Le SS.UU. sul giudizio abbreviato condizionato: sì alle modifiche dell'imputazione soltanto se provenienti dalla integrazione istruttoria

E' legittima la modifica dell'imputazione nel giudizio abbreviato condizionato soltanto per i fatti che emergono dagli esiti istruttori così acquisiti lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penali, con la sentenza n. 5788/20 depositata il 13 febbraio.

Un'imputazione troppo fluida. Nel corso di un giudizio abbreviato condizionato, il pubblico ministero modificava l'imputazione contestando un nuovo reato e aggiungendo a quello già oggetto del processo altre due circostanze aggravanti. Nonostante le proteste della difesa, che denunciava l'illegittimità delle contestazioni suppletive perché attinenti a fatti e circostanze già note alla Procura procedente, i giudici di primo e secondo grado pronunciavano sentenza di condanna. Con il ricorso per cassazione, il difensore rilevava nuovamente i vizi e, questa volta, incontrava la condivisione delle proprie doglianze presso il giudice di legittimità. Quest'ultimo, però, subodorando un possibile contrasto giurisprudenziale con l'orientamento seguito dai giudici di merito, decideva di rimettere la questione alle Sezioni Unite. Il recupero di fatti e circostanze già note all'ufficio”. L'ufficio, s'intende, è quello della Procura che, avendo condotto le indagini preliminari, non può non conoscerne gli esiti e i suoi risvolti. Il caso che ci occupa è quello della contestabilità nel giudizio abbreviato condizionato – sotto forma di imputazione aggiuntiva o di circostanza aggravante precedentemente non inclusa nel novero di quelle già contemplate – di ulteriori emergenze accusatorie già presenti al fascicolo delle indagini e, quindi, già contestabili” al momento dell'esercizio dell'azione penale. Esiste, rileva la Suprema Corte, un orientamento interpretativo che consentirebbe di procedere in questo modo, rappresentato da un nugolo di pronunce l'ultima delle quali risale a circa tre anni fa. Le contestazioni suppletive di fatti e circostanze già note al p.m. e all'imputato non consentirebbero, secondo questo indirizzo, nemmeno di recedere dalla scelta del rito alternativo e condannerebbero - è proprio il caso di dirlo – l'imputato a ritrovarsele nel giudizio. Questo orientamento non convince affatto la sezione remittente che, anzi, ne sottolinea l'illogicità alla luce della disciplina del giudizio abbreviato cosiddetto secco”, nel quale ogni modificazione dell'imputazione non è consentita. Le conseguenze per l'accusa del rito abbreviato. Nel caso in cui l'imputato chieda di essere ammesso al rito abbreviato non condizionato, le possibilità per l'organo d'accusa di rimodellare il tenore dell'imputazione sono praticamente nulle se vengono in rilievo fatti di reato ulteriori o elementi rappresentativi di una circostanza aggravante, questi non potranno di regola essere contestati un eventuale reato connesso, ravvisato dal p.m. dopo la scelta del rito compiuta dall'imputato, dovrà essere oggetto di un separato giudizio. Ben più ampi i margini di manovra nel caso in cui l'imputato abbia condizionato la richiesta di accesso al rito ad una integrazione probatoria in questo caso il p.m. potrà modificare l'imputazione e, dal canto proprio, l'imputato potrà scegliere se recedere dalla scelta del rito, oppure chiedere l'ammissione di prove nuove. Bene entro quali limiti può essere modificata l'imputazione? Gli Ermellini, prima di risolvere il quesito, tengono a sottolineare che l'imputazione è presidio di garanzia per l'imputato che ha diritto a conoscere nei suoi esatti termini il contenuto dell'accusa”. Quindi, consentire al pubblico ministero di modificare senza alcun limite un'imputazione che non appare più adeguata alle emergenze investigative vuol dire minare una garanzia dell'imputato e indirettamente la bontà delle decisioni del giudice nella fase di ammissione al rito”. Come vediamo, le considerazioni dei supremi giudici non tengono