Revoca della patente automatica anche in caso di messa alla prova: norma incostituzionale?

Nel procedimento con messa alla prova manca una condanna e, correlativamente, manca un’attribuzione di colpevolezza pertanto, in caso di esito positivo della messa alla prova, il giudice penale non deve applicare la sanzione amministrativa accessoria, ma deve investire il prefetto, quale autorità competente a irrogare le sanzioni della sospensione e della revoca della patente di guida.

Lo ha affermato la Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 42/20, depositata il 6 marzo. Il caso. La pronuncia in commento trae origine dalla questione di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, d.lgs. n. 285/1992 Nuovo codice della strada , come modificato dall’art. 1, comma 6, lett. b , n. 1 , l. n. 41/2016 Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali , nella parte in cui prevede obbligatoriamente l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida in ipotesi di estinzione del reato di cui all’art. 590- bis c.p. a seguito di esito positivo della sospensione del procedimento con messa alla prova. Ad avviso del giudice a quo , anche in ipotesi di sospensione del procedimento con messa alla prova con esito positivo, a cui consegua l’estinzione del reato, ai sensi dell’art. 168- ter , comma 2, c.p., il giudice sarebbe comunque tenuto all’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie previste dalla legge. Secondo il rimettente, la scelta del legislatore di rendere obbligatoria la revoca della patente anche in questa ipotesi si porrebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza, di proporzionalità e di uguaglianza in quanto, eliminando la previsione della possibilità di applicare la più tenue sanzione della sospensione della patente di guida, sottopone alla medesima sanzione accessoria, senza possibilità di graduazione, situazioni ontologicamente diverse, quali le lesioni gravi, le lesioni gravissime e l’omicidio colposo, derivanti dalla violazione di norme del codice della strada. Messa alla prova ed estinzione del reato. Come noto, l’imputato, ai sensi dell’art. 464- bis c.p.p., può chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova mediante la presentazione dell’istanza al giudice, corredata da un programma di trattamento, elaborato d’intesa con l’Ufficio di esecuzione penale esterna UEPE oppure, dalla richiesta di elaborazione di un programma di trattamento. Alla formulazione della richiesta segue l’effettiva elaborazione del programma di trattamento e, poi, la decisione del giudice in ordine all’idoneità del medesimo. La sospensione del procedimento con messa alla prova è disposta con ordinanza soltanto dopo che il giudice abbia ritenuto idoneo il trattamento in base ai parametri di cui all’art. 133 c.p. e abbia ritenuto che l’imputato si asterrà dal commettere altri reati, sempreché non debba pronunciare sentenza di proscioglimento. Decorso il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice, ai sensi dell’art. 464- septies c.p.p., dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento dell’imputato e del rispetto delle prescrizioni stabilite, ritiene che la prova abbia avuto esito positivo. Quando manca una condanna, la sanzione amministrativa spetta alla P.A Ad avviso della Consulta, il rimettente ha omesso di considerare il quadro normativo e giurisprudenziale relativo alle conseguenze sull’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie della dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova. Infatti, il giudice a quo non ha tenuto conto della giurisprudenza di legittimità secondo la quale la dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, ai sensi dell’art. 168-ter cod. pen., prescindendo dell’accertamento della responsabilità penale, comporta che il giudice non debba applicare la sanzione amministrativa accessoria della revoca o della sospensione della patente di guida, di competenza, invece, del prefetto, ai sensi dell’art. 224, comma 3, c.d.s. Cass. Pen., n. 29796/2017, n. 52868/2016 e n. 40069/2015 . Analogo principio è stato, altresì, affermato con riferimento alla dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione cfr. Cass Pen., n. 27405/2018 . Peraltro, anche in riferimento alla pronuncia di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131- bis c.p., la Corte di Cassazione, ha statuito che, quando manca una pronunzia di condanna o di proscioglimento, le sanzioni amministrative riprendono la loro autonomia ed entrano nella sfera di competenza dell’amministrazione pubblica così Cass. Pen., n. 13681/2016 . In definitiva, il rimettente ha erroneamente presupposto che l’art. 168- ter , comma 2, c.p., si riferisse al giudice e non, piuttosto, all’autorità amministrativa competente a irrogare la sanzione amministrativa accessoria, nei casi previsti dalla legge. La messa alla