Truffa ai danni di un anziano: l’età avanzata non basta per parlare di minorata difesa

Escluso per la persona sotto accusa l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Decisiva la cancellazione dell’aggravante della minorata difesa, che, secondo i Giudici, non può essere basata solo sull’età della vittima, che peraltro, in questo caso, si è mostrata lucida e reattiva a fronte del raggiro subito.

L’età avanzata – sopra i 70 anni, per la precisione – della vittima di un raggiro non consente di riconoscere in automatico la aggravante della cosiddetta minorata difesa. A fissare questo principio i giudici del ‘Palazzaccio’ che hanno di conseguenza ritenuto nulla la misura coercitiva dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria applicata nei confronti dell’uomo finito sotto accusa per il reato di truffa. Decisiva la constatazione che la vittima, pur anziana, ha manifestato grande lucidità anche durante l’azione del truffatore, tanto da riuscire a raccogliere elementi utili alla sua successiva identificazione Cassazione, sentenza n. 47186/19, sez. II Penale, depositata oggi . Misura. Pomo della discordia è la decisione con cui il Tribunale azzera l’ordinanza emessa dal Gip, ordinanza che aveva applicato a un uomo sotto accusa per truffa la misura coercitiva dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria . Nodo gordiano è l’ipotetico riconoscimento della cosiddetta minorata difesa della vittima, un uomo di 73 anni su questo fronte in Tribunale viene esclusa l’aggravante alla luce del tipo di reato e delle condizioni di lucidità manifestate dalla vittima anche durante la consumazione del delitto . Ciò comporta che la pena detentiva massima prevista dal Codice Penale non è superiore a tre anni di reclusione e non è pertanto idonea a sostenere il ‘peso’ della cautela coercitiva . Tale visione viene contestata dal pubblico ministero del Tribunale. Egli sostiene dinanzi ai giudici della Cassazione che l’aggravante della minorata difesa è automatica a fronte della avanzata età della persona offesa , poiché il dato anagrafico determina una soglia più bassa della capacità di contrasto rispetto all’aggressione subita, sia che essa si manifesti come sopraffazione fisica , sia che essa si manifesti come inganno . E questi principi non possono essere messi in discussione, secondo il pubblico ministero, col mero richiamo, utilizzato in Tribunale, alla risposta difensiva della vittima . Difesa. Per i Giudici della Cassazione, però, va respinta l’idea di una presunzione assoluta di minorata difesa alla luce di un presupposto quanto mai indeterminato quale l’età . Di conseguenza, ogni caso va valutato nei dettagli, e in questa vicenda legittimamente, precisano i giudici, ci si è basati sull’ analisi delle condotte tenute dall’anziana vittima della truffa. In sostanza, ben ha fatto il Tribunale a sottolineare la vigile attenzione reattiva prestata dalla persona offesa ai raggiri e la pronta risposta tenuta anche nel raccogliere elementi utili all’identificazione del truffatore . Illogico, invece, puntare solo sull’idea che la minorata difesa sussista a priori per l’età avanzata della vittima del raggiro.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 22 ottobre – 20 novembre 2019, n. 47186 Presidente Rago – Relatore Perrotti Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza depositata in data 16 luglio 2019, comunicata al pubblico ministero il successivo 17 luglio, il tribunale di Milano, adito ex art. 309 cod. proc. pen., ha annullato la ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale di Lecco in data 21 giugno 2019, che aveva applicato al ricorrente la misura coercitiva dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria in relazione al reato di truffa aggravata dall'aver profittato delle condizioni anagrafiche di minorata difesa della persona offesa, di anni 73. Fatto commesso in Olgiate Molgora, l'8 maggio 2019. 