Il sorvegliato speciale non commette reato se guida il ciclomotore senza patente

Il ciclomotore non rientra nella categoria dei motoveicoli cui fa riferimento l’art. 73 d.lgs. n. 159/2011 in caso di guida senza patente da parte di soggetto sottoposto a una misura di prevenzione personale.

Lo ha stabilito la prima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4927, depositata in cancelleria il 5 febbraio 2020. Il caso. L’imputato, ritenuto responsabile del delitto di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159/2011, perché, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, con la prescrizione di vivere onestamente e rispettare le leggi, si poneva alla guida di un ciclomotore senza essere provvisto di patente, perché mai conseguita, e della contravvenzione di cui all’art. 116 d.d.s., per essersi posto alla guida del ciclomotore sprovvisto della patente, veniva, a seguito di rito abbreviato e ritenuta la continuazione, condannato alla pena di 1 anno di reclusione. In sede di gravame, la Corte, riqualificata complessivamente la condotta come inscrivibile nell’unica fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 73 d.lgs. n. 159/2011 - norma speciale rispetto al depenalizzato reato di cui all’art. 116 c.d.s. - che punisce la guida senza patente di un autoveicolo o di un motoveicolo da parte di soggetto sottoposto a misura di prevenzione personale, rideterminava la pena in mesi 6 di arresto. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, deducendo violazione di legge penale e vizio di motivazione. Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza per insussistenza del reato contestato. La sentenza della Cassazione. La Suprema Corte ha accolto il ricorso. La Sezione richiama il proprio precedente orientamento secondo il quale non integra il reato di cui all’art. 73 d.lgs. n. 159/2011 la condotta del soggetto, sottoposto a una misura di prevenzione personale, che si ponga alla guida senza essere provvisto di patente di un ciclomotore, stante il fatto che tale mezzo non rientra nella categoria dei motoveicoli, prevista dalla norma. A tal fine, occorre far riferimento all’inquadramento sistematico recato dal Codice della Strada così, se l’art. 46 comma 1, nel fornire la nozione di veicolo, si riferisce a tutte le macchine di qualsiasi specie, che circolano sulle strade guidate dall’uomo, nella classificazione dei veicoli, recata dall’art. 47, i ciclomotori e i motoveicoli vengono individuati in categorie distinte rispettivamente alle lett. e e f , tanto che, poi, i ciclomotori”, sono definiti dall’art. 52, mentre i motoveicoli” dall’art. 53. Orbene, fermo restando che l’art. 116 comma 1 c.d.s., come modificato dal d.lgs. n. 59/2011, stabilisce l’obbligo del conseguimento della patente anche per la guida dei ciclomotori, non integra il reato di cui all’art. 73 d.lgs. n. 159/2011 la guida senza patente del ciclomotore, poiché tale veicolo non può essere ricondotto alla categoria del motoveicolo. Peraltro, nella verifica della valenza della successione delle leggi nel tempo, si rileva che - per quanto evidente - è stato adottato prima il d.lgs. n. 159/2011 in data 18 aprile e, poi, il d.lgs. n. 159/2011 in data 6 settembre , di talché il legislatore del codice delle leggi antimafia avrebbe ben potuto recepire le novità introdotte dal legislatore delle modifiche al Codice della Strada, modellando gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 73 d.lgs. n. 159/2011 fino a ricomprendere anche il caso di guida senza patente del ciclomotore. Allo stato dell’arte, quindi, non è consentita un’interpretazione esegetico-sistematica della norma che si spinga - in malam partem - a inserire nella sfera sanzionatoria anche il conducente del ciclomotore, poiché tale condotta è estranea all’ambito di applicazione dell’art. 73 d.lgs. n. 159/2011. In conclusione, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 3 ottobre 2019 - 5 febbraio 2020 n. 4927 Presidente Tardio - Relatore Siani Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, emessa il 20 settembre 2018, la Corte di appello di Messina ha riformato parzialmente la sentenza resa in data 3 luglio 2015 dal Tribunale di Messina, che aveva giudicato con rito abbreviato C.A. - imputato del reato