Detiene un carnet di assegni dimenticati dalla titolare: condannato per furto

In tema di delitti contro il patrimonio, ed in particolare del reato di furto, quando oggetto del reato sono i moduli per assegni, non può ricorrere la circostanza attenuante dell’aver agito per conseguire un lucro di speciale tenuità, poiché detti moduli, a differenza dell’assegno compilato, sono in sé privi di rilevanza economica, non potendo formare oggetto di alcun negozio e, in tal caso, non si arreca un danno patrimoniale, a sua volta, di speciale tenuità.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 45148/19, depositata il 6 novembre, chiamata in un giudizio in cui nei primi due gradi era stata affermata la penale responsabilità dell’imputato in relazione al reato di furto. L’imputato ricorre deducendo vizio di motivazione in ordine in ordine all’elemento materiale del reato, avendo prospettato la mera detenzione di un carnet di assegni che la proprietaria aveva dimenticato, sempre secondo la difesa, nell’abitazione dell’imputato , mentre la Corte di merito aveva introdotto una valutazione relativa ad appropriazione di cose smarrite. Corretta la condanna per furto. Tra i delitti contro il patrimonio vi è il reato di furto configurabile laddove l’agente abbia la detenzione della cosa, in mancanza di un potere dispositivo autonomo del bene. Tale potere, però, è escluso nel caso in esame in cui vi sono chiari segni di un legittimo possesso altrui, vista la natura del bene e la mera dimenticanza del carnet da parte della titolare. Per quanto riguarda poi la configurabilità del danno, giustamente la Corte d’Appello ha seguito il principio giurisprudenziale in virtù del quale, per la configurabilità dell’attenuante dell’aver agito per conseguire o dell’aver conseguito un lucro di speciale tenuità, di cui all’art. 62, comma 1, n. 4, c.p., non bisogna aver riguardo solo al valore venale del corpo del reato, ma anche al pregiudizio e al disvalore sociale recati con la condotta dell’imputato. Ed inoltre, quando oggetto del reato sono i moduli per assegni, non può ricorrere la circostanza attenuante sopra detta, poiché detti moduli, a differenza dell’assegno compilato, sono in sé privi di rilevanza economica, non potendo formare oggetto di alcun negozio. Infine, per far degradare l’attuale imputazione da furto comune a furto lieve, non basta la sussistenza di un generico stato di bisogno del colpevole, ma occorre una situazione di grave ed indilazionabile bisogno alla quale non possa provvedersi se non sottraendo la cosa . A ciò consegue l’inammissibilità del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 27 settembre – 6 novembre 2019, n. 45148 Presidente Pezzullo – Relatore Tudino Ritenuto in fatto 1.Con la sentenza impugnata del 21 giugno 2018, la Corte d’appello di Ancona ha confermato la decisione del Tribunale di Ascoli Piceno del 15 luglio 2018, con la quale è stata affermata la responsabilità di D.A.M. per il reato di furto, cosi qualificata la ricettazione originariamente contestata. 2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato con atto a firma del difensore, Avv. Olga Piergallini, articolando quattro motivi. 2.1. Con il primo motivo, deduce vizio della motivazione relativamente all’elemento materiale del reato, avendo la difesa prospettato una detenzione del carnet di assegni da parte dell’imputato, mentre la corte territoriale ha introdotto una valutazione relativa ad appropriazione di cose smarrite, non prospettata con l’appello. 2.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge e correlato vizio della motivazione riguardo l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, ingiustificatamente negata nonostante il valore irrisorio dei moduli ed impropriamente giustificata con il riferimento al conseguente disagio. 2.3. Con il terzo motivo, lamenta la negata esistenza di un’ipotesi di furto lieve per bisogno. 2.4. Il quarto motivo censura la mancata concessione delle attenuanti generiche. Condiderato in diritto Il ricorso è inammissibile. 1.Sono manifestamente infondate le censure articolate nel primo motivo di ricorso, intese a rivendicare una sorta di travisamento delle censure formulate d’appello. 1.1. Dalla sintesi, rimasta incontestata, dei motivi di gravame riportata nella sentenza impugnata, risulta come il ricorrente avesse censurato la qualificazione giuridica del fatto, rivendicando la detenzione dell’assegno, da parte dell’imputato, a titolo di custodia in seguito alla circostanza che la legittima proprietaria avesse dimenticato , unitamente ad altri effetti personali, il carnet presso l’abitazione del D.A. , postulando la mancanza degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 624 c.p Nel respingere il rilievo, la corte territoriale ha correttamente delineato i tratti differenziali tra il reato di furto e quello di cui all’art. 646 c.p., esplorando, altresì, il tema dell’appropriazione indebita di cose smarrite, tale essendo, all’evidenza, la tesi difensiva, riproposta nel ricorso di legittimità. Di guisa che, da un lato, la motivazione s’appalesa incensurabile nella parte in cui ha attribuito al fatto l’esatta qualificazione giuridica dall’altro, non è dato rilevare alcun travisamento dei motivi d’appello, invece ampiamente disaminati e respinti dalla corte territoriale. 