriali, con l'accompagnamento di un familiare, dando notizia dell'allontanamento alle forze dell'ordine preposte ai controlli . Il D.L. 10.05.2020 n. 29 ha previsto nel suo art. 2, per quanto qui di interesse, che quando un condannato per uno dei delitti ivi puntualmente indicati, tra i quali 'figura' anche la partecipazione ad associazione a delinquere di stampo mafioso, reato commesso dall'odierno interessato, è ammesso alla detenzione domiciliare o usufruisce del differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, il magistrato di sorveglianza come nel caso di specie o il tribunale di sorveglianza che ha adottato il provvedimento, acquisito il parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui è stato commesso il reato, valuta la permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria entro il termine di quindici giorni dall'adozione del provvedimento e, successivamente, con cadenza mensile. La valutazione è effettuata immediatamente, anche prima della decorrenza dei termini sopra indicati, nel caso in cui il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria comunica la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta adeguati alle condizioni di salute del detenuto o dell'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena. Sotto il profilo istruttorio si precisa che, prima di provvedere l'autorità giudiziaria sente l'autorità sanitaria regionale, in persona del Presidente della Giunta della Regione, sulla situazione sanitaria locale e acquisisce dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria informazioni in ordine all'eventuale disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato o l'internato ammesso alla detenzione domiciliare o ad usufruire del differimento della pena può' riprendere la detenzione o l'internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute. La decisione dell'autorità giudiziaria è assunta sulla base della valutazione relativa alla permanenza dei motivi che hanno giustificato l'adozione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o al differimento di pena, nonché' alla disponibilità di altre strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta idonei ad evitare il pregiudizio per la salute del detenuto. Il provvedimento con cui l'autorità giudiziaria revoca la detenzione domiciliare o il differimento della pena è immediatamente esecutivo. L'art. 5 del D.L. prevede poi alcune disposizioni transitorie, alla luce delle quali la rivalutazione predetta deve essere effettuata anche circa le misure domiciliari già assunte per motivi connessi all'emergenza COVID19 a far data dal 23.02.2020, con decorrenza dei quindici giorni per la prima rivalutazione dal giorno dell'entrata in vigore del decreto legge, avvenuta l'11.05.2020. Considerati i già succinti contenuti del provvedimento di detenzione domiciliare surrogatoria concessa al omissis , nonché della data di emissione, il magistrato di sorveglianza di Spoleto ha dunque proceduto alle richieste istruttorie ai fini, dell'odierna rivalutazione, mediante l'acquisizione di una relazione sanitaria aggiornata richiesta per il tramite dei Carabinieri di omissis luogo dove si è stabilito in misura il condannato, di una nota sull'attuale condizione epidemiologica in Umbria presso la Regione, interpretata la disposizione di cui all'art. 2 D.L. 29/2020 come riferibile al luogo nel quale l'interessato era ristretto, ed ove, in mancanza di diverse proposte del Dap, potrebbe essere ricollocato in caso di eventuale revoca del provvedimento, di una nota dal Dap sui contenuti richiesti dalla disposizione normativa, ed infine mediante acquisizione di parere da parte della Procura Distrettuale antimafia competente, cui è stata fatta pervenire la documentazione in precedenza acquisita, ai fini della elaborazione di un atto motivato, effettivamente poi trasmesso all'ufficio di sorveglianza. Il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con nota pervenuta il 20.05.2020, ha attestato che l'interessato, secondo il sanitario del Dipartimento, è persona in buone condizioni di salute, ma comunque ad elevato rischio di contagio quale trapiantato di fegato. Per questi motivi, in caso di ripristino della detenzione, dovrebbe essere allocato in una struttura dotata di SAI Assistenza Intensiva per assicurargli un ambiente maggiormente controllato dal punto di vista igienico. Non può però, si aggiunge, indicarsi anticipatamente con precisione il luogo, poiché le presenze in tali istituti variano continuamente. La Procura Distrettuale antimafia, informata mediante due successivi invii dei contenuti istruttori raccolti, ha fatto pervenire, in data 25.05.2020, parere contrario alla protrazione della misura domiciliare, corredandolo di ampia nota nella quale afferma di non poter esprimere un giudizio positivo di prognosi circa il pericolo di reiterazione di reati, descrivendo il omissis come persona certamente pericolosa, che ha avuto un ruolo di rilievo in un gruppo criminale estremamente radicato nel territorio di cui trattasi e che, pur avendo visto molti suoi componenti originari tratti in arresto, si