di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 75, comma 2, perché, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, con la prescrizione di vivere onestamente e rispettare le leggi, si poneva alla guida del ciclomotore Aprilia Scarabeo, 50 c.c., meglio identificato in rubrica, senza essere provvisto della patente, mai conseguita, con la recidiva, in Messina, il 29 giugno 2015 capo A , e del reato di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 116, per essersi posto alla guida del suddetto ciclomotore sprovvisto della patente, in omissis capo B - e lo aveva ritenuto responsabile di entrambi i reati, riuniti in continuazione, condannandolo, computata la diminuente del rito, alla pena di anni uno di reclusione. 1.1. La parziale riforma disposta dai giudici di secondo grado ha riguardato la complessiva riqualificazione dei reati sub A e sub B in quello previsto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73 e la rideterminazione della pena inflitta in quella di mesi sei di arresto. 1.2. La Corte territoriale, preso atto dell’interpretazione del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 75 elaborata dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, nel senso che il contenuto precettivo la cui violazione determina il reato previsto dalla suddetta norma non ricomprende il mero obbligo di vivere onestamente e rispettare le leggi, ha considerato la condotta contestata come sussunta sotto la norma incriminatrice dettata dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73, norma speciale rispetto al depenalizzato reato di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 116, sicché assodato il fatto commesso da C. - ha valutato lo stesso in relazione all’unica fattispecie, di carattere contravvenzionale, di cui all’art. 73 cit., riscontrandone - oltre all’elemento oggettivo, indiscusso, vista la condotta dell’imputato, anche - l’elemento soggettivo. Sotto quest’ultimo profilo, la Corte territoriale non ha annesso rilievo alla deduzione svolta nell’atto di appello, secondo cui il prevenuto non aveva avuto notizia, nel corso della pregressa detenzione, della novità costituita dalla necessità di conseguire il permesso di guida per condurre il ciclomotore, giacché era risultato che egli era stato già colto alla guida di un veicolo senza patente negli anni precedenti. Pertanto - ritenuta la violazione della suddetta norma - è stata reputata congrua la pena di mesi sei di arresto. 2. Avverso tale decisione ha proposto ricorso il difensore dell’imputato chiedendone l’annullamento sulla base di un unico motivo con cui lamenta violazione della legge penale e vizio di motivazione. In particolare, i giudici di appello - sostiene la difesa - hanno applicato una pena superiore al minimo senza adeguata motivazione la Corte territoriale non ha spiegato, secondo il ricorrente, i criteri in base ai quali ha determinato la pena e in nessun punto della sentenza ha chiarito la ragione per la quale sono state negate le attenuanti generiche, nonostante esse fossero state formalmente richieste con l’atto di appello. 3. Il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, in quanto, in relazione al comportamento oggetto dell’imputazione, riguardante la mera guida di ciclomotore da parte dell’imputato assoggettato a misura di prevenzione, il reato contestato non sussiste. Considerato in diritto 1. La Corte ritiene che il ricorso sia da accogliere, essendo determinante la rilevazione dell’insussistenza del reato contestato. 2. Non preclude questa rilevazione, determinata dalla carenza di un elemento strutturale della fattispecie, il fatto che il ricorrente abbia concentrato l’impugnazione sul profilo della pena posto che la cosa giudicata si forma sui capi della sentenza, e non sui punti di essa, che possono essere unicamente oggetto della preclusione correlata all’effetto devolutivo e al principio della disponibilità del processo nella fase delle impugnazioni, la mancata impugnazione della ritenuta responsabilità dell’imputato fa sorgere la preclusione su tale punto, ma non determina il conseguimento dell’autorità di cosa giudicata da parte della corrispondente statuizione quando per quello stesso capo l’impugnante abbia devoluto al giudice l’indagine riguardante la sussistenza di circostanze e la