Provvedimento di regolare condono e ripartizione dell’onere probatorio

In tema di reati edilizi, il giudice dell’esecuzione, verificata la presenza dell’allegazione della domanda di condono, ha l’onere di avviare un’istruttoria diretta ad accertarne il fondamento.

Sul tema torna ad esprimersi la Corte di Cassazione con la sentenza n. 571/20, depositata il 10 gennaio. Il fatto. Il giudice dell’esecuzione rigettava la richiesta di revoca o annullamento dell’ingiunzione a demolire emessa nei confronti dell’istante, per la ritenuta assenza dei requisiti di doppia conformità delle opere abusive realizzate dalla stessa. Ma così facendo, per la ricorrente, il Giudice avrebbe confuso l’istituto della sanatoria di cui all’art. 36 d.P.R. n. 380/2001, con quello diverso di cui al condono ex l. n. 724/1994, rispetto al quale ella aveva presentato la domanda di sospensione della procedura di demolizione rivendicando l’intervenuto rilascio del provvedimento di definizione positiva della stessa procedura. Regolare condono. Il ricorso risulta fondato, ciò perché, in presenza di un atto formale, idoneo a delineare una situazione giuridica incompatibile con l’ordine di demolizione, si impone comunque che il giudice verifichi la sussistenza di tutti i requisiti di legge alla luce della disciplina di riferimento. Anche in tema di condono, l’esecutività del provvedimento giudiziale applicativo della sanzione amministrativa della demolizione e la vincolatività del relativo comando per il soggetto destinatario vengono meno, definita la procedura di sanatoria, sempre che il giudice riscontri la regolarità dell’atto amministrativo sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti formali e sostanziali richiesti dalla legge. Sul punto, il S.C. ha stabilito più volte che, in tema di reati edilizi, non sussiste un onere probatorio a carico del soggetto che invochi la sospensione o la revoca dell’ordine di demolizione, in sede esecutiva, ma solo un onere di allegazione relativo alla prospettazione e all’indicazione al giudice dei fatti su cui la sua richiesta si basa. Spetta poi al giudice dell’esecuzione avviare un’istruttoria diretta ad accertarne il fondamento. E dopo la presentazione della domanda di condono, la costruzione può essere proseguita solo nel rispetto della procedura di cui all’art. 35, comma 15, l. n. 47/1985. Sulla base di tali ragioni, l’ordinanza impugnata viene annullata con rinvio al Tribunale per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 settembre 2019 – 10 gennaio 2020, n. 571 Presidente Lapalorcia – Relatore Noviello Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 14.03.2019 il giudice dell’esecuzione presso il Tribunale di Napoli sezione distaccata di Ischia, adito nell’interesse di I.G. , rigettava la richiesta di revoca o annullamento della ingiunzione a demolire emessa nei confronti della medesima. 2. Avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione I.M. , tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando aD due motivi di impugnazione. 2. Contesta, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b , la violazione della L. n. 47 del 1985, artt. 38 e 39, come richiamati dalla L. n. 724 del 1994, nonché l’inosservanza e/o erronea applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36. Il Tribunale, rigettando l’istanza per la ritenuta assenza dei requisiti di doppia conformità delle opere abusive realizzate dall’istante e di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36, avrebbe confuso l’istituto della sanatoria di cui al predetto articolo con quello, diverso, di cui al condono ex L. n. 724 del 1994, rispetto al quale la ricorrente aveva presentato la domanda di sospensione della procedura di demolizione rivendicando l’intervenuto rilascio del provvedimento di definizione positiva della citata procedura. 3. Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e , per non avere il giudice adito illustrato le ragioni di fatto e di diritto assunte a base della intervenuta decisione di rigetto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Posto che la questione inerisce l’esame dell’unico documento oggetto della domanda dedotta in sede di esecuzione - relativo alla ritenuta, dal ricorrente, susistenza di un provvedimento di regolare condono - per cui nel caso in esame il suo richiamo in ricorso appare satisfattivo del principio di autosufficienza dell’impugnazione, risultando in tal modo l’atto chiaramente identificabile e reperibile, va rilevato come sia corretto il rilievo critico per cui non si tratterebbe di un atto di sanatoria D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 36, bensì di un provvedimento di condono. Come risulta chiaramente dalla intestazione e dai riferimenti alla disciplina del cd. secondo condono , senza che sotto alcun aspetto emerga alcun riferimento a quella di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 36. Consegue che il giudice dell’esecuzione ha erroneamente collocato il provvedimento in esame in una cornice giuridica di riferimento diversa