Violenze contro il coniuge separato, non divorziato: si applica l’aggravante del rapporto di coniugio

La circostanza aggravante speciale del rapporto di coniugio art. 577, comma 2, c.p. è pienamente applicabile a prescindere dalla coabitazione e nonostante sia intervenuta la separazione tra l’imputato e la persona offesa.

Lo ha stabilito la quinta sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 132739, depositata in cancelleria il 29 aprile 2020. Violento litigio tra ex coniugi. Nel caso di specie, due uomini sono stati sottoposti a procedimento penale per il primo lesioni personali aggravate ex artt. 582, co. 1, e 585 in relazione all’art. 577, comma 2, c.p. e il secondo minaccia aggravata ex art. 612, comma 2, c.p Secondo la ricostruzione accusatoria, uno dei due imputati - colpendola con la portiera di un veicolo a bordo della quale si trovava - avrebbe provocato un trauma contusivo alla emimandibola sinistra oltre a cervicalgia da contraccolpo alla coniuge separata. Quest’ultima sarebbe infine stata oggetto di pesanti minacce dal compare del presunto aggressore. In esito al giudizio di primo grado il Tribunale ha affermato la responsabilità penale dei due per i reati contestati. Tanto ha ritenuto la Corte territoriale, adita in sede di gravame dalla difesa. La vicenda è infine giunta all’attenzione della Suprema Corte dinanzi alla quale, tra varie questioni, si è discusso di su un versante dirimente la possibilità, nel caso concreto, di contestare l’aggravante - circostanza speciale, di natura soggettiva - del rapporto di coniugio che insisteva tra vittima e carnefice, di cui al sopra richiamato art. 577, comma 2, c.p L’operatività della circostanza aggravante. L’art. 577, comma 2, cit. prevede che la pena è della reclusione da ventiquattro a trenta anni, se il fatto è commesso contro il coniuge divorziato, l'altra parte dell'unione civile, ove cessata, la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessate, il fratello o la sorella, l'adottante o l'adottato nei casi regolati dal titolo VIII del libro primo del Codice civile, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta”. Sul punto, l’imputato recte il coniuge separato ha ribadito, in sede di legittimità, la tesi difensiva in forza della quale, l’aggravante in parola non avrebbe dovuto trovate applicazione stante la - ormai conclamata e datata - rottura sentimentale” intervenuta tra i - solo formali” - coniugi. Sempre secondo l’opinione della difesa, il disvalore sottostante all’aggravante - se riferita al rapporto di coniugio - andrebbe intesa quale stato di fatto” e non già quale mero status” giuridico da cui discende l’esigenza di una tutela rafforzata dei familiari. Ebbene, con il sopravvenire della separazione - si conclude - tale disvalore e, di converso, l’esigenza di una tutela rafforzata non sarebbe più apprezzabile. La censura è stata articolata anche in termini di questione di legittimità costituzionale dell’art. 577, co. 2, cit., quantomeno ove inteso nel senso propugnato dalla sentenza impugnata i.e. ai fini della contestazione dell’aggravante è sufficiente il mero rapporto di coniugio . La separazione non toglie l’aggravante del coniugio. La Suprema Corte, nel confermare il verdetto di condanna, così come emesso dai giudici d’appello, hanno smentito la tesi dell’imputato, assumendo l’aggravante contestata pienamente applicabile anche in un contesto, come quello che in esame, in cui intercorreva tra l’imputato e la persona offesa un rapporto di coniugio ormai superato dalla separazione in corso di definizione, a nulla rilevando anche il requisito della coabitazione. Il principio - beninteso - non è una novità assoluta in giurisprudenza, anche di legittimità. La Corte, ora come in passato, motiva tale posizione in base al seguente assunto la circostanza aggravante del rapporto di coniugio riposa sul valore morale, sociale e giuridico della qualità di coniuge”, proprio ed in funzione della quantità e qualità dei doveri che comporta. In tal senso, non rileva neppure l’intervento della separazione legale, dal momento che detto status non determina lo scioglimento del matrimonio. In aperta antitesi rispetto alle istanze della difesa, gli Ermellini smentiscono anche la paventata violazione della Carta costituzionale che – anzi – ne uscirebbe più che onorata, specie laddove fonda il sistema della famiglia sul principio della solidarietà. In particolare, si sottolinea come la ratio della norma riposava e riposa - i.e. anche a seguito della riforma che ha esteso l’operatività