Pericolosità e mancanza di convivenza con la consorte italiana: confermata l’espulsione dello straniero

Respinta la richiesta dello straniero in carcere di rivalutarne rapidamente la pericolosità. Inutile il richiamo alla situazione familiare l’uomo è sì sposato con una cittadina italiana, ma non convive con lei da lungo tempo ed è lontano, a causa della pena, il momento dell’uscita dalla prigione e del possibile ritorno con la consorte.

Pericolosità evidente – come testimoniato dai reati compiuti e dalla relativa pena – e rottura della convivenza con la coniuge italiana questi due fondamentali dettagli bastano per rendere legittima l’espulsione dello straniero Cassazione, sentenza n. 7456/20, sez. I Penale, depositata oggi . Condanna. Concordi magistrato di sorveglianza e Tribunale di sorveglianza esecutiva, di conseguenza, la misura di sicurezza dell’espulsione dal territorio dello Stato applicata a uno straniero a seguito di provvedimento del GUP del Tribunale, che lo ha condannato a tre anni di reclusione, provvedimento poi confermato in Appello. Lo straniero si trova in carcere con ‘fine pena’ indicato nel 2028, è ritenuto pericoloso, considerati i reati commessi e la pena subita, mentre viene catalogato come non rilevante il dato costituito dal suo matrimonio con una donna di nazionalità italiana. Su quest’ultimo fronte, in particolare, i Giudici osservano che la possibilità di ripristinare la convivenza non è verificabile proprio a causa della lontananza del ‘fine pena’ . Pericolo. Lo straniero affida al ricorso in Cassazione le ultime speranze di riuscire ad evitare l’espulsione. E in questa ottica egli, tramite il proprio legale, denuncia il giudizio di prematurità, espresso dai giudici, in merito all’ accertamento della sua pericolosità sociale . A suo parere tale valutazione è erronea, poiché l’ordinamento consente tale valutazione anticipata rispetto alla conclusione dell’espiazione della pena mentre non vi è alcuna regola di sistema che stabilisca la necessaria prossimità della domanda di accertamento della persistenza della pericolosità sociale rispetto al tempo della fine della pena , tanto più che i reati in espiazione sono stati commessi in epoca antecedente rispetto a quelli per i quali era stata disposta la misura di sicurezza dell’espulsione . Per dar forza alla propria posizione, poi, l’uomo ricorda anche di essere legato a una moglie di nazionalità italiana con la quale ha contratto matrimonio da cui sono nati due figli”. Evidente, quindi, a suo parere, l’esistenza di una causa di ineseguibilità della misura di espulsione alla luce dello stabile e duraturo rapporto familiare . Valutazione della pericolosità. Le obiezioni proposte dal legale dello straniero non convincono però i Giudici della Cassazione, che, di conseguenza, ne confermano l’espulsione dall’Italia. Primo punto in discussione è il momento in cui deve effettuarsi la verifica della pericolosità sociale del condannato. Su questo fronte i Giudici richiamano la Corte Costituzionale, che ha imposto l’accertamento in concreto della pericolosità sociale e ha stabilito il principio che tutte le misure di sicurezza personali vanno precedute dell’accertamento che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa. In questo quadro è corretta, spiegano i Giudici della Cassazione, l’osservazione fatta dai giudici di merito sul carattere eccessivamente anticipato di tale verifica riguardo alla posizione dello straniero, poiché il sistema generale delle misure di sicurezza, postulando la necessità di una permanente verifica della condizione principe di applicabilità, richiede che la pericolosità sociale sia accertata in prossimità del momento dell’esecuzione della misura stessa, cioè all’esito dell’espiazione della pena . Di conseguenza, la determinazione del Tribunale di sorveglianza è stata nel senso che, all’attualità, gli esiti dell’osservazione inframuraria depongono in senso totalmente sfavorevole al condannato, considerati i reati commessi e l’entità della pena in espiazione . Ciò implica che all’attualità vi sia una concreta pericolosità sociale , ma la rilevanza di tale valutazione è nulla, dovendosi tale vaglio effettuare con rilievo decisivo soltanto quando la misura di sicurezza diventerà eseguibile . Tale valutazione non è messa in discussione neanche dall’osservazione