Imprenditore in crisi e costretto a rivolgersi alla Caritas: vacilla l’accusa di non avere provveduto al figlio minore

In discussione la condanna, pronunciata in Tribunale e confermata in appello, in merito al reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare. Da valutare in un nuovo processo le difficoltà economiche vissute dall’uomo, che, peraltro, prima del fallimento, aveva sostenuto da solo, senza aiuti della moglie, le spese per la ristrutturazione della casa familiare.

Prima la crisi aziendale, poi la bancarotta, infine il fallimento economico, che l’ha costretto addirittura a dover chiedere l’elemosina. A fronte di questo quadro vacilla l’accusa nei confronti dell’ex imprenditore per il presunto mancato versamento alla moglie del proprio contributo economico per il figlio minore. Da non trascurare, poi, secondo i giudici, il fatto che egli si sia caricato completamente le spese per la ristrutturazione della casa dove vive il figlio con la madre. Cassazione, sentenza n. 11364/20, sez. VI Penale, depositata il 6 aprile . Crisi. Riflettori puntati su un uomo, imprenditore in crisi e padre in difficoltà. A lui viene contestato di non avere violato il proprio obbligo di assistenza verso il figlio minore, avendogli fatto mancare i mezzi di sussistenza. Ricostruita la delicata vicenda, i giudici di merito ritengono doverosa la condanna dell’uomo, pur a fronte delle grosse difficoltà aziendali da lui vissute e dell’impegno economico sostenuto per la ristrutturazione della casa dove vive il figlio. Nel contesto della Cassazione, però, il legale del papà-imprenditore prova a dimostrare la buonafede del proprio cliente, ponendo sotto accusa, invece, la moglie che prima avrebbe utilizzato le sostanze dell’uomo per ristrutturare l’abitazione familiare e, successivamente, si sarebbe allontanata non appena questi si ritrovò nelle difficoltà economiche che lo condussero al dissesto ed al fallimento . Peraltro, aggiunge il legale, la donna sarebbe stata titolare di un reddito di circa 3mila euro al mese e non avrebbe mai partecipato alle spese, tutte sopportate dall’uomo . Per chiudere il cerchio, poi, l’avvocato sottolinea con forza le oggettive condizioni di incapacità economica del suo cliente, descritto dal curatore fallimentare come un soggetto ridotto a chiedere l’elemosina , e che aveva utilizzato le proprie sostanze economiche proprio per la casa in cui viveva il figlio e che ciò aveva fatto fino al momento della dichiarazione di fallimento . Caritas. Le obiezioni proposte dal legale vengono ritenute dotate di fondamento dai giudici della Cassazione, e sufficienti almeno a rimettere in discussione la responsabilità penale del papà-imprenditore. Necessario, in sostanza, un nuovo processo d’Appello proprio per valutare le condizioni economiche dell’uomo. E in questa ottica bisogna partire, secondo i giudici, dall’ipotesi da verificare che egli abbia assolto gli impegni economici per ristrutturare la casa familiare e che, proprio a causa di tale onere, abbia dilapidato le proprie sostanze, al punto da essersi ridotto a chiedere l’elemosina e a sopravvivere grazie alla Caritas ed agli altri centri di assistenza , come testimoniato dal curatore fallimentare. Questo elemento può mettere in dubbio, secondo i giudici, la capacità dell’uomo di adempiere, almeno in un dato momento temporale, ai propri obblighi di assistenza verso il figlio minore. A vacillare, quindi, è l’esistenza stessa del reato a lui contestato.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 29 maggio 2019 – 6 aprile 2020, n. 11364 Presidente Paoloni – Relatore Silvestri Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza con cui Ca. Vi. è stato condannato per il reato previsto dall'articolo 570, commi 1-2, cod. pen., per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza al figlio minore. 2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato articolando tre motivi. 2.1. Con il primo si lamenta vizio di motivazione. La Corte non avrebbe adeguatamente valutato le dichiarazioni della parte civile, Br. An., che, si assume, prima avrebbe utilizzato le sostanze dell'imputato per ristrutturare l'abitazione familiare e, successivamente, si sarebbe allontanata non appena questi si ritrovò nelle difficoltà economiche che lo condussero al dissesto ed al fallimento la donna sarebbe stata titolare di un reddito di circa 3 mila Euro al mese e non avrebbe mai partecipato alle spese, tutte sopportate dall'imputato sul punto, la motivazione della sentenza sarebbe silente. Il giudizio di penale responsabilità sarebbe stato inoltre formulato senza considerare le oggettive condizioni di incapacità economica dell'imputato, descritto dal curatore fallimentare come un soggetto ridotto a chiedere l'elemosina . 2.2. Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge in relazione all'articolo 603 cod. proc. pen. con riferimento alle testimonianze di Ca. Gi., fratello dell'imputato, e del geometra Gi. Ca. l'imputato, condannato in primo grado in contumacia, era stato rimesso in termini e la Corte di appello, diversamente da quanto statuito dalla Corte di cassazione, non avrebbe disposto la rinnovazione della istruttoria dibattimentale. 