dell’aggravante alle unioni civili - nell’evidente necessità di apportare una tutela rafforzata” alle persone che vivono o hanno vissuto un rapporto di tipo familiare e ciò non solo per la ripugnanza che l’azione contraria a un siffatto legame suscita ma anche per la insidiosità delle relazioni che su di esso possono innescarsi, che evidentemente non necessariamente svaniscono con la cessazione della convivenza la quale anzi non di rado - come dimostrano le cronache giudiziarie - acuisce la conflittualità, rendendo, oggi, ancor più necessario il rispetto di quei doveri che permangono anche dopo la separazione e che contribuiscono a dar conto delle ragioni del rafforzamento della tutela penale ”. In definitiva, la circostanza aggravante termina - o dovrebbe terminare - di produrre effetti i.e. non può trovare applicazione solo col sopravvenire del divorzio, unico atto estintivo-definitivo in grado di recidere il vincolo solidaristico. Sul crinale delle considerazioni che precedono, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso per l’effetto confermando la sentenza gravata e condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di lite.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 gennaio – 29 aprile 2020, n. 13273 Presidente Vessichelli – Relatore Sessa Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Messina ha confermato la pronuncia emessa dal Giudice monocratico del Tribunale della stessa città nei confronti dei coimputati A.D. , dichiarato colpevole del reato di lesioni personali aggravate e condannato alla pena di mesi sei di reclusione, e A.G. , dichiarato colpevole del reato di minaccia aggravata e condannato alla pena di mesi due di reclusione ad entrambi gli imputati era concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena ed entrambi subivano la condanna al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, in favore della costituita parte civile, Irrera L’A.D. , in particolare, era imputato del reato di cui all’art. 582, comma 1, e art. 585 in relazione all’art. 577 c.p., comma 2, c.p. perché nel corso di una lite, colpendola con la portiera della autovettura a bordo della quale si trovava, cagionava alla coniuge separata I.B. un trauma contusivo alla emimandibola sinistra ed una cervicalgia da contraccolpo, lesioni personali giudicate guaribili in 5 giorni come da certificazione rilasciata dal P. S. del Policlinico Universitario di XXXXXXX in data OMISSIS , l’A.G. , invece, era imputato del reato di cui all’art. 612 c.p., comma 2, perché minacciava gravemente I.B. rivolgendole le frasi prima o poi ti incontro e ti scippo la testa , non finisce qui . 2. Con atto a firma dell’Avv. Filippo Brianni, è proposto ricorso per Cassazione nell’interesse di entrambi gli imputati, articolato in quattro motivi. 2.1. Con riferimento alla posizione processuale di A.D. , si deduce inosservanza e mancata applicazione della legge penale, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , in relazione all’art. 192 c.p.p. e art. 582 c.p., nonché in relazione all’art. 40 c.p. e art. 27 Cost Ad avviso del ricorrente, la Corte di Appello ha errato nella valutazione della prova emersa in dibattimento, giungendo ad una sentenza di condanna sulla base di elementi indiziari non dotati delle caratteristiche di convergenza richieste dall’art. 192 c.p.p. e peraltro smentiti da ulteriori elementi di prova contraria, di cui la sentenza non dà atto, nemmeno in chiave confutativa. Più in dettaglio, la Corte territoriale ritiene il narrato della persona offesa, postulato come unico elemento di prova in ordine all’intero svolgersi della condotta oggetto di processo, riscontrato dalle dichiarazioni della di lei sorella, I.A. . La testimonianza resa da quest’ultima non può, invece, costituire valido elemento di riscontro per l’inattendibilità del soggetto da cui proviene, la cui credibilità è asseritamente minata da una serie di circostanze ampiamente indicate e provate dalla difesa in dibattimento per l’illogicità oggettiva del narrato, alla luce del fatto che nessun altro dei testi indicati in querela ha confermato le medesime dichiarazioni perché, infine, è idonea ad escludere la sussistenza dell’elemento oggettivo dell’illecito, avendo fatto specifico riferimento alla circostanza che l’A. avrebbe colpito la persona offesa nel tentativo di chiudere lo sportello e non con specifica volontà di determinare lesioni. Si ribadisce che il reato contestato punisce il fatto solo a titolo di dolo, che nel caso specifico non emerge da alcun elemento ed è smentito da elementi