Confermato il sequestro preventivo della cassetta di sicurezza nell’effettiva ed esclusiva disponibilità dell’indagato

In sede di riesame, la valutazione del fumus commissi delicti quale presupposto del sequestro preventivo, non può fondarsi sulla sola astratta configurabilità del reato, dovendo il giudice tenere in considerazione le concrete risultanze processuali e l’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2010/20, depositata il 20 gennaio, decidendo sul ricorso proposto avverso il rigetto dell’istanza di riesame del sequestro preventivo disposto dal GIP di Bergamo avente ad oggetto una cassetta di sicurezza. La misura è stata disposta nei confronti dell’indagato e padre del ricorrente ai sensi dell’art. 321, comma 2, c.p.p. per i beni di cui è consentita la confisca ex art. 12- bis d.lgs. n. 74/2000. Con il ricorso, viene dedotta violazione di legge in quanto i beni contenuti nella cassetta sarebbero di usa esclusiva proprietà e sottratti dunque alla misura in quanto terzo estraneo al reato. Fumus commissi delicti. Il provvedimento impugnato si sottrae ad ogni censura in quanto correttamente motivato in riferimento ai consolidati principi della giurisprudenza. Nel caso di specie infatti è stato correttamente disposto il sequestro sui beni nella disponibilità dell’indagato in quanto unico soggetto ad avere l’effettiva ed esclusiva disponibilità delle chiavi della cassetta di sicurezza. La giurisprudenza ha avuto modo di affermare che nella valutazione del fumus commissi delicti quale presupposto del sequestro preventivo, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato. Ciò di cui occorre tener conto sono le concrete risultanze processuali e l’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile l’impostazione accusatoria e plausibile un giudizio prognostico negativo per l’indagato, pur senza sindacare la fondatezza dell’accusa . In conclusione, ricordando che il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione del bene sequestrato, pur potendo dedurre in sede di merito e di legittimità la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l’inesistenza di un contributo al reato, potrebbe non riuscire a contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare, il Collegio dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 novembre 2019 – 20 gennaio 2020, n. 2010 Presidente Izzo – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Bergamo, in sede di riesame, con ordinanza del 26 aprile 2019, ha rigettato l’istanza di riesame di C.R. , avverso il provvedimento del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo del 19 gennaio 2019 di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di una cassetta di sicurezza. 2. Ricorre in cassazione C.R. deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1. 2. 1. Violazione di legge D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12 bis . Il Tribunale del riesame ha ignorato e violato le norme civili che disciplinano il diritto di proprietà. Il sequestro preventivo è stato eseguito nei confronti di C.S. , indagato padre del ricorrente , ai sensi dell’art. 321 c.p.p., comma 2, per i beni di cui è consentita la confisca ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12 bis. Mentre la confisca diretta riguarda i beni di proprietà per la confisca per equivalente la norma prevede la disponibilità dei beni da parte del reo. Comunque i beni devono rientrare nel patrimonio del soggetto incriminato. La confisca infatti deve colpire il soggetto condannato non un altro soggetto terzo estraneo . Il Tribunale del riesame ha fondato illogicamente la disponibilità dei beni contenuti nella cassetta di sicurezza in capo all’indagato C.S. in quanto egli ne deteneva l’unica chiave. La cassetta di sicurezza era cointestata sia al ricorrente e sia al padre C.S. e, quindi, per la disciplina civilistica quanto in essa contenuto era quantomeno da dividere al 50 % tra i due intestatari. In atti sussistono anche le dichiarazioni dei fratelli del ricorrente M. e Ma. che evidenziano come i beni contenuti nella cassetta sono dei regali fatti dai nonni al ricorrente quando era minore infatti dal lontano 1999 la cassetta di sicurezza non era stata aperta. I certificati dei gioielli smeraldi risalgono al 1991. I beni contenuti nella cassetta di sicurezza appartengono in via esclusiva al ricorrente, terzo estraneo ai reati. 2.2. Violazione di legge D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12 bis . La confisca per equivalente comunque deve riguardare beni che sono entrati nel patrimonio del reo dopo la commissione dei reati in accertamento, in quanto i beni entrati nel patrimonio da tempo immemorabile o precedentemente al delitto non possono essere oggetto di confisca neanche per equivalente. La cassetta di sicurezza non essendo mai stata aperta dal 1999 contiene certamente beni estranei alla commissione dei reati o comunque ai profitti dei reati reati commessi dal 2014 in poi . 2. 