L’atto di querela dei condomini in caso di appropriazione indebita dell’amministratore

Per la proposizione di una valida istanza di punizione da parte di un condominio di edifici occorre la preventiva unanime manifestazione di volontà da parte dei condomini così da conferire all’amministratore l’incarico di perseguire penalmente un soggetto per un fatto ritenuto lesivo del patrimonio comune.

Questo il principio affermato dai Giudici della Suprema Corte nella sentenza n. 12410/20, depositata il 17 aprile. La vicenda. L’imputato, ritenuto responsabile del reato di appropriazione indebita aggravata e continuata in danno di un codominio, essendosi appropriato, in qualità di amministratore condominiale, di un ingente somma di denaro, ricorre in Cassazione, a mezzo del proprio difensore, denunciando violazione degli artt. 120 c.p. e 337 c.p.p. in riferimento alla condizione di procedibilità in particolare, questi sostiene che, il procedimento era nato da una denuncia-querela, come risulta dall’atto sottoscritto dai condomini, ma osserva che tale atto non può equivalere ad una rituale querela condizione necessaria per procedere in caso di reato di appropriazione indebita , mancando una delibera assembleare espressione della volontà di tutti i condomini infatti l’atto era stato sottoscritto da un numero tale di condomini da non esprimerne la maggioranza . L’atto di denuncia-querela. Come più volte ribadito dalla Suprema Corte, per la proposizione di una valida istanza di punizione da parte di un condominio di edifici occorre la preventiva unanime manifestazione di volontà da parte dei condomini così da conferire all’amministratore l’incarico di perseguire penalmente un soggetto per un fatto ritenuto lesivo del patrimonio comune. E, nel caso in esame, l’atto di denuncia-querela risulta depositato da un soggetto a tal fine delegato, trattandosi, dunque, di un atto che non può consentire la perseguibilità del delitto di appropriazione indebita, quand’anche aggravato ai sensi dell’art. 61, n. 11, c.p Ritiene, infine, il Collegio che il caso di specie esuli dalla ipotesi contemplate dall’art. 12 d.lgs. n. 36/2018, il quale prevede che, per i reati perseguibili a querela in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima dell’entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa è venuta a conoscenza in precedenza del fatto di reato se è pendente il procedimento, il giudice informa la persona offesa della facoltà di esercitare il diritto di querela e il termine decorre dal giorno in cui la persona è stata informata. Se la querela non venga presentata nel termine di legge, il processo dovrà essere definito con sentenza di non doversi procedere per difetto di necessaria condizione di procedibilità dell’azione penale. Ebbene, nel caso in esame, non vi è dubbio che non solo il fatto ma anche la sua rilevanza penale fossero stati pienamente conosciuti dalle persone offese, ossia dai condomini, tanto che la querela era stata proposta. E le conseguenze della irritualità della querela dovevano restare a carico della persona offesa. Sulla base di tutte queste considerazioni, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 febbraio – 17 aprile 2020, n. 12410 Presidente Cammino – Relatore Cianfrocca Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 29.4.2017 il Tribunale di Milano aveva riconosciuto D.G.F. responsabile del reato di appropriazione indebita aggravata e continuata in danno del condominio omissis essendosi appropriato, nella qualità di amministratore condominiale, della complessiva somma di Euro 29.850,41 ritenute in suo favore le circostanze attenuanti generiche stimate equivalenti alla contestata aggravante ed alla pure contestata recidiva, il Tribunale lo aveva pertanto condannato alla pena di anni 1 di reclusione ed Euro 400 di multa, così ridotta per la scelta del rito abbreviato 2. la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la pena rideterminandola in quella di mesi 6 di reclusione con conferma, nel resto, della sentenza impugnata 3. ricorre per cassazione il difensore di D.G.F. lamentando 3.1 violazione di legge con riferimento all’art. 120 c.p. e art. 337 c.p.p. e vizio di motivazione sulla condizione di procedibilità rileva che il procedimento era nato da una denuncia-querela depositata in data 3.7.2014 da tale G.J. incaricato al deposito, come risulta dal corpo dell’atto sottoscritto dai condomini osserva che l’atto non poteva equivalere ad una rituale querela, ormai necessaria condizione di procedibilità del reato di appropriazione indebita contestato a ricorrente, a seguito della riforma intervenuta con il D.Lgs. n. 36 