Prescrizione del reato di usura: qual è il momento ultimo dal quale decorre?

In tema di usura, si ha la riscossione” ai sensi dell’art. 644-ter c,p. che costituisce il momento ultimo dal quale far decorrere la prescrizione del reato , quando la percezione di somme o altre utilità, da parte dell’agente, in dipendenza del rapporto usurario, sia la conseguenza di opportunità volontariamente offertegli alla vittima anche quando, nel momento finale della realizzazione dell’interesse dell’usurario, manchi la collaborazione dell’usurato.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 6380/20, depositata il 18 febbraio. I fatti. La Corte d’Appello, confermando la sentenza di primo grado, condannava l’imputato per il reato di usura. Quest’ultimo, a mezzo del proprio difensore, ricorre in Cassazione sostenendo che la Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere sussistente il reato sopra detto dato che dagli atti non era mai emerso che questi avesse riscosso effettivamente gli interessi usurari. Prescrizione del reato di usura. In tema di usura, i Supremi Giudici ricordano che la riscossione che ai sensi dell’art. 644- ter c.p. costituisce il momento ultimo dal quale decorre la prescrizione del reato deve essere intesa riferita al momento del pagamento da parte del debitore o di tutto o parte del capitale o degli interessi usurari, o della rinnovazione dei titoli o della realizzazione del credito in sede esecutiva o ancora il ricorso a procedure esecutive che determinano un vincolo, anche parziale, sul patrimonio del debitore. E, nel caso in esame, la Corte d’Appello facendo decorrere il termine di prescrizione dalla dazione dell’ultimo titolo ha fatto corretta applicazione di tale principio. A ciò consegue, quindi, l’inammissibilità del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 9 ottobre 2019 – 18 febbraio 2020, n. 6380 Presidente Cervadoro – Relatore Saraco Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 31 marzo 2017, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Velletri che condannava F.P. per il reato di usura commesso in danno di M.P. . 2. F.P. , a mezzo del proprio difensore, con un unico motivo deduce il vizio di violazione di legge in ordine agli artt. 157, 158, 644 e 644 ter c.p. e vizio di motivazione. A tal proposito si duole dell’erroneo rigetto della richiesta fatta alla Corte di appello di dichiarare di non doversi procedere nei confronti dell’imputato per sopravvenuta estinzione del reato per prescrizione. Precisa che dalla lettura degli atti e della sentenza di primo grado emerge che F. non ha mai riscosso effettivamente gli interessi usurari, non essendo a tal fine sufficiente la mera ricezione di assegni mai portato all’incasso, per come avvenuto nel caso in esame. Viene così richiamato il principio di diritto in forza del quale il momento consumativo del reato coincide con la percezione effettiva degli interessi, con le conseguenti ricadute in punto di decorrenza del tempo utile al perfezionamento della prescrizione. Aggiunge che orbene, nel caso in esame, come detto, il titolo sequestrato al F. era stato rilasciato esclusivamente a garanzia e, dunque, per la corretta consumazione del reato, la Corte avrebbe dovuto considerare l’unica effettiva dazione di interessi che, secondo il denunciante, sarebbe avvenuta nell’ottobre 2005 , con la conseguenza che la sentenza avrebbe dovuto ritenere consumato il reato nel mese di ottobre 2005, con l’unica effettiva dazione di denaro e di conseguenza applicare la prescrizione del reato prevista prima dell’entrata in vigore della L. n. 251 del 2005 . Conclude assumendo che la sentenza posticipa in maniera illogica e contraddittoria e in violazione di legge la consumazione del reato alla dazione di quest’ultimo assegno in garanzia e ritenendo di dover applicare, quindi, la nuova normativa contenuta nella ex Cirielli entrata in vigore nel dicembre 2005 . Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché palesemente infondato. 1.1. Il ricorrente sostiene che la sola dazione di un assegno rilasciato in rinnovazione non sia sufficiente a spostare nel tempo il momento consumativo del reato, atteso che l’art. 644 ter c.p. calibra questo momento alla riscossione degli interessi o del capitale, in ciò intendendosi l’effettiva percezione della corrispondente somma di denaro e non la mera consegna di un assegno in garanzia, mai portato all’incasso. 1.2. Con riguardo al tema della identificazione della riscossione che a norma dell’art. 644 ter c.p. costituisce il momento ultimo dal quale decorre la prescrizione, però, questa sezione ha già affermato che in tema di usura, la riscossione che ai sensi dell’art. 644 ter c.p. costituisce il momento ultimo dal quale decorre la prescrizione del reato deve essere intesa riferita al momento del pagamento da parte del debitore di tutto o parte del capitale o degli interessi usurari, ovvero della rinnovazione dei titoli o della realizzazione del credito in sede esecutiva o il ricorso a procedure esecutive che determinano un vincolo, anche parziale, sul patrimonio del debitore. In motivazione la Corte ha precisato che esula, invece, dal concetto di riscossione la semplice proposizione di richieste informali di pagamento all’indirizzo del debitore , Sez. 2, Sentenza n. 11839 del 06/03/2018, Catania Rv. 272351 . Con la menzionata sentenza si è risaltato come la Corte di cassazione avesse già chiarito Cass. Sez. II, 11 aprile 2012 n. 13418 che deve ritenersi che si abbia riscossione ai sensi dell’art. 644 ter c.p. quante volte la percezione di somme o altre utilità, da parte dell’autore del reato, in dipendenza del rapporto usurario, sia comunque la conseguenza di opportunità volontariamente offertegli dalla vittima, anche quando, in concreto, nel momento finale della realizzazione dell’interesse dell’usuraio, manchi la collaborazione dell’usurato. Tanto avviene quando il credito usurario sia realizzato in tutto o in parte in sede esecutiva mediante strumenti legali assicurati dal debitore, essendo, in particolare originariamente immanente nella costituzione di un rapporto cartolare di assegni rinnovati, la prospettiva di un adempimento coattivo agevolato dalla natura del titolo, in luogo dell’adempimento volontario del debitore. La tesi della rilevanza ai fini della individuazione del momento consumativo ultimo del reato e della decorrenza del termine di prescrizione dell’ultimo dei pagamenti degli interessi usurari o del capitale, è stata altresì validata da questa corte in altre e differenti pronunce anche recenti Sez. II, ordinanza n. 4270 del 2018 23 giugno 2016 n. 29882 , con la precisazione che costituiscono ipotesi di riscossione anche le attività di rinnovazione dei titoli portanti il 7 credito usurario Sez. II, 17, maggio 2017 n. 29492 , l’esecuzione forzata Sez.2, 31 gennaio 2017 n. 18714 , la monetizzazione delle cambiali rilasciate dalla vittima Sez. 2, 4 giugno 2014 n. 37694 26 novembre 2013 n. 13551/2014 . Conseguentemente, per riscossione ai sensi dell’art. 644 ter c.p. va inteso o il momento del pagamento da parte del debitore di parte o tutto del capitale o degli interessi usurari, o la rinnovazione dei titoli, ovvero la realizzazione del credito in sede esecutiva ma non anche la semplice proposizione di richieste informali o meno all’indirizzo del debitore. La Corte di appello, quindi, facendo decorrere il termine di prescrizione dalla dazione dell’ultimo titolo ha fatto corretta applicazione del principio di diritto ora ribadito, con conseguente manifesta infondatezza del ricorso che propone una soluzione contraria a un consolidato orientamento di legittimità, senza addurre argomenti idonei a superarlo. La manifesta infondatezza del motivo importa la sua inammissibilità. 2. La declaratoria di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro duemila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.