quantificazione della pena, con la conseguenza che permane l’operatività della norma di cui all’art. 129 c.p.p., che enuncia una regola di condotta rivolta, in ogni stato e grado, al giudice, il quale, se rileva una causa di non punibilità nel senso fissato dalla norma, deve adottare la corrispondente decisione Sez. U, n. 1 del 19/01/2000, Tuzzolino, Rv. 216239 Sez. U, n. 12283 del 25/01/2005, De Rosa, Rv. 230529 . Per tali ragioni, l’impugnazione proposta dall’imputato con riferimento al solo profilo della quantificazione della pena, impedendo che il relativo capo della sentenza acquisti autorità di cosa giudicata, non esime il giudice dell’impugnazione dal compito di rilevare, nel rispetto dell’art. 129 c.p.p., eventuali cause di insussistenza o di estinzione del reato Sez. 6, n. 58095 del 30/11/2017, Tornei, Rv. 271965 Sez. 1, n. 45994 del 17/11/2011, Dilernia, Rv. 251405 Sez. 7, n. 41752 del 16/10/2001, Bastianelli, Rv. 220644 . 3. In punto di fatto è stato accertato dai giudici di merito che C. , sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel Comune di Messina, in forza del decreto del Tribunale di Messina in data 17 febbraio 2010, è stato sorpreso in OMISSIS , alla guida del ciclomotore Aprilia Scarabeo 50 c.c., identificato in atti, senza essere provvisto della patente necessaria per condurre tale mezzo, in quanto tale patente non era stata da lui mai conseguita. È, per il resto, rimasto accertato che il veicolo alla cui guida si era posto l’imputato apparteneva alla categoria dei ciclomotori. Questo elemento è stato dato per assodato dai giudici di merito, i quali, seguendo il filo espressamente articolato dall’imputazione, hanno fatto univoco riferimento alla suddetta categoria, senza che sia emerso alcun indice in forza del quale essi avrebbero potuto nutrire dubbi che si trattasse di un veicolo diverso da quello caratterizzato dalla cilindrata di 50 c.c. e, quindi, tecnicamente, di un ciclomotore. 3. Sul tema, va, allora, richiamato e ribadito il principio di diritto, di recente puntualizzato in sede di legittimità da alcune decisioni che il Collegio condivide, secondo cui non integra gli estremi del reato di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73 la condotta del soggetto sottoposto, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale che conduca senza patente - o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata, un ciclomotore - non potendo tale mezzo essere ricondotto alla categoria dei motoveicoli contemplata dalla suddetta norma Sez. 1, n. 6752 del 19/11/2018, dep. 2019, Miceli, Rv. 274803 Sez. 1 n. 58468 del 05/11/2018, Signorelli, Rv. 276152 v., fra le altre, anche Sez. 1, n. 38204 del 01/04/2019, Mazzù, n. m. Sez. 1, n. 49473 del 16/07/2018, Grillo, n. m. . L’analisi letterale e l’inquadramento sistematico della norma danno ragione di tale approdo. 3.1 La disposizione incriminatrice contestata sanziona con la pena dell’arresto da sei mesi a tre anni la condotta della persona sottoposta, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale che sia sorpresa alla guida di un autoveicolo o motoveicolo , senza patente, o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata. La nozione di motoveicolo riportata dall’art. 73 non è, tuttavia, tale che possa farsi rientrare in essa anche quella di ciclomotore , non autorizzando a tanto le norme definitorie di tali categorie estraibili dal Codice della strada. Il D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 46, comma 1, codice della strada, come modificato dalla L. n. 120 del 2010, stabilisce che, ai fini delle norme del suddetto codice, si intendono per veicoli tutte le macchine di qualsiasi specie, che circolano sulle strade, guidate dall’uomo. Poi, l’art. 47 D.Lgs. cit. classifica i veicoli elencando a veicoli a braccia b veicoli a trazione animale c velocipedi d slitte e ciclomotori f motoveicoli g autoveicoli h filoveicoli i rimorchi l macchine agricole m macchine operatrici n veicoli con caratteristiche atipiche tale elencazione individua, dunque, i ciclomotori e i motoveicoli come sottocategorie fra loro distinte. L’art. 52 D.Lgs. cit. definisce i ciclomotori come veicoli a motore a due o tre ruote , contraddistinti da a motore di cilindrata non superiore a 50 c.c., se termico b capacità di sviluppare su strada orizzontale una velocità fino a 45 km/h . L’art. 53 stesso D.Lgs. definisce i motoveicoli come veicoli a motore, a due, tre o quattro ruote , distinguendoli in varie specie, tra le quali è compresa quella dei motocicli contigua a quella dei ciclomotori , in quanto costituisce l’unico tipo di motoveicolo a due ruote, ma distinta da essa , considerati come veicoli a due ruote destinati al trasporto di persone, in numero non superiore a due, compreso il conducente lettera a . 