del 2018 sottolinea, a tal proposito, che manca una delibera assembleare espressione della volontà di tutti i condomini atteso che i sottoscrittori dell’atto sono in numero tale da non esprimere la maggioranza numerica nonché quella in termini di millesimi richiama, peraltro, la giurisprudenza di questa Corte in punto di espressione della volontà punitiva da parte del condominio come ente di gestione dotato di una sua propria individualità rispetto a quella dei singoli condomini. Osserva che, anche ritenendo valida la manifestazione di volontà del singolo condomino, le firme apposte sull’atto non risultano autenticate come invece previsto dall’art. 337 c.p.p., nelle varie ipotesi da tale disposizione disciplinate. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. D.G.F. è stato riconosciuto responsabile del delitto di appropriazione indebita aggravata ai sensi dell’art. 61 c.p., n. 11, per avere egli abusato, profittandone, del suo ruolo di amministratore condominiale in forza del quale era nella materiale disponibilità delle somme di proprietà del condominio e di cui si era appropriato. I fatti risalgono al 1.3.2014 quando, dunque, l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 fondava la procedibilità di ufficio del reato in esame il D.Lgs. n. 36 del 2018, art. 10, ha tuttavia abrogato il capoverso dell’art. 646 c.p. eliminando perciò questa eccezione alla generale procedibilità a querela del delitto di appropriazione indebita. 2. Nessun dubbio sulla rilevanza della sopravvenuta procedibilità a querela del reato già procedibile di ufficio non a caso, e proprio su questo presupposto, il legislatore ha introdotto la norma transitoria di cui all’art. 12 che, per l’appunto, è relativa ai reati perseguibili a querela in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso ciò a riprova che la sopravvenuta perseguibilità a querela di fatti di reato già perseguibili di ufficio rileva ai sensi dell’art. 2 c.p., introducendo un regime sanzionatorio complessivamente più favorevole. D’altra parte questa Corte ha già chiarito che, proprio a seguito della modifica del regime di procedibilità per i delitti di cui agli artt. 640 e 646 c.p., introdotta dal D.Lgs. 10 aprile 2018, n. 36, nei procedimenti in corso per il delitto di appropriazione indebita aggravata ex art. 61 c.p., n. 11, l’intervenuta remissione della querela comporta l’obbligo di dichiarare la non procedibilità ai sensi dell’art. 129 c.p.p., ove non ricorrano altre circostanze aggravanti ad effetto speciale cfr., Cass. Pen., 2, 17.4.2019 n. 21.700, Sibio, che ha crichiamato la natura mista, sostanziale e processuale, della procedibilità a querela, da cui discende la necessità di applicare la sopravvenuta disciplina più favorevole nei procedimenti pendenti conf., Cass. Pen., 2, 8.11.2018 n. 225, Mohammad Cass. Pen., 5, 17.4.2019 n. 22.143, D. in generale, sulla natura mista, sostanziale e processuale, della querela, Cass. pen.,5, 8.5.2015 n. 44.390, R. . Nè, nel caso di specie, a conservare il regime di perseguibilità di ufficio potrebbe rilevare il disposto di cui all’art. 649 bis c.p. in quanto, a prescindere da ogni altra considerazione sul piano della disciplina applicabile, si tratta di una recidiva semplice inidonea, perciò, laddove peraltro ritenuta, a rendere il reato procedibile pur in assenza di rituale e formale istanza della persona offesa. 3. Ed è tuttavia proprio su questo profilo che occorre soffermarsi nel caso di specie, infatti, dagli atti la cui verifica è consentita ed anzi imposta dalla natura della censura che fa della Corte di Cassazione giudice anche del fatto procedurale risulta che l’ atto di denuncia-querela nel quale era stata rappresentata la condotta dell’odierno ricorrente e se ne era chiesta la punizione, era stato presentato in data 3.7.2014 presso la Procura della Repubblica di Milano ed era stato sottoscritto da alcuni Condomini e Consiglieri cfr., dalla intestazione dell’atto in esame del Condominio OMISSIS . Questa Corte ha più volte ribadito che per la proposizione di una valida istanza di punizione da parte di un condominio di edifici occorre la preventiva unanime manifestazione di volontà da parte dei condomini volta a conferire all’amministratore l’incarico di perseguire penalmente un soggetto in ordine ad un fatto ritenuto lesivo del patrimonio comune cfr., Cass. Pen., 2, 29.11.2000 n. 6, PG in proc. Panichella cfr., Cass. Pen., 5, 26.11.2010 n. 6.197, Arcari che, infatti, ha escluso la validità della querela proposta dal singolo condomino per un reato - nella specie violazione di domicilio - commesso in danno di parti comuni dell’edificio, sul