prova non equivale ad una condanna. Anche il Giudice delle leggi ha affermato che la messa alla prova rappresenta una considerazione della responsabilità dell’imputato incidentale ed allo stato degli atti, atteso che l’accertamento definitivo è rimesso all’eventuale prosieguo del giudizio, nel caso di esito negativo della prova Corte Cost., n. 68/2019 . Se è vero che nel procedimento con messa alla prova manca una condanna, è anche vero che correlativamente manca un’attribuzione di colpevolezza nei confronti dell’imputato e su sua richiesta non perché è considerato colpevole , in difetto di un formale accertamento di responsabilità, viene disposto un trattamento alternativo alla pena che sarebbe stata applicata nel caso di un’eventuale condanna cfr. Corte Cost., n. 91/2018 . Ne discende che l’omessa ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento ha minato irrimediabilmente l’iter logico argomentativo posto a fondamento della questione di legittimità costituzionale in quanto, se il rimettente avesse considerato le norme del codice della strada ed il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, in caso di esito positivo della messa alla prova, non avrebbe ritenuto di dover applicare la sanzione amministrativa accessoria, ma avrebbe dovuto investire il prefetto, quale autorità competente a irrogare le sanzioni della sospensione e della revoca della patente di guida, ai sensi degli artt. 218 e 219 cod. strada. Per consolidata giurisprudenza della Consulta, l’omessa considerazione del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento determina l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale cfr., ex plurimis , Corte Cost., n. 59/2019, n. 136/2018 e n. 88/2017 .

Corte Costituzionale, ordinanza 11 febbraio - 6 marzo 2020, n. 42 Presidente Cartabia – Redattore Amoroso Fatto e diritto Ritenuto che, con ordinanza del 14 novembre 2018, il Giudice del Tribunale ordinario di Verbania ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 Nuovo codice della strada , come modificato dall’art. 1, comma 6, lettera b , numero 1 , della legge 23 marzo 2016, n. 41 Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 , nella parte in cui prevede obbligatoriamente l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida in ipotesi di estinzione del reato di cui all’art. 590-bis c.p. a seguito di esito positivo della sospensione del procedimento con messa alla prova che il rimettente riferisce di procedere nei confronti di una persona imputata del delitto di lesioni personali stradali gravi o gravissime, in relazione a una condotta non aggravata di cui al primo comma dell’art. 590-bis del codice penale che il difensore dell’imputato ha tempestivamente formulato la richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova, producendo attestazione della presentazione della richiesta all’Ufficio di esecuzione penale esterna UEPE competente per l’elaborazione del programma, rispetto al quale il pubblico ministero ha formulato parere favorevole che, ad avviso del giudice a quo, anche in ipotesi di sospensione del procedimento con messa alla prova con esito positivo, a cui consegua l’estinzione del reato, ai sensi dell’art. 168-ter II° comma c.p., il giudice è comunque tenuto all’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie previste dalla legge che, pertanto, sussisterebbe la rilevanza, nel presente processo, della questione che si prospetta che, infatti, l’art. 1, comma 6, lettera b , della legge n. 41 del 2016 ha, tra l’altro, modificato l’art. 222 cod. strada, introducendo, al quarto periodo del comma 2, la previsione dell’applicazione obbligatoria in caso di condanna, anche condizionalmente sospesa, o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida che il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale della disposizione censurata, per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui in base al combinato disposto con la norma di cui all’art. 168-ter, comma 2 c.p. rende obbligatoria l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida anche nell’ipotesi di estinzione del reato di cui all’art. 590-bis cod. pen., per esito positivo della messa alla prova ai sensi dell’art. 464-septies cod. proc. pen. che la scelta del legislatore si porrebbe in contrasto con il principio di ragionevolezza, di proporzionalità e di uguaglianza in quanto, eliminando la previsione della possibilità di applicare la più tenue sanzione della sospensione della patente di guida, sottopone alla medesima sanzione accessoria, senza possibilità di graduazione, situazioni ontologicamente diverse, quali le lesioni gravi, le lesioni gravissime e l’omicidio colposo, derivanti dalla violazione di norme del codice della strada che, in particolare, la lesione dei richiamati principii deriverebbe dalla diversità delle condotte, attestata dalla notevole differenziazione