Reddito da lavori saltuari: impensabile una scorta personale di marijuana. Condannato per spaccio

Nessuna rivisitazione possibile per la posizione dell’uomo beccato ad andare in giro in auto portando 25 grammi di marijuana e 490 euro. Respinta l’ipotesi difensiva mirata a sostenere che la sostanza fosse destinata solo e soltanto ad un uso personale.

Disoccupato e con poche risorse economiche, legate all’esecuzione di lavori saltuari. A fronte di questo quadro va esclusa l’ipotesi che i 25 grammi di marijuana rinvenuti sulla sua vettura siano destinati esclusivamente a un consumo personale. Consequenziale perciò la condanna per detenzione di stupefacenti a fini di spaccio Cassazione, sentenza n. 12850/20, sez. III Penale, depositata il 24 aprile . In auto. A finire sotto processo è un giovane. Fatale un controllo su strada operato dalle forze dell’ordine la perquisizione della vettura porta al rinvenimento di due involucri contenenti marijuana – per un peso totale di quasi 25 grammi –, collocati nel vano portaoggetti, e di ben 490 euro in contanti. Gli elementi probatori a disposizione spingono i giudici di merito a ritenere l’uomo colpevole, con pena fissata in quattro mesi di reclusione e 1.000 euro di multa. Questa decisione viene ovviamente contestata dall’uomo, che tramite il proprio legale propone ricorso in Cassazione e spiega che la quantità di droga rinvenuta in suo possesso era compatibile con l’uso personale . Per quanto concerne il denaro, poi, l’uomo prova a smontare l’ipotesi della pertinenza con lo spaccio della sostanza stupefacente , spiegando che egli svolge saltuariamente attività lavorativa e ha anche venduto una motocicletta, ricavandone il relativo prezzo . Chiaro l’obiettivo dell’uomo dimostrare che lo stupefacente era destinato all’uso personale , anche tenendo presente che egli ha dichiarato di essere assuntore abituale di marijuana . Condizioni economiche. Per i Giudici della Cassazione, invece, va confermata in toto la visione tracciata in Appello e poggiata sulla constatazione che l’uomo sotto processo è un soggetto privo di una stabile occupazione lavorativa . Nessun dubbio, quindi, sulla sua responsabilità penale per il reato di detenzione di droga a fini di spaccio . Da escludere, invece, l’ipotesi che i 25 grammi di marijuana fossero una scorta esclusivamente personale ciò perché l’uomo ha espressamente sostenuto, in dibattimento, di non sentirsi un tossico, assumendo stupefacente solo per essere più tranquillo . Mentre non vi sono prove certe sul fatto che il denaro rinvenuto nella vettura fosse frutto della vendita, segnalata dall’uomo, di un motociclo a questo proposito, non è stato dimostrato l’importo monetario conseguito tramite la predetta vendita, né la data di tale eventuale . Comunque, anche l’eventuale stato di tossicodipendenza dell’uomo non appare affatto ostativo alla destinazione dello stupefacente, la cui entità materiale , osservano i giudici, non lo palesa come finalizzato ad un totale consumo immediato , anche perché le complessive condizioni economiche dell’uomo non giustificano da parte sua la costituzione di una scorta di stupefacente ed anzi legittimano la indicazione nel senso di uno spaccio finalizzato al conseguimento dei mezzi per il procacciamento di altro stupefacente per uso personale . Di conseguenza, quanto al possesso del danaro rinvenuto nella vettura, è evidente la assoluta inverosimiglianza del fatto che l’uomo, soggetto dai redditi magri e del tutto occasionali, custodisse quei 490 euro, se non a cagione del fatto che questa somma gli era stata appena consegnata da un occasionale acquirente di stupefacente .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 24 gennaio – 24 aprile 2020, n. 12850 Presidente Di Nicola – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Con sentenza del 13 febbraio 2019 la Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza con la quale il precedente 28 novembre 2016 il Tribunale di quella medesima città aveva dichiarato Sp. Do. responsabile del reato di cui all'art. 73, comma 5, del D.P.R. n. 309 del 1990, così riqualificata fin dal primo grado la originaria imputazione relativa alla violazione dell'art. 73, comma 4, del medesimo D.P.R., per avere egli detenuto non per uso personale, circa 25 grammi di sostanza