conto soltanto della prospettiva dell'imputato e, valicando i confini del semplice ma lodevole garantismo processuale, tutelano anche il profilo del giudicante e, in particolare, quello riguardante la decisione di ammissione o meno al rito. La necessità di non creare due giudizi abbreviati” distinti e separati. Senza contare, poi, che aprire senza limiti alle contestazioni suppletive nel caso di abbreviato condizionato significherebbe generare una diversità radicale con l'omologo istituto del rito abbreviato semplice, in cui – inspiegabilmente, viene fatto notare – tutto ciò sarebbe normativamente impossibile. E' su questi rilievi, quindi, che la decisione delle Sezioni Unite è netta passino pure le nuove contestazioni, ma a condizione che siano derivanti dagli esiti istruttori acquisiti con i mezzi di prova con cui si è ritenuto di voler allargare la piattaforma probatoria di partenza.

Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 18 aprile 2019 – 13 febbraio 2020, n. 5788 Presidente Carcano – Relatore De Crescienzo Ritenuto in fatto 1. All’esito di indagini seguite alla denuncia della scomparsa di B.S. la polizia giudiziaria arrestava H.A. che, dopo avere ammesso il proprio coinvolgimento nella vicenda omicidiaria, indicava, nell’immediatezza il luogo ove aveva occultato il corpo della vittima, spiegando le ragioni del delitto e fornendo una personale ricostruzione del fatto. Il Pubblico Ministero, ritenuta la evidenza della prova procedeva con giudizio immediato formulando la seguente imputazione a del delitto di cui all’art. 575 c.p., perché cagionava la morte di B.S. , causata da multiple fratture della volta cranica-anteriore e della fossa cranica anteriore con conseguente sfacelo cranio-encefalico. b del delitto di cui all’art. 423 c.p. perché cagionava l’incendio del veicolo targato omissis di proprietà di B.S. , con l’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 2 per avere commesso il fatto per assicurarsi l’impunità del reato sub a Fatti commessi in omissis Introdotto il giudizio immediato ex art. 455 c.p.p., seguiva la richiesta dell’imputato di procedere con il rito abbreviato condizionato al compimento di accertamenti peritali sui telefoni cellulari e all’audizione di un testimone il giudice ammetteva le prove richieste, disponendo di ufficio anche l’audizione del consulente medico del pubblico ministero quest’ultimo contestava poi, all’imputato, in via suppletiva, l’ulteriore reato di occultamento di cadavere art. 412 c.p. , nonché, con riferimento al delitto di omicidio, le circostanze aggravanti dei motivi abbietti art. 61 c.p., comma 1, n. 1 , di avere adoperato sevizie art. 61 c.p., comma 1. n. 4 e di avere agito con premeditazione art. 577 c.p., comma 1, n. 3 . La difesa denunciava ex art. 441-bis c.p.p. l’inammissibilità della contestazione suppletiva argomentando che nel corso del giudizio abbreviato non era emersa alcuna circostanza nuova ed ulteriore rispetto a quanto già noto al pubblico ministero al momento della formulazione dell’imputazione originaria. Con ordinanza del 24 ottobre 2016 il giudice respingeva le censure della difesa, disponeva la prosecuzione del giudizio anche in relazione alle nuove contestazioni formulate dalla pubblica accusa e, esclusa la aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 4 e derubricato il delitto di cui al capo b in danneggiamento aggravato seguito da incendio, con sentenza del 23 febbraio 2017 dichiarava la penale responsabilità dell’imputato, condannandolo alla pena di anni trenta di reclusione, oltre alle pene accessorie. La Corte di Assise di Appello di Perugia, adita dalla difesa, ritenuta, a sua volta, la legittimità delle contestazioni suppletive, siccome inerenti a fatti già desumibili dagli atti del processo, esclusa l’aggravante di cui all’art. 577 c.p., n. 3, confermava nel merito la decisione di primo grado con la sentenza in epigrafe indicata. 