Blitz armato in farmacia per un medicinale. Condannabile per rapina

Respinta la tesi difensiva, finalizzata a ridimensionare l’episodio in esame, leggendolo come mero esercizio arbitrario delle proprie ragioni”. Confermata quindi la gravità della condotta tenuta da un uomo malato. Irrilevante il fatto che egli, affetto da patologia tumorale, abbia cercato con le cattive di ottenere un farmaco ‘salva vita’.

L’avere in mano una prescrizione medica per un medicinale ‘salva vita’ – mutuabile, per giunta – non rende meno grave l’azione compiuta dalla persona malata che in farmacia si è presentata armata di coltello e l’ha utilizzato per minacciare un dipendente della struttura e provare a costringerlo a consegnargli il prodotto. Sacrosanta, quindi, la condanna per il tentativo di rapina messo in atto. Impossibile, chiariscono i giudici, parlare di mero esercizio arbitrario delle proprie ragioni” Cassazione, sentenza n. 43888/19, sez. II Penale, depositata oggi . Blitz. Facilmente ricostruito, grazie alle immagini della videosorveglianza, il blitz compiuto dall’uomo sotto processo in una farmacia. Egli si è presentato armato di un coltello di grosse dimensioni e ha immediatamente usato violenza ai danni del farmacista, minacciando di tagliargli la gola e cercando di colpirlo, per farsi consegnare un farmaco . Questi dati di fatto sono sufficienti, prima in Tribunale e poi in Appello, per arrivare a una condanna dell’uomo per tentata rapina , con pena fissata in due anni e otto mesi di reclusione più 600 euro di multa . Questa decisione viene contestata dal difensore dell’uomo. In particolare, il legale spiega in Cassazione che il suo cliente ha riconosciuto di essersi introdotto all’interno della farmacia impugnando un coltello ma ha anche spiegato che egli, affetto da patologia tumorale, era in possesso di una prescrizione medica per un medicinale ‘salva vita’ mutuabile . Ciò significa, sempre secondo il legale, che manca l’elemento psicologico del reato , e che la condotta incriminata va catalogata come mero esercizio arbitrario delle proprie ragioni , anche perché non si può far rientrare la tutela del bene della vita nella categoria del vantaggio, dell’utilità o del profitto . Profitto. La lettura proposta dall’avvocato non convince però i Giudici della Cassazione, i quali ritengono invece assolutamente corretta la visione tracciata in appello. In sostanza, il comportamento tenuto dall’uomo sotto processo è valutabile come tentativo di rapina , anche perché è ben evidente il profitto potenziale, ossia il farsi consegnare un farmaco ‘salva vita’ . E in questo quadro è ritenuta irrilevante la dedotta malattia dell’uomo, anche perché non risulta nemmeno dedotto lo stato di necessità . Peraltro, per conseguire il medicinale , osservano i giudici, sarebbe stato sufficiente il pagamento del prezzo oppure l’esibizione della prescritta ricetta medica . Nessun dubbio, quindi, sulla responsabilità dell’uomo per il blitz compiuto in farmacia. Da ridefinire però la pena, e questo fronte dovranno pronunciarsi nuovamente i giudici d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 26 aprile – 29 ottobre 2019, n. 43888 Presidente De Crescienzo – Relatore Imperiali Ritenuto in fatto 1. Re. Gi. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma che in data 9/4/2018 aveva confermato il giudizio di penale responsabilità espresso nei suoi confronti dal Tribunale della stessa città in ordine ad un tentativo di rapina aggravata ai danni di una farmacia ed al porto ingiustificato di un coltello fuori dalla propria abitazione, reati riconosciuti in continuazione tra loro, con la conseguente condanna, con le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante ed alla recidiva, ed altresì con la riduzione del rito, alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed Euro 600,00 di multa. A sostegno del ricorso ha dedotto due motivi di impugnazione 1.1. Con il primo motivo, la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento alla qualificazione del fatto ai sensi dell'art. 628 cod. pen. il ricorrente non ha contestato di essersi introdotto all'interno di una farmacia impugnando un coltello, ma ha sostenuto che i giudici di merito avrebbero omesso di considerare che lo stesso, in quanto affetto da patologia tumorale, era in possesso di una prescrizione medica per un medicinale salva vita mutuabile, sicché sulla base di questi elementi avrebbe dovuto escludersi l'elemento psicologico del reato contestato e qualificarsi il fatto come esercizio arbitrario delle proprie ragioni, non potendosi far rientrare la tutela del bene della vita nelle categorie del vantaggio, dell'utilità o del profitto. 