è continuamente e sino a data recente rigenerato. Circa i rischi da COVID 19, la DDA aggiunge di aver richiesto alla Casa Circondariale di Terni opportune informazioni, acquisendole con nota effettivamente poi pervenutale dall'istituto penitenziario, che le consente di affermare che, seppur il omissis ha condiviso la stanza a Terni con altri detenuti, tuttavia nell'istituto penitenziario in oggetto sono state adottate opportune misure di protezione e non si sono ad oggi riscontrati casi di positività né tra il personale né tra la popolazione detenuta. Dato atto dell'istruttoria documentale che è stato necessario effettuare, il magistrato di sorveglianza ritiene di dover sollevare questioni di legittimità costituzionale relative alla disciplina della rivalutazione periodica frequente della detenzione domiciliare concessa a particolari categorie di condannati ex art. 47 ter comma 1 ter ord. penit. per motivi connessi all'emergenza COVID19, come contenuta nell'art. 2 del D.L. 10.05.2020 n. 29. In punto di rilevanza appare sufficiente richiamarsi alla ricostruzione della vicenda del omissis , per come sopra succinta, aggiungendo che allo scadere in data odierna del quindicesimo giorno dall'entrata in vigore del descritto testo normativo, è richiesto al magistrato di sorveglianza di effettuare la rivalutazione della concessione della misura domiciliare, avendo compiuto le richieste istruttorie predette e previa adeguata considerazione del parere negativo sulla persistenza delle ragioni della concessione pervenuto dalla Procura Distrettuale competente. E' dunque questa la sede in cui il magistrato di sorveglianza è chiamato a decidere in ordine alla rivalutazione prevista e deve perciò sollevare questione di legittimità costituzionale, che ritiene non manifestamente infondata, dinanzi al Giudice delle leggi, dell'art. 2 del D.L. 29/2020 nella parte in cui, onerando il magistrato di sorveglianza della rivalutazione, prevede un procedimento senza spazi di adeguato formale coinvolgimento della difesa tecnica dell'interessato, senza alcuna comunicazione formale dell'apertura del procedimento e con una conseguente carenza assoluta di contraddittorio, rispetto alla parte pubblica, qui rappresentata in modo inedito dal Procuratore Distrettuale antimafia individuato in relazione al luogo del commesso reato, che deve fornire un obbligatorio, seppur non vincolante, parere sulla permanenza dei presupposti di concessione della misura. La descritta procedura appare censurabile ai sensi degli art. 24 comma 2 e 111 comma 2 Cost., in particolare appunto poiché si svolge senza adeguato coinvolgimento della difesa e senza il necessario contradditorio delle parti in condizioni di parità. Occorre premettere che il provvedimento che oggi si è chiamati a rivalutare è stato assunto dal magistrato di sorveglianza ai sensi dell'art. 684 cod. proc. pen. in via provvisoria, in attesa che si pronunci sul differimento della pena, e la concessione eventuale della detenzione domiciliare, il competente Tribunale di sorveglianza. Il provvedimento ha dunque, secondo la ricostruzione offerta pacificamente in dottrina, natura interinale ed urgente, giustificata dalla necessità di garantire la più rapida tutela del diritto fondamentale alla salute, in attesa dei più lunghi tempi di fissazione dell'udienza dinanzi al Collegio. Ne risultano derogate, mediante un procedimento caratterizzato da marcati tratti di atipicità, le forme normalmente previste per il procedimento di sorveglianza dagli art. 666 e 678 cod. proc. pen., che tuttavia contraddistinguono la procedura che successivamente si svolge dinanzi al Tribunale di sorveglianza. Il magistrato di sorveglianza, apprezzata la sussistenza di un fumus boni iuris in ordine alla sussistenza dei presupposti perché il tribunale disponga il rinvio, nonché di un periculum in mora per la salute dell'interessato nella protrazione dello stato detentivo, provvede de plano, senza il coinvolgimento del pubblico ministero e neppure della difesa, che tuttavia può aver avviato, e ordinariamente avvia anche se è prevista la possibilità di una iniziativa officiosa , il procedimento mediante l'istanza, cui è allegata la documentazione che ritiene utile. La sede per il ripristino di un contradditorio pieno, garantito dalle disposizioni tipiche del procedimento di sorveglianza, è quella dell'udienza dinanzi al tribunale di sorveglianza, che segue necessariamente quella provvisoria, mentre il provvedimento conserva effetti fino a quella decisione, senza che il legislatore abbia imposto con l'art. 684 cod. proc. pen. al tribunale un termine acceleratorio, entro il quale provvedere, a prescindere dall'esito eventualmente liberatorio della pronuncia interinale. Si ritiene tuttavia che, in relazione alla istanza di detenzione domiciliare surrogatoria, possa trovare applicazione il richiamo contenuto nell'art. 47 ter comma 1 quater alle disposizioni di cui all'art. 47 comma 4 ord. penit. in quanto compatibili, e tra esse la previsione di un termine acceleratorio, ma meramente ordinatorio, di sessanta giorni dall'emissione del provvedimento