2.3. Con il terzo motivo si lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva, quelle, cioè, già indicate l'assunto della Corte di merito, secondo cui quelle deposizioni avrebbero avuto ad oggetto la ristrutturazione della casa e, dunque, non avrebbero avuto rilievo rispetto al fatto reato per cui si procede, non sarebbero condivisibili in quanto, invece, quelle testimonianze, se assunte, avrebbero comprovato che l'imputato aveva utilizzato le proprie sostanze economiche proprio per la casa in cui viveva il figlio e che ciò fece fino al momento della dichiarazione di fallimento. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato quanto al secondo ed al terzo motivo, che assumono valenza pregiudiziale ed assorbente. 2. Non è in contestazione che l'imputato sia stato rimesso in termini per impugnare la sentenza di condanna emessa dal Tribunale e che con l'atto di appello fosse stata chiesta la rinnovazione della istruttoria dibattimentale con riguardo alle testimonianze indicate il tema di prova, posto a fondamento delle richiesta, era quello di dimostrare che Ca. avesse assolto gli impegni economici per ristrutturare la casa familiare e che, proprio a causa di tale onere, avesse lapidato le proprie sostanze al punto da essersi ridotto a chiedere l'elemosina e che sopravvive grazie alla Caritas ed agli altri centri di assistenza così l'atto di appello, pag. 8, con cui si faceva riferimento alle affermazioni del curatore fallimentare rese nel processo avente ad oggetto il reato di bancarotta . Dunque, un fatto che, anche solo in ragione della contestazione aperta della permanenza della condotta delittuosa attribuita al ricorrente, ineriva alla prova delle condizioni economiche dell'imputato, della sua impossibilità colpevole di adempiere, almeno in un dato momento temporale, e, dunque, alla prova della stessa esistenza del reato. A fronte di tale specifico motivo di appello, la Corte, nell'ambito di una motivazione obiettivamente stringata, ha ritenuto che il tema di prova dedotto riguardasse solo le modalità di ristrutturazione della casa familiare e, quindi, che non fosse pertinente rispetto all'oggetto del processo. Si tratta di un'affermazione di principio errata il tema della ristrutturazione della casa aveva un chiara valenza pregiudiziale nella ricostruzione alternativa lecita dell'imputato ed era collegato indirettamente alla stessa configurabilità del reato, tenuto conto, peraltro, del principio di prova già a disposizione della stessa Corte di appello, costituito dalle dichiarazioni del curatore fallimentare, di cui si è già detto. 3. La Corte di cassazione ha in più occasioni affermato che il condannato, restituito nel termine per l'impugnazione per non avere avuto conoscenza del procedimento, ha diritto ad ottenere la rinnovazione della istruzione in appello, non potendo valere nei suoi confronti le limitazioni per la rinnovazione previste dall'articolo 603 cod. proc. pen., atteso il necessario coordinamento, in linea con l'articolo 6 CEDU, tra le disposizioni previste dagli artt. 175, comma secondo, e 603, comma quarto, del codice di rito Sez. F, n. 35984 del 27/08/2015, Ponci, Rv. 264556 Sez. 3, n. 39898 del 24/6/2014, G, Rv. 260416 Sez. 1, n. 844 del 25/2/2014 dep. 2015 , Leone Etchart, Rv. 261975 Sez. 5, n. 19891 del 30/1/2014, A, Rv. 259840 . Si tratta di un principio precisato dalla giurisprudenza nel senso che il diritto alla rinnovazione dibattimentale non è incondizionato ma deve essere coordinato con quelli di economia dell'attività processuale e dalla ragionevole durata del processo. In particolare, il provvedimento che concede la restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale di primo grado non invalida le prove già assunte, ma determina il diritto dell'imputato di ottenere l'assunzione di prove nuove o la riassunzione di prove già acquisite, purché, per ciascuna prova richiesta, sia indicato il tema di indagine che si intende approfondire, di modo che il giudice possa valutare la pertinenza e la rilevanza dei mezzi istruttori di cui si domanda l'ammissione Sez. 6, n. 42912 del 12/06/2018, Bakalli, Rv. 274202 Sez. 2, n. 32633 del 11/6/2014, Dicecca, Rv. 259986 . Dunque, davanti ad una richiesta di rinnovazione dibattimentale fondata su un tema di prova obiettivamente rilevante ai fini della conferma del giudizio di penale responsabilità, la Corte di appello di Firenze non ha fatto una corretta applicazione dei principi indicati. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio la Corte di appello, disposta la rinnovazione dibattimentale richiesta ed assunte le prove indicate, procederà anche ad una nuova valutazione della attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa ed ad un nuovo giudizio sulla penale responsabilità penale dell'imputato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Firenze.