che la condanna attualmente in esecuzione riguardi reati commessi prima di quello per il quale venne disposta la misura di sicurezza, la cui pena è già stata interamente espiata. La valutazione della pericolosità sociale si pone, difatti, su un piano differente, e peraltro il rilievo che ancor prima dell’applicazione della misura di sicurezza lo straniero avesse commesso più gravi condotte in violazione della normativa sugli stupefacenti non fa che rendere più pregnante allo stato attuale il giudizio di pericolosità sociale, appunto in considerazione dell’indice della pesante condanna riportata per quei delitti . In sostanza, affrontando il tema della intempestività, perché eccessivamente anticipata, dell’istanza di valutazione della pericolosità sociale, bisogna tener presente, spiegano i giudici, che la statuizione in punto di misura di sicurezza, divenuta definitiva, risulta rivedibile, nella maggior parte dei casi, in riferimento al profilo della persistenza della pericolosità sociale e ciò richiede, per logica, un minimo di distanza temporale tra il momento della definitività del titolo e quello della richiesta di rivalutazione, ma in nessun caso è estraibile dalle disposizioni normative applicabili una regola di necessaria prossimità della domanda al ‘fine pena’ . Tuttavia, in questa vicenda va considerato un ulteriore profilo di rilievo attinente alla valutazione dell’interesse dello straniero ad ottenere un accertamento immediato peraltro nella specie incidentalmente effettuato con esito negativo dal Tribunale di sorveglianza , laddove il rinvio della verifica sulla persistenza della pericolosità sociale a tempi più congrui appare funzionale allo sviluppo del trattamento penitenziario, con le potenzialità rieducative che ne conseguono, e dunque con il formarsi di un più completo quadro di osservazione . Per quanto concerne, poi, il tema della famiglia creata in Italia dallo straniero, i giudici della Cassazione sono netti la verifica della sussistenza dello stato di convivenza con il coniuge di nazionalità italiana, condizione ostativa all’applicazione dell’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, va compiuta all’esito dell’espiazione della pena, momento in cui il magistrato di sorveglianza dispone l’esecuzione del provvedimento e, soprattutto, deve essere abbinata ad un’attenta ponderazione della pericolosità concreta ed attuale dello straniero in rapporto alla sua complessiva situazione familiare, alla luce della natura e dell’effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno in Italia e dell’esistenza di legami familiari, culturali e sociali con il Paese di origine . Ebbene, in questo caso, l’esame della condizione familiare dello straniero , alla luce della prospettiva di bilanciamento tra interesse generale alla sicurezza sociale ed interesse del singolo alla vita familiare , consente di osservare che attualmente lo straniero non convive con i familiari da lungo tempo e non ha prospettive di ravvicinato ripristino della convivenza, data la lunga pena detentiva in espiazione .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 11 – 25 febbraio 2020, n. 7456 Presidente Casa – Relatore Liuni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 12/2/2019, il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha rigettato l'impugnazione proposta da Ib. Ho. avverso l'ordinanza del 20/9/2018 del Magistrato di sorveglianza di Livorno che aveva dichiarato esecutiva la misura di sicurezza dell'espulsione dal territorio dello Stato, applicata all'Ho. con sentenza del GUP del Tribunale di Livorno del 12/7/2011 confermata in appello di condanna a tre anni di reclusione per i reati di cui all'art. 73 D.P.R. n. 309 del 1990 e agli artt. 648 e 624 cod. pen. commessi il 14 giugno 2010. Osserva il Collegio che l'Ho. si trova attualmente in espiazione della pena di anni 10 mesi 5 e giorni 10 di reclusione inflitta con altro titolo esecutivo, per i delitti di rapina e art. 73 cit. D.P.R. commessi nei primi mesi del 2010, con fine pena indicato al 2028. 