stupefacente del tipo marijuana, e lo aveva, pertanto, condannato, concesse le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, alla pena di mesi 4 di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa. Avverso la predetta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il prevenuto, articolando due motivi di ricorso. Con il primo motivo è censurata la sentenza della Corte territoriale in quanto la sua motivazione sarebbe illogica e contraddittoria essendo stata in essa dichiarata la penale responsabilità dell'imputato sebbene la quantità di droga rinvenuta nel suo possesso fosse compatibile con l'uso personale parimenti illogica sarebbe la sentenza nella parte in cui in essa è stata affermata la pertinenza con lo spaccio della sostanza stupefacente della somma di danaro rinvenuta presso il prevenuto, senza tenere conto del fatto che lo stesso, il quale pure svolge saltuariamente attività lavorativa, aveva di recente venduto una motocicletta, ricavandone il relativo prezzo. Non vi erano, pertanto, elementi per ritenere che lo stupefacente nel cui possesso era stato trovato lo Sp. non fosse destinato all'uso personale, tenuto conto anche del fatto che il medesimo era risultato, sulla base della documentazione da lui fornita oltre che in base a quanto dallo stesso dichiarato, essere assuntore abituale di marijuana. Con il secondo motivo la difesa del ricorrente ha lamentato il fatto che la Corte calabrese avesse dichiarato, con motivazione ritenuta illogica, solo equivalenti e non prevalenti le circostanze attenuanti generiche rispetto alla contestata recidiva. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. Quanto al primo motivo di ricorso, col quale il prevenuto ha dedotto la illogicità e la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata, si osserva che con esso il ricorrente ha, in realtà, semplicemente contestato la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte territoriale, proponendone una alternativa. Infatti, a fronte di una sentenza quale quella impugnata, nella quale la penale responsabilità del ricorrente è stata desunta dalla Corte di merito sulla base del dato, incontroverso, che lo Sp., soggetto privo di una stabile occupazione lavorativa, è stato sorpreso nella detenzione, all'interno del vano portaoggetti di un'autovettura dallo stesso condotta, di due involucri contenenti, rispettivamente gr 18,6 e gr 6 di sostanza stupefacente del tipo marijuana unitamente ad Euro 300,00, nonché di altri 190,00 Euro custoditi in un portamonete, la difesa dell'imputato si è limitata ad allegare la circostanza che, essendo il prevenuto soggetto tossicodipendente, la sostanza stupefacente poteva essere destinata all'uso personale mentre il danaro da lui posseduto era il frutto dell'avvenuta vendita di un motociclo. Tali elementi - dei quali l'uno, quello relativo alla tossicodipendenza da cui sarebbe affetto lo Sp. condizione peraltro esclusa, per quanto riportato nello stesso ricorso introduttivo del presente giudizio, dal medesimo imputato il quale, sentito in dibattimento, ha espressamente sostenuto di non sentirsi un tossico , assumendo stupefacente solo per essere più tranquillo , è stato considerato in sede motivazionale dalla Corte catanzarese la quale ne ha rilevato, con plausibili argomentazioni, la mancanza di incidenza per scagionare l'imputato dalla accusa mossagli non significativo, mentre l'altro, quello avente ad oggetto la derivazione della provvista finanziaria di cui lo Sp. era fornito dalla cessione da lui compiuta di un motociclo, è stato considerato caratterizzato da eccessiva genericità, non essendo stato affatto dimostrato né l'importo monetario che l'imputato avrebbe conseguito tramite la predetta vendita, né la data di tale eventuale trasferimento - valgono ad introdurre sole delle censure in fatto alla motivazione della sentenza della Corte catanzarese. Le medesime, infatti, non evidenziano alcuna illogicità di detta motivazione, che, invece, appare logicamente giustificata, essendo in essa chiarito come l'eventuale stato di tossicodipendenza dello Sp. non appare affatto ostativo alla destinazione dello stupefacente, la cui entità materiale non lo palesa come finalizzato ad un totale consumo immediato, allo spaccio, posto che le complessive condizioni economiche