Raccomandata senza mittente: niente consegna al boss mafioso

Confermata in Cassazione la decisione presa dal Tribunale di sorveglianza. Pienamente legittimo il trattenimento del testo. Irrilevante il fatto che il contenuto fosse normale e non allarmante. Ciò che conta è l’omessa indicazione del mittente.

Vincoli strettissimi per il monitoraggio della corrispondenza destinata al boss mafioso sottoposto al cosiddetto ‘carcere duro’. Esemplare la decisione con cui è stato reso definitivo il blocco di un telegramma perché esso, pur avendo un contenuto non sospetto, non consentiva di identificare la persona del mittente Cassazione, sentenza n. 15624, sez. I Penale, depositata oggi . Sul tavolo dei giudici un telegramma destinato a un boss mafioso che in carcere è sottoposto al regime del 41- bis . Accertata la normalità del contenuto, l’allarme è provocato dalla mancata indicazione del mittente. E questo dettaglio è ritenuto sufficiente, prima dalla struttura penitenziaria e poi dal Tribunale di sorveglianza, per bloccare il telegramma e impedirne la consegna al boss. Come spiegare questa decisione? Per il Tribunale di sorveglianza, pur dandosi atto del tenore letterale non allarmante del testo, si ritiene che la disposizione limitativa dell’inoltro del telegramma corrisponda, in ragione della impossibilità di identificazione del mittente, alle esigenze di sicurezza dell’istituto e a quelle di prevenzione, sottese all’intervenuta applicazione del ‘visto di controllo’ a soggetto sottoposto al regime differenziato previsto dall’articolo 41- bis dell’ordinamento penitenziario . Nel contesto della Cassazione il difensore del boss mafioso contesta duramente il blocco del telegramma e denuncia una vera e propria violazione di principi costituzionali in tema di libertà e segretezza delle comunicazioni . Innanzitutto, non è plausibile che un telegramma possa essere inoltrato da soggetto non identificato, date le modalità particolari del suo inoltro , osserva il legale, e poi, aggiunge, lo stesso Tribunale ha dato atto della assenza di passaggi criptici nel testo del telegramma e ciò renderebbe, a suo parere, illogico il trattenimento del testo. Per i Giudici del ‘Palazzaccio’, però, le obiezioni proposte dall’avvocato del boss non sono convincenti, soprattutto perché trascurano un dato acclarato nel caso concreto il soggetto mittente non è stato identificato . E proprio tale dettaglio rende la comunicazione sospetta , sottolineano i magistrati, condividendo la linea seguita dal Tribunale di sorveglianza. Pienamente legittima, quindi, la mancata consegna del telegramma al boss. Ciò che conta davvero, in questo caso, non è il contenuto in sé della comunicazione, ma proprio l’anomalia rappresentata dalla mancata identificazione del mittente , soprattutto tenendo presente l’esigenza di prevenire qualsiasi forma di contatto del boss mafioso sottoposto al 41bis con soggetti non identificati .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 11 febbraio – 21 maggio 2020, n. 15624 Presidente Casa – Relatore Magi In fatto e in diritto 1. Con ordinanza emessa in data 27 giugno 2019 il Tribunale di Sorveglianza di Perugia ha respinto il reclamo in tema di trattenimento della corrispondenza introdotto da Gr. Gi In motivazione si evidenzia che trattasi di un telegramma, destinato al Gr. ed avente mittente non identificato. Pur dandosi atto del 'non allarmante' tenore letterale del testo del telegramma, si ritiene che la disposizione limitativa dell'inoltro corrisponda - in ragione della impossibilità di identificazione del mittente - alle esigenze di sicurezza dell'istituto ed a quelle di prevenzione, sottese all'intervenuta applicazione del visto di controllo a soggetto sottoposto al regime differenziato di cui all'articolo 41 bis ord. pen 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - Gr. Gi., deducendo erronea applicazione della disciplina regolatrice e violazione di principi costituzionali in tema di libertà e segretezza delle comunicazioni. Si ritiene non plausibile che un telegramma possa essere inoltrato da soggetto non identificato, date le modalità particolari del suo inoltro. Si ritiene, altresì, contraddittoria la decisione, avendo il Tribunale dato atto della assenza di passaggi criptici nel testo del telegramma. Ciò renderebbe meramente apparente la motivazione del rigetto del reclamo, con violazione dei principi costituzionali in tema di libertà e segretezza delle comunicazioni. 3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi addotti. 3.1 Quanto al profilo in fatto, è meramente ipotetica la censura relativa alla identificabilità ordinaria del mittente di un telegramma, atteso che ciò che rileva è che - nel caso concreto - il soggetto mittente non sia stato identificato. Ed è proprio tale aspetto a rendere, come ritenuto dal Tribunale di Sorveglianza, la comunicazione, in quanto tale, sospetta. Ciò rende pienamente legittimo il trattenimento, atteso che, per costante interpretazione dei presupposti di legge, il potere del magistrato di sorveglianza di disporre il trattenimento della corrispondenza indirizzata al detenuto sottoposto al regime speciale di cui all'articolo 41-bis L. 26 luglio 1975 n. 354, è diretto ad evitare pericoli per l'ordine e la sicurezza pubblica, indipendentemente dalla commissione di fatti integranti reato, ben potendo il pericolo derivare anche da condotte che non hanno raggiunto la soglia della punibilità o che non sono specificamente previste come reato dalla legge penale Sez. I n. 1054 del 2008, ric. Lioce . Nel caso in esame non rileva, pertanto, il contenuto in sé della comunicazione, ma proprio l'anomalia rappresentata dalla mancata identificazione del mittente, dovendosi prevenire -nella condizione vissuta dal Gr. - qualsiasi forma di contatto con soggetti non identificati. Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la condanna al versamento di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende che stimasi equo determinare in Euro 3.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.