rilievo secondo cui il condominio è strumento di gestione collegiale degli interessi comuni dei condomini e l’espressione della volontà di presentare querela passa attraverso detto strumento di gestione collegiale. Ne consegue che la presentazione di una valida querela, da parte di un condominio, in relazione ad un reato commesso in danno del patrimonio comune dello stesso, presuppone uno specifico incarico conferito all’amministratore dall’assemblea condominiale conf., ancora, ed in tal senso, Cass. Pen., 6, 18.12.2015 n. 2.347, PC in proc. Vecchio . Per altro verso, l’atto di denuncia-querela risulta depositato da tale Dott. G.J. a tal fine delegato cfr., pag. 6 ed è pacifico che, alla luce di quanto espressamente disposto dall’art. 337 c.p.p., sarebbe stato allora necessaria la autenticazione delle firme atteso che la mancata autenticazione della sottoscrizione determina l’improcedibilità dell’azione penale, per l’ipotesi in cui la querela non venga presentata personalmente dall’interessato, ma venga depositata da un incaricato, riflettendosi sulla garanzia di sicura provenienza dell’atto dal titolare del diritto di querela cfr., Cass. Pen., 2, 18.12.2013 n. 5.527, Puleo . In definitiva, quindi, non par dubbio che l’atto di denuncia-querela sopra indicato non potesse e non possa in alcun modo, nell’attuale quadro normativo, consentire la perseguibilità del delitto di appropriazione indebita, quand’anche aggravato ai sensi dell’art. 61 c.p., n. 11. 4. Ritiene infine il collegio che il caso di specie esuli dalle ipotesi contemplate dal D.Lgs. n. 36 del 2018, art. 12 al comma 1, tale disposizione prevede, infatti, che per i reati perseguibili a querela in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato al comma 2, quindi, si prevede che se è pendente il procedimento il giudice informa la persona offesa dal reato della facoltà di esercitare il diritto di querela ed il termine decorre dal giorno in cui la persona è stata informata . In definitiva, quindi, per i reati divenuti perseguibili a querela di parte in forza del decreto legislativo, laddove il processo sia, come nel nostro caso, pendente, il giudice è tenuto ad informare la persona offesa del diritto di proporre querela nel caso in cui la querela non sia stata proposta nel termine di novanta giorni dalla data della ricezione dell’avviso il processo dovrà essere definito con sentenza di non doversi procedere per difetto della necessaria condizione di procedibilità dell’azione penale. Come è stato chiarito cfr., Cass. SS.UU., 21.6.2018 n. 40.150, Salatino , la disciplina transitoria di cui al richiamato art. 12 è certamente applicabile ai procedimenti pendenti in Cassazione cfr., pag. 10 della sentenza delle SS.UU. di cui si è detto . E, tuttavia, le stesse SS.UU. Salatino hanno condivisibilmente sottolineato, nel solco delle SS.UU. Corapi del 1982 concernente la analoga questione che si era posta con l’entrata in vigore della L. n. 689 del 1981 , ed al fine di evitare interpretazioni ingiustificatamente formalistiche, che l’avviso alla persona offesa non debba essere dato quando risulti dagli atti che il diritto di querela sia già stato formalmente esercitato cfr., pag. 11 della sentenza Salatino . Nel caso di specie, è indubbio che non soltanto il fatto ma anche la rilevanza penale del fatto fosse stata pienamente conosciuta ed apprezzata dalle persone offese ovvero dai condomini tanto che, nel termine di cui all’art. 124 c.p., la querela era stata proposta. Il fatto, tuttavia, che l’istanza di punizione fosse formalmente, e per le ragioni sopra indicate, inidonea ad integrare una rituale querela , non toglie che il diritto fosse stato esercitato sia pure in termini e con modalità non conformi a quanto previsto dalla legge le conseguenze della irritualità della querela debbono perciò restare a carico della persona offesa in quanto la applicazione, in questo caso, della norma transitoria di cui al D.Lgs. n. 36 del 2018, art. 12, finirebbe per risolversi in una remissione in termini ovvero nel riconoscimento della possibilità di sanare i vizi dell’atto attraverso la sua questa volta rituale formazione. 5. La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio la Corte di Appello, infatti, decidendo il processo in data successiva alla entrata in vigore del D.Lgs. n. 36 del 2018, avrebbe dovuto prendere atto della sopravvenuta perseguibilità del reato ad istanza di parte e, per altro verso, della irritualità ed inidoneità della istanza di punizione già formalizzata ed agli atti del fascicolo del dibattimento. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata per mancanza di valida querela.