3. Violazione di legge D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 12 bis , relativamente alla subordinazione della confisca per equivalente a quella diretta. Prima devono individuarsi i beni per la confisca diretta che esprimono il profitto od il prezzo del reato e poi si può provvedere alla confisca per equivalente, in via subordinata. Non è possibile una confisca per equivalente in via diretta. Nel caso in giudizio manca qualsiasi tentativo di confisca diretta nei confronti di C.S. . Ha chiesto pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 3. Il ricorso risulta inammissibile perché proposto per vizi della motivazione, con motivi generici e manifestamente infondati peraltro articolato in fatto. Inoltre il ricorrente, quale terzo interessato, per i motivi relativi alla confiscabilità dei beni acquisiti prima della commissione dei delitti e per la subordinazione della confisca per equivalente a quella diretta, non ha interesse, potendo egli far valere solo la sua proprietà il suo interesse e non altro. 4. Sia per il sequestro preventivo e sia per il sequestro probatorio è possibile il ricorso per cassazione unicamente per motivi di violazione di legge, e non per vizio di motivazione. Nel nostro caso i motivi di ricorso sulla proprietà esclusiva, dei beni contenuti nella cassetta di sicurezza, risultano proposti per il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E, nella valutazione sostanziale del ricorso . Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009 - dep. 11/11/2009, Bosi, Rv. 245093 Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 - dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692 . Nel nostro caso non ricorre una violazione di legge, e nemmeno l’apparenza della motivazione, e conseguentemente il ricorso deve ritenersi manifestamente infondato. Infatti il provvedimento impugnato contiene adeguata motivazione, non contraddittoria e non manifestamente illogica, con corretta applicazione dei principi in materia espressi da questa Corte di Cassazione, e ha rilevato come il sequestro fosse stato disposto sui beni nella disponibilità dell’indagato poiché l’indagato aveva l’effettiva ed esclusiva disponibilità delle chiavi un’unica chiave della cassetta di sicurezza e, del resto, il ricorrente non si era mai interessato al suo contenuto, come si evinceva dall’assenza di aperture negli ultimi dieci anni. Infatti, Ai fini del sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente di cui all’art. 322-ter c.p. della somma di denaro depositata su un conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato, la misura preventiva reale si estende ai beni comunque nella disponibilità dell’indagato, senza che a tal fine possano rilevare presunzioni o vincoli posti dal codice civile artt. 1289 e 1834 per regolare i rapporti interni tra creditori e debitori solidali o i rapporti tra banca e depositante, ferma restando la possibilità nel prosieguo di procedere ad un effettivo accertamento dei beni di esclusiva proprietà di terzi estranei al reato. In applicazione di questo principio la Corte ha rigettato il ricorso del terzo interessato evidenziando, peraltro, che nel caso di specie l’indagato, in forza di una delega ad operare senza limitazioni, aveva la possibilità di disporre dell’intera provvista delle somme e dei valori depositati sul conto corrente cointestato Sez. 2, n. 36175 del 07/06/2017 - dep. 21/07/2017, Terzi interessati in proc. Cismondi, Rv. 27113601 vedi anche Sez. 6, n. 24432 del 18/04/2019 -dep. 31/05/2019, PLACENTI FILIPPO, Rv. 27627801 . Del resto, Nella valutazione del fumus commissi delicti , quale presupposto del sequestro preventivo, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile l’impostazione accusatoria, e plausibile un giudizio prognostico negativo per l’indagato, pur senza sindacare la fondatezza dell’accusa Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014 - dep. 27/11/2014, Armento, Rv. 26167701 vedi anche Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016 - dep. 17/06/2016, P.M. in proc. Bulgarella e altri, Rv. 26700701 . Nel caso in giudizio, l’analisi del Tribunale del riesame, come sopra visto, risulta adeguata alle risultanze degli atti, e sul punto le prospettazioni del ricorrente risultano articolate in fatto e relative alla motivazione del provvedimento e non a violazioni di legge. La questione civile sarà da valutarsi pienamente nel giudizio di merito al momento della sentenza, per la confisca in sede cautelare la completa motivazione, non manifestamente illogica e non contraddittoria del provvedimento del Tribunale del riesame comporta l’inammissibilità del ricorso. Gli ulteriori motivi di ricorso riguardano l’indagato e non certo il terzo estraneo. Non sussiste, quindi, l’interesse alla proposizione In tema di sequestro preventivo, il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione del bene oggetto di sequestro, può dedurre, in sede di merito e di legittimità, unicamente la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene e l’inesistenza di un proprio contributo al reato attribuito all’indagato, senza potere contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare. Fattispecie in tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, ex art. 12-bis Sez. 3, n. 36347 del 11/07/2019 - dep. 22/08/2019, PICA GIUSEPPINA, Rv. 27670001 . Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 2.000,00, e delle spese del procedimento, ex art. 616 c.p.p P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.