a discarico a loro volta non confutati in motivazione, quindi da ritenersi pacifici. Inoltre, non è stata adeguatamente confutata la ricostruzione difensiva della dinamica del fatto lesivo, l’unica logicamente concatenata e quindi intrinsecamente attendibile. La Corte di Appello ha infine omesso di stigmatizzare la censura, riportata nell’atto di appello, relativa al fatto che il Tribunale aveva indicato quale elemento di riscontro alle dichiarazioni della persona offesa, la generica considerazione che l’imputato avesse glissato sugli argomenti oggetto d’esame, circostanza che non può mai essere ascritta ad elemento di responsabilità. Il percorso ermeneutico risulta, pertanto, viziato sul piano logico, giuridico e strettamente processuale. 2.2. Con riferimento alla posizione processuale di A.G. , si lamenta inosservanza e mancata applicazione della legge penale ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , in relazione all’art. 192 c.p.p. e art. 533 c.p.p., comma 1, e all’art. 612 c.p., nonché in relazione all’art. 40 c.p. e art. 27 Cost Il ricorrente reitera le osservazioni e censure già articolate in ordine all’inattendibilità e all’inidoneità tecnica delle dichiarazioni delle sorelle I. a costituire elemento probatorio, in assenza di riscontri esterni. Un quadro probatorio particolarmente nebuloso si evince dallo stesso tenore della sentenza di primo grado, laddove il Tribunale non si esprime mai in termini di certezza, ma soltanto di probabilità che, quantunque seria , va comunque confinata in un alveo diverso dal grado di certezza necessario per giungere ad un provvedimento di condanna. La stessa Corte di Appello, poi, ha difficoltà ad individuare elementi di riscontro, tanto da dover ricorrere ad un’evidente contraddizione laddove richiama a sostegno dell’impalcatura accusatoria la teste S.D. , che per sua stessa ammissione non riuscì a percepire le parole , ma soltanto voci alte ed alterate. Siffatta base probatoria non può pertanto sostenere una condanna per minacce, reato che richiede l’esatta ricostruzione delle parole pronunciate, al fine di giudicare la loro potenzialità minatoria, e la ricostruzione dell’atteggiamento della vittima, la quale deve essere effettivamente intimidita dalle frasi udite. 2.3. Con il terzo motivo si censura inosservanza e mancata applicazione della legge penale ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e , in relazione agli artt. 577, 585 c.p.p. e all’art. 3 Cost., con eccezione subordinata di legittimità costituzionale. Il ricorrente ripropone il rilievo volto a criticare l’eccessività della pena e, in particolare, l’erroneità del riconoscimento della contestata aggravante prevista dall’art. 577 c.p., comma 2, sulla scorta del mutamento dei percorsi di vita degli ex coniugi, oltre che della cessazione della convivenza, unitamente allo svolgimento del processo di separazione. La Corte di Appello ha ritenuto di superare l’eccezione richiamandosi ad un precedente giurisprudenziale della Cassazione, in cui si afferma la sussistenza dell’aggravante anche in presenza di separazione, dal momento che l’art. 577 non farebbe riferimento ad uno stato di fatto , ma ad uno status , quello di coniuge, che a rigore cessa soltanto con una sentenza di divorzio . La ratio della norma riposa nell’evidente necessità di apportare una tutela rafforzata ai familiari nel caso, però, di due ex coniugi che vivono separati ed in aperta conflittualità, anche di natura penale, non può riconoscersi la sussistenza di un dovere specifico ed un rapporto di affidamento reciproco, ravvisabile invece tra i coniugi che coabitano e condividono le scelte di vita. Pertanto, si pone una questione di legittimità costituzionale, stante l’evidente irragionevolezza, qualora si ritenesse applicabile l’aggravante di cui all’art. 577 c.p. anche a rapporto di coniugio che di coniugio non hanno più nulla, se non un mero e formale status. 2.4. Con il quarto motivo si eccepisce l’omessa motivazione sulla valutazione dei criteri per la determinazione della pena. Con riguardo alla mancata considerazione delle attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p., la Corte di Appello incorre in un evidente difetto di motivazione. Ben argomenta, infatti, sulla natura e caratteristiche delle attenuanti generiche, salvo poi, in fase decisoria, contraddire la premessa, atteso che le attenuanti generiche vengono negate per la violenza gratuita e per l’asserita mancanza di elementi di natura positiva. Così prospettata, la locuzione violenza gratuita potrebbe essere utilizzata in qualsiasi reato contro la persona, visto che non si riesce a comprendere a cosa si riferisca nello specifico. Infine, considerato che il termine violenza , sul piano etimologico prima che giuridico, è associabile in via esclusiva al capo a , resta assente la motivazione sul punto in ordine al capo c , che riguarda A.G. . Considerato in diritto 1. I ricorsi devono essere entrambi rigettati, risultando i motivi come articolati nel loro complesso infondati. 