Manomette il bancomat con apparecchiatura inidonea ad intercettare dati personali: il reato non sussiste

Accolto il ricorso dell’imputato, condannato in secondo grado per aver posizionato nello sportello del bancomat un’apparecchiatura inidonea per i Giudici di legittimità all’acquisizione e memorizzazione dei dati delle carte degli utenti.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 3236/20, depositata il 27 gennaio, cui si è rivolto l’imputato dopo la condanna in secondo grado per il reato ex art. 617- quinquies c.p., per aver installato presso uno sportello bancomat apparecchiature in gradi di memorizzare i dati delle carte e i PIN digitati dagli utenti al momento dell’accesso. La non sussistenza del reato. Nell’ambito della categoria dei cosiddetti reati di pericolo, nei quali è sufficiente, per l’incriminazione, che il bene tutelato sia stato minacciato, rientrano quelli cosiddetti di pericolo concreto, come appunto quello di cui all’art. 617- quinquies c.p., in cui il pericolo rappresenta l’elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice, spettando dunque al giudice accertarne l’esistenza, in base alle circostanze del caso concreto. Con riferimento alla fattispecie criminosa di cui all’art. 617- quinquies c.p., infatti, ciò che è necessario accertare è l’idoneità dell’apparecchiatura installata a consentire la raccolta o la memorizzazione di dati. Ma, nella sentenza impugnata, non vi è traccia di tale accertamento, limitandosi i giudici di merito ad osservare che non appare, quindi, necessario accertare la concreta idoneità delle apparecchiature installate nello sportello postamat . Non si evince, infatti, nessun elemento dal quale desumere che sia stata accertata la concreta possibilità di intercettare e memorizzare con l’apparecchiatura i dati acquisiti dallo sportello bancomat. Ricorrendo, pertanto, vizio di motivazione con riferimento all’idoneità tecnica dell’apparecchiatura installata presso il bancomat all’intercettazione delle comunicazioni informatiche, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte distrettuale per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 novembre 2019 – 27 gennaio 2020, n. 3236 Presidente Sabeone – Relatore Belmonte Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Roma ha parzialmente riformato, con esclusivo riferimento al trattamento sanzionatorio, che ha mitigato, la decisione del Tribunale di quella stessa città che aveva dichiarato G.C.O. colpevole del contestato reato di cui all’art. 617 quinques, per avere installato, presso uno sportello bancomat, apparecchiature in grado di intercettare e memorizzare i dati delle carte e i PIN digitati dagli utenti al momento dell’accesso. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato il quale, con il patrocinio difensivo, svolge due motivi. 2.1. Denuncia, in primis,violazione dell’art. 617 quinques e correlato vizio della motivazione per avere la Corte di Appello confermato la pronuncia di condanna, pur in carenza di accertamenti in ordine alla funzionalità dell’apparecchiatura in questione. Si duole la difesa che, trattandosi di reato di pericolo concreto, avrebbe dovuto essere accertata la reale idoneità dell’apparecchiatura sequestrata a captare i dati riportati sulle bande magnetiche delle carte che vi venivano inserite, e evidenzia la contraddittorietà della motivazione offerta dalla Corte territoriale sul punto, in quanto fondata su un precedente di questa Corte non pertinente. 2.1. Con il secondo motivo si deduce l’erronea applicazione della legge nella commisurazione della pena, dolendosi la difesa che, pur avendo, la Corte di merito, ridotto la pena inflitta dal primo giudice, si è tuttavia ingiustificatamente discostata dal minimo edittale nonostante la scarsa rilevanza della condotta concreta e in presenza di dati soggettivi dell’imputato, relativi alla sua giovane età e all’incensuratezza, oltre che alla natura della condotta, che avrebbero dovuto essere presi inconsiderazione. La Corte territoriale ha, invece, rassegnato, sul punto, una motivazione apparente e aspecifica, senza replicare al motivo di appello. Considerato in diritto 1. È fondato il primo motivo di ricorso. 2.Premesso che la installazione abusiva di apparecchiature atte ad intercettare comunicazioni relative ad un sistema informatico, mediante il posizionamento nel postamat di un ufficio postale di una fotocamera digitale, integra il delitto di cui all’art. 617 quinquies c.p., considerato che l’intercettazione implica l’inserimento nelle comunicazioni riservate, traendo indebita conoscenza delle stesse Sez. 5, n. 3252 del 05/12/2006 Rv. 236035 , deve considerarsi che il reato in questione è strutturato come un reato di pericolo, e, pertanto, per la sua sussistenza, non è necessario accertare, ai fini della sua consumazione, che i dati siano effettivamente raccolti e memorizzati Sez. 5, n. 36601 del 09/07/2010 Rv. 248430 . È noto, infatti, che nell’ambito della categoria dogmatica dei reati di pericolo - nei quali è sufficiente, ai