3.2. Come ha evidenziato la prima delle decisioni richiamate Sez. 1, n. 6752 del 19/11/2018, dep. 2019, cit. , nessuna modifica sostanziale alle disposizioni indicate è stata apportata dalle integrazioni determinate dall’art. 1, commi 2 e 3, del Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti 31 gennaio 2003 pubblicato nel Supplemento Ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 123 del 29 maggio 2003 , emanato in recepimento della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 2002/24/CE del 18 marzo 2002, relativa all’omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote. Anche sulla scorta di tale fonte, ciclomotori e motocicli restano distinti, rispettivamente, sotto le lettere a e b . Alla lettera a i ciclomotori sono classificati come veicoli a due ruote categoria L1e o veicoli a tre ruote categoria L2e aventi una velocità massima per costruzione non superiore a 45 km/h e caratterizzati 1 nel caso dei veicoli a due ruote, da un motore 1.1 la cui cilindrata è inferiore o uguale a 50 cmc se a combustione interna, oppure 1.2 la cui potenza nominale continua massima è inferiore o uguale a 4 kW per i motori elettrici 2 nel caso dei veicoli a tre ruote, da un motore 2.1 la cui cilindrata è inferiore o uguale a 50 cmc se ad accensione comandata, oppure 2.2 la cui potenza massima netta è inferiore o uguale a 4 kW per gli altri motori a combustione interna, oppure 2.3 la cui potenza nominale continua massima è inferiore o uguale a 4 kW per i motori elettrici. Alla lettera b sono definiti i motocicli, ossia veicoli a due ruote, senza carrozzetta categoria L3e o con carrozzetta categoria L4e , muniti di un motore con cilindrata superiore a 50 cmc se a combustione interna e/o aventi una velocità massima per costruzione superiore a 45 km/h. 3.2. In modo corrispondente, le differenze fra le suddette categorie di veicoli hanno avuto il loro riflesso sulla disciplina dell’abilitazione alla guida, quanto meno fino al 19 gennaio 2013, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 59 del 2011, il cui art. 3 ha integralmente sostituito le disposizioni delineate dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 116. 3.2.1. Secondo la disciplina previgente, costituita dal D.Lgs. n. 285 del 1992, artt. 116 e 121, non si potevano guidare autoveicoli e motoveicoli - dunque, non anche i ciclomotori - senza avere conseguito la patente di guida e l’idoneità tecnica necessaria per il rilascio della patente medesima si conseguiva superando una prova di verifica delle capacità e dei comportamenti ed una prova di controllo delle relative cognizioni. Per guidare un motoveicolo di massa complessiva sino a 1,3 t. era previsto il conseguimento della patente di categoria Diversamente, per condurre un ciclomotore, il minore di età che aveva compiuto 14 anni doveva conseguire un titolo diverso dalla patente, costituito dal certificato di idoneità alla guida a seguito di specifico corso con prova finale, organizzato secondo le modalità di cui al comma 11-bis . In tale assetto normativo, del tutto coerentemente, non si riteneva che potesse integrare il reato allora previsto dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 116, comma 13, ma soltanto la violazione amministrativa sanzionata dall’art. 116, comma 13-bis, la guida di un ciclomotore con cilindrata fino a 50 cc. senza aver conseguito il prescritto certificato di idoneità Sez. 4, n. 23631 del 19/4/2012, Geanta, Rv. 253129 , mentre alla fattispecie penale era ricondotto il diverso caso di guida di un ciclomotore maggiorato nella cilindrata e, comunque, non corrispondente alle sue caratteristiche originarie, previste dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 52, trattandosi di mezzo rientrante, di fatto, nella categoria dei motoveicoli di cui all’art. 53, per la conduzione del quale era prescritta la patente di categoria A Sez. 4, n. 255 del 18/09/1997, dep. 1998, Fichera, Rv. 210156 . 