provvisorio, che comunque non perde efficacia fino alla decisione del tribunale di sorveglianza anche se la pronuncia giunga tardivamente. Le caratteristiche peculiari del procedimento urgente dinanzi al magistrato di sorveglianza e la natura interinale dello stesso giustificano anche l'assenza di previsti mezzi di impugnazione del provvedimento emesso, poiché la sede per il più ampio apprezzamento delle ragioni delle parti è considerata il procedimento che si avvia, ai sensi e con le modalità previste dagli art. 666 e 678 cod. proc. pen., dinanzi al Collegio. E' quella la fase nella quale si assiste al ripristino pieno del contradditorio nella parità delle parti. Il procedimento per la rivalutazione frequente dei provvedimenti di differimento della pena, introdotto con il di. 10 maggio 2020 n. 29, presenta tratti di marcata differenza rispetto a quelli sin qui descritti. E' infatti previsto che sia il magistrato di sorveglianza ad iscriverlo d'ufficio, ad acquisire l'istruttoria per come descritta, ed infine a trasmetterla per il parere sulla persistenza delle ragioni giustificative del differimento o della misura domiciliare alle competenti DDA e, nel solo caso di detenuti ristretti in regime differenziato in peius di cui all'art. 41 bis ord. penit., alla DNA. Il provvedimento di revoca, eventualmente emesso, è immediatamente esecutivo. La competenza del magistrato di sorveglianza a rivalutare il proprio provvedimento concessivo permane, all'evidenza, sino a che il tribunale di sorveglianza non provveda in via definitiva e, ove sopravvenga la revoca del provvedimento interinale, non è precisato se si incardini la competenza del Collegio e l'uso dell'espressione revoca sembrerebbe deporre, per la verità, in senso negativo. Se tuttavia si dovesse ritenere percorribile una soluzione affermativa, per uniformità con l'ipotesi di rigetto di un provvedimento provvisorio favorevole, allora il Collegio sarebbe chiamato a pronunciarsi, ma ancora una volta in tempi tutt'altro che esigui sessanta giorni , e comunque senza il presidio di un'eventuale perdita di efficacia della revoca se il provvedimento non intervenisse, a fronte dell'immediato reingresso in carcere da parte del soggetto, che aveva ottenuto per gravi motivi di salute una misura domiciliare. Dalla descrizione dei passaggi essenziali della procedura, per come sin qui riassunti, emerge all'evidenza l'assenza, che in tal senso non appare ragionevole, di qualsiasi formale coinvolgimento della difesa dell'interessato, nonostante dalla decisione del magistrato di sorveglianza derivi l'eventuale ripristino della massima privazione della libertà rappresentata dal rientro in carcere, per altro di una persona affetta da rilevanti, patologie e già destinataria di una misura volta essenzialmente alla tutela del diritto alla salute art. 32 Cost. e ad una detenzione conforme al senso di umanità art. 27 comma 3 Cost. Innanzitutto non è previsto che sia comunicata alla parte l'instaurazione del procedimento. Nel procedimento di rivalutazione, poi, in assenza di un atto introduttivo di parte cfr. cass. 5 novembre 2013 n. 269 , potrebbe persino dubitarsi della legittimazione di quest'ultima o della sua difesa a produrre memorie e documentazione, tenuto conto della prevista assunzione della decisione senza formalità, de plano e non con lo schema minimale della camera di consiglio. Anche volendo ammetterla tuttavia, come avvenuto nel caso di specie, in cui al fascicolo è stata acquisita memoria del difensore nominato nel procedimento ex art. 684 cod. proc. pen. già concluso dinanzi al magistrato di sorveglianza, che ha trasmesso gli atti al tribunale di sorveglianza compente per la decisione definitiva , in cui si ribadisce la necessità di una misura domiciliare per consentire all'assistito di curarsi e si ricorda l'inadeguatezza della presa in carico da parte dell'area sanitaria di Terni, la stessa è assolutamente all'oscuro degli elementi essenziali, acquisiti mediante l'istruttoria, e sui quali verterà il giudizio. Non è infatti previsto che alla difesa sia data contezza dei risultati istruttori e la stessa è privata della facoltà di confrontarsi con i contenuti delle note pervenute non può ad esempio sapere dove il DAP ritenga che cure adeguate possano essere svolte in favore dell'assistito, ed in qual modo. Non può verificare se queste cure siano le stesse che i medici dell'interessato considerano efficaci e risolutive. Non può confrontarle con quelle che, in ipotesi, abbia già intrapreso durante il periodo trascorso in detenzione domiciliare. Non può, soprattutto, prendere atto dei contenuti del parere della parte pubblica, che invece ha potuto leggere l'intera istruttoria pervenuta e svolgere autonomi approfondimenti istruttori come avvenuto nel caso di specie, ad esempio mediante nota richiesta direttamente dalla DDA alla Casa Circondariale di Terni , e fornire al magistrato di sorveglianza le proprie repliche. L'intervento della Procura, mediante il suo parere, ed in assenza di una piena interlocuzione con la difesa dell'interessato, appare contraddistinguere della