2. Contro la sentenza di appello, l’imputato tramite i suoi difensori ha proposto ricorso per Cassazione deducendo i seguenti motivi - ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c per inosservanza degli artt. 441 e 441 bis, 423 c.p.p. conducente ad una nullità a regime intermedio ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c , tempestivamente denunciata - ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nel punto in cui la Corte territoriale ha escluso la riconducibilità del fatto contestato al capo a sotto la disciplina dell’art. 584 c.p. - ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b ed e per violazione dell’art. 61 c.p., comma 1, n. 1 nonché contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al riconoscimento della residua aggravante dei motivi abbietti e futili - ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione circa il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e l’omessa indicazione dei criteri di determinazione della pena ex art. 133 c.p., perché la Corte non avrebbe valutato condizioni sociali del reo, la sua incensuratezza e il suo comportamento processuale. La difesa ha depositato i motivi aggiunti da ricollegarsi al terzo motivo del ricorso principale , denunciando, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , il vizio di manifesta illogicità della motivazione nel punto ove si afferma che il movente del delitto di omicidio è da rinvenirsi nell’intento di vendetta e non già in quello della gelosia. 3. La Prima Sezione di questa Corte, assegnataria del procedimento per competenza interna, con ordinanza del 14 dicembre 2018, ai sensi dell’art. 618 c.p.p., comma 1 ha trasmesso gli atti alle Sezioni Unite, segnalando l’esistenza di un contrasto di giurisprudenza relativamente alla legittimità delle contestazioni suppletive elevate dal pubblico ministero nel corso del giudizio abbreviato condizionato riferibili a circostanze già in atti del processo e non riportate nell’originario capo di imputazione. In particolare, la sezione remittente sottolinea che è riscontrabile dagli atti del processo come, sia la natura passionale del reato di omicidio, sia l’occultamento del corpo della vittima, emergessero in modo chiaro già dalle dichiarazioni confessorie rese dall’imputato pochi giorni dopo la consumazione del grave delitto, mentre non è rinvenibile alcun nesso di derivazione tra la contestazione suppletiva e l’esito degli accertamenti istruttori svolti nel corso del giudizio abbreviato condizionato. 3.1. Sulla base di tale premessa viene evidenziato che nella giurisprudenza di legittimità sarebbe presente un orientamento interpretativo costante applicato, nel caso concreto dalla Corte di Assise di appello in base al quale, nel giudizio abbreviato condizionato, ai sensi dell’art. 423 c.p.p. possono essere formulate contestazioni suppletive che, pur non derivando da nuove emergenze processuali, riguardino fatti o circostanze non contestate, ma già desumibili dagli atti Sez. 2 n. 23466 del 09/05/2005, Scozzari, Rv. 231993 Sez. 5, n. 7047 del 27/11/2008, Reinhard, Rv. 242962 Sez. 6, n. 5200 del 15/11/2017, Ribaj, Rv. 272214 , e quindi conosciute o conoscibili da parte dell’imputato nel momento della richiesta di ammissione al rito speciale. Viene anche sottolineato come, nelle decisioni richiamate, il tema della legittimità delle suddette contestazioni suppletive sia risolto in modo del tutto implicito affermandosi che nel caso di contestazione suppletiva relativa a fatti già emergenti dagli atti del processo, l’imputato non può esercitare il diritto di rinunciare alla prosecuzione del giudizio con il rito abbreviato, così come previsto dall’art. 441 bis c.p.p. Sez. 6 n. 5200 del 15.11.2017, Ribaj, Rv. 272214 . Viene poi rilevato che con la sentenza Sez. 4, n. 48280 del 26/09/2017, Squillante, Rv 271293, si è affermato che in sede di giudizio abbreviato condizionato la contestazione suppletiva per circostanze già desumibili dagli atti sarebbe comunque legittima, perché la regola contenuta nell’art. 423 c.p.p. attuativo