Esce di casa per spostare l’auto della convivente incinta e a riposo: è evasione

Respinta la tesi difensiva centrata su un presunto stato di necessità legato alle condizioni di salute della donna. Resta però in piedi l’ipotesi della non punibilità” su cui dovranno nuovamente pronunciarsi i Giudici di secondo grado.

La galanteria – mostrata nello scendere in strada per spostare l’auto della compagna, incinta e a riposo a casa – non è sufficiente per evitare la condanna per evasione dagli arresti domiciliari . Respinta, difatti, la tesi difensiva, centrata sulla motivazione che ha spinto l’uomo ad abbandonare temporaneamente le mura domestiche Cassazione, sentenza n. 14407/20, sez. VI Penale, depositata l’11 maggio . Il caso nasce da un controllo effettuato dalla Polizia gli agenti beccano in strada l’uomo che dovrebbe invece essere agli arresti domiciliari in casa, lo individuano a pochissima distanza dal suo palazzo. Inevitabile il processo con l’accusa di evasione . In primo grado, però, l’uomo viene ritenuto non colpevole. Egli ha spiegato di essere uscito solo per pochi minuti e così da spostare l’automobile della sua convivente, che, incinta, era a riposo a casa. La decisione viene però ribaltata in secondo grado. Per i Giudici d’appello, difatti, non ci sono giustificazioni per la accertata condotta tenuta dall’uomo, che si è reso responsabile di evasione dal luogo ove si trovava ristretto in regime di detenzione domiciliare Impossibile, in sostanza, parlare di azione giustificata da un chiaro stato di necessità . Su questo punto i giudici d’Appello smentiscono nettamente quelli del Tribunale, e osservano che il bisogno di spostare l’auto della convivente che impediva la circolazione non era certo caratterizzato dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona in relazione alla dedotta impossibilità della donna di provvedere personalmente allo spostamento del veicolo a causa del suo stato di gravidanza . Peraltro, osservano i Giudici di secondo grado, non vi è alcuna prova sul fatto che l’uomo intendesse rientrare nell’abitazione subito dopo avere spostato l’auto della convivente . A confermare la tesi adottata in appello è la Cassazione, ritenendo evidente il reato compiuto dall’uomo. Inutile il richiamo difensivo alle presunte imprevedibili contingenze fattuali che lo avevano costretto ad allontanarsi dall’abitazione, stante la necessità di salvaguardare la salute della convivente e del nascituro . Irrilevante anche l’impiego delle dichiarazioni di un agente di Polizia che recatosi all’interno dell’abitazione aveva avuto modo di verificare che la donna versava effettivamente in non buone condizioni di salute . Sempre secondo il legale, se non fosse sopraggiunta la Polizia, l’assenza dell’uomo dal domicilio sarebbe stata circoscritta nel tempo e nello spazio, essendo finalizzata al mero spostamento dell’auto . Anche per i Giudici del ‘Palazzaccio’ va esclusa la sussistenza dei presupposti dell’esimente dello stato di necessità . Tale giustificazione, osservano i giudici, postula la sussistenza di una situazione di pericolo di danno grave alla persona per evitare il quale non possa ricorrersi ad altro mezzo che all’azione illecita deve dunque trattarsi d’una necessità assoluta che, nell’incombenza del pericolo, costringe inevitabilmente all’azione vietata, quale unica via di salvezza per la propria o l’altrui persona . In questo caso, invece, la decisione di abbandonare il domicilio coatto non dipese dall’esigenza insuperabile di scongiurare il pericolo di un danno grave alla persona, non potendo una situazione siffatta potersi ravvisare nella mera esigenza di spostare l’auto che la convivente non era in grado di guidare personalmente a causa del suo stato di gravidanza, così da liberare il passo del veicolo di un terzo. Risulta di tutta evidenza come l’intervento dell’uomo fosse volto a risolvere un banale problema di viabilità, di per sé avulso da rischi per l’incolumità personale o la vita dell’agente o di terzi, per di più ovviabile anche da parte di altra persona . Per l’uomo c’è, però, ancora uno spiraglio, cioè l’ipotesi della non punibilità” su cui dovranno nuovamente pronunciarsi i giudici di secondo grado, non essendo sufficiente il richiamo alla gravità della fattispecie astratta e ai precedenti penali dell’uomo. In particolare, i Giudici della Cassazione sottolineano che il reato di evasione dagli arresti domiciliari – tenuto conto del trattamento sanzionatorio comminato dal Codice Penale e del bene giuridico protetto – non può ritenersi connotato da un grado di disvalore di per sé incompatibile con il riconoscimento della tenuità del fatto .