più marcata atipicità la procedura, tanto da non avere eguali nel pur variegato panorama di modelli procedimentali, più o meno semplificati, previsti dinanzi alla magistratura di sorveglianza. Potrebbe in tal senso richiamarsi il procedimento in materia di liberazione anticipata ex art. 69 bis ord. penit, in cui è comunque prevista una decisione in camera di consiglio, ma senza la presenza delle parti e con richiesta di parere al pubblico ministero, parere che però può non essere atteso ulteriormente, se non interviene entro quindici giorni dalla richiesta. Non a caso furono sollevati dubbi su tale rito semplificato, introdotto dall'art. 1, comma 2, della legge 19 dicembre 2002, n. 277, dinanzi alla Corte Costituzionale, che li ha sciolti con ordinanze di manifesta infondatezza delle questioni, evidenziando sostanzialmente che la descritta carenza di contraddittorio, o meglio il sacrificio del diritto di difesa dell'interessato, doveva considerarsi, a fronte di una successiva fase, seppur eventuale, di reclamo a contraddittorio pieno, compatibile con il principio di cui all'art. 24 comma 2 Cost. poiché rispondente ad esigenze di snellimento procedurale fortemente sentite nella prassi, tenuto conto anche dell'elevato numero delle istanze di cui si discute , a fronte di una istanza di parte che avvia il procedimento e comunque di un numero molto elevato di accoglimenti cfr. ord. 5 dicembre 2003 n. 352 . Soprattutto, i giudici della Consulta riconoscevano che il procedimento avesse un oggetto peculiare traducendosi in una mera riduzione quantitativa della pena, finalizzata a premiare” il condannato che abbia dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione, cui non si accompagna alcun regime alternativo” a quello carcerario cfr. ord. 19 luglio 2005 n. 291 . Sembra dunque che nel caso che ci occupa i rilievi fatti propri dalla Corte Costituzionale per escludere una incompatibilità della disposizione con il diritto di difesa non trovino spazio in questa sede, sia perché il procedimento di rivalutazione ex D.L. 29/2020 non interviene a istanza di parte, ed anzi senza alcun avviso alla stessa, sia perché le richieste istruttorie previste, restringendo il campo della valutazione del magistrato di sorveglianza alla sussistenza di una struttura penitenziaria o di un reparto di medicina protetta in cui possa riprendere l'esecuzione penale intramuraria dell'interessato senza pregiudizio per la sua salute, sollecita evidentemente verso la revoca, incidendo in senso restrittivo rispetto al perimetro valutativo e al giudizio di bilanciamento sotteso al disposto dell'art. 147 cod. pen., sia infine perché in questione non è una mera mutazione favorevole del quantum di pena, come premio di una condotta partecipativa, ma un drammatico nuovo cambiamento nelle modalità di esecuzione della pena, che per altro non conduce dal dentro al fuori , ma in direzione opposta. Proseguendo nella ricognizione dei molteplici riti che, nel susseguirsi delle modifiche normative, possono leggersi nella materia della sorveglianza, si incontrano diversi profili semplificatori, a volte dettati da esigenze di celerità connesse agli endemici problemi di sovraffollamento ed alle difficoltà dei tribunali di sorveglianza a far fronte alla mole di lavoro. Anche se su alcuni di essi la dottrina da tempo discute della compatibilità con i principi costituzionali, tema che esula dall'orizzonte della presente questione, può apprezzarsi come gli stessi presentino sempre caratteri più garantiti del procedimento disegnato dal D.L. 29/2020, in particolare se si controverte de libertate, e salvo forse soltanto quando ci si occupi di questioni che comunque non incidono su quell'area di indefettibile contraddittorio, che è proprio quella delle revoche di misure alternative al carcere. Nell'ambito particolarmente presidiato dal rito di cui agli art. 666 e 678 cod. proc. pen., dopo le novelle che hanno introdotto gli art. 35 bis e ter ord. pen., del procedimento in materia di tutela dei diritti, è previsto ad esempio il meccanismo, per altro assai criticato in dottrina, di cui all'art 666 comma 2. cod. proc. pen. il giudice, a fronte di una richiesta che appaia manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge o perché mera riproposizione di una richiesta già rigettata, provvede de plano alla declaratoria di inammissibilità, sentito solo il pubblico ministero. Tuttavia intanto il provvedimento è qui assunto su impulso della parte e comunque avverso il decreto emesso è proponibile ricorso per cassazione. Inoltre, la S.C. con giurisprudenza consolidata, ha chiarito che le cadenze procedurali previste dall'art. 35-bis ord. pen. e la scelta legislativa del contraddittorio nel doppio grado di merito impongono, perciò, di considerare come la possibilità per il magistrato di sorveglianza di emettere un provvedimento fuori dal modello partecipato sia limitata alla sola eccezione prevista dallo stesso art. 35-bis comma 1 ord. pen. laddove fa salvi i casi di manifesta inammissibilità della richiesta a norma dell'art. 666, comma 2, e soltanto nei casi in cui risulti che