della direttiva contenuta nella Legge Delega 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, punto 52, che impone la previsione per il pubblico ministero nell’udienza preliminare del potere di modificare l’imputazione e procedere a nuove contestazioni se pur riferita esplicitamente alla sola udienza preliminare, deve ritenersi estesa, valendo gli stessi criteri, anche nella ipotesi di giudizio abbreviato condizionato, non ricorrendo nella specie alcuna lesione del diritto di difesa. La sezione rimettente, afferma di non condividere il suddetto orientamento, perché esso non trova giustificazione nè sul piano dell’interpretazione letterale delle norme che disciplinano il rito abbreviato, nè su quello logico - sistematico. In particolare viene messo in evidenza che la soluzione prospettata dalla giurisprudenza circa la legittimità della contestazione suppletiva, possibile nel giudizio abbreviato condizionato in relazione a fatti già noti ed in atti, si pone in antitesi rispetto alla disciplina del rito abbreviato c.d. secco , ove analoga opzione non è invece possibile. Si sottolinea infine che la soluzione seguita nell’ abbreviato condizionato è in contrasto con quanto affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 140/2010. Il collegio, richiamate quindi l’evidente asimmetria tra le due forme di rito abbreviato in tema di contestazioni suppletive per fatti già in atti, nonché i principi affermati dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza, motivatamente segnala il profilarsi di un potenziale contrasto rilevante ex art. 618 c.p.p. Infatti, secondo il collegio rimettente, le deroghe alla disciplina generale introdotte dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479, art. 438 c.p.p., comma 5 e art. 441 c.p.p., comma 5 , devono essere interpretate e considerate come eccezioni al regime ordinario dettato dall’art. 441 c.p.p., comma 1 con la conseguenza che dette eccezioni non sono estensibili oltre il sistema specifico di riferimento. Pertanto conclude che l’adeguamento dell’imputazione nel giudizio abbreviato condizionato è giustificato solo in relazione ai fatti nuovi emersi nel corso del giudizio e direttamente dipendenti dall’ampliamento della base cognitiva attraverso le nuove prove c.d. contestazioni suppletiva fisiologica in caso contrario vi sarebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra un giudizio abbreviato che, nel caso sia stato condizionato dall’imputato, pur in assenza di elementi di novità, potrebbe portare a contestazioni suppletive patologiche, rispetto ad un giudizio abbreviato puro ove queste non sono comunque ammissibili. 4. Con decreto del 28 gennaio 2018 il Presidente Aggiunto ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la trattazione l’odierna udienza. Ritenuto in diritto 1. La questione sottoposta alle Sezioni Unite può essere così sintetizzata Se nel corso del giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria o nel quale l’integrazione sia stata disposta dal giudice, sia consentito procedere alla modificazione dell’imputazione o a contestazioni suppletive con riguardo a fatti già desumibili dagli atti delle indagini preliminari e non collegati agli esiti dei predetti atti istruttori . 2. Per la soluzione della questione occorre partire dalla disciplina dell’art. 441 c.p.p., comma 1, ove, è previsto che nel rito abbreviato si osservano in quanto applicabili le disposizioni dettate per l’udienza preliminare, fatta eccezione per quelle di cui agli artt. 422 e 423 c.p.p L’effetto derivante dalla suddetta regola è l’impossibilità per il pubblico ministero di modificare l’imputazione originariamente mossa e nota all’imputato nel momento in cui questi ha formulato la propria richiesta di ammissione al rito premiale. La regola anzidetta si applica anche nel caso in cui l’imputazione sia errata c.d. imputazioni patologiche , per essere caratterizzata da errori od omissioni desumibili già dalla sola lettura degli atti del fascicolo