MAE: per i reati tributari non ha rilievo il superamento delle soglie di punibilità previste dalla legge italiana

In tema di mandato d’arresto europeo e procedure di consegna tra Stati membri, la condizione della doppia punibilità prevista dall’art. 7, comma 1, l n. 69/2005 per l’esecuzione della consegna, risulta mitigata dal secondo comma proprio con riferimento alla materia delle tasse ed imposte, non richiedendosi la necessità di una perfetta sovrapposizione tra la fattispecie prevista dall’ordinamento estero e quella contemplata dall’ordinamento italiano, ma solo che le stesse risultino analogicamente assimilabili.

Lo ha chiarito la Suprema Corte con sentenza n. 49545/19 depositata il 5 dicembre. Il caso. Convalidato l’arresto provvisorio al fine della consegna alle Autorità giudiziarie tedesche, richiesta con mandato di arresto europeo cautelare, il Presidente della Corte d’Appello applicava al cittadino italiano la misura cautelare dell’obbligo di presentazione giornaliero alla polizia giudiziaria. Il cittadino ricorre per cassazione lamentando, in particolare, che l’ordinanza non ha tenuto conto del difetto della doppia punibilità essendo prevista per il corrispondente reato nazionale di evasione fiscale la soglia di punibilità di euro 250.000,00 ex art. 10-ter l n. 74/2000, mentre l’importo dell’evasione a lui contestata ammonta ad euro 185.753,25. Soglie di punibilità. la Corte di Cassazione dichiara la questione sul superamento della soglia di punibilità inammissibile per difetto di specificità in base al fatto che lo stesso ricorrente ha apoditticamente ritenuto il titolo di reato posto a fondamento del mandato d’arresto europeo corrispondente al meno grave reato di omesso versamento IVA, e ciò in contrasto con quanto affermato nell’ordinanza impugnata che ha ravvisato la corrispondenza ai reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di false fatturazioni e di emissione di fatture per operazioni inesistenti, reati per cui le soglie di punibilità sono state abrogate dal d.l. n. 138/2011, convertito in l n. 148/2011. Ciò posto, la Suprema Corte ribadisce che la condizione della doppia punibilità prevista dall’art. 7, comma 1, l n. 69/2005 per l’esecuzione della consegna, risulta espressamente mitigata dal comma 2 del medesimo articolo proprio con riferimento alla materia delle tasse ed imposte, non richiedendosi la necessità di una perfetta sovrapposizione tra la fattispecie prevista dall’ordinamento estero e quella contemplata dall’ordinamento italiano, ma solo che le stesse risultino analogicamente assimilabili , pertanto è stato escluso in relazione ai reati tributari che assuma rilievo il superamento delle soglie di punibilità prevista dalla legge italiana. Per tutti questi motivi, la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 30 ottobre – 5 dicembre 2019, n. 49545 Presidente Fidelbo – Relatore Amoroso Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento in epigrafe, il Presidente della Corte di appello di Catania applicava al cittadino italiano D.G.E. la misura cautelare dell’obbligo di presentazione giornaliero alla P.G., all’esito della convalida del suo arresto provvisorio al fine della consegna alle Autorità giudiziarie tedesche richiesta con mandato di arresto Europeo cautelare. 2. Con atto a firma del difensore di fiducia, il D. ha proposto ricorso, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c.p.p 2.1. Violazione di legge, in relazione alla L. n. 69 del 2005, art. 12, commi 1 e 3, per l’omessa informazione, ad opera della p.g. che aveva proceduto all’arresto del ricorrente, del contenuto del mandato, e dell’omessa consegna all’arrestato della prevista comunicazione scritta. 2.2. Violazione di legge, in relazione alla L. n. 69 del 2005, art. 9, comma 5-bis, e art. 12, comma 1-bis, perché in sede di arresto, il ricorrente non sarebbe stato reso edotto, come prescrivono le citate norme, della facoltà di nominare un difensore nello Stato di emissione. 2.3. Violazione di legge in relazione alla L. n. 69 del 2005, art. 6 e art. 12, comma 3 e art. 178 c.p.p., lett. c , per l’omessa traduzione in lingua italiana del mandato di arresto o dell’informativa SIS. 2.4. Violazione di legge in relazione alla L. n. 69 del 2005, art. 7, comma 2 e art. 13, comma 2 e art. 178, perché l’ordinanza impugnata non ha tenuto conto del difetto della doppia punibilità essendo prevista per il corrispondente reato nazionale di evasione fiscale la soglia di punibilità di Euro 250.000,00 D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 10-ter, mentre l’importo dell’evasione contestata al ricorrente ammonta ad Euro 185.753,25. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza di tutti i motivi proposti. Va osservato che la L. n. 69 del 2005, art. 12 prevede effettivamente una serie di adempimenti informativi che la polizia giudiziaria è tenuta ad effettuare in sede di arresto, in esecuzione del mandato di arresto Europeo. Al fine di assicurare il puntuale assolvimento da parte della polizia giudiziaria della comunicazione di quelle informazioni essenziali per la predisposizione di un’immediata ed efficace difesa quali, segnatamente, l’esistenza e il contenuto del m.a.e. la possibilità di acconsentire alla consegna la facoltà di nominare un difensore di fiducia il diritto di essere assistito da un interprete , l’art. 12, comma 3, legge cit. stabilisce che il verbale di arresto dia atto - a pena di nullità - di tali adempimenti. Accanto alle comunicazioni sopra richiamate, il D.Lgs. n. 15 settembre 2016, n. 184, aggiungendo nell’art. 12 cit. il comma 1-bis, ha previsto che polizia giudiziaria informi altresì la persona arrestata della facoltà di nominare un difensore nello Stato di emissione. Come già affermato dalla giurisprudenza di legittimità, l’ipotesi di nullità si ricollega esclusivamente alla completezza del verbale, posto che esso è l’unico atto da cui poter desumere in maniera obiettiva che gli adempimenti siano stati posti in essere Sez. 6, n. 22716 del 27/04/2007, Novakov, Rv. 237082 . Si tratta, tuttavia, di violazioni di legge che concernendo l’assistenza dell’arrestato e compromettendone l’assistenza legale, comportano una nullità di ordine generale a regime intermedio e possono essere eccepite durante l’udienza di convalida ma non oltre, non inficiandone la validità Sez. 6, n. 51289 del 06/11/2017, Marinkovic, Rv. 271501 Sez. 6, n. 24301 del 09/05/2017, U, Rv. 270377 . Invero, tutte le dedotte violazioni essendo relative ai predetti adempimenti informativi di competenza della P.G. in sede di arresto, anche con riferimento all’informazione sul contenuto del m.a.e., non essendo stati dedotti in sede di convalida davanti al giudice, ove tali adempimenti devono per legge essere comunque rinnovati, non possono essere considerati causa di nullità dell’ordinanza di convalida. Peraltro, l’avviso introdotto all’art. 12, nuovo comma 1-bis non è neppure incluso nel novero degli avvisi richiesti a pena di nullità del verbale di arresto, essendo tale sanzione prevista solo per gli avvisi e gli adempimenti previsti dall’art. 12, commi 1 e 2 L. cit. Sez. 6, 16/10/2018, Rv. 274611 . 2. Con riguardo alla mancata traduzione del mandato di arresto in lingua italiana si rileva che nel corso della convalida il presidente della corte di appello di Catania ha dato le informazioni sul contenuto del mandato di arresto e che analoghe informazioni risulta che sono state date anche in sede di arresto da parte degli agenti di P.G. vedi verbali udienza convalida e verbale di arresto, allegati al ricorso . Peraltro, la L. n. 69 del 2005, art. 6, comma 7, richiede espressamente che il m.a.e. sia tradotto in italiano, ma si tratta di un adempimento che condiziona l’esecuzione nel prosieguo della procedura, in funzione della pronuncia finale sulla richiesta consegna. È principio consolidato nella giurisprudenza della Corte di cassazione che l’omessa trasmissione della traduzione in lingua italiana del mandato di arresto Europeo non determina l’illegittimità per violazione del diritto di difesa dell’ordinanza di custodia cautelare, emessa successivamente alla convalida dell’arresto ai sensi della citata L. n. 69 del 2005, art. 9 e art. 13, comma 2, in quanto è sufficiente che l’interessato sia stato informato, in una lingua a lui comprensibile, del mandato emesso nei suo confronti e del suo contenuto dall’ufficiale di polizia giudiziaria che ha proceduto all’arresto vedi per tutte, Sez. 6, 05/04/2017, Rv. 269838 . 3. Manifestamente infondato è anche l’ultimo motivo sul superamento della soglia di punibilità, che appare peraltro articolato sul presupposto che il titolo di reato posto a fondamento del m.a.e. possa ritenersi corrispondente al meno grave reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10-ter, per omesso versamento IVA, contrariamente a quanto considerato nell’ordinanza di convalida che ha ravvisato la corrispondenza ai reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di false fatturazioni e di emissione di fatture per operazioni inesistenti D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 2 e 8 , quindi per reati con riferimento ai quali le soglie di punibilità sono state abrogate dal D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con la L. 14 settembre 2011, n. 148. La individuazione dei corrispondenti reati nazionali operata in sede cautelare non è stata oggetto di alcun rilievo specifico da parte del ricorrente che ha apoditticamente ritenuto di ravvisare l’ipotesi dell’omesso versamento dell’IVA a fronte del chiaro riferimento nella parte descrittiva dei fatti contenuta nel mandato di arresto alle cosiddette frodi carosello, che pur nelle diverse possibili varianti, presuppongono generalmente l’emissione di fatturazioni per operazioni inesistenti. Ma prescindendo da tale aspetto che già inficia l’ammissibilità del motivo per difetto di specificità, in ogni caso si deve rammentare che la condizione della doppia punibilità prevista dalla L. n. 69 del 2005, art. 7, comma 1, per l’esecuzione della consegna, risulta espressamente mitigata dal comma 2 del medesimo articolo proprio con riferimento alla materia delle tasse ed imposte, non richiedendosi la necessità di una perfetta sovrapposizione tra la fattispecie prevista dall’ordinamento estero e quella contemplata dall’ordinamento italiano, ma solo che le stesse risultino analogicamente assimilabili, di tal ché si è escluso in relazione ai reati tributari che assuma rilievo il superamento delle soglie di punibilità prevista dalla legge italiana vedi, Sez. 6, 18/02/2015, Rv. 262806 . 4. All’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in duemila Euro. La Cancelleria curerà l’espletamento degli incombenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.