delle sanzioni penali, graduate in funzione del diverso disvalore sociale degli illeciti in rapporto all’evidente, differente, intensità dell’offesa ai beni giuridici della vita e dell’incolumità individuale che, con atto del 27 maggio 2019, si è costituito in giudizio l’imputato S. L., chiedendo che la questione sia dichiarata ammissibile e fondata che, in particolare, osserva che, anche in caso di sentenza dichiarativa di estinzione del reato, per esito positivo della messa alla prova, il giudice sarebbe chiamato a dare applicazione alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, ai sensi della disposizione censurata che, richiamando la sentenza di questa Corte n. 88 del 2019, afferma come l’indifferenziato automatismo risulti vieppiù irragionevole nel caso di specie. Considerato che la sollevata questione di legittimità costituzionale – avente ad oggetto l’art. 222, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 Nuovo codice della strada , come modificato dall’art. 1, comma 6, lettera b , numero 1 , della legge 23 marzo 2016, n. 41 Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 , per plurimi motivi, è manifestamente inammissibile che, in particolare, il rito speciale in esame, previsto e disciplinato dagli artt. 168-bis e seguenti del codice penale e dagli artt. 464-bis e seguenti del codice di procedura penale, introdotti, rispettivamente, dall’art. 3, comma 1, e dall’art. 4, comma 1, lettera a , della legge 28 aprile 2014, n. 67 Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili , si snoda secondo un articolato procedimento che, infatti, ai fini che qui rilevano, l’imputato, ai sensi dell’art. 464-bis cod. proc. pen., può chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova mediante la presentazione dell’istanza al giudice, corredata da un programma di trattamento, elaborato d’intesa con l’Ufficio di esecuzione penale esterna UEPE oppure, dalla richiesta di elaborazione di un programma di trattamento che, secondo quanto previsto dall’art. 464-quater cod. proc. pen., alla formulazione della richiesta segue l’effettiva elaborazione del programma di trattamento e, poi, la decisione del giudice in ordine all’idoneità del medesimo che la sospensione del procedimento con messa alla prova è disposta con ordinanza soltanto dopo che il giudice abbia ritenuto idoneo il trattamento, in base ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen., e abbia ritenuto che l’imputato si asterrà dal commettere altri reati, sempreché non debba pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. che il procedimento non può essere sospeso per un periodo superiore a due anni, quando si procede per reati per i quali è prevista una pena detentiva, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, e per un periodo superiore a un anno quando si procede per reati per i quali è prevista la sola pena pecuniaria che, infine, decorso il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova, il giudice, ai sensi dell’art. 464-septies cod. proc. pen., dichiara con sentenza estinto il reato se, tenuto conto del comportamento dell’imputato e del rispetto delle prescrizioni stabilite, ritiene che la prova abbia avuto esito positivo che, nel caso di specie, il rimettente ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sulla base della mera richiesta, formulata dall’imputato, di essere ammesso al rito speciale della sospensione del procedimento con messa alla prova che, quindi, nel giudizio a quo, il rimettente non deve decidere sulla estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, ai sensi dell’art. 464-septies cod. proc. pen., non avendo il rimettente neppure emesso l’ordinanza di sospensione del procedimento che, dunque, la sentenza di estinzione del reato, per il possibile esito positivo della messa alla prova, cui conseguirebbe, ad avviso del giudice a quo, l’applicazione obbligatoria della sanzione accessoria amministrativa della revoca della patente di guida, si presenta come meramente eventuale che, pertanto, alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, la questione è irrilevante e, dunque, inammissibile perché sollevata in via meramente ipotetica e astratta ex multis, sentenza n. 217 del 2019 ordinanze n. 259 del 2016 e n. 96 del 2014 che, inoltre, il giudice a quo muove dal presupposto secondo cui l’art. 168-ter, secondo comma, cod. pen., nella parte in cui dispone che l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge , implichi che il giudice sia comunque tenuto all’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie previste dalla legge che sulla base di tale interpretazione della norma censurata, il rimettente ha sollevato la questione di legittimità, nella convinzione di essere obbligato ad applicare, anche in caso di eventuale sentenza di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, anziché la più tenue