processuale, come nel caso di omessa contestazione di reati connessi o di circostanze aggravanti. La regola segnata dall’art. 441 c.p.p., comma 1, unitamente alla rinuncia da parte dell’imputato alla formazione della prova in contraddittorio, a fronte del riconoscimento di una diminuente sulla pena, costituisce il tratto distintivo proprio del c.d. rito abbreviato. La lettera dell’art. 441 c.p.p., comma 1, rimasta invariata anche dopo le modificazioni introdotte dal legislatore nel 1999 è chiara, con la conseguenza che anche alla luce della sentenza 378/1997 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato la piena legittimità dell’istituto va confermata la consolidata linea giurisprudenziale v., fra le altre Sez. 4, n. 3758 del 03/06/2014, Costa, Rv. 263196 Sez. 6 n. 13117 del 19.1.2010, Sghizi Yassine e altro, Rv. 246680 Sez. 4, n. 12259 del 14/02/2007, Biasotto, Rv. 236199 per la quale la modificazione dell’imputazione in violazione della norma in esame, ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c , è causa di nullità generale a regime intermedio della sentenza pronunciata all’esito del giudizio. Per completezza, si osserva che il dettato dell’art. 441 c.p.p. attiene esclusivamente ai limiti posti al pubblico ministero nel modificare l’imputazione nel corso del giudizio e non riguarda invece l’autonomo ed esclusivo potere-dovere del giudice di dare al fatto una diversa definizione giuridica del fatto infatti il legislatore ha previsto il mezzo di impugnazione dell’appello da parte del pubblico ministero contro la sentenza di condanna nella quale sia stato modificato il titolo del reato originariamente contestato art. 423 c.p.p., comma 3 . 2.2. La regola scaturente dalla lettura dell’art. 441 c.p.p., comma 1, porta alle seguenti pratiche conseguenze 1 qualora, successivamente alla ammissione del giudizio abbreviato c.d. secco vengano in evidenza fatti reati connessi o circostanze aggravanti desumibili dagli atti processuali, ma non ricompresi nell’imputazione, in linea generale il pubblico ministero non potrà procedere alla formulazione di contestazioni suppletive 2 nel caso in cui l’omessa contestazione attenga ad un reato connesso, il pubblico ministero dovrà procedere con un separato giudizio, posto che in tal caso la azione penale non è stata ancora consumata 3 nel caso in cui la omissione attenga ad una circostanza aggravante, questa non sarà più recuperabile. Il sistema descritto è stato ritenuto immune da vizi rilevanti in sede costituzionale sia nel caso in cui la preclusione alla modificazione dell’accusa venga collegata agli effetti premiali del rito, sia che essa venga inquadrata nella peculiare natura del giudizio allo stato degli atti essendo invece del tutto coerente con le finalità del rito v. Corte Cost. sentenza n. 378/1997 . 2.3. Con la L. 16 dicembre 1999, n. 479 il legislatore ha modificato il rito processuale in esame, introducendo la possibilità di arricchire la piattaforma probatoria o su richiesta dell’imputato art. 438 c.p.p., commi 1 e 5, c.d. rito abbreviato condizionato o su disposizione del giudice art. 438 c.p.p., comma 1 e art. 441 c.p.p., comma 5 . In tale modo il legislatore ha superato l’originaria rigidità del giudizio abbreviato assecondando le esigenze dell’imputato o dello stesso giudicante attraverso la possibilità di un ampliamento della base cognitiva del processo, con la immissione di materiale istruttorio nuovo rispetto a quello già presente in atti. Il legislatore, nella previsione che l’apporto di nuovi elementi di prova, potesse far emergere nuove circostanze aggravanti o nuovi reati connessi a quelli già oggetto del giudizio, ha dettato ulteriori regole art. 441 c.p.p., comma 5, e art. 441-bis c.p.p. che permettessero, da un lato, al pubblico ministero di modificare la imputazione ex art. 423 c.p.p., comma 1, e dall’altro, all’imputato alternativamente di recedere dal rito abbreviato ex art. 441 bis c.p.p., comma 1 o, ai sensi dell’u.c. dell’articolo