da quella propria, così declinando anche una motivazione in nessun modo pertinente e quindi omettendo di esaminare la eventuale sussistenza dei presupposti legittimanti la regolarità del formale atto di condono richiamato dalla ricorrente. Ciò in quanto la presenza di un formale atto, astrattamente idoneo a delineare una situazione giuridica incompatibile con l’ordine di demolizione, impone comunque che il giudice verifichi la reale sussistenza di tutti i requisiti di legge alla luce della disciplina di riferimento. È noto infatti, quale principio operante anche in tema di condono, che l’esecutività del provvedimento giudiziale applicativo della sanzione amministrativa della demolizione, adottato L. 28 febbraio 1985, n. 47, ex art. 7, u.c. attualmente D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31 , e la vincolatività del relativo comando per il soggetto destinatario vengono meno, una volta definita la procedura di sanatoria, sempre che il giudice riscontri la regolarità dell’atto amministrativo sotto il profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge cfr. Sez. 3, n. 11051 del 30/01/2003 Rv. 224346 01 Ciavarella L Sez. 3, n. 3196 del 27/11/1998 dep. 01/03/1999 Rv. 213010 - 01 Sacchetti I . 2.1. In proposito occorre evidenziare che la Suprema Corte ha chiaramente stabilito che in tema di reati edilizi non sussiste un onere probatorio a carico del soggetto che invochi in sede esecutiva la sospensione o la revoca dell’ordine di demolizione, ma solo un onere di allegazione, relativo, cioè, alla prospettazione ed alla indicazione al giudice dei fatti sui quali la sua richiesta si basa, incombendo poi all’autorità giudiziaria il compito di procedere ai relativi accertamenti cfr. Sez. 3, n. 31031 del 20/05/2016 Rv. 267413 - 01 Giordano . Inoltre, l’ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza passata in giudicato può essere sospeso solo qualora sia ragionevolmente prevedibile, sulla base di elementi concreti, che in un breve lasso di tempo sia adottato dall’autorità amministrativa o giurisdizionale un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con detto ordine di demolizione cfr. Sez. 3, n. 42978 del 17/10/2007 Rv. 238145 - 01 Parisi . Può altresì essere revocato in presenza di un regolare condono. Il giudice dell’esecuzione, nel caso concreto, a fronte della verificata presenza della allegazione della domanda di condono, avrebbe dovuto avviare un’istruttoria diretta ad accertarne il fondamento. 2.2. Va in proposito ribadito che la verifica del giudice deve incentrarsi, tra l’altro e in particolare, sulla previa individuazione della disciplina della normativa di condono applicabile, sull’esame della legittimazione del richiedente e destinatario dell’atto in proposito si rammenta che in forza della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 6 e art. 38, comma 5 - richiamati dalla L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 39, comma 6 - legittimati alla presentazione dell’istanza di concessione in sanatoria sono il proprietario della costruzione abusiva, il titolare della concessione edilizia, il committente delle opere, il costruttore ed il direttore dei lavori, con esclusione dei figli del proprietario salvo ipotesi di tipo successorio - cfr. Sez. 3, n. 30059 del 16/05/2018 Rv. 273760 01 Quartucci nonché sulla tempestività della domanda, sull’esame del tipo di vincolo esistente al fine di stabilire la condonabilità o meno delle opere stesse in ordine ai quali, con riferimento specifico alle opere realizzate in zona sottoposta a vincolo nel quadro del cd. secondo condono , le autorizzazioni paesaggistiche devono essere espresse e non possono ottenersi attraverso la formazione del silenzio assenso Sez. 3, n. 7221 del 2/12/2010 dep. 2011 , Mazzella, Rv. 249523 . E ancora, il sindacato del giudice deve vertere sull’analisi dei requisiti volumetrici o anche di destinazione d’uso assentibili, sulla tempestività degli adempimenti imposti, sul rispetto dei requisiti strutturali e temporali delle opere. Riguardo a questi ultimi è necessario che l’opera sia ultimata al rustico entro la data ultima prevista per legge. Si rammenta in proposito che dopo la presentazione dell’istanza di condono, la costruzione può essere proseguita soltanto nel rispetto della procedura stabilita dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 35, comma 15, richiamato dalla L. n. 724 del 1994, art. 39 che prevede, decorsi 120 giorni dal versamento della seconda rata la notifica al Comune dell’intendimento di proseguire i lavori, con allegazioni di una perizia giurata o di una documentazione equipollente sullo stato dei lavori abusivi, i quali possono essere ripresi dopo 30 giorni dalla suddetta notificazione cfr. Sez. 3, Ord. n. 3530 del 01/12/2000 Rv 218001 . 3. L’ordinanza impugnata deve essere dunque annullata con rinvio per nuovo esame, alla luce dei principi suesposti, al tribunale, sezione distaccata di Ischia. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Napoli sezione distaccata di Ischia per nuovo esame.