1.1 Quanto al riesame della pericolosità, esso è stato ritenuto condotto in epoca troppo anticipata rispetto all'indicato fine pena, sicché è impossibile apprezzare gli esiti di un'osservazione inframuraria del tutto prematura, e comunque allo stato totalmente sfavorevole al condannato, considerati i reati commessi e l'entità della pena. 1.2 Quanto all'eccepita ostatività all'espulsione derivante dall'art. 19 D.Lgs. n. 286 del 1998 poiché Ib. Ho. è coniugato con Kh. Ch., di nazionalità italiana, osserva il Tribunale di sorveglianza che la possibilità di ripristinare la convivenza oggi non è verificabile per la lontananza del fine pena. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del condannato, avv. Ma. Ra. Dell'Ag., lamentando vari profili di vizio di motivazione, nonché la violazione di legge processuale, in relazione agli artt. 678 e 680 cod. proc. pen. e all'art. 19, comma 2 lett. c , D. Lgs. n. 286 del 1998. 2.1 Il ricorrente denuncia che il giudizio di prematurità dell'accertamento della pericolosità sociale dell'Ho. è errato, in quanto l'ordinamento consente tale valutazione anticipata rispetto alla conclusione dell'espiazione della pena, mentre non vi è alcuna regola di sistema che stabilisca la necessaria prossimità della domanda di accertamento della persistenza della pericolosità sociale rispetto al tempo della fine della pena. Tanto più che i reati in espiazione sono stati commessi in epoca antecedente rispetto a quelli per i quali era stata disposta la misura di sicurezza dell'espulsione. 2.2 Ulteriore profilo di illogicità della motivazione si trae dall'omissione dell'esame dell'osservazione inframuraria, con totale pretermissione degli esiti istruttori in atti. All'uopo il ricorrente evidenzia che dall'epoca di commissione dell'ultimo delitto, risalente al 14 giugno 2010, l'Ho. non aveva più commesso alcun reato, essendo quelli in attuale espiazione risalenti all'aprile-maggio 2010, ma tale circostanza non è stata considerata nell'impugnata ordinanza. 2.3 E' stata poi lamentata l'indicata violazione di legge processuale, quanto alla causa ostativa all'espulsione costituita dall'essere il condannato coniugato con moglie di nazionalità italiana, con la quale aveva contratto matrimonio il 2/4/1998, da cui sono nati due figli, nel 2000 e nel 2009. Pertanto, non è stata considerata la causa di ineseguibilità della misura di sicurezza personale, costituita dallo stabile e duraturo rapporto familiare. 3. Il Procuratore generale, dr.ssa An. Pi., ha depositato requisitoria scritta, nella quale chiede la declaratoria di inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. 1.1 II primo punto attiene al momento in cui deve effettuarsi la verifica della pericolosità sociale del condannato, condizione di compatibilità costituzionale dell'espulsione vincolata ex art. 86 D.P.R. n. 309 del 1990, nella specie applicata all'Ho. contestualmente alla condanna. Infatti, con sentenza n. 58 del 24/2/1995, la Corte Costituzionale ha imposto l'accertamento in concreto della pericolosità sociale anche per tale misura di sicurezza, eseguibile a pena espiata per espresso disposto normativo, da inquadrarsi nell'ambito dell'ordinamento penale, nel quale, in seguito all'adozione dell'art. 31 della Legge 10 ottobre 1986, n. 663 che ha abrogato l'art. 204 cod. pen. , vige il principio che tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate, previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto, è persona socialmente pericolosa . 1.2 II rilievo espresso nell'impugnato provvedimento, quanto al carattere eccessivamente anticipato di tale verifica non è affetto da alcuna illogicità, ma si inserisce a pieno titolo nel sistema generale delle misure di sicurezza che, postulando la necessità di una permanente verifica della condizione principe di applicabilità, richiede che la pericolosità sociale sia accertata in prossimità del momento dell'esecuzione della misura stessa, cioè all'esito dell'espiazione della pena. Pertanto, lungi dal non avere valutato gli esiti dell'osservazione inframuraria, la determinazione del Tribunale di sorveglianza è stata nel senso che all'attualità, quegli esiti depongono in senso totalmente sfavorevole al condannato, considerati i reati commessi e l'entità della pena in espiazione. Ciò implica che all'attualità, vi sia una concreta pericolosità sociale, ma la rilevanza di tale valutazione è pressocchè nulla, dovendosi tale vaglio effettuare con rilievo decisivo soltanto quando la misura di sicurezza diventerà eseguibile. Non osta a tale determinazione la censura che la condanna attualmente in esecuzione riguardi reati commessi prima di quello per il quale venne disposta la misura di sicurezza, la cui pena è già stata interamente espiata. La valutazione della pericolosità sociale si pone su un piano differente, e peraltro il rilievo che ancor prima dell'applicazione della misura di sicurezza l'Ho. avesse commesso più gravi condotte in violazione della normativa sugli stupefacenti non fa che rendere più pregnante allo stato attuale il giudizio di pericolosità sociale, appunto in considerazione dell'indice della pesante condanna riportata per quei delitti. 