L’omesso avviso di deposito della sentenza comporta una nullità a regime intermedio

L’omessa notifica al difensore dell’imputato dell’avviso di deposito della sentenza di primo grado comporta una nullità a regime intermedio, la quale, ove ritualmente eccepita, non è sanata dalla proposizione dell’appello da parte del difensore dell’imputato.

Lo ha ribadito la Cassazione con sentenza n. 11526/20 depositata il 7 aprile. Il caso. La Corte d’Appello, nel confermare la decisione con cui il Tribunale aveva condannato gli imputati alla reclusione per il delitto di tentato furto in abitazione, rigettava l’eccezione preliminare relativa alla nullità per omesso avviso del deposito della sentenza di primo grado al difensore. L’imputato ricorre per cassazione denunciando l’omesso avviso di deposito della sentenza di primo grado, che era stata emessa dal Tribunale oltre il termine di 30 giorni di cui all’art. 544, comma 2, c.p.p In particolare, il ricorrente lamenta che la nullità in questione doveva essere ritenuta di ordine generale e tempestivamente eccepita con l’atto di appello, non finalizzato tuttavia a sanarla. Omesso avviso di deposito della sentenza. La Cassazione ribadisce che l’omessa notifica all’imputato dell’avviso di deposito ex art. 548, comma 2, c.p.p. della sentenza di primo grado comporta una nullità a regime intermedio, la quale, ove ritualmente eccepita, non è sanata dalla proposizione dell’appello da parte del difensore dell’imputato. Infatti, prosegue la Corte, nei confronti dell’imputato non decorrono i termini per la proposizione dell’impugnazione con conseguente nullità ex art. 178, comma 1, lett. c , c.p.p. del decreto di citazione in appello e della sentenza emessa all’esito del relativo giudizio, così come chiarito anche dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 317/19. Tali principi riguardano anche ipotesi come quella della fattispecie in esame, ossia qualora l’omessa notifica dell’avviso di deposito riguardi anche il difensore o il codifensore. Per tali motivi, la Cassazione dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 19 dicembre 2019 – 7 aprile 2020, n. 11526 Presidente Di Salvo – Relatore Esposito Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, emessa all’esito di giudizio abbreviato, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Napoli del 25 settembre 2017, con cui R.F. e A.C. coimputato non ricorrente erano stati condannati alla pena condizionalmente sospesa per il solo A. di anni uno di reclusione ed Euro trecentotrentatre di multa in relazione al reato di cui all’art. 110 c.p., art. 61 c.p., n. 5, artt. 56 e 624 bis c.p., e art. 625 c.p., comma 1, n. 5, tentato furto nell’abitazione di R.A. . La Corte territoriale ha disatteso l’eccezione preliminare proposta dalla difesa degli imputati di nullità per omesso avviso del deposito della sentenza di primo grado al difensore, rilevando che essa è sanata se l’imputato personalmente o a mezzo del suo difensore propone l’impugnazione. Peraltro, l’avviso di deposito era stato notificato oltre che ai singoli imputati anche al difensore nominato nel giudizio di primo grado, che poi aveva rinunciato al mandato nel dicembre 2017. La Corte di merito ha ritenuto adeguata la pena inflitta dal giudice di primo grado, che aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche, irrogando una pena mite nonostante la gravità dei fatti e la personalità negativa del R. , gravato da precedente per rapina nonostante la sua giovanissima età. Ha escluso la possibilità di valutare positivamente il comportamento processuale, essendo stati entrambi gli imputati sorpresi in flagranza di reato all’interno dell’abitazione della persona offesa. Il Tribunale, infine, ha effettuato un abbattimento di un terzo sul minimo e di due terzi sul massimo della pena edittale prevista per il reato in esame. 2. Il R. , a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 178 c.p., lett. c , art. 180 c.p.p., e art. 548 c.p.p., comma 2. Si deduce che era stato omesso l’avviso di deposito della sentenza di primo grado, che era stata emessa dal Tribunale oltre il termine di trenta giorni previsto dall’art. 544 c.p.p., comma 2. In conseguenza del mancato avviso a colui il quale risultava difensore al momento del deposito della sentenza era stato leso il diritto di difesa dell’imputato. Questi aveva nominato l’avv. R. già nel corso del giudizio di primo grado. La nullità in questione doveva essere ritenuta di ordine generale, tempestivamente eccepita con l’atto di appello. In tale atto, peraltro, si precisava che esso non era finalizzato a sanare la predetta nullità. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1. Il motivo di ricorso è manifestamente infondato. L’omessa notifica all’imputato dell’avviso di deposito, ex art. 548 c.p.p., comma 2, della sentenza di primo grado comporta una nullità a regime intermedio, la quale, ove ritualmente eccepita, non è sanata dalla proposizione dell’appello da parte del difensore dell’imputato in tal caso, infatti - alla luce del dictum della sentenza della Corte costituzionale n. 317 del 2009 - non decorrono nei confronti dell’imputato i termini per la proposizione dell’impugnazione con conseguente nullità ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c , del decreto di citazione in appello e della sentenza emessa all’esito del relativo giudizio Sez. 5, n. 44863 del 07/10/2014, Prudentino, Rv. 261314 Sez. 5, n. 50980 del 05/11/2014, Stevanato, Rv. 261763, secondo cui, alla omessa notifica all’imputato contumace dell’avviso di deposito della sentenza di primo grado conseguono la mancata decorrenza nei suoi riguardi dei termini per la proposizione dell’impugnazione, nonché, qualora si sia proceduto al giudizio di appello, la nullità del decreto di citazione relativo a questo grado e l’annullamento senza rinvio della decisione successivamente emessa . 2. I principi di diritto richiamati, naturalmente, riguardano anche l’ipotesi in cui, come nella fattispecie in esame, l’omessa notifica dell’avviso di deposito riguardi il difensore o il codifensore. Tuttavia, qualora il medesimo difensore che non abbia ricevuto l’avviso di deposito della sentenza abbia proposto appello, tale nullità deve ritenersi sanata ai sensi dell’art. 183 c.p.p., comma 2, non rilevando che egli abbia espressamente manifestato l’intenzione di non sanarla. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, al fine di valutare la portata e sanabilità della nullità dedotta, va considerata innanzitutto la funzione dell’atto non regolarmente notificato, ovvero quella di rendere conoscibile la sentenza all’imputato per la proposizione della impugnazione quindi, laddove sia proposto un tempestivo appello, come nel caso di specie, la nullità risulta sanata la mancata o irregolare notificazione dell’avviso di deposito previsto dall’art. 548 c.p.p., commi 2 e 3, produce il solo effetto di non far decorrere il termine per la impugnazione Sez. 6, n. 3720 del 14/11/2013, dep. 2014, Agosti, non massimata Sez. 4, n. 46540 del 29/09/2004, Proietti, Rv. 230572 Sez. 6, n. 1258 del 03/11/2003, dep. 2004, Gualà, Rv. 228416 Sez. 5, n. 3349 del 01/02/2000, Palmegiani, Rv. 215586 . Contrariamente a quanto dedotto dalla difesa dell’imputato, il principio ha carattere generale e non trova applicazione esclusivamente nella fase di appello. Nè incide sulla validità di tale assunto la recente modifica normativa di cui alla L. n. 103 del 2017, che ha escluso la facoltà dell’imputato di proporre personalmente ricorso per Cassazione. 3. Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e - non sussistendo ragioni di esonero - al versamento della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese. processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende. Motivazione semplificata.