fini dell’incriminazione, che il bene tutelato sia stato minacciato - in quelli c.d. di pericolo concreto - quale è quello di cui all’art. 617 quinques c.p. - il pericolo rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice, onde spetta al giudice, in base alle circostanze concrete del singolo caso, accertarne la esistenza. Diversamente, nei reati di pericolo presunto il legislatore presume, in base a regole di esperienza, che al compimento di determinate azioni si accompagni l’insorgere del pericolo, sicché il giudice è dispensato dallo svolgere ulteriori indagini circa la verificazione della messa in pericolo del bene, che si accompagna, tipicamente o generalmente, al compimento della condotta, poiché il pericolo non assurge a elemento costituito del reato, e il reato sussiste anche se il pericolo non si è in concreto realizzato, non essendo ammessa, peraltro, prova contraria della sua effettiva esistenza. 2.1. Con riferimento, dunque, alla fattispecie di cui all’art. 617 quinques c.p., ciò che è necessario accertare è la idoneità dell’apparecchiatura installata a consentire tale raccolta o memorizzazione dei dati. Fondatamente la difesa ricorrente deduce che la sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione del principio di diritto di cui alla pronuncia, di questa Corte di cassazione, della quale la sentenza impugnata riporta la massima, secondo cui Integra il reato di installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche art. 617 quinquies c.p. la condotta di colui che installi, all’interno del sistema bancomat di un’agenzia di banca, uno scanner per bande magnetiche con batteria autonoma di alimentazione e microchip per la raccolta e la memorizzazione dei dati, al fine di intercettare comunicazioni relative al sistema informatico. Trattandosi di reato di pericolo per la dimostrazione della sua consumazione, non’ è stato necessario accertare che i dati siano effettivamente raccolti e memorizzati. Come si evince già dal tenore della suddetta massima, e ancor più chiaramente dalla motivazione della sentenza, nel caso di specie, i giudici di merito avevano ricostruito le modalità, i tempi, le persone che avevano installato il congegno di lettura e ne avevano controllato il funzionamento avevano poi accertato l’avvenuta installazione di un congegno in cui erano presenti tutti i componenti necessari per la raccolta e la memorizzazione e rilevato l’assenza di qualsiasi elemento da cui dedurre che l’apparecchiatura fosse assolutamente inidonea a creare la situazione di pericolo sanzionata dalla legge. Di tali accertamenti, invece, non v’è traccia nella sentenza impugnata, la quale si è limitata a osservare che non appare, quindi, necessario accertare la concreta idoneità delle apparecchiature installate nello sportello Postamat di OMISSIS . Ma, così facendo, i giudici di merito hanno travisato il contenuto del principio di diritto al quale si sono ispirati, che, come premesso, ritiene non necessario - ma solo una volta accertata la idoneità degli strumenti alla captazione dei dati - la loro effettiva raccolta e memorizzazione. Come è stato già chiarito nella giurisprudenza di legittimità, lo strumento utilizzato deve caratterizzarsi per la sua idoneità ad eludere la possibilità di percezione della captazione da parte dei soggetti tra i quali intercorre la comunicazione, atteso che, nel senso accolto dall’art. 617 c.p., il carattere della fraudolenza qualifica il mezzo utilizzato per prendere cognizione della comunicazione, il quale deve essere, pertanto, idoneo nel senso sopra indicato. In altri termini, la presa di cognizione punita dalla disposizione citata è quella realizzata con mezzi che ne garantiscano sostanzialmente la clandestinità. Sez. 5, n. 41192 del 17/07/2014 Rv. 261039 . 2.2. Dall’accertamento di tale idoneità, imprescindibile ai fini della sussistenza del reato, la sentenza gravata non dà conto, nè ve nè traccia in quella, per vero stringatissima, del Tribunale. Non si rinviene alcun elemento dal quale desumere che sia stata accertata la concreta possibilità di intercettare e memorizzare, con l’apparecchio denominato skimmer , i dati riportati sulla banda magnetica del bancomat e delle carte di credito al momento dell’inserimento nello sportello Postamat per il prelievo, nè la idoneità della microcamera a riprendere i codici PIN digitati dagli utenti, così da captare dati e informazioni personali inseriti nel sistema informatico. 3. Ricorrendo il ravvisato vizio di motivazione in ordine alla idoneità tecnica, della apparecchiatura installata presso il Postamat di omissis , all’intercettazione delle comunicazioni informatiche, l’esito del presente scrutinio di legittimità non può che essere l’annullamento della sentenza impugnata, per i motivi esposti, assorbenti rispetto alle altre doglianze del ricorrente, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che si atterrà, nel rinnovato giudizio, agli enunciati principi di diritto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Roma.