richiamato, proseguire nel giudizio abbreviato in corso chiedendo l’ammissione di nuove prove relative alle contestazioni formulate ai sensi dall’art. 423 c.p.p La soluzione della questione rimessa alle Sezioni Unite va quindi rinvenuta all’interno delle disposizioni richiamate che vanno fra loro coordinate in una lettura che tenga presente i principi affermati dalla Corte Costituzionale. Il dato letterale dell’art. 423 c.p.p. non appare di per sé solo, sufficiente a dare una convincente risposta al quesito posto. Infatti se l’articolo in esame è chiaro nel delimitare l’oggetto della modificazione della contestazione diversità del fatto reato connesso ex art. 12 c.p.p., lett. b circostanze aggravante l’espressione nel corso del giudizio appare ancora vaga e non idonea a far univocamente ritenere se le contestazioni suppletive debbano riguardare esclusivamente fatti nuovi o possano ritenersi estensibili anche a fatti già noti, in atti e non regolarmente contestati. La ambiguità segnalata viene invece superata nel momento in cui l’art. 423 c.p.p. viene calato allo interno della disciplina del giudizio abbreviato e letta in relazione alle peculiarità del rito. Questo si caratterizza per tre elementi distintivi è un giudizio allo stato degli atti è un giudizio nel quale l’imputato accetta di essere giudicato rinunciando al contraddittorio sulla formazione della prova è un giudizio che prevede un trattamento sanzionatorio premiale per la scelta fatta dall’imputato. Il fatto che il legislatore abbia previsto art. 441 c.p.p., comma 5, e art. 438 c.p.p., comma 5 che la base cognitiva del giudizio possa essere ampliata da una richiesta di integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione, non muta la natura del giudizio che è e rimane comunque allo stato degli atti . Infatti l’imputato continua a rinunciare al contraddittorio sulla formazione delle prove acquisite e per esempio a far valere le nullità a regime intermedio, la incompetenza per territorio e le inutilizzabilità c.d. fisiologiche. Tali rinunce processuali, eventualmente temperate dalla possibilità di richiedere una integrazione probatoria utile ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del processo sono il frutto di una scelta dell’imputato fondata proprio sullo stato degli atti . La anzidetta valutazione degli atti non può prescindere dal tenore della imputazione che costituisce, per il suo contenuto, la sintesi degli addebiti che vengono mossi proprio in loro funzione. Tale considerazione vale tanto per il rito abbreviato c.d. secco , quanto nel caso del rito abbreviato condizionato. Infatti, nel caso in cui l’imputato scelga di seguire la strada del rito abbreviato condizionato, è di tutta evidenza che la richiesta di integrazione probatoria viene formulata in funzione degli atti contenuti nel fascicolo, apprezzati alla luce del tenore dell’accusa mossa, sicché anche la richiesta di integrazione probatoria risente del tenore dell’accusa. Va altresì rilevato che la valutazione del giudicante in ordine all’ammissione delle prove richieste, ex art. 438 c.p.p., comma 5, a sua volta, si fonda necessariamente su tutti gli atti del processo compresa la relativa imputazione. Proprio questa diretta dipendenza dallo stato degli atti, incidente sulle scelte nel rito abbreviato condizionato dell’imputato e sulla susseguente decisione del giudice porta a ritenere che il pubblico ministero non è legittimato a variare la imputazione originariamente formulata recuperando aspetti già desumibili dal contenuto del fascicolo depositato al momento della richiesta di ammissione al rito, ma non correttamente considerati. All’interno di questa dimensione giuridica e della pregnanza della scelta processuale di accedere al rito abbreviato, non può essere sottaciuto che la imputazione è presidio di garanzia per l’imputato che ha diritto a conoscere nei suoi esatti termini il contenuto dell’accusa sulla cui base opera le proprie scelte anche in relazione al rito