1.3 Sempre con riferimento al rilievo dell'intempestività dell'istanza perché eccessivamente anticipata, deve conclusivamente osservarsi quanto segue. Questa Corte ha affermato che E' evidente che la statuizione in punto di misura di sicurezza, divenuta definitiva trattasi di capo della decisione emessa in cognizione, anche autonomamente impugnabile ai sensi e con le modalità di cui all'art. 579 cod. proc. pen. risulta rivedibile, nella maggior parte dei casi, in riferimento al profilo della persistenza della pericolosità sociale e ciò richiede, per logica, un minimo di distanza temporale tra il momento della definitività del titolo e quello della richiesta di rivalutazione omissis , ma in nessun caso è estraibile, dalle disposizioni normative applicabili, una regola di necessaria prossimità della domanda al 'fine pena', specie in un caso come quello oggetto della presente decisione Sez. 1, n. 49242 del 18/05/2017, Lucky, Rv. 271448 - 01 . Da tale pronuncia, richiamata anche dal ricorrente, è enucleabile un principio di sistema al quale si intende dare continuità, ma nella considerazione della specifica vicenda in esame è necessario considerare un ulteriore profilo di rilievo attinente alla valutazione dell'interesse dell'Ho. ad ottenere un accertamento immediato peraltro nella specie incidentalmente effettuato con esito negativo dal Tribunale di sorveglianza , laddove il rinvio della verifica sulla persistenza della pericolosità sociale a tempi più congrui appare funzionale allo sviluppo del trattamento penitenziario, con le potenzialità rieducative che ne conseguono, e dunque con il formarsi di un più completo quadro di osservazione. 2. La doglianza che denuncia la violazione dell'art. 19 comma 2, lett. c , del D.Lgs. n. 286 del 1998 è parimenti infondata. Invero, come ha correttamente rilevato l'impugnata ordinanza, la verifica della sussistenza dello stato di convivenza con il coniuge di nazionalità italiana, condizione ostativa all'applicazione dell'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, va compiuta all'esito dell'espiazione della pena, momento in cui il magistrato di sorveglianza dispone l'esecuzione del provvedimento Sez. 1, n. 40529 del 9/5/2017, PG in proc. Hassine, Rv. 270984 , e deve essere abbinata ad un'attenta ponderazione della pericolosità concreta ed attuale dello straniero in rapporto alla sua complessiva situazione familiare, alla luce della natura e dell'effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno in Italia e dell'esistenza di legami familiari, culturali e sociali con il paese di origine Sez. 1, n. 45973 del 30/10/2019, Ramirez Chavez, Rv. 277454 , presupponendo l'esame comparativo della condizione familiare dello straniero, ove ritualmente prospettata, con gli altri criteri di valutazione indicati dall'art. 133 cod. pen., in una prospettiva di bilanciamento tra interesse generale alla sicurezza sociale ed interesse del singolo alla vita familiare Sez. 4, n. 52137 del 17/10/2017, Talbi, Rv. 271257 . Ciò è quanto ha rilevato il Tribunale di sorveglianza, rinviando anche per questo profilo al momento in cui tali valutazioni assumeranno concreto rilievo, cioè al momento dell'eseguibilità della misura di sicurezza. Invero, allo stato l'Ho. non convive con i familiari da lungo tempo e non ha prospettive di ravvicinato ripristino della convivenza, data la lunga pena detentiva in espiazione. 2. Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso, e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro tremila alla cassa delle ammende, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., non risultando l'assenza di profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000. P.Q.M . Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila a favore della cassa delle ammende.