sanzione della sospensione della stessa che, il rimettente – a prescindere dalla recente sentenza n. 88 del 2019 con cui questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata nel presente giudizio, nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen., il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo periodo del comma 2 dell’art. 222 cod. strada, allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli artt. 589-bis e 590-bis cod. pen. – ha omesso di considerare il quadro normativo e giurisprudenziale in ordine alle conseguenze della dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova sull’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie che, infatti, il giudice a quo non si è confrontato con la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale la dichiarazione di estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova, ai sensi dell’art. 168-ter cod. pen., prescindendo dell’accertamento della responsabilità penale, comporta che il giudice non debba applicare la sanzione amministrativa accessoria della revoca o della sospensione della patente di guida, di competenza, invece, del prefetto, ai sensi dell’art. 224, comma 3, cod. strada Corte di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 25 maggio-14 giugno 2017, n. 29796 sezione quarta penale, sentenze 24 novembre-14 dicembre 2016, n. 52868, e 17 settembre-5 ottobre 2015, n. 40069 che, analogo principio è stato, altresì, affermato con riferimento alla dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione Corte di cassazione, sezione quarta penale, sentenza 10 maggio-14 giugno 2018, n. 27405 che, peraltro, anche in riferimento alla pronunzia di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., la Corte di cassazione, ha statuito che quando manca una pronunzia di condanna o di proscioglimento, le sanzioni amministrative riprendono la loro autonomia ed entrano nella sfera di competenza dell’amministrazione pubblica Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 25 febbraio-6 aprile 2016, n. 13681 che, infine, il rimettente ha, altresì, omesso di considerare il quadro normativo delineato dalle disposizioni di cui gli artt. 221, 224 e 224-ter cod. strada, dalle quali si ricava il riespandersi dell’autonomia della sanzione amministrativa accessoria in caso di estinzione del reato che, anche questa Corte, quanto alla natura dell’istituto della messa alla prova, ha affermato che si tratta di una considerazione della responsabilità dell’imputato , in via incidentale e allo stato degli atti perché l’accertamento definitivo è rimesso all’eventuale prosieguo del giudizio, nel caso di esito negativo della prova sentenza n. 68 del 2019 e ha, inoltre, precisato che se è vero che nel procedimento con messa alla prova manca una condanna, è anche vero che correlativamente manca un’attribuzione di colpevolezza nei confronti dell’imputato e su sua richiesta non perché è considerato colpevole , in difetto di un formale accertamento di responsabilità, viene disposto un trattamento alternativo alla pena che sarebbe stata applicata nel caso di un’eventuale condanna sentenza n. 91 del 2018 che, dunque, il rimettente ha erroneamente presupposto che l’art. 168-ter, comma 2, cod. pen, si riferisse al giudice e non, piuttosto, all’autorità amministrativa competente a irrogare la sanzione amministrativa accessoria, nei casi previsti dalla legge che, quindi, l’omessa ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento ha minato irrimediabilmente l’iter logico argomentativo posto a fondamento della questione di legittimità costituzionale in quanto, se il rimettente avesse considerato le norme del codice della strada e il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, in caso di esito positivo della messa alla prova, non avrebbe ritenuto di dover applicare la sanzione amministrativa accessoria, ma avrebbe dovuto investire il prefetto, quale autorità competente a irrogare le sanzioni della sospensione e della revoca della patente di guida, ai sensi degli artt. 218 e 219 cod. strada che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’omessa considerazione del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento determina l’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale ex plurimis, ordinanze n. 59 del 2019, n. 136 del 2018, n. 88 del 2017 e n. 92 del 2015 . Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 1, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale. Per questi motivi la Corte Costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, quarto periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 Nuovo codice della strada , come modificato dall’art. 1, comma 6, lettera b , numero 1 , della legge 23 marzo 2016, n. 41, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice del Tribunale ordinario di Verbania, con l’ordinanza indicata in epigrafe.