processuale e alla modalità di accesso ad esso. Ritenere che il pubblico ministero possa, nel rito abbreviato condizionato, modificare ad libitum l’imputazione originaria, perché ritenuta non adeguata rispetto a quanto già è agli atti del processo, vuol dire minare una garanzia dell’imputato e indirettamente la bontà delle decisioni del giudice nella fase di ammissione al rito. Sempre in una lettura coordinata delle disposizioni che disciplinano il rito abbreviato, viene ancora in evidenza come segnalato dalla sezione rimettente che diversamente opinando si andrebbe incontro ad una illogica disarmonia di sistema. Infatti, mentre è assolutamente pacifico che in caso di rito abbreviato secco il pubblico ministero non può operare alcuna modificazione dell’imputazione neppure per recuperare una contestazione più adeguata allo stato degli atti, tale facoltà gli sarebbe inspiegabilmente riconosciuta nel caso in cui l’imputato abbia optato per un rito abbreviato condizionato attraverso una lettura asistematica dell’art. 423 c.p.p. che non tenga conto delle caratteristiche proprio del rito abbreviato. La soluzione data dalla giurisprudenza criticata nell’ordinanza di rimessione non trova pertanto giustificazione nel contenuto delle norme in esame, lede il presidio di garanzia dell’imputato costituito dalla stabilità dell’accusa rispetto a quanto già in atti, crea una ingiustificata disarmonia di sistema che si concreta in un’inspiegabile diversità di trattamento tra rito abbreviato secco e rito abbreviato condizionato in relazione ad una medesima situazione processuale rappresentata da una contestazione patologica. Mutatis mutandis le considerazioni fin qui svolte valgono anche nel caso in cui sia il giudice a disporre l’acquisizione di nuovi elementi ex art. 441 c.p.p., comma 5. A tal proposito va osservato che la decisione del giudice di ampliare il quadro probatorio non può costituire l’ occasione per il pubblico ministero di mutare e adeguare il tenore dell’accusa rispetto a quanto già in atti, così pervenendosi ad una disparità di trattamento rispetto al caso in cui il giudice non senta alcuna necessità di allargare la piattaforma probatoria. Da quanto sopra deriva, quindi, che le nuove contestazioni ex art. 423 c.p.p. non possono che trovare giustificazione se non nei nuovi elementi di fatto emersi dall’allargamento della piattaforma probatoria ex art. 438 c.p.p., comma 5, e art. 441 c.p.p., comma 5, e le nuove contestazioni devono essere direttamente dipendenti dall’arricchimento del piano cognitivo del giudizio. Riconoscere che il pubblico ministero possa, nel giudizio abbreviato condizionato, modificare l’imputazione sulla base di quanto già in atti, si traduce nell’inosservanza delle indicazioni fornite dalla Corte Costituzionale che si è pronunciata a tal proposito con la sentenza 140 del 2010, con cui, dichiarando non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 441 e 441-bis c.p.p., in relazione agli artt. 3, 24, 97, 111 e 112 Cost., ha sottolineato che la previsione della possibilità per il pubblico ministero di modificare ex art. 423 c.p.p. il capo di imputazione nelle ipotesi in cui sia stato operato un ampliamento della piattaforma probatoria si pone come eccezione rispetto alla regola enunciata dall’art. 441 c.p.p., comma 1. Sicché le nuove contestazioni sono legittimamente formulate in quanto ancorate a fatti nuovi o nuove circostanze emerse a seguito della modificazione della base cognitiva conseguenti all’attivazione dei meccanismi di attivazione probatoria. La Corte Costituzionale ha inoltre affermato che .con la richiesta di giudizio abbreviato l’imputato accetta di essere giudicato con il rito semplificato in rapporto ai reati già contestatigli dal pubblico ministero, rispetto ai quali solo egli esprime l’apprezzamento della convenienza del rito sicché non sarebbe costituzionalmente accettabile che egli venisse a trovarsi vincolato dalla sua scelta anche in relazione ad ulteriori reati concorrenti che gli potrebbero essere contestati a fronte di evenienze patologiche . Nella specie si tratta di una sentenza interpretativa di rigetto della quale va comunque tenuto conto nella lettura delle disposizioni qui richiamate. 