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 gennaio – 11 maggio 2020, n. 14407 Presidente Di Stefano – Relatore Bassi Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d'appello di Catania, in riforma dell'appellata sentenza assolutoria di primo grado con la formula perché il fatto non costituisce reato , ha condannato Sa. Sc. per il reato di evasione dal luogo ove egli si trovava ristretto in regime di detenzione domiciliare. 1.1. A sostegno della decisione, il Collegio di merito ha rilevato che, pacifica la materialità dell'evasione contestata, la conclusione cui è pervenuto il primo giudice non risulta condivisibile, là dove - giusta la granitica giurisprudenza di questa Corte Suprema - l'evasione è un reato a forma libera che è integrato con il dolo generico, salvo non ricorrano effettivi e rigorosamente dimostrati stati di necessità o altri eventi eccezionali. Stato di necessità che il Collegio distrettuale ha escluso potersi ravvisare nella specie in relazione alla necessità di spostare l'auto della convivente dello Sc. che impediva la circolazione, non potendo ravvisarsi la necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona in relazione alla dedotta impossibilità della donna di provvedere personalmente allo spostamento del veicolo a causa del suo stato di gravidanza. D'altro lato, il Collegio ha rilevato come non vi sia prova del fatto che l'imputato intendesse rientrare nell'abitazione subito dopo avere spostato l'auto della convivente come non ricorrano i presupposti per l'invocata causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen. stante l'elevato disvalore della fattispecie astratta ed i plurimi precedenti penali dell'imputato, dimostrativi della sua propensione a delinquere come sussistano, nondimeno, i presupposti per applicare le circostanze attenuanti generiche. 2. Nel ricorso a firma del difensore di fiducia, Sa. Sc. chiede l'annullamento del provvedimento per i motivi di seguito sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 13, 25, comma primo, e 27 Cost., per avere la Corte d'appello ribaltato il giudizio assolutorio di primo grado limitandosi ad argomentare in merito all'assenza dell'elemento soggettivo senza confrontarsi con il ragionamento seguito dal primo grado là dove ha mandato assolto l'imputato avendo giudicato la condotta priva di potenzialità lesiva sulla scorta delle imprevedibili contingenze fattuali che lo avevano costretto ad allontanarsi dall'abitazione, stante la necessità di salvaguardare la salute della convivente e del nascituro. La difesa sottolinea che, come anche riferito dal sovrintendente Cr., gli operanti di P.G. recatisi all'interno dell'abitazione avevano avuto modo di verificare che la convivente versava effettivamente in non buone condizioni di salute e che, come rilevato dal primo giudice, se non fosse sopraggiunta la Polizia, l'assenza dell'imputato dal domicilio sarebbe stata circoscritta nel tempo e nello spazio, essendo finalizzata al mero spostamento dell'auto. 2.2. Violazione di legge penale e mancanza di motivazione in relazione all'art. 131-bis cod. pen., per avere la Corte d'appello erroneamente escluso la sussistenza della causa di non punibilità, da un lato, trascurando di considerare l'occasionalità della condotta, dall'altro lato, limitandosi a valorizzare i precedenti penali dello Sc., comunque aspecifici e risalenti nel tempo. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei limiti e per le ragioni di seguito esposti. 2. Non coglie nel segno il primo motivo di doglianza, col quale il ricorrente si duole del ribaltamento del giudizio assolutorio di primo grado, nella parte in cui il Collegio d'appello ha escluso la sussistenza dei presupposti dell'esimente dello stato di necessità. 