1.1. Le censure nella parte in cui deducono vizi di valutazione delle prove dichiarative, assumendo la non univocità delle dichiarazioni delle due testimone poste a fondamento della responsabilità degli imputati, quelle della persona offesa da un lato e quelle della sorella della medesima, I.A. , dall’altra, che solo apparentemente convergerebbero nella prospettazione difensiva, sono proprio inammissibili. Attraverso di esse si tende piuttosto a richiedere una nuova ponderazione delle risultanze processuali che è fuori dall’ambito decisionale di questa Corte, che non può rivalutare i fatti storici accertati nel corso dei gradi di merito e valutati con congrua motivazione, nè può verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone e altri, Rv. 207944 e ciò nonostante la motivazione, congrua della sentenza avversata, che ha puntualmente indicato i dati probatori sulla base dei quali ha ritenuto dimostrato l’assunto accusatorio - indi smentita la ricostruzione difensiva - ivi compreso quello afferente l’elemento soggettivo, che ha sorretto l’azione volontaria dell’imputato di colpire la donna con lo sportello sul volto - mentre la stessa si accingeva a prendere il bambino impaurito dall’auto - descritta non solo dalla I.B. ma anche dalla congiunta della medesima presente al fatto e in buona sostanza confermata anche dalla vicina di casa, L.G. , che ha riferito di un rossore scorto sulla guancia della persona offesa allorquando la stessa le si era avvicinata col bambino in braccio per chiederle un bicchiere d’acqua azione che peraltro trova corrispondenza, come evidenziato dalla Corte territoriale, anche nella descrizione del tipo di lesione riscontrata alla vittima presso il Pronto soccorso di talché le censure mosse al riguardo finiscono col contravvenire anche a quanto ribadito da Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268823, secondo cui i motivi di ricorso per cassazione sono inammissibili non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato e ciò è rilevabile anche con riferimento alla doglianza con cui si è definita scorretta la valorizzazione da parte del Tribunale dell’atteggiamento tenuto dall’imputato in sede di esame, del quale evidentemente - giustamente - la Corte non tiene conto ai fini delle sue valutazioni già supportate da ben altre emergenze, con la conseguenza che di una siffatta mancanza non vi era in realtà alcun motivo di rinnovata censura nella presente sede. Deve, invero, anche ribadirsi che il vizio di motivazione che denunci la carenza argomentativa della sentenza rispetto ad un tema contenuto nell’atto di impugnazione può essere utilmente dedotto in Cassazione soltanto quando gli elementi trascurati o disattesi abbiano carattere di decisività Sez. 6, n. 3724 del 25/11/2015 - dep. 27/01/2016, Perna e altri, Rv. 267723 . Attraverso il vizio valutativo ed argomentativo si invoca, in definitiva, una rivalutazione delle risultanze processuali oltre che fattuali, vieppiù senza operare un reale confronto con la motivazione avversata - della quale, peraltro, non si denunziano vizi rilevanti ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e se non la sostanziale svalutazione delle apodittiche argomentazioni poste a base delle conclusioni della difesa rivalutazione delle prove peraltro non pretendibile in sede di legittimità mediante una mera diversa prospettazione interpretativa delle stesse. Stima, invero, utile il Collegio rammentare, al riguardo, che, secondo la linea ermeneutica consolidata di questa Corte regolatrice, la rispondenza delle valutazioni compiute dal giudice di merito alle acquisizioni processuali può essere dedotta sub specie del vizio di travisamento della prova a condizione che siano indicati in maniera specifica e puntuale gli atti rilevanti e sempre che la contraddittorietà della motivazione rispetto ad essi sia percepibile ictu oculi , dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, senza che siano apprezzabili le minime incongruenze. Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006 - dep. 20/07/2006, Stojanovic, Rv. 23416701Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006 - dep. 14/06/2006, Francia, Rv. 23409901 , con ii risultato di porre a carico del ricorrente un peculiare onere di inequivoca individuazione e di specifica rappresentazione degli atti processuali che intende far valere, onere da assolvere nelle forme di volta in volta più adeguate alla natura degli atti stessi integrale esposizione e riproduzione nel testo del ricorso, allegazione in copia, precisa identificazione della collocazione dell’atto nel fascicolo del giudice laddove nel caso di specie non può dirsi affatto assolto un siffatto onere poggiandosi il diverso contenuto attribuito alla testimonianza della sorella della persona offesa unicamente sulle apodittiche asserzioni della difesa. La diversa impostazione del ricorrente, in altri termini, non si fonda, a differenza di quanto si assume, su elementi, concreti, disarticolanti che sarebbero stati trascurati o fraintesi dalla Corte territoriale nella sua composizione ricostruttiva. 1.2.Anaoghe considerazioni valgono in ordine a quanto dedotto nell’interesse dell’A.G. , risultando, anche in tal caso, formulate delle mere diverse prospettazioni, di per sé peraltro neppure dotate di valenza disarticolante così ad esempio la circostanza dedotta secondo cui la teste S.D. non avrebbe percepito le parole ma udito solo voci alte ed alterate . 1.3. Il terzo motivo che si appunta sul riconoscimento della contestata aggravante prevista dall’art. 577 c.p. è infondato. La Corte di Appello ha correttamente ravvisato l’aggravante in parola, ritenendola applicabile anche in un contesto, come quello in oggetto, in cui intercorreva tra l’imputato e la persona offesa un rapporto di coniugio sia pure ormai superato dalla separazione in corso di definizione, conformandosi all’insegnamento rinvenibile nella giurisprudenza di questa Corte al riguardo. Questa Corte ha invero già avuto modo di affermare più volte - sin dalla pronuncia risalente al 1971 - che la circostanza aggravante del rapporto di coniugio riposa sul valore morale, sociale e giuridico della qualità di coniuge per la quantità dei doveri che comporta Sez. 1 n. 1622 del 20.10.1971, dep. il 1970, Baracco, RV 120536 . Il rapporto di coniugio è una circostanza speciale, di natura soggettiva, che ha il suo fondamento nel vincolo coniugale, unicamente preso in considerazione dell’art. 577 c.p., al di fuori della ulteriore circostanza dell’eventuale coabitazione Sez. 1 n. 5378 del 15 Febbraio 1990, Iarossi, RV 184023 . Questa Corte ha, altresì, anche già avuto modo di puntualizzare che ai fini dell’aggravante del rapporto di coniugio prevista dall’art. 577 c.p., è irrilevante l’intervenuta separazione legale tra i coniugi in quanto detto status non determina lo scioglimento del matrimonio Sez. 1, n. 42462 del 19/12/2006, Rv. 235339 - 01, Sez. 1, n. 7198 del 01/02/2011, Rv. 249230 - 01 . Questo collegio ritiene di condividere tale orientamento interpretativo dal momento che i regime di separazione legale tra i coniugi attenua il complesso degli obblighi nascenti dal matrimonio eliminando segnatamente quello della coabitazione ma non toglie lo status di coniuge con i corrispondenti obblighi personali e permanenti che lo costituiscono, status che si perde solo con lo scioglimento del matrimonio. Tale interpretazione lungi dal porsi in contrasto con i principi costituzionali si risolve piuttosto in un motivo di rafforzamento degli stessi nella misura in cui, coerentemente con il sistema ordinamentale della famiglia, ispirato al principio della solidarietà, rispetto al quale non possono ritenersi estranei i precetti penali, conferisce alla norma che prevede l’aggravante de qua la giusta, rectius corretta valenza dispositiva nè ad una diversa impostazione potrebbe condurre il fatto che il legislatore abbia sentito la necessità di prevedere espressamente lo status di coniuge legalmente separato con l’intervento additivo apportato all’articolo in questione con la L. n. 4 del 2018 tale modifica, in parte qua, ha in realtà una portata meramente chiarificatrice, avendo in buona sostanza essa recepito quanto già avvertito nella coscienza sociale e già da tempo affermato dalla giurisprudenza sia penale che civile in materia di regolazione dei rapporti tra i coniugi separati in conformità ai principi ordinamentali. Il legislatore ha piuttosto colto l’occasione con tale intervento integrativo, nato soprattutto dalla necessità di estendere la tutela del disposto normativo all’altra parte dell’unione civile, anche se l’unione