Quella specifica abilità nel tentare di rubare il portafoglio che integra l’aggravante della destrezza

La circostanza aggravante della destrezza ricorre qualora l’agente abbia posto in essere, prima o durante l’impossessamento del bene altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sul bene stesso.

Lo ribadisce la Cassazione con sentenza n. 641/20, depositata il 10 gennaio. La vicenda. La Corte d’Appello, in conferma della decisione di primo grado, condannava alla pena di giustizia l’imputato per il reato di tentato furto aggravato dalla destrezza. Avverso tale sentenza, l’imputato, tramite difensore, ricorre in Cassazione deducendo falsa applicazione di legge penale in merito alla sussistenza dell’aggravante della destrezza. La sussistenza della destrezza. Sul punto, la Suprema Corte ricorda che la circostanza aggravante della destrezza vi è qualora l’agente abbia posto in essere, prima o durante l’impossessamento del bene altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sul bene stesso non è invece sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore stesso. Non si configura, dunque, la destrezza nel sottrarre un bene lasciato incustodito, anche solo momentaneamente, quando la mancata sorveglianza di esso non sia stata provocata dall’agente. Ebbene, nel caso in esame, la Corte territoriale ha applicato i suddetti principi, notando che la persona offesa era distratta dal casuale incontro con un’amica al supermercato luogo del delitto , ma che la borsa contente il portafoglio non ea rimasta incustodita, essendo agganciata al carrello che la stessa spingeva e che la sottrazione del bene aveva richiesto un’azione fulminea”. Pertanto, l’azione dell’imputato di introdurre la mano nella borsa, afferrare il portafoglio ed estrarlo, senza farsi accorgere e a poca distanza dalla vittima, per quanto impegnata in una conversazione, richieda comunque una speciale abilità in grado di integrare la circostanza aggravante della destrezza. Per tali ragioni, il S.C. rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 19 novembre 2019 – 10 gennaio 2020, n. 641 Presidente De Gregorio – Relatore Pistorelli Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Brescia ha confermato la condanna di C.I.G. per il reato di tentato furto aggravato dalla destrezza. 2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato deducendo erronea applicazione della legge penale e vizi della motivazione in merito alla sussistenza dell’aggravante della destrezza. In tal senso il ricorrente contesta quanto affermato dalla Corte territoriale e cioè che il fatto non sia sovrapponibile alla fattispecie oggetto della Sentenza Quarticelli delle Sezioni Unite, atteso che dagli atti emergerebbe unicamente che l’imputato abbia sottratto il portafogli della persona offesa dalla borsetta della medesima, limitandosi ad approfittare della sua momentanea distrazione dovuta al casuale incontro con una conoscente. Nè potrebbe imputarsi la sottrazione alla particolare abilità del C. , essendosi egli limitato ad introdurre la mano nella borsetta ed impadronirsi del portafoglio, che evidentemente era ben in vista e comunque non risulta che fosse occultato in maniera particolare. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Come ricordato sia dalla sentenza impugnata, che dal ricorrente, le Sezioni Unite hanno chiarito come la circostanza aggravante della destrezza sussiste qualora l’agente abbia posto in essere, prima o durante l’impossessamento del bene mobile altrui, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore sulla res, non essendo invece sufficiente che egli si limiti ad approfittare di situazioni, non provocate, di disattenzione o di momentaneo allontanamento del detentore medesimo Sez. U, n. 34090 del 27/04/2017, Quarticelli, Rv. 270088 . In tal senso il Supremo Collegio non ha inteso peraltro circoscrivere l’ambito di applicazione dell’art. 625 c.p., n. 4 alla sola ipotesi in cui la sottrazione sia avvenuta approfittando della distrazione del detentore del bene, ma semplicemente chiarire come non sussista alcuna destrezza nel sottrarre un bene lasciato, anche soltanto momentaneamente, incustodito, quando la mancata sorveglianza del medesimo non sia stata provocata dall’agente. Ed infatti questa Corte ha ripetutamente avuto modo di ribadire successivamente come l’aggravante sussista anche nel caso in cui, pur essendo la parte offesa momentaneamente distratta, l’agente abbia posto in essere, prima o durante l’impossessamento del bene, una condotta caratterizzata da particolari abilità, astuzia o avvedutezza ed idonea a sorprendere, attenuare o eludere la sorveglianza del detentore ex multis Sez. 5, n. 48915 del 01/10/2018, S., Rv. 274018, relativa a fattispecie identica a quella per cui si procede . 3. La Corte territoriale ha fatto buon governo di tali principi, evidenziando che la persona offesa era certamente stata distratta dal casuale incontro con un’amica all’interno del supermercato teatro del delitto, ma che la borsetta contenete il portafoglio non era rimasta incustodita, essendo agganciata al carrello che la stessa spingeva e che dunque la sottrazione del bene aveva richiesto un’azione fulminea. Che il portafogli fosse in evidenza è poi mera congettura del ricorrente, mentre irrilevante è che questo fosse o meno particolarmente occultato all’interno della borsa, atteso che logicamente i giudici del merito hanno ritenuto che l’azione dell’imputato di introdurre la mano in quest’ultima, afferrare il portafoglio ed estrarlo, senza farsi accorgere ed in presenza a poche decine di centimetri della vittima, per quanto impegnata in una conversazione, comunque richieda una specifica abilità in grado di integrare l’aggravante contestata. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.