4. In conclusione, sulla base di quanto fin qui considerato, si deve pertanto affermare il seguente principio di diritto nel corso del giudizio abbreviato condizionato ad integrazione probatoria a norma dell’art. 438 c.p.p., comma 5, o nel quale l’integrazione sia stata disposta a norma dell’art. 441 c.p.p., comma 5, è possibile la modifica dell’imputazione solo per i fatti emergenti dagli esiti istruttori ed entro i limiti previsti dall’art. 423 c.p.p. . 5. Sfuggono ovviamente alla rigida applicazione delle regole indicate i casi in cui il pubblico ministero proceda, dopo l’ammissione del rito, a mere rettifiche di imprecisioni contenute nell’atto di accusa e che non incidano sugli elementi essenziali dell’addebito in considerazione dei quali l’imputato ha compiuto le sue scelte difensive. Va infine affermato che è legittima la formulazione di una contestazione suppletiva da parte del pubblico ministero anche successivamente alla richiesta dell’imputato di ammissione al rito speciale, quando questa non sia stata ancora disposta dal giudice con ordinanza infatti, prima della formale instaurazione del rito speciale deve ritenersi che è ancora in corso l’udienza preliminare e l’imputato può pur sempre revocare la scelta processuale precedentemente compiuta. 6. Passando all’esame della fattispecie concreta, ed applicando il principio di diritto sopra formulato, va accolto il primo motivo di ricorso con assorbimento del terzo e del quarto, essendo inammissibile il secondo con il quale la difesa, prescindendo dai limiti entro i quali è deducibile un vizio di motivazione, si limita a formulare censure generiche relative ad una ricostruzione alternativa della vicenda, che è stata ampiamente ed esaustivamente esaminata dalla Corte d’appello, in particolare nelle pagine 23-25 della sentenza con motivazione immune da vizi. 6.1. La sentenza impugnata va pertanto annullata senza rinvio per quanto attiene alla residua circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 1 contestata nel corso del giudizio abbreviato condizionato in relazione al delitto di omicidio di cui al capo a . Infatti le ragioni sottese alla commissione del delitto erano già emergenti dagli atti di indagine depositati dal pubblico ministero al momento dell’esercizio della azione penale e non sono derivazione dell’attività istruttoria suppletiva richiesta dall’imputato, nè da quella disposta ex officio dal giudice. La sentenza impugnata va annullata senza rinvio per quanto attiene al delitto di occultamento di cadavere capo c , contestato successivamente all’ammissione al rito abbreviato. Anche in questo caso si tratta di un fatto che già emergeva dagli atti di indagine, attraverso le dichiarazioni dell’imputato che aveva permesso il ritrovamento del cadavere della vittima. Per tale parte gli atti vanno pertanto restituiti al pubblico ministero perché proceda al corretto esercizio della azione penale in relazione a tale reato. Per l’effetto la sentenza impugnata va annullata anche in riferimento al trattamento sanzionatorio che dovrà essere riconsiderato dalla Corte di Assise di Appello di Firenze, cui vanno rinviati gli atti per un nuovo giudizio sul punto. Per quanto attiene alle conclusioni della parte civile, queste dovranno essere prese in considerazione solo all’esito del giudizio definitivo. P.Q.M. Annulla senza rinvio la impugnata sentenza limitatamente alla circostanza di cui all’art. 61 c.p., n. 1 del capo A e che elimina al delitto di cui al capo c occultamento di cadavere e dispone la trasmissione dei relativi atti al Procuratore della Repubblica di Terni. Annulla la impugnata sentenza con rinvio alla Corte di Assise di Appello di Firenze limitatamente al trattamento sanzionatorio. Rigetta nel resto il ricorso.