Applauso ironico all’indirizzo del PM: condannato per oltraggio

Impossibile parlare di sfogo difensivo alla luce della condotta tenuta in udienza dall’uomo sotto processo. Alla lettura della decisione, che ne ha sancito la colpevolezza per il reato di omicidio, egli ha rivolto un applauso al pubblico ministero, accompagnandolo con la frase Adesso sei contento? . Evidente, per i Giudici, l’offesa realizzata in aula.

L’applauso ironico in aula all’indirizzo del pubblico ministero vale una condanna per oltraggio”. A maggior ragione, poi, quando ad accompagnare quel gesto c’è anche una frase – Adesso è contento? – che non può essere catalogata come mero sfogo Cassazione, sentenza n. 48555/19, sez. VI Penale, depositata oggi . Applauso. Teatro dell’episodio è l’aula di un Tribunale siciliano. Lì, a chiusura di un procedimento per omicidio, la condanna a 19 anni di reclusione provoca la reazione stizzita dell’uomo sotto processo, che, alla lettura della decisione, rivolge espressioni e gesti carichi di ironia all’indirizzo del pubblico ministero. Il comportamento non viene catalogato come sfogo frutto di rabbia, bensì come vera e propria offesa all’onore e al prestigio del rappresentante della pubblica accusa . Così il condannato per omicidio si ritrova di nuovo sotto processo, accusato, questa volta, di oltraggio a magistrato in udienza . Anche in questo caso il procedimento si chiude con una condanna. Per i Giudici di primo e di secondo grado, difatti, il pubblico ministero è stato fatto oggetto di insulti e di intolleranza , essendogli state rivolte espressioni ironiche non valutabili come legittimo dissenso della persona condannata per omicidio. Per i Giudici di merito, quindi, l’episodio incriminato è leggibile come chiaro esempio di offese al ruolo e al prestigio pubblico della funzione esercitata dal pubblico ministero , destinatario di un applauso e della frase Adesso è contento?”. Offesa. Identica valutazione compie ora la Cassazione, confermando la condanna per oltraggio a magistrato in udienza . I Giudici di terzo grado ricordano, in premessa, che rientrano nell’ambito del legittimo esercizio del diritto di critica le espressioni o gli apprezzamenti che investono la legittimità o l’opportunità del provvedimento giudiziario, non invece quelli rivolti alla persona del magistrato . Ciò perché il codice penale prevede la tutela dello Stato nell’esercizio della funzione giudiziaria e quindi non può essere lesa con espressioni di scherno , come in questo caso, o di minaccia la persona che in un determinato momento esercita la funzione di magistrato . Applicando questi principi alla vicenda in esame, è evidente per i Giudici della Cassazione che all’indirizzo della persona del pubblico ministero il dissenso è stato espresso con modalità offensive, e non realizzando, invece, un mero sfogo difensivo rivolto a disapprovare semplicemente l’attività del pubblico ministero . Inequivocabile, peraltro, il contegno tenuto dalla persona condannata per omicidio, che ha rivolto al pubblico ministero un’espressione di natura oltraggiosa per le modalità irriguardose e perentorie con cui è stata proferita , affiancata da un contegno irrispettoso , testimoniato dalla eloquente gestualità dell’ironico applauso in udienza. In sostanza, per i Giudici della Cassazione il pubblico ministero è stato oggetto di un insulto secco .