Prima accetta il raddoppio del mantenimento per il figlio, poi dimentica di versarlo: condannato

Definitiva la sanzione per l’uomo, punito con quattro mesi di reclusione. Impossibile accettare l’ipotesi che egli si sia trovato in difficoltà economica e non abbia potuto rispettare il proprio obbligo. A smentire questa visione non solo le parole dell’ex moglie ma anche i comportamenti dell’uomo.

La solida disponibilità economica, segnalata a parole dall’ex moglie, è confermata in concreto dai comportamenti dell’uomo, che da un lato ha fronteggiato un cospicuo canone di locazione per la propria abitazione e dall’altro ha accettato il raddoppio del contributo di mantenimento per il figlio minore. Inevitabile, quindi, la sua condanna per non avere versato alla donna l’assegno mensile stabilito dal giudice come sostegno per il mantenimento del figlio Cassazione, sentenza n. 44694/19, sez. VI Penale, depositata oggi . Contributo. Ricostruita la vicenda, originata a margine della separazione tra due coniugi, i Giudici ritengono evidente, prima in Tribunale e poi in Appello, la colpevolezza dell’ex marito, che non ha rispettato il proprio obbligo di contribuire al mantenimento del figlio minore. In sostanza, egli non ha corrisposto all’ex moglie l’assegno mensile stabilito dal giudice a chiusura della separazione personale , e tale comportamento è sufficiente per una condanna, con pena fissata, in secondo grado, in quattro mesi di reclusione . L’uomo prova a contestare tale decisione, richiamando in Cassazione tramite il proprio legale l’impossibilità di adempiere all’obbligo di mantenimento del figlio minore . Su questo fronte, però, i magistrati ritengono poco plausibile tale posizione, soprattutto perché smentita dai fatti. Difatti, non solo la coniuge separata ha dichiarato che l’ex marito ha continuato a lavorare nonostante la formale chiusura della sua ditta artigiana , ma, allo stesso tempo, sono emersi comportamenti inequivocabili dell’uomo, che ha accettato il consensuale raddoppio del contributo di mantenimento per il figlio minore concordato in sede civile e non ha avanzato ulteriori richieste di modifica delle condizioni economiche della separazione , e, infine, ha sostenuto il pagamento di un cospicuo canone di locazione per la sua abitazione . Tutti questi elementi fanno a pugni con la tesi di una presunta difficoltà economica dell’uomo. Irrilevante, infine, anche il richiamo alla sua invalidità , poiché, osservano i Giudici, la relativa domanda si colloca in epoca successiva ai fatti contestati .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 19 giugno – 4 novembre 2019, n. 44694 Presidente Paoloni – Relatore Mogini Ritenuto in fatto 1. Pa. Ni. ricorre per mezzo del suo difensore di fiducia avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte di appello di Firenze ha, in parziale riforma di quella di primo grado pronunciata dal Tribunale di Firenze, rideterminato in mesi quattro di reclusione la pena a lui inflitta per il reato di cui all'art. 3 L. 54/2006 a lui contestato perché non contribuiva al mantenimento del figlio minore omettendo di corrispondere l'assegno mensile stabilito dal giudice della separazione personale dei coniugi. 2. Il ricorrente deduce con due distinti motivi violazione di legge penale e vizi di motivazione con riferimento agli artt. 570 comma 2 e 45 cod. pen. in relazione alla esclusione della dedotta sua impossibilità di adempiere all'obbligo di mantenimento del figlio minore. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, poiché meramente reiterativo di generiche censure di merito pur a fronte di specifica e congrua motivazione della sentenza impugnata in punto di capacità economica dell'imputato a far fronte alle sue obbligazioni di mantenimento del figlio minore pp. 5-6, ove puntuale riferimento alle non smentite dichiarazioni della coniuge separata secondo cui l'imputato nel periodo di contestazione ha continuato a lavorare nonostante la formale chiusura della sua ditta artigiana, logicamente confermate dal consensuale raddoppio del contributo di mantenimento per il figlio minore concordato dai coniugi in sede civile, nella rilevata assenza di ulteriori richieste di modifica delle condizioni economiche della separazione e del pagamento da parte del ricorrente di un cospicuo canone di locazione per la sua abitazione tenuto altresì conto della collocazione temporale della domanda di invalidità in epoca successiva ai fatti contestati . 2. All'inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all'art. 616 cod. proc. pen P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle ammende.