3.2.2. L’attuale disciplina, in vigore dal 19 gennaio 2013 per effetto del D.Lgs. n. 59 del 2011, all’art. 116, comma 1, stabilisce, mutando parzialmente la prospettiva rispetto alla situazione precedente, che non si possono guidare ciclomotori, motocicli, tricicli, quadricicli e autoveicoli senza aver conseguito la patente di guida e, ove richieste, le abilitazioni professionali. Il complesso veicolare viene così ricondotto a unità tendenziale, in cui, diversamente dal regime previgente, per tutti i veicoli, compresi i ciclomotori, è previsto il conseguimento della patente di guida conforme al modello UE art. 116, comma 3 in pari tempo, però, il legislatore ha conservato le distinzioni derivanti dalle differenti caratteristiche tecniche dei veicoli stessi e dall’età dei conducenti, individuando diverse categorie di patenti abilitanti alla guida. In particolare, mentre per i ciclomotori a due ruote categoria L1e , con velocità massima di costruzione non superiore a 45 km/h, la cui cilindrata è inferiore o uguale a 50 cmc se a combustione interna, oppure la cui potenza nominale continua massima è inferiore o uguale a 4 kW per i motori elettrici, è prevista la patente AM art. 116, comma 3, lett. a, n. 1 , per i motocicli di cilindrata massima di 125 cmc, di potenza massima di 11 kW e con un rapporto potenza/peso non superiore a 0,1 kW/kg, è prevista la patente Al art. 116, comma 3, lett. b, n. 1 , per i motocicli di potenza non superiore a 35 kW con un rapporto potenza/peso non superiore a 0,2 kW/kg e che non siano derivati da una versione che sviluppa oltre il doppio della potenza massima, è prevista la patente A2 art. 116, comma 3, lett. c e per i motocicli, ossia veicoli a due ruote, senza carrozzetta categoria L3e o con carrozzetta categoria L4e , muniti di un motore con cilindrata superiore a 50 cmc, se a combustione interna e/o aventi una velocità massima per costruzione superiore a 45 km/h, è prevista la patente A art. 116, comma 3, lett. d . 4. Assodato quanto precede, la Corte ritiene che, alla stregua del quadro normativo di riferimento, il mero fatto dell’intervenuta previsione del conseguimento di una patente di guida anche per i conducenti di ciclomotori, con decorrenza dal 19 gennaio 2013 quindi, vigente alla data di commissione del fatto ascritto a C. non legittimi un’interpretazione in virtù della quale il soggetto che, sottoposto a misura di prevenzione in via definitiva, sia stato colto alla guida di un ciclomotore senza patente, possa essere chiamato a rispondere del reato previsto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73. In effetti, anche a seguito delle illustrate innovazioni normative, il conducente del ciclomotore, che si trovi nelle condizioni e tenga la condotta descritte nell’art. 73 cit., non deve rispondere del reato, perché il suddetto veicolo non può essere, comunque, ricondotto alla nozione di motoveicolo. 4.1. A corroborare, sempre sotto il profilo sistematico, tale conclusione vale rilevare che l’art. 73 cit. non ha fatto altro che operare la ricognizione e l’attrazione nel testo unico della L. n. 575 del 1965, art. 6, norma, la quale, nel caso di guida di un autoveicolo o motoveicolo, senza patente, o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata, ai sensi dell’art. 82 e del D.P.R. n. 393 del 1959, art. 91, comma 2 e comma 3, n. 2, comminava la pena dell’arresto da sei mesi a tre anni, qualora si trattasse di persona già sottoposta, con provvedimento definitivo, a misure di prevenzione. La struttura di quella fattispecie penale rimandando alle norme integratrici dell’allora vigente Testo unico sulla circolazione stradale - fonte che, come da artt. 21 che lo elencava, sotto la lettera d, tra le categorie dei veicoli e 24 che lo definiva come veicolo a due o tre ruote con cilindrata fino a 50 c.c. e capacità di sviluppare su strada piana una velocità fino a 40 km/h , già conosceva il concetto tecnico-giuridico di ciclomotore , distinguendolo da quello di motoveicolo descritto dall’art. 25 - prevedeva, proprio in virtù di tale distinzione, solo per i motoveicoli il possesso della patente