2.1. Mette conto di rilevare preliminarmente come la Corte d'appello abbia riformato la decisione liberatoria di primo grado senza procedere ad una diversa ricostruzione storico-fattuale della vicenda e senza compiere una differente valutazione del compendio probatorio. Il Giudice d'appello non era pertanto obbligato a disporre la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, non essendovi materia per l'applicazione della regula iuris codificata all'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. Ciò nondimeno, stante la radicale riforma della decisione di primo grado, il Collegio distrettuale era tenuto a delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio ed a confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato, in ossequio alla costante lezione ermeneutica di questa Corte Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679 conf. Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013, Rastegar, Rv. 254638 . A tale onere di motivazione cd. rafforzata si è perfettamente attenuta la Corte distrettuale, là dove ha ineccepibilmente rilevato l'insussistenza nella specie dei presupposti, in fatto ed in diritto, per l'esimente dello stato di necessità. 2.3. A mente dell'art. 54 cod. pen., tale causa di giustificazione postula la sussistenza di una situazione di pericolo di danno grave alla persona per evitare il quale non possa ricorrersi ad altro mezzo che all'azione illecita deve dunque trattarsi d'una necessità assoluta che, nell'incombenza del pericolo, costringa inevitabilmente l'agente all'anzidetta azione, quale unica via di salvezza per la propria o l'altrui persona. A tali coordinate ermeneutiche si è orientata la Corte territoriale nell'escludere la ravvisabilità dell'invocata scriminante dello stato di necessità, là dove ha evidenziato come la decisione dell'imputato di abbandonare il domicilio coatto non dipese dall'esigenza insuperabile di scongiurare il pericolo di un danno grave alla persona, non potendo una situazione siffatta potersi ravvisare nella mera esigenza di spostare l'auto che la convivente non era in grado di guidare personalmente a causa del suo stato di gravidanza, così da liberare il passo del veicolo di un terzo. Risulta di tutta evidenza come l'intervento dell'imputato fosse volto a risolvere un banale problema di viabilità, di per sé avulso da rischi per l'incolumità personale o la vita dell'agente o di terzi, per di più ovviabile anche da parte di altra persona. 3. Ferma l'insussistenza dei presupposti di operatività dell'invocata causa scriminante, risulta di contro non convincente la motivazione svolto dal Collegio siculo nella parte in cui ha denegato la sussistenza dei presupposti della causa di non punibilità. 3.1. Come correttamente rilevato dallo Scalogno a sostegno del secondo motivo, la Corte distrettuale ha incentrato il rigetto dell'ipotesi di cui all'art. 131- bis cod. pen. in considerazione, da un lato, della gravità della fattispecie astratta dall'altro lato, dei precedenti penali dello Sc Così facendo la Corte, da un lato, si è fermata ad una valutazione aprioristica - ed irragionevole - della gravità in astratto della fattispecie incriminatrice contestata, là dove il reato di evasione dagli arresti domiciliari -tenuto conto del trattamento sanzionatorio comminato dal codice penale e del bene giuridico protetto - non può ritenersi connotato da un grado di disvalore di per sé incompatibile con il riconoscimento della tenuità del fatto . Dall'altro lato, ha omesso di delibare la gravità in concreto della condotta e/o di indicare specifiche condizioni ostative all'applicazione del citato art. 131-bis, limitandosi ad enfatizzare apoditticamente i precedenti penali, senza dare conto delle ragioni per le quali essi - per natura e collocazione temporale - siano tali da rendere abituale il comportamento criminoso. 3.2. Conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio dinanzi ad altra sezione della Corte d'Appello di Catania. Il Giudice di rinvio dovrà procedere ad una nuova valutazione in ordine alla ricorrenza dei presupposti per la causa di non punibilità in oggetto, dando motivata illustrazione della decisione assunta al riguardo. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello di Catania.