è cessata, ovvero alla persona che è legata da relazione affettiva e stabile convivenza con la vittima, oltre che allo stesso coniuge divorziato - ovvero a quei soggetti prima non ricompresi nella norma nè in alcun modo ricomprendibili in essa - di precisare che l’aggravante in parola si applica anche in caso di coniuge legalmente separato. Lungi dal risolversi quindi la indicata interpretazione in un ingiustificato trattamento a discapito del coniuge separato essa è piuttosto la sintesi - previdente - della sostanza non solo giuridica - del rapporto di coniugio che evidentemente anche allorquando si interrompe non può dirsi ancora del tutto cessato in considerazione del rilievo - non solo giuridico - che esso continua ad avere, che - vieppiù sotto certi aspetti - impone il rispetto di quei doveri che traggono dal matrimonio la loro fonte di legittimazione ma che persistono per tutta la sua permanenza e durata, cessando solo quando interviene un atto estintivo-definitivo come il divorzio sebbene ora con la modifica normativa suindicata si deve giungere ad affermare che, di là del rilievo strettamente giuridico di determinati doveri, debba ritenersi assistita da tutela rafforzata anche la relazioni tra ex coniugi e ciò per i risvolti purtroppo non di rado nefasti che a volte si innescano anche a seguito del divorzio che hanno imposto al legislatore il detto intervento . Indi, concludendo, mentre per i coniugi divorziati, che in quanto tali non potevano in alcun modo essere ricompresi nella norma previgente, la modifica dell’art. 577 c.p. si è risolta in una previsione nuova, per i coniugi separati essa non ha tale portata innovativa, avendo in realtà essa recepito quanto già affermato dalla giurisprudenza anche di questa Corte ed era insito nello stesso disposto normativo il cui riferimento allo status di coniuge imponeva già prima, per i motivi anzidetti, l’interpretazione a cui si è inteso qui aderire. La ratio della norma riposava e riposa nell’evidente necessità di apportare una tutela rafforzata alle persone che vivono o hanno vissuto un rapporto di tipo familiare e ciò non solo per la ripugnanza che l’azione contraria a un siffatto legame suscita ma anche per la insidiosità delle relazioni che su di esso possono innescarsi, che evidentemente non necessariamente svaniscono con la cessazione della convivenza la quale anzi non di rado - come dimostrano le cronache giudiziarie - acuisce le conflittualità, rendendo, oggi, ancor più necessario il rispetto di quei doveri che permangono anche dopo la separazione e che contribuiscono a dar conto delle ragioni del rafforzamento della tutela penale . 1.4. Il quarto motivo è palesemente inammissibile. Nel rendere la motivazione in punto di negazione delle attenuanti generiche la Corte si è attenuta alla linea ermeneutica unanimemente condivisa secondo la quale, in tema di diniego della concessione delle attenuanti generiche, la ratio della disposizione di cui all’art. 62-bis c.p. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti ne deriva che queste ultime possono essere negate anche soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato, perché in tal modo viene formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di disvalore sulla sua personalità Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, De Cottiis, Rv. 265826 Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899 Sez. 1, n. 3772 del 11/01/1994, Spallina, Rv. 196880 . Nel caso di specie la Corte ha ritenuto in particolare decisivo il fatto che entrambi gli imputati abbiano agito ponendo in essere, rispettivamente, una violenza fisica e verbale sostanzialmente gratuita e per di più alla presenza di un minore, non senza evidenziare che, in ogni caso, non emergessero dagli atti elementi positivi valorizzabili in tal senso e quanto alla pena ha anche specificato come essa fosse in realtà congrua tenuto conto che era stata determinata in prossimità dei minimi edittali. 2. Dalle ragioni sin qui esposte deriva il rigetto dei ricorsi, cui consegue, per legge, ex art. 606 c.p.p., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché in solido alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile che si liquidano in Euro 3500, oltre accessori di legge. La materia trattata impone l’oscuramento dei dati in caso di diffusione del presente provvedimento. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, in solido, alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, liquidate in Euro 3500, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.