1.1. Tale misura veniva annullata per difetto dei presupposti di legge art.li 278, 280 cod. proc. pen. atteso che -esclusa in concreto, per il tipo di reato contestato e le condizioni di lucidità manifestate dalla vittima durante la consumazione del delitto, la ricorrenza dell'aggravante di cui all'art. 61, comma 1, n. 5, cod. pen., contestata in ragione dell'età della persona offesa la pena detentiva massima prevista dall'art. 640, primo comma, cod. pen. non altrimenti aggravato non è superiore a tre anni di reclusione e non è, pertanto, idonea a sostenere il peso della cautela coercitiva. 2. Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza il pubblico ministero, deducendo, a motivo unico della impugnazione la violazione di legge art. 61, primo comma n. 5, cod. pen. , atteso che l'aggravante in parola, nel caso della avanzata età anagrafica della persona offesa 73 anni al momento del fatto , si connota per oggettività assoluta del suo contenuto ad effetto ingravescente. La minorata difesa della vittima sarebbe, ad avviso della parte pubblica impugnante, in re ipsa, avendo il legislatore presunto che l'età avanzata della vittima determina una soglia più bassa delle capacità di contrasto rispetto alla aggressione, comunque questa si manifesti sopraffazione fisica o inganno . L'ordinanza impugnata, che ha invece argomentato circa la concreta insussistenza delle condizioni di minorata difesa analizzando la risposta difensiva rispetto all'inganno subito, avrebbe pertanto eluso il chiaro disposto normativo, valorizzato recentemente in direzione della oggettività dalla giurisprudenza di questa Corte Sez. 5, n. 12796, del 21/2/2019, Rv. 275305 . Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 1.1. L'argomentazione che fonda il motivo di ricorso richiama esplicitamente la motivazione della recente sentenza di questa Corte Sez. 5, n. 12796/2019, cit. in tema di minorata difesa della vittima per ragioni di anagrafe non può negarsi, allora, che i reati che implicano un impatto sulla sfera fisica o psichica del soggetto passivo da parte dell'autore del fatto e la cui buona riuscita conti sulla maggiore o minore difficoltà di reazione all'offesa da parte della vittima rechino in re ipsa la dimostrazione quantomeno dell'agevolazione derivata dall'età avanzata della vittima, senza che sul giudice debba gravare un onere motivazionale specifico ed ulteriore rispetto al rilievo del dato obiettivo dell'età che appare superfluo, alla luce della massima di esperienza sopra ricordata. In tali casi, infatti, le possibilità che la vittima impedisca la commissione del reato ai suoi danni sono indubbiamente inibite o quantomeno ostacolate dal naturale ottundimento dei sensi e dall'inibizione delle capacità motorie che derivano dall'avanzare dell'età. Deve pertanto essere affermato il seguente principio Nei reati che presuppongono un'interazione tra autore del fatto e vittima quale, in particolare, il furto con strappo l'agevolazione all'agire illecito che deriva dall'età avanzata della persona offesa è in re ipsa, senza che gravi, in capo al Giudice di merito, uno specifico onere motivazionale nel riconoscere la circostanza aggravante di cui all'art, 61, comma 1, n. 5, cod. pen . Ad avviso del ricorrente II legislatore avrebbe dunque inserito nel tessuto codicistico, con la novella del 2009, una presunzione assoluta di maggiore colpevolezza o accresciuta pericolosità dell'autore in ragione della minorazione delle capacità della vittima di resistere al raggiro, così come alla aggressione, per motivi anagrafici presunzione che non sopporta dimostrazione del contrario, pur se argomentata sulla base della analisi dei fatti occorsi, come è accaduto nella fattispecie processuale all'attenzione della Corte,. 2. L'argomento prova troppo. L'invocata assolutezza della presunzione, peraltro ancorata ad un presupposto anagrafico quanto mai indeterminato l'età , confligge apertamente con la necessità di interpretazione conforme a Costituzione delle norme incriminatrici e di quelle che ne aggravano la dimensione sanzionatoria Corte cost. n. 48/2015, 213/2013, 57/2013, 110/2012, 331/2011, 164/2011, 265/2010, le presunzioni assolute, specie quando limitano diritti fondamentali della persona, violano il principio di eguaglianza se sono arbitrarie e irrazionali, cioè se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell'/c/ quod plerumque accidit evenienza che si riscontra segnatamente allorché sia agevole formulare ipotesi di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa. A determinare i rilevati vulnera non era, peraltro, la presunzione in sé, ma il suo carattere assoluto. Sulla illegittimità costituzionale di norme incriminatrici fondate su presunzioni assolute di pericolosità e istitutive di irragionevoli discriminazioni, v. sentenze n. 354/2002 e n. 370/1996 . 