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 marzo – 28 novembre 2019, n. 48555 Presidente Fidelbo - Relatore Agliastro Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Caltanissetta, con sentenza in data 14/12/2017, confermava la pronuncia emessa dal Tribunale monocratico di Caltanissetta in data 16/9/2015 nei confronti di Ci. Vi. imputato del reato di cui all'art. 343 cod. pen., poiché aveva offeso l'onore ed il prestigio del rappresentante della Pubblica Accusa di udienza, nell'ambito di un procedimento che lo vedeva coautore di gravi reati. In data 23/11/2013, al termine di una udienza penale svolta dinanzi la Quarta Sezione dei Tribunale di Palermo per il delitto di tentato omicidio in danno di due cittadini extracomunitari per il quale veniva emessa pronuncia di condanna alla pena di anni 19 di reclusione a carico di Ci. Vi., si verificava un episodio di insulti e intolleranza nei confronti del P.M. di udienza, per il quale, per la rilevanza penale, si è proceduto a carico del predetto Ci Si era verificato, infatti, che alla lettura del dispositivo, i parenti iniziavano ad urlare ed inveire il Ci., in particolare, rivolgeva espressioni ironiche nei confronti del Pubblico Ministero e, con la sua condotta intemperante, esorbitava i limiti del legittimo dissenso, ponendo in essere modalità offensive del ruolo e del prestigio della funzione esercitata dalla persona offesa desso è contento Pubblico Ministero? , accompagnato da un applauso . 2. Ricorre per cassazione Ci. Vi. per il tramite del proprio difensore di fiducia deducendo erronea applicazione dell'art. 343 cod. pen. in relazione all'art. 606 comma 1 lett. b cod. proc. pen. Si ritiene che l'imputato avesse voluto manifestare il proprio dissenso circa la prospettazione accusatoria che aveva consentito all'Accusa di vedere affermata la responsabilità penale dell'imputato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 2. E' stato affermato che ai fini della configurabilità del delitto di oltraggio ad un magistrato in udienza, rientrano nell'ambito del legittimo esercizio del diritto di critica le espressioni o gli apprezzamenti che investono la legittimità o l'opportunità del provvedimento in sé considerato, non invece quelli rivolti alla persona del magistrato. Sez. 6, n. 20085 del 26/04/2011, Prencipe, Rv. 250070 . Tale orientamento è stato citato anche dalla difesa dell'imputato, tuttavia non se ne è tratta la corretta conseguenza in ordine alla fattispecie concreta. La giurisprudenza della Suprema Corte ha sottolineato che l'esercizio del diritto di critica presuppone che le espressioni debbano essere contenute in termini corretti e misurati e non assumano toni lesivi della onorabilità del destinatario Sez. 6, n. 14201 del 06/02/2009, Dodaro, Rv. 243832-01 . La ratio dell'art. 343 cod. pen. è la tutela dello Stato nell'esercizio della funzione giudiziaria ed il reato sussiste quando tale interesse viene leso con espressioni di scherno o di minaccia nei confronti di chi in quel momento esercita la funzione di magistrato Sez. 6, n. 37383 del 22/05/2003, Crimi, Rv. 226540 . 3. La Corte di appello, nel confermare la sentenza impugnata, ha escluso la ricorrenza della scriminante del libero esercizio del diritto di critica nei confronti del magistrato requirente in occasione della lettura del dispositivo della sentenza che aveva condannato il ricorrente, poiché il dissenso era stato espresso con modalità offensive e non invece realizzando un mero sfogo difensivo rivolto a disapprovare l'attività del Pubblico Ministero. L'applicabilità della scriminante di cui all'art. 598, comma primo, cod. pen., presuppone che le espressioni offensive concernano, in modo diretto ed immediato, l'oggetto della controversia e non siano adoperate contro la persona che rappresenta l'autorità giudiziaria Sez. 6, n. 33262 del 03/06/2016, Mongelli, Rv. 267706-01 . 4. Nel caso di specie, l'espressione indirizzata al P.M. ha assunto una evidente e obbiettiva natura oltraggiosa per le modalità irriguardose e perentorie con cui è stata proferita, proprio alla stregua del contegno irrispettoso dell'imputato, accompagnato da eloquente gestualità dell'ironico applauso. Esula dai limiti del legittimo diritto di critica, come sopra delineata, la condotta posta in essere dal Ci. che si è estrinsecata in un insulto secco, proferito fuori da atti procedurali di pertinenza dell'imputato e senza collegamenti a specifiche e concrete argomentazioni difensive. 5. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.