quale documento necessario per procedere alla corrispondente guida D.P.R. n. 393 del 1959, art. 90, comma 2, cit. , laddove per il conducente del ciclomotore era sufficiente, a mente dell’art. 90, comma 1, D.P.R. cit., avere con sé un documento dal quale si potesse rilevare l’età del conducente. Il chiaro riferimento, operato dalla norma, al duplice presupposto oggettivo che si aggiunge a quello della definitività del provvedimento di prevenzione della guida di un motoveicolo - categoria normativamente distinta da quella di ciclomotore - e del difetto di patente in capo al conducente sottoposto a misura di prevenzione definitiva - documento necessario per la guida dei motoveicoli, ma non per quella dei ciclomotori - costituiva l’evidente esito di una scelta legislativa volta a escludere per il conducente del ciclomotore le conseguenze sanzionatorie previste dalla L. n. 575 del 1965, art. 6. Il legislatore delegato del 2011, procedendo alla ricognizione delle norme vigenti in materia di misure di prevenzione, ha riprodotto l’art. 6 cit. nel D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73, senza alcuna sostanziale innovazione. 4.2. Peraltro, non è superfluo rilevare che, nella successione degli atti normativi emanati nel corso dell’anno 2011, il D.Lgs. n. 159 del 2011 risale al 6 settembre 2011 e la sua entrata in vigore, per la parte che qui rileva, è del 13 ottobre 2011 . Intanto, era stato emesso il 18 aprile 2011 il D.Lgs. n. 59 del 2011, fonte che ha previsto, a far data dal 19 gennaio 2013, la necessità del conseguimento della patente di guida sia pure, con i minimi requisiti autorizzativi della categoria AM per i conducenti dei ciclomotori. Ebbene, è ineludibile osservare che, ove il D.Lgs. n. 159 del 2011 avesse avuto l’obiettivo di rimodellare la fattispecie di cui all’art. 73 cit. recependo e coordinando la novità normativa introdotta nel Codice della Strada al fine di estendere la punibilità della condotta sanzionata dall’art. 73 ai conducenti di ciclomotori, lo avrebbe fatto modificando i dati strutturali della fattispecie incriminatrice, essendo già nota la novità normativa riguardante la necessità di abilitazione anche per la guida dei ciclomotori. Ma ciò non è avvenuto. 4.3. L’esito di questo ragionamento è che tutti gli indici interpretativi rilevanti per chiarire l’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73 inducono a concludere che, in mancanza di un intervento normativo, rimangono immutate le distinzioni riguardanti le categorie dei motoveicoli e dei ciclomotori, con l’effetto che la platea dei destinatari della norma incriminatrice in esame non può ritenersi suscettibile di ampliamento sulla scorta di un’esegesi sistematica spinta al punto tale da inserire nella sua sfera di disciplina anche i conducenti dei ciclomotori per il solo fatto che pure per loro è ora necessario il conseguimento del titolo per l’abilitazione alla guida, ove poi il titolo manchi o sia revocato per l’effetto della misura di prevenzione. Va, dunque, ritenuto che estendere l’applicazione dell’art. 73 cit. anche ai prevenuti che siano stati sorpresi alla guida di ciclomotori senza patente di guida sarebbe approdo contrario all’insuperabile divieto di analogia in malam partem in materia penale risultante dall’art. 1 c.p., dall’art. 14 preleggi e dall’art. 25 Cost Nella prospettiva configurata, è da condividere senz’altro il rilievo che la depenalizzazione del reato di guida senza patente ex art. 116 C.d.S. a seguito del D.Lgs. n. 8 del 2016 non si estende all’ipotesi in cui la guida senza patente venga posta in essere da persona sottoposta a misura di prevenzione personale, in relazione a cui il D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73 prevede un autonomo reato Sez. 6, n. 8223 del 12/12/2017, dep. 2018, Cavallo, Rv. 272233 rilievo che va, secondo le considerazioni che precedono, specificato nel senso che esso non riguarda la guida del ciclomotore, poiché tale condotta è, nella disciplina vigente, estranea all’ambito di applicazione dell’art. 73 cit. 5. Corollario di queste considerazioni è che deve addivenirsi, per le ragioni sopra esposte, all’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto ascritto ad C.A. non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.