la richiesta è manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge ovvero costituisce mera riproposizione di una richiesta già rigettata, basata sui medesimi elementi”, il magistrato di sorveglianza potrà dichiarare con decreto de plano il reclamo inammissibile.” In altri termini, l'esercizio da parte del magistrato di sorveglianza del potere di cui all'art. 666, comma 2, cod. proc. pen. deve essere limitato alle ipotesi in cui la presa d'atto dell'assenza delle condizioni di legge non richieda accertamenti di tipo cognitivo, né valutazioni discrezionali” e la dichiarazione di inammissibilità risulta possibile solo quando facciano difetto nell'istanza i requisiti posti direttamente dalla legge che non implicano alcuna valutazione discrezionale Sez. 1, n. 277 del 13/01/2000, rv. 215368 .” Sicché, onde evitare il pericolo che la ricognizione dei presupposti di ammissibilità della domanda involga una. implicita valutazione del merito con la adozione, di provvedimenti di sostanziale rigetto in assenza della esplicazione del regolare contraddittorio”, la carenza delle condizioni di legge deve essere rilevabile ictu oculi, non deve comportare valutazioni discrezionali, né valutazioni negative fondate su argomentazioni complesse o rese opinabili da possibili differenti ricostruzioni della situazione di fatto posta a base della richiesta”, cass. 16 luglio 2015, n. 876/2016 E più di recente, sempre la Suprema Corte ha affermato che le carenze che sole giustificano l’inammissibilità della domanda debbono risiedere nella palmare evidenza di tali difetti nel senso che il loro accertamento non deve richiedere alcun giudizio di merito e apprezzamento discrezionale, né implicare la soluzione di questioni controverse si confrontino, in linea con l'orientamento qui espresso Sez. 1, n. 35045 del 18/04/2013, Giuffrida, Rv. 257017 Sez. 1, n. 277 del 13/01/2000, Angemi, Rv. 215368 Sez. 1, n. 2058 del 29/03/1996, Silvestri, Rv. 204688 Sez. 3, n. 2886 del 3/11/1994, Sforza, Rv. 200724 . Laddove, invece, non sia rilevabile ietti oculi l'infondatezza della domanda, il decreto di inammissibilità rischierebbe di soppiantare l'ordinanza camerale di rigetto in tutti i casi, anche complessi e delicati, di mancato accoglimento della richiesta, con evidente violazione dei diritti di contraddittorio e di difesa previsti dall'art. 666, commi 3 e 4 cod. proc. pen Le considerazioni implicanti giudizi di merito e apprezzamenti discrezionali non sono consentiti nel provvedimento di inammissibilità, emesso ai sensi dell'art. 666, comma 2, cod. proc. pen. senza fissare l'udienza camerale e, quindi, eludendo il procedimento in contraddittorio previsto dall'art. 666 commi 3 e 4 cod. proc. pen., interamente richiamato dall'art. 35 bis ord. oen. in tema di reclamo proposto a norma dell'art. 69, comma 6, ord. pen cass. 23 marzo 2018 n. 43241 . Dunque assai ristretto rispetto a quello di cui all'istituto oggi in esame è il perimetro minimale in cui un sacrificio del contraddittorio realizzato in forma meramente cartolare, comunque nel confronto tra l'istanza di parte e il parere del p.m. è in tale contesto consentito, limitato ai casi in cui non vi siano da svolgere accertamenti cognitivi di sorta né debbano compiersi valutazioni discrezionali. Anche il rito previsto nell'art. 678 comma 1 ult. parte e comma 1 bis cod. proc. pen., mediante il richiamo all'art. 667 comma 4 cod. proc. pen., appare assai differente, perché è assente il coinvolgimento di entrambe le parti nella prima fase del procedimento, che precede la valutazione de plano, e dunque permane una parità delle armi tra difesa e parte pubblica e perchè le materie sulle quali è consentito alla magistratura di sorveglianza il ricorso a tale procedura semplificata è evidentemente ritagliato sulle fattispecie si vedano ad esempio le ipotesi di differimento della pena ai sensi dell'art. 146 comma 1 n. 1 e 2 in cui il merito della decisione è legato a valutazioni a bassissimo tasso di discrezionalità oppure è largamente maggioritaria una valutazione di segno favorevole si veda l'utilizzabilità del rito semplificato per la valutazione circa la declaratoria di estinzione pena per positivo esito dell'affidamento, che si giustifica in connessione con l'elevatissimo tasso di successo di quella misura alternativa, per la capacità degli affidati di rispettare le prescrizioni ed evitare la recidiva nel reato . Ad ogni modo, per le ipotesi in cui non si pervenga ad una soluzione favorevole all'interessato, vale la regola generale per la quale le ordinanze de plano adottate ai sensi dell'art. 667 comma 4, in assenza della deroga generale prevista nell'art. 666 comma 7 cod. proc. pen., al principio di cui all'art. 588 comma 1 cod. proc. pen., non sono immediatamente esecutive e, in caso di mancata opposizione, lo diventano alla scadenza del termine di quindici giorni previsto dalla seconda parte dell'art. 667 comma 4 cod. proc. pen. cfir. cass. 18 giugno 2015, 36754 . Così non è, con ogni conseguenza in termini di ragionevolezza, tenuto conto della materia sensibilissima di cui si parla, per la revoca del provvedimento