1.2. Con il secondo motivo di ricorso sono stati dedotti la violazione di legge ed il vizio di motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio, sia per la mancata configurazione del delitto meramente tentato, sia per l'eccessivo aumento di pena operato ai sensi dell'art. 81 cod. pen. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato limitatamente alle censure in ordine al trattamento sanzionatorio, di cui al secondo motivo di ricorso. 2. Il primo motivo di ricorso, infatti, è inammissibile sotto una molteplicità di profili in primo luogo la qualificazione giuridica della condotta ascritta al Re. quale esercizio arbitrario delle proprie ragioni non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall'art. 606 comma 3 cod. proc. pen., come si evince dall'atto di appello. Inoltre, emerge dalla ricostruzione dei fatti di cui alla sentenza impugnata, fondata sulle immagini che hanno documentato l'azione del ricorrente, che quest'ultimo ha fatto irruzione nella farmacia che intendeva rapinare già visibilmente armato di un coltello di grosse dimensioni e che ha immediatamente usato violenza ai danni del farmacista, minacciandolo di tagliargli la gola e cercando di colpirlo, al fine di farsi consegnare un farmaco, nel quale è stato correttamente individuato il profitto al quale tendeva l'azione criminosa contestata, né la dedotta malattia del ricorrente confligge con la ricostruzione dei fatti e con la qualificazione degli stessi operate dai giudici di merito, atteso che nemmeno risulta dedotto lo stato di necessità e che, comunque, per conseguire il medicinale sarebbe stato sufficiente il pagamento del prezzo da parte del ricorrente oppure, nel caso di medicinale mutuabile, l'esibizione della prescritta ricetta medica. 3. La sentenza impugnata va, invece, annullata limitatamente al profilo sanzionatorio, per l'illogicità della motivazione ad esso relativa. La graduazione della pena, infatti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., sicché la sindacabilità nel giudizio di legittimità della congruità della pena è ammessa nei soli ristretti limiti di una determinazione che sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Ferrarlo, Rv. 259142 nel caso di specie, risulta evidente l'erroneità ed illogicità del ragionamento con il quale la sentenza impugnata, con riferimento alla pena base, determinata per il più grave delitto di tentata rapina in anni tre di reclusione ed Euro 600,00 di multa, ha valutato questa congrua per essersi il primo giudice attestato sul minimo edittale . Deve, infatti, considerarsi che, trattandosi di fatto del 13/7/2017, precedente l'entrata in vigore il 3/8/2017 della novella n. 103 del 2017, che ha riformato l'art. 628 cod. pen., al momento del fatto il minimo edittale per il delitto consumato era quello di tre anni di reclusione ed Euro 516,00 di multa, previsto dall'originaria formulazione della norma, da diminuire fino a due terzi per il tentativo e, pertanto, fino ad un anno di reclusione ed Euro 172,00 di multa. Conseguentemente, la valutazione della pena base di anni tre di reclusione ed Euro 600,00 di multa come conforme ai parametri di cui all'art. 133 cod. pen. perché attestata sul minimo edittale deve ritenersi illogica e difforme dal parametro normativo, così come premesso che deve ritenersi che solo per un refuso nell'intestazione della sentenza impugnata il secondo capo di imputazione indica l'art. 612 co. 2 cod. pen. il luogo dell'art. 61 n. 2 cod. pen., originariamente contestato l'aumento di un anno di reclusione ed Euro 300,00 di multa per la continuazione con la contravvenzione relativa al porto del coltello appare incongruo, perché commisurato alla pena base viziata dalla sopra ricordata illogicità. 4. Ferma restando, pertanto, l'irrevocabilità dell'affermazione della penale responsabilità del Re. per i reati contestati, la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma per nuovo giudizio sul punto, da effettuarsi con valutazione parametrata alla pena in vigore al momento del fatto. P.Q.M. Annulla l'impugnata sentenza limitatamente alla determinazione del trattamento sanzionatorio e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Roma per nuovo giudizio sul punto. Dichiara definitiva l'affermazione della penale responsabilità per i reati contestati.