dell'imputato non giustificano da parte sua la costituzione di una scorta di stupefacente ed anzi legittimano la indicazione nel senso di uno spaccio finalizzato al conseguimento dei mezzi per il procacciamento di altro stupefacente per uso personale. Quanto al possesso del danaro non è certamente tacciabile di illogicità la sentenza della Corte di merito che ha rilevato la assoluta inverosimiglianza del fatto che l'imputato, soggetto dai redditi magri e del tutto occasionali, custodisse, se non a cagione del fatto che questa gli era stata appena consegnata da un occasionale acquirente di stupefacente, una non irrilevante somma di danaro all'interno di una autovettura, con il rischio che la stessa gli potesse essere sottratta. Ove si consideri che, secondo la più corretta interpretazione, il vizio di contraddittorietà della motivazione della sentenza, autonomamente rilevabile quale motivo di impugnazione in sede di legittimità è riscontrabile ove nel teso di essa sia rintracciabile il concorso, dialetticamente irrisolto, di proposizioni -testuali ovvero extra-testuali e contenute in atti del procedimento specificamente indicati dal ricorrente - concernenti punti decisivi e assolutamente inconciliabili tra loro, tali che l'affermazione dell'una implichi necessariamente e univocamente la negazione dell'altra e viceversa Corte di cassazione, Sezione I penale, 27 novembre 2017, n. 53600 mentre quello di manifesta illogicità, a sua volta, consiste nella frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono Corte di cassazione, Sezione I penale, 23 luglio 1999, n. 9539 , è agevole riscontrare come nel caso di specie, in cui è stato adeguatamente e plausibilmente dato conto delle ragioni che hanno condotto alla affermazione della penale responsabilità dell'imputato, si sia del tutto al di fuori delle ipotesi di vizio prospettata da parte del ricorrente. Le censure rivolte alla tenuta logica della motivazione della sentenza impugnata quanto alla affermazione della responsabilità del ricorrente sono, pertanto, prima ancora che infondate, del tutto inammissibili in quanto non volte a sollevare questione inerenti la legittimità o meno della decisione ma esclusivamente a porre in dubbio le ragioni di merito della decisione assunta dalla Corte territoriale. Con riferimento al secondo motivo di impugnazione, riguardante la logicità della motivazione in relazione al giudizio di equivalenza fra le ritenute circostanze attenuanti generiche e la contestata recidiva, osserva il Collegio che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, gli elementi dalla sua difesa posti a sostegno della tesi della prevalenza delle dette attenuanti sulla contestata aggravante appaiono del tutto privi di valore in quanto la circostanza che l'imputato non abbia opposto resistenza agli agenti operanti al momento del controllo e del successivo arresto non può essere evidentemente considerata un fattore di positiva meritevolezza, essendo essa consistita nel non compimento di una condotta che, diversamente, sarebbe stata delittuosa il fatto di essersi sottoposto ad interrogatorio, essendo questo anche un mezzo di difesa, è fattore del tutto neutro mentre la circostanza che, sottoposto alla misura cautelare dell'obbligo di presentazione, lo Sp. abbia sempre rispettato le prescrizioni imposte è, anch'essa, del tutto irrilevante in quanto costituente solo l'adempimento di un obbligo cui, in caso di inosservanza, avrebbe potuto fare seguito l'inasprimento della misura cui lo stesso era sottoposto. In sostanza nessuna delle ragioni indicate dalla difesa vale a scardinare, evidenziandone la arbitrarietà, il ragionamento che, nella ampia discrezionalità di cui godono in materia i giudici del merito, essi hanno svolto per la esclusione della prevalenza delle attenuanti generiche sulla contestata recidiva sulla natura ampiamente discrezionale della valutazione degli effetti delle circostanze di segno opposto e sulla limitata possibilità di sindacato in sede di legittimità, da ultimo in ordine di tempo Corte di cassazione, Sezione II penale, 26 giugno 2017, n. 31543 . Il ricorso è, pertanto, del tutto inammissibile e il ricorrente, visto l'art. 616 cod. proc. pen., deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000.00 in favore della Cassa delle ammende.