1.2. In tema di reati contro il patrimonio, invero, è configurabile il reato di furto - non quello di appropriazione indebita - ove l’agente abbia la detenzione della cosa, in mancanza di un autonomo potere dispositivo del bene Sez. 4, n. 54014 del 25/10/2018, Veccari, Rv. 274749, N. 10638 del 2013 Rv. 255289, N. 31993 del 2018 Rv. 273639 potere dispositivo escluso, nel caso in esame, dallo stesso ricorrente, che riconduce la disponibilità del carnet a mera dimenticanza della titolare, oltre che dalla natura del bene oggetto di illecita sottrazione, tale da conservare chiari ed intatti i segni esteriori di un legittimo possesso altrui Sez. 2, n. 2148 del 11/10/2016 - dep. 17/01/2017, P.G. in proc. Valanzano, Rv. 268985, n. 46991 del 2013 Rv. 257432, N. 17393 del 1989, N. 11034 del 1999 Rv. 214359, N. 8109 del 2000 Rv. 216589, N. 40327 del 2011 Rv. 251723 . E non inopportuna, nell’ambito devoluto con il gravame, s’appalesa il richiamo della Corte d’appello alla distinzione tra cosa smarrita e cosa dimenticata Sez.2, n. 13411 del 18/04/1978, Coelati, Rv. 140297 , formulato per presidiare ulteriormente la valutazione d’infondatezza dell’appello. Il primo motivo di ricorso è, pertanto, inammissibile. 2. È, del pari, manifestamente infondato il secondo motivo. Anche in riferimento alla valutazione del danno, la corte territoriale ha fatto corretta applicazione del principio, enunciato da questa Corte nella sua più autorevole composizione Sez. U, n. 35535 del 12/07/2007, Ruggiero, Rv. 236914 ed unanimemente seguito, per cui Ai fini della configurabilità della circostanza attenuante dell’avere agito per conseguire o dell’avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità prevista dall’art. 62 c.p., comma 1, n. 4, non si deve avere riguardo soltanto al valore venale del corpo del reato, ma anche al pregiudizio complessivo e al disvalore sociale recati con la condotta dell’imputato, in termini effettivi o potenziali Sez. 3, n. 18013 del 05/02/2019, Loussaief, Rv. 275950N. 21014 del 2010 Rv. 247122, N. 50660 del 2017 Rv. 271695 , valorizzando, al riguardo, il disagio derivante dalla negoziazione dell’assegno, con motivazione che si sottrae a censure nella presente sede di legittimità. Va, peraltro, ribadito come, in tema di reati contro il patrimonio, nel caso in cui oggetto materiale siano i moduli per assegni bancari, non può intrinsecamente ricorrere la circostanza attenuante della speciale tenuità del danno di cui all’art. 62 c.p., n. 4, in quanto detti moduli - a differenza dell’assegno compilato, la cui natura di titolo di credito e le obbligazioni in esso consacrate conferiscono al documento i sicuri connotati di un bene , dal valore economicamente apprezzabile anche agli effetti del danno patrimoniale causato dalla commissione del reato - sono in sé privi di rilevanza economica, non potendo formare oggetto di alcun negozio, e dunque non si ravvisa un danno patrimoniale misurabile a sua volta in termini di speciale tenuità Sez. 2, n. 31169 del 01/06/2006, Pomettini, Rv. 23468 . Donde la manifesta infondatezza della relativa censura. 3. Il terzo motivo di ricorso è aspecifico. Come rilevato nella sentenza impugnata, la stessa natura del bene sottratto - ed il successivo riempimento del titolo, asseritamente offerto a garanzia del pagamento di una prestazione altrui e posto all’incasso - esclude la ipotizzabilità di un furto lieve per bisogno, che è, invece, configurabile nei soli casi in cui la cosa sottratta sia di tenue valore e sia effettivamente destinata a soddisfare un grave ed urgente bisogno ne consegue che, per far degradare l’imputazione da furto comune a furto lieve, non è sufficiente la sussistenza di un generico stato di bisogno o di miseria del colpevole, occorrendo, invece, una situazione di grave ed indilazionabile bisogno alla quale non possa provvedersi se non sottraendo la cosa Sez. 5, n. 32937 del 19/05/2014, Stanciu, Rv. 261658, N. 42375 del 2012 Rv. 254348 . Dal testo della sentenza impugnata non è dato, pertanto, ravvisare alcuna omissione valutativa, nè alcuna disarticolazione del ragionamento giustificativo, con il quale il ricorrente omette di confrontarsi Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016 - dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822 . 4. Sono, del pari, generiche le doglianze contenute nel quarto motivo di ricorso. In tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 nella specie, la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato N. 3772 del 1994 Rv. 196880, N. 33506 del 2010 Rv. 247959, N. 3609 del 2011 Rv. 249163, N. 28535 del 2014 Rv. 259899, N. 3896 del 2016 Rv. 265826 mentre il ricorrente si limita a censurare la valorizzazione dei precedenti penali e della condotta processuale, omettendo anche solo di rappresentare decisivi elementi, prospettati con l’appello e che la corte territoriale avrebbe, invece, trascurato di valutare, ponendo la doglianza nell’alveo della aspecificità. 5. All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si stima equo determinare in Euro 3000, in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.