3. Il tribunale della cautela ha offerto alle argomentazioni che il pubblico ministero aveva evidentemente già prospettato con la citazione del recente precedente di questa Corte, già sopra richiamato, una risposta ragionevole, fondata sulla corretta ed attenta analisi delle condotte. E' stata infatti apprezzata e valorizzata, in sede di riesame, la vigile attenzione reattiva prestata dalla persona offesa ai raggiri e la pronta risposta tenuta anche nel raccogliere elementi utili alla identificazione dell'agente. Tali argomentazioni di fatto non vengono contrastate dal ricorrente, che ha inteso solo valorizzare la presunzione assoluta di minorata difesa dovuta all'età assecondata dal precedente di legittimità rispetto ad ipotesi di aggressione violenta. Questa Corte tuttavia aveva in passato già precisato che Se è pur vero, poi, che l'età della persona offesa non può essere considerata elemento di per sé solo sufficiente ad integrare l'aggravante in esame, ove non accompagnata da manifestazioni di decadimento intellettivo o da condizioni di ridotto livello culturale tali da determinare un diminuito apprezzamento critico della realtà Cass.Sez. 2, n. 39023 del 17.9.2008, imp. Cena, Rv.241454 , è altrettanto vero che anche la debolezza fisica dovuta all'età senile, che impedisce il tentativo di reazione possibile a una persona giovane e di ordinaria prestanza fisica, particolarmente quando la violenza non venga esercitata con uso di arma o altro mezzo intimidatorio, ma solo con mezzo fisico manuale, integra l'aggravante in questione Sez. 2, Sent. n. 1790/1983 Rv. 162876 . Tale orientamento giurisprudenziale deve essere poi valutato alla luce della modifica testuale dell'art. 61 c.p., n. 5, a seguito della L. 15 luglio 2009, n. 94, entrata in vigore il 8/8/2009, in epoca antecedente alle condotte contestate, dovendosi ritenere che l'avere approfittato di circostante di tempo, di luogo o di persone tali da ostacolare la pubblica o privata difesa debba essere specificamente valutato anche in riferimento all'età senile della persona offesa, avendo voluto il legislatore assegnare rilevanza ad una serie di situazioni che denotano nel soggetto passivo una particolare vulnerabilità dalla quale l'agente trae consapevolmente vantaggio in tal senso, v. Cass. Sez. 2, Sent. 35997 del 23.9.2010, imp. Licciardello, Rv.248163 . Proprio in questa direzione la sentenza impugnata ha motivato puntualmente evidenziando le ridotte capacità fisiche dell'anziana signora di anni settantaquattro all'epoca dei fatti nonché la circostanza che quando la signora aveva accennato una reazione alle minacce dell'imputato e del complice, veniva afferrata per le spalle e buttata per terra . Né l'intrinseca concludenza di tali argomentazioni è in alcun modo inficiata dalle argomentazioni addotte a sostegno del motivo. Sez. 2, n. 8998, del 18/11/2014, Rv. 262564 . Occorre allora ribadire che le norme incriminatrici o quelle che aggravano il trattamento sanzionatolo, vanno interpretate in senso conforme ai principi espressi dalla Costituzione repubblicana, senza che da esse possano irragionevolmente trarsi presunzioni assolute di maggiore riprovevolezza della condotta in ragione di circostanze peraltro generiche che non tollerano dimostrazione in fatto del contrario. 4. Il ricorso del pubblico ministero, che propone della disposizione normativa una ermeneusi volta alla assolutezza della presunzione, così superando per forza normativa il confronto con la motivazione puntuale in fatto adottata dal tribunale della libertà, va pertanto rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso.