Il rischio di intempestività dell’istanza di rinvio comunicata via PEC grava sulla parte

L’istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore o dell’imputato può essere trasmessa a mezzo PEC, integrando però in tal caso un’ipotesi di irregolarità, con il conseguente rischio di intempestività a carico del richiedente laddove l’istanza non venga tempestivamente portata a conoscenza del giudice procedente.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 99/20, depositata il 3 gennaio. Il fatto. La Corte d’Appello de L’Aquila confermava la sentenza di prime cure con cui l’imputato era stato condannato per il tentato furto aggravato di un’auto. Il difensore ha proposto ricorso per cassazione dolendosi per il mancato rinvio dell’udienza richiesto per impedimento dell’imputato affetto da colica renale, richiesta che secondo la difesa sarebbe stata tempestivamente inviata come dimostra la ricevuta di consegna della PEC. Istanza di rinvio. Sul tema la Corte richiama il consolidato principio secondo cui, nell’ambito del processo penale, non è consentito alle parti private effettuare comunicazioni, notificazioni e istanze mediante posta elettronica certificata. Il Collegio evidenzia anche il meno restrittivo principio che qualifica come mera irregolarità l’utilizzo della PEC per l’invio di istanze di parte, come nel caso della richiesta di rinvio per legittimo impedimento dell’imputato o del difensore. Secondo tale impostazione, l’istanza non è nulla né inesistente ed il giudice è dunque tenuto ad esaminarla, fermo restando il rischio di intempestività a carico del richiedente laddove l’istanza non venga portata a conoscenza del giudice procedente tempestivamente. Ed è proprio questo il caso che si è verificato nella vicenda in esame l’istanza di rinvio era infatti stata inoltrata di venerdì sera, oltre l’orario di apertura degli uffici, ed era stata portata all’attenzione del giudice la mattina successiva quando però l’udienza era già stata celebrata. Di conseguenza, l’irregolare modalità di trasmissione dell’istanza a mezzo PEC impedisce all’imputato di dolersi del mancato tempestivo inoltro al giudice. Il ricorso viene invece accolto per quanto attiene al trattamento sanzionatorio inflitto posto che le circostanze attenuanti generiche, pur invocate in sede di appello, non sarebbero state applicate. La pronuncia viene dunque annullata con rinvio alla Corte d’Appello per un nuovo esame sul punto.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 16 dicembre 2019 – 3 gennaio 2020, n. 99 Presidente Morelli – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 16.7.2018 la Corte d’Appello dell’Aquila confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Vasto in data 30.03.2017, con la quale T.E. era stato condannato alla pena di un anno e due mesi di reclusione ed Euro 200 di multa, per il tentato furto aggravato di un’auto ex artt. 56 e 624 c.p., art. 625 c.p., nn. 2 e 7. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, affidato a tre motivi, con i quali deduce -con il primo motivo, la nullità della sentenza impugnata per violazione del diritto di difesa dell’imputato, stante il mancato rinvio dell’udienza innanzi alla Corte d’Appello del 16.07.2018, richiesto in data 13.07.2018, essendo il deducente imputato affetto da colica renale, con prognosi di guarigione di giorni quattro al riguardo, la cancelleria avrebbe attestato un giorno errato di arrivo dell’istanza 16.07.2018 alle ore 12.10 , mentre la ricevuta di consegna della PEC dimostra, invece, come questa sia stata inviata il 13.07.2018 il mancato rinvio dell’udienza ha determinato una nullità ex art. 178 c.p.p., con conseguente nullità della sentenza -con il secondo motivo di ricorso, la mancanza di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, in relazione al relativo motivo di appello proposto, nonché l’errato calcolo della pena invero, il giudice di primo grado ha errato nell’operare l’aumento di pena per le aggravanti contestate, avendo applicato l’aumento per le due aggravanti a partire dalla pena base di anni tre prevista dall’art. 625 u.c. per il furto pluriaggravato, effettuando, quindi, un doppio aumento per le aggravanti medesime la questione era stata dedotta con i motivi di appello, ma la Corte territoriale non l’ha neppure considerata. Considerato in diritto Il ricorso va accolto in relazione al secondo motivo di ricorso, quanto alla determinazione della pena irrogata, laddove va respinto nel resto. 1. Il primo motivo di ricorso, con il quale il T. lamenta il mancato rinvio dell’udienza del 16.07.2018, stante la comunicazione in data 13.7.2018 a mezzo PEC dell’impedimento per malattia del deducente, si presenta infondato. Ed invero, va richiamato in proposito il principio più volte affermato da questa Corte, secondo cui, nel processo penale, alle parti private non è consentito effettuare comunicazioni, notificazioni ed istanze mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata Sez. 5, n. 48911 del 01/10/2018 Sez. 2, n. 31314 del 16/05/2017 . Anche a voler considerare il principio meno restrittivo affermato sempre dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale l’utilizzo delle modalità di trasmissione a mezzo PEC di istanze è solamente irregolare, sicché la richiesta di rinvio per legittimo impedimento dell’imputato o del difensore, inviata con mezzi telematici in cancelleria, non è nulla o inesistente ed il giudice è tenuto ad esaminarla, in ogni caso, l’utilizzo di tale irregolare modalità di trasmissione espone il richiedente al rischio della intempestività, nell’ipotesi in cui detta istanza non venga portata a conoscenza del giudice procedente tempestivamente Sez. 1, n. 1904 del 16/11/2017, Rv. 272049 Sez. 5, n. 7706 del 16/10/2014, Rv. 262835 . 1.1. Nella fattispecie in esame è accaduto proprio ciò, ossia clic l’istanza di rinvio dell’udienza da parte dell’imputato è stata inoltrata il venerdì sera, alle ore 21,26 del 13.7.2018 ad uffici chiusi e tale istanza è stata portata dalla Cancelleria all’attenzione del giudice alle ore 12,10 del 16.7.2018, quando l’udienza era stata già celebrata. Pertanto, la irregolare modalità di trasmissione dell’istanza a mezzo PEC ha comportato che l’imputato non possa dolersi del mancato tempestivo inoltro al giudice dell’istanza di rinvio, gravando su di sé tale rischio. 2. Il secondo motivo di ricorso, in merito alla determinazione della pena, è fondato nei limiti di cui si dirà. Invero, come denunciato dall’imputato in appello e con il ricorso in esame, il primo giudice per la quantificazione della pena è partito dalla pena base di tre anni ex art. 625 c.p., comma 2, ridotta ad un anno di reclusione -ossia di 2/3- per il tentativo, nonché ridotta ad Euro 100,00 di multa, operando poi su tale pena un doppio aumento per effetto delle due aggravanti di cui all’art. 625 c.p Tale modalità di calcolo è erronea, posto che la pena edittale stabilita per il furto pluriaggravato dall’art. 625 c.p., u.c., è la stessa, tanto se concorrano tutte le aggravanti specifiche previste nel comma 1 dello stesso articolo, quanto se concorrano una o più delle suddette aggravanti specifiche ed una o più delle aggravanti comuni previste dall’art. 61 c.p., sicché non poteva essere operato un duplice aumento per ciascuna delle aggravanti contestate. 3. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio inflitto all’imputato, anche con riguardo alle circostanze attenuanti generiche, pur invocate in sede di appello, con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Perugia, mentre il ricorso va respinto nel resto. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Perugia rigetta nel resto il ricorso.