Riga con la chiave una macchina: condannata per danneggiamento

Respinta la tesi difensiva, finalizzata a ridimensionare la condotta della donna. Evidente il danno arrecato alla vettura tramite l’uso di una chiave. Impossibile parlare di mero sfregio”, poiché la lesione arrecata al veicolo ne ha ridotto la protezione dai fenomeni atmosferici e di ossidazione.

Rigare per rabbia o per vendetta l’automobile di una persona può costare una condanna penale per danneggiamento”. A sottolineare la gravità dell’incivile comportamento sono i Giudici della Cassazione, rendendo definitiva la sanzione – mille euro di multa – comminata all’imputata che aveva preso di mira la vettura di proprietà di un uomo. Cassazione, sentenza n. 48615, sez. II Penale, depositata il 29 novembre . Segnalazione. A segnalare il fattaccio è un conoscente del proprietario del veicolo. Egli assiste all’episodio, vede cioè una donna rigare con una chiave la vettura, e corre a farlo presente all’uomo, fermo in una gelateria. E proprio quella segnalazione consente alla persona offesa di raggiungere il veicolo e di bloccare la donna, chiedendole conto dell’assurdo gesto. La questione non può però chiudersi in strada, e ha un inevitabile strascico giudiziario, con la donna che finisce sotto processo per il reato di danneggiamento . E i dettagli della vicenda spingono i giudici di merito a ritenere evidente la colpevolezza della donna, che così si ritrova sanzionata in Corte d’appello con mille euro di multa . Lesione. La decisione viene contestata, ovviamente, dal legale della donna, che punta a ridimensionare l’azione compiuta dalla sua cliente. A questo proposito, egli ritiene plausibile addirittura l’assoluzione , una volta preso atto della lieve entità del danno arrecato alla vettura e una volta evidenziata la natura della condotta, consistita solo nel graffiare il cofano dell’autovettura della persona offesa . Senza dimenticare, poi, l’esiguità del danno, tale da non incidere sulla funzionalità del bene , l’avvenuto risarcimento del danno e, infine, la remissione della querela . Tutte queste osservazioni non convincono però i giudici della Cassazione, che invece ritengono doveroso confermare la condanna pronunciata in Appello. Nessun dubbio, in sostanza, sul fatto che l’azione compiuta dalla donna sia catalogabile come danneggiamento , alla luce della incisione della carrozzeria della vettura con una chiave . A questo proposito, i Giudici ribadiscono che è qualificabile come danneggiamento lo sfregio, mediante l’uso di una chiave, della carrozzeria di una vettura , poiché esso costituisce non una semplice alterazione estetica, facilmente rimovibile con una ripulitura, ma una lesione non temporanea o superficiale dell’integrità del veicolo, in quanto idonea a diminuirne immediatamente la protezione dai fenomeni atmosferici e di ossidazione .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 29 ottobre – 29 novembre 2019, n. 48615 Presidente De Crescienzo – Relatore De Santis Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con l'impugnata sentenza la Corte d'Appello di Firenze riformava parzialmente la decisione del Tribunale di Pistoia in data 11/11/2014, che, in esito a giudizio abbreviato, aveva riconosciuto l'imputata colpevole del delitto di danneggiamento aggravato, rideterminando la pena in Euro mille di multa. 2. Hanno proposto ricorso per Cassazione i difensori dell'imputata, deducendo l'illogicità e contraddittorietà della motivazione, avendo la Corte territoriale disatteso la richiesta di assoluzione nonostante la lieve entità del danno e senza considerare la natura della condotta, consistita nel graffiare il cofano dell'autovettura della p.o., l'avvenuto risarcimento del danno e la remissione della querela. In particolare, la sentenza impugnata non ha tenuto conto che la esiguità del danno era tale da non incidere sulla funzionalità del bene. Inoltre, il giudice d'appello ha disatteso le doglianze difensive intese all'esclusione dell'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede sebbene il veicolo fosse rimasto sempre sotto il controllo del proprietario. 3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza delle doglianze proposte che reiterano rilievi già compiutamente scrutinati dai giudici di merito e disattesi con corretti argomenti giuridici. Quanto all'elemento oggettivo della fattispecie, già il primo giudice a pag. 2 della sentenza ha compiuto un'ampia ricognizione del concetto di deterioramento, riconducendovi con persuasiva motivazione l'incisione della carrozzeria dell'autovettura del denunziante con una chiave, tesi convalidata dalla Corte territoriale che ha evidenziato la necessità di un intervento ripristinatorio a seguito della condotta della prevenuta. Questa Corte ha in più occasioni affermato il principio -cui il Collegio ritiene debba darsi continuità- secondo cui il reato di danneggiamento di cui all'art. 635 cod. pen. si distingue, sotto il profilo del deterioramento , da quello di deturpamento o imbrattamento previsto dall'art. 639 cod. pen. perché mentre il primo produce una modificazione della cosa altrui che ne diminuisce in modo apprezzabile il valore o ne impedisce anche parzialmente l'uso, così dando luogo alla necessità di un intervento ripristinatorio dell'essenza e della funzionalità della cosa stessa, il secondo produce solo un'alterazione temporanea e superficiale della res il cui aspetto originario, quindi, quale che sia la spesa da affrontare, è comunque facilmente reintegrabile. In particolare, in fattispecie del tutto analoga a quella a giudiziosa ritenuto che fosse qualificabile come danneggiamento lo sfregio, mediante uso di una chiave, della carrozzeria di un'autovettura, siccome costituente non una semplice alterazione estetica, facilmente rimuovibile con una ripulitura, ma una lesione non temporanea o superficiale dell'integrità del veicolo, in quanto idonea a diminuire immediatamente la protezione del medesimo dai fenomeni atmosferici e di ossidazione Sez. 2, n. 22370 del 10/05/2002, PG in proc. Biason A, Rv. 221713 Sez. 6, n. 1271 del 05/12/2003 - dep. 2004, Misuraca, Rv. 228425 Sez. 2, n. 28793 del 16/06/2005, Cazzulo, Rv. 232006 Sez. 5, n. 38574 del 21/05/2014, Ellero, Rv. 262220 . 3.1 Con riguardo all'esposizione alla pubblica fede, e alla conseguente perseguibilità d'ufficio dell'illecito, la tesi difensiva di un costante e diretto controllo dell'auto da parte del proprietario è radicalmente smentita dalla ricostruzione dell'accaduto operata dal Tribunale sulla scorta delle dichiarazioni rese non solo dalla p.o. Va. Lo. ma anche dai testi Bi. Ma. e Ma. Gi., dalle quali risulta che fu il Bi. ad avvisare il proprietario dell'autovettura dell'avvenuto danneggiamento mentre lo stesso si trovava all'interno di una vicina gelateria. Solo allora il Va. aveva raggiunto il veicolo ed interloquito con l'imputata, chiedendole conto del gesto compiuto. Questa Corte ha chiarito che la ratio che sottende il rilievo accordato al bene esposto per necessità alla pubblica fede risiede nella considerazione della minorata difesa dello stesso, di necessità affidato al senso di rispetto dei terzi verso l'altrui proprietà, condizione nella specie integrata, con piena ravvisabilità della fattispecie contestata. 4. Alla declaratoria d'inammissibilità accede la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo in ragione dei profili di colpa ravvisabili nella sua determinazione. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.