concessivo della misura domiciliare per motivi di salute, immediatamente esecutiva, attesa l'espressa previsione contenuta nell'art. 2 D.L. 10 maggio 2020, n. 29. Il rito previsto nell'art. 678 comma 1 ter cod. proc. pen., recentemente introdotto con D.Lgs. 123/2018, in relazione a peculiari ipotesi di valutazione dell'eventuale concessione di misure alternative alla detenzione nei confronti di persone non ristrette in carcere che debbano espiare pene non superiori a diciotto mesi, consente pure l'emissione di una ordinanza provvisoria da parte del magistrato relatore individuato dal Tribunale di sorveglianza, ma ancora una volta l'emissione del provvedimento che solo se concessiva di una misura alternativa al carcere è comunque suscettibile di essere adottato in questa forma semplificata segue una istanza della parte, si riscontra l'assenza di contradditorio nel decidere riferibile alla difesa e alla parte pubblica, ma sono previste opportune successive comunicazioni e termini per proporre l'opposizione, in cui viene ripristinato l'ordinario rito a contraddittorio pieno di cui all'art. 666 comma 4 cod. proc. pen., con esecuzione sospesa dell'ordinanza fino alla pronuncia sulla stessa da parte del tribunale di sorveglianza, con il rito pienamente garantito. La decisione inaudita attera parte ai sensi dell'art. 51 bis ord. pen. in presenza di sopravvenuti nuovi titoli di privazione della libertà sembra trovare giustificazione nella mera valutazione aritmetica che il magistrato di sorveglianza deve compiere, su richiesta del pubblico ministero, tenuto conto del cumulo delle pene sopravvenuto, circa la permanenza delle condizioni di applicabilità della misura in esecuzione, e dunque anche in questo caso con un quasi inesistente tasso di discrezionalità residua. La procedura ai sensi dell'art. 51 ter ord. pen. rubricato sospensione cautelativa delle misure alternative è rivolta ai casi in cui la persona in misura alternativa ponga in essere comportamenti suscettibili di determinarne la revoca e prevede, per altro, per come costruita all'esito della novellazione avvenuta con il D.Lgs. 123/2018 che in tali casi il magistrato di sorveglianza dia comunicazione al tribunale di sorveglianza affinché decida, nel contradditorio delle parti, sulla prosecuzione, sostituzione o revoca della misura. Soltanto eventualmente, e residualmente, si direbbe, può essere disposta, con decreto motivato, la provvisoria sospensione della misura alternativa e ordinato l'accompagnamento in istituto del trasgressore, ma con provvedimento che comunque perde efficacia se la decisione del tribunale non interviene entro trenta giorni dalla ricezione degli atti. Si apprezza in questi casi residuali, dunque, da un lato la necessità particolarmente spiccata di una azione urgente da parte del magistrato di sorveglianza, in correlazione con comportamenti del tutto incompatibili con la prosecuzione della misura posti in essere dal condannato, l'assenza di interventi della parte privata e di quella pubblica, in parità, prima del provvedimento di eventuale sospensione, e comunque l'imposizione di uno stringente termine acceleratorio per la valutazione, nel pieno contraddittorio delle parti, dinanzi al Tribunale di sorveglianza, il cui mancato rispetto comporta la perdita di efficacia del provvedimento di sospensione emesso. Non a caso, per altro, il legislatore utilizza la nozione di sospensione, che rinvia alla natura interinale del provvedimento, in attesa del pieno ripristino del contraddittorio, e che è ben diversa da quella utilizzata nell'art. 2 del D.L. 29/2020, in cui si parla di revoca e che del carattere di quest'ultima ha una certa stabilità senza garanzie di un sollecito, immancabile, sversarsi nella valutazione del tribunale di sorveglianza. D'altra parte il campo delle revoche di misure alternative alla detezione è proprio quello in cui ia pienezza dei contraddittorio appare caratteristica indefettibile. Lo si evince, ancora una volta, da ultimo, dalle indicazioni contenute nella legge delega 23 giugno 2017, n. 103, nella parte in cui, nell'art. 1 comma 85, indirizzava gli interventi di modifica dell'ordinamento penitenziario, poi solo in parte attuati anche per come sopra significativamente ricordato, prevedendo che si approntasse una semplificazione delle procedure, anche con la previsione del contraddittorio differito ed eventuale, per le decisioni di competenza del magistrato e del Tribunale di sorveglianza, fatta eccezione per quelle relative alla revoca delle misure alternative alla detenzione . Per queste ultime la garanzia fornita dalla valutazione operata esclusivamente dal Tribunale di sorveglianza è infatti sia connessa alla collegialità del giudicante, con la sua più ampia e ponderata capacità di apprezzamento, sia determinata dallo spazio pieno che vi trova il contraddittorio nella parità delle parti e innanzitutto, il ruolo indefettibile della difesa, presidiato dal rito di cui agli art. 666 e 678 eod proc. pen. e dalla nullità assoluta che interviene a fulminare il provvedimento assunto in presenza di vicende patologiche che l'abbiano in qualche modo compromesso cfr., tra le altre, cass. 24 settembre 2018, n. 50475 e cass. 18 settembre 2019 n. 43854 . Dalla disamina di queste differenti ipotesi emerge l'assoluta atipicità della procedura oggi disegnata dal D.L. 10 maggio 2020 n. 29, che per altro dispiega i suoi effetti anche retroattivamente, per quanto impone l'art. 5 disposizioni transitorie . Ne deriva che un condannato per particolari tipologie di reati che, come l'odierno interessato, abbia ottenuto un provvedimento di sospensione dell'esecuzione della pena nelle forme della detenzione domiciliare per gravi motivi di salute connessi all'emergenza sanitaria COVID19, e che sia stato perciò reimmesso in luogo esterno di cura o presso la propria abitazione, ritenuti luoghi idonei alla miglior cura delle proprie condizioni patologiche, possa oggi vedersi revocato il provvedimento accordato, senza essere stato neppure formalmente informato dell'apertura di questo procedimento, che deriva da una disposizione normativa sopravvenuta alla sua fuoriuscita dal carcere e che sconvolge la prospettiva descritta nel provvedimento concessivo del magistrato di sorveglianza. Il provvedimento provvisorio di concessione prevedeva infatti espressamente che la sua posizione sarebbe stata rivalutata, ed eventualmente confermata, dinanzi al Tribunale di sorveglianza nel pieno contraddittorio delle parti. Oggi invece, con l'odierno procedimento, una rivalutazione avviene senza che lui stesso e la sua difesa abbiano preso cognizione dei contenuti istruttori raccolti e soprattutto dei parere obbligatorio richiesto alla Procura distrettuale antimafia, e senza averpotuto adeguatamente interloquire in modo conseguente. Non ignora il magistrato di sorveglianza rimettente l'insegnamento della Corte Costituzionale relativo alla piena compatibilità con il diritto di difesa dei modelli processuali a contraddittorio eventuale e differito caratterizzati cioè in ossequio a criteri di economia processuale e di massima speditezza da una decisione de plano seguita da una fase a contraddittorio pieno cfr., in questo senso, ex plurimis, ordinanze n. 292 del 2004 n. 257, n. 132, n. 131 e n. 32 del 2003 e ciò conformemente al consolidato principio per cui il diritto di difesa può essere regolato in modo diverso, onde adattarlo alle esigenze ed alle specifiche caratteristiche dei singoli procedimenti, purché di tale diritto siano assicurati lo scopo e la funzione cfr. ord. 19 luglio 2005, n. 291 . Nel caso di specie tuttavia si apprezza l'innesto di una Ulteriore nuova fase, per altro dai tratti urgenti e provvisori dubbi, in una sequenza che ha già attraversato una fase interinale del procedimento avente ad oggetto la concessione di una misura di sospensione dell'esecuzione della pena, anche nelle forme della detenzione domiciliare ex art. 47 ter comma 1 ter ord. penit, e che avrebbe trovato il suo naturale sbocco nella successiva fase, a contraddittorio pieno, dinanzi al tribunale di sorveglianza, con salvezza delle sue conseguenze, in senso reiettivo o concessivo, sino a quel momento. Questa fase di nuova introduzione, in cui fa accesso, per la prima volta, con un suo parere obbligatorio, la parte pubblica, senza alcuna possibilità di replica della controparte, sfocia in un provvedimento che sembra persino caratterizzato da stabilità, portando il nome di revoca del provvedimento inizialmente emesso, invece che di sospensione, e che ha in ogni caso l'effetto dirompente di ricondurre in vinculis il condannato, che era stato ammesso alla misura extramuraria. Tale quadro mostra elementi di carente tutela, sol che si riporti alla mente che, anche a voler estendere a tale revoca la garanzia di un passaggio obbligatorio dinanzi al Tribunale di sorveglianza, in analogia con quanto previsto per la pronuncia emessa ex art. 684 cod. proc. pen., ciò avviene in un tempo lungo sessanta giorni, ove applicabile il termine richiamato dagli art. 47 ter comma 1 quater e 47 comma 4 ord. penit. è senza che il provvedimento che ha inciso la libertà personale subisca alcuna inefficacia, ove tale tempistica non sia rispettata. E ciò senza aggiungere che assai dubbio finisce per diventare l'oggetto della valutazione collegiale, chiamata ad abbracciare tanto l'iniziale provvisoria concessione della misura, quanto la sua revoca. Tali criticità, costituzionalmente rilevanti alla luce degli art. 24 comma 2 e 111 comma 2 Cost., sembrano configurare vulnera al diritto alla difesa tecnica ed al principio del contraddittorio nella parità delle parti imposti perché si configuri un giusto processo, non ragionevoli e particolarmente gravi perché ciò accade in relazione ad un procedimento di rivalutazione che può condurre alla revoca di una misura extramuraria concessa per motivi di salute ed al ripristino della privazione della libertà in carcere. Se ciò determina dunque dubbi di costituzionalità che il rimettente non può che sottoporre al vaglio del Giudice delle leggi, e che si pongono anche rispetto a provvedimenti di provvisoria concessione della misura domiciliare concessi dal magistrato di sorveglianza a partire dall'entrata in vigore del decreto legge, l'11 maggio 2020, per le ragioni sopra enunciate, le gravi carenze descritte si appalesano ancor più critiche con riferimento alle rivalutazioni che intervengano su provvedimenti già emessi, come pure previsto dalla disposizione transitoria di cui all'art. 5 D.L. 10 maggio 2020 n. 29, poiché in tali casi si determina l'azzeramento della previsione che il condannato destinatario doveva farsi, prima dell'entrata in vigore del decreto legge, di una rivalutazione più ampia della sua posizione, unicamente dinanzi al Tribunale di sorveglianza nel pieno contraddittorio delle parti. Deve dunque porsi all'esame della Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del D.L. 10 maggio 2020 n 29, nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, il magistrato di sorveglianza che lo ha emesso, anche in data antecedente all'entrata in vigore del D.L., alterando, con i descritti vulnera al diritto di difesa ed al contraddittorio in condizioni di parità, l'ordinaria scansione procedimentale che richiede che, alla fase interinale, segua quella dinanzi al Tribunale di sorveglianza con le garanzie previste dal rito di cui agli art. 666 e 678 cod. proc. pen. Si apprezza sotto tale profilo anche un contrasto con l'art. 3 Cost, nella misura in cui il condannato ammesso alla detenzione domiciliare surrogatoria subisce il procedimento di frequentissima rivalutazione con rito a contraddittorio pieno, oppure senza alcuna possibilità di replica sui contenuti istruttori per sé e per la sua difesa, soltanto in base al dato del tutto casuale che rispetto alla pronuncia interinale del magistrato di sorveglianza sia già intervenuta la decisione in via definitiva dinanzi al tribunale di sorveglianza, oppure la stessa risulti calendarizzata in tempi successivi, in connessione ad esempio con ruoli d'udienza particolarmente gravati. Il contrasto con l'art. 3 Cost, d'altra parte,, sembra porsi anche con riferimento al perimetro soggettivo di tali rivalutazioni, concernenti i soli provvedimenti ammissivi connessi all'emergenza COVID19, quando riferiti ai condannati per alcune tipologie di delitti, secondo un elenco, per altro diverso da quello di cui all'art. 4 bis ord. penit., contenuto nell'art. 2 D.L. 29/2020 i condannati e gli internati per i delitti di cui agli art. 270, 270-bis, 416-bis cod. pen. e 74, comma 1 D.P.R. 309/90, o per un delitto commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa, o per un delitto commesso con finalità di terrorismo ai sensi dell'art. 270-sexies cod. pen., nonché i condannati e gli internati sottoposti al regime previsto dall'art. 41-bis ord.penit. . Pur essendo stati tutti adottati dal magistrato di sorveglianza sulla base di un giudizio di bilanciamento, previsto dall'art. 147 cod. pen., tra esigenze di cura in connessione con l'emergenza sanitaria e profili di pericolosità concreta, soltanto i provvedimenti concessivi relativi ai condannati per i gravi reati rientranti nell'elenco da ultimo citato dovranno essere frequentemente rivalutati, con le carenze di contraddittorio sin qui evidenziate, e sino a che il tribunale di sorveglianza non si pronunci. In tal senso non può non rilevarsi come questa opzione normativa finisca per assegnare ad alcuni autori di reato soltanto, senza che questa cernita si colleghi in alcun modo ad una speciale incidenza sugli stessi dell'emergenza sanitaria da COVID19, e con scelta della cui ragionevolezza si dubita, un procedimento meno garantito e fortemente orientato verso il ripristino della detenzione, attribuendo alla presunzione di speciale pericolosità derivante dalla commissione di un certo reato in un ambito che per altro non concerne il trattamento, ma la tutela del diritto fondamentale alla salute ex art. 32 Cost. e alla umanità delle pene ex art. 27 comma 3 Cost. una portata che finisce per travalicare il giudizio in concreto già compiuto sul punto, in modo individualizzato, nel provvedimento provvisorio emesso dal magistrato di sorveglianza. Ad avviso del magistrato di sorveglianza scrivente, sussiste dunque contrasto dell'art. 2 D.L. 10 maggio 2020 n. 29, per come sin qui illustrato, con gli art. 3, 24 comma 2 e 111 comma 2 Cost. e pertanto, presuppostane la rilevanza per l'odierno procedimento, deve sollevarsi questione di legittimità costituzionale che si ritiene non manifestamente infondata. P.Q.M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 23 e ss. legge 11 marzo 1953, n. 87 dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del D.L. 10 maggio 2020 n. 29, nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19, il magistrato di sorveglianza che lo ha emesso, per violazione degli artt. 3, 24 comma 2 e 111 comma 2 Cost. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Sospende il procedimento in corso sino all'esito del giudizio incidentale di legittimità costituzionale. Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza di trasmissione degli atti sia notificata alle parti in causa ed al pubblico ministero nonché, al Presidente, del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.