L’interesse ad impugnare deve essere concreto

In tema di impugnazioni, l'interesse a proporre gravame deve essere apprezzabile non solo nei termini dell'attualità, ma anche in quelli della concretezza, sicché non può risolversi nella mera aspirazione alla correzione di un errore di diritto contenuto nella sentenza impugnata. Tale concretezza può peraltro ravvisarsi anche quando l'impugnazione sia volta esclusivamente a lamentare una violazione astratta di una norma di diritto formale, purché però da essa derivi un reale pregiudizio dei diritti dell'imputato, che si intendono tutelare attraverso il raggiungimento di un risultato non soltanto teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole.

Lo ha ribadito la Terza Sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 42146, depositata il 15 ottobre 2019. L’interesse ad impugnare dell’imputato Molteplici sono i casi in cui la Suprema Corte ha ritenuto carente l’interesse delle parti private a proporre gravame. In particolare, l'imputato non ha interesse ad impugnare la sentenza che abbia omesso di pronunciare la condanna solidale al risarcimento del danno anche a carico del responsabile civile, in quanto il vincolo di solidarietà tra quest'ultimo e l'imputato ha efficacia ope legis , indipendentemente dalla pronuncia di condanna al risarcimento del danno nei confronti del responsabile civile citato in sede penale. Parimenti, è stata ritenuta inammissibile per carenza d’interesse l'impugnazione volta ad ottenere l'esclusione di una circostanza aggravante quando la stessa sia stata già ritenuta subvalente rispetto ad attenuanti. È stato invece ritenuto configurabile l'interesse dell'imputato all'impugnazione di sentenza di assoluzione pronunciata con la formula perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, in considerazione delle potenziali conseguenze sfavorevoli, sia in sede civile, sia in sede amministrativa, riconducibili a tale formula assolutoria. In altra pronuncia, la Corte ha ritenuto proposto personalmente dall'imputato il ricorso che, pur formalmente sottoscritto da difensore non iscritto nell'albo speciale della Corte di cassazione, rechi tuttavia in calce l'atto di nomina del difensore sottoscritto dall'imputato, in quanto tale atto ha un implicito, ma evidente valore di condivisione della dichiarazione e dei motivi di ricorso, che quindi devono giuridicamente ritenersi fatti propri dall'imputato, il quale se ne assume la paternità. Per contro, è stata ritenuta non impugnabile, per carenza d'interesse, la revoca dell'ordinanza di ammissione al giudizio abbreviato subordinato ad integrazione probatoria, quando l'imputato abbia contestualmente avanzato una nuova richiesta di rito abbreviato ed il giudizio si sia svolto in base alle diverse condizioni dal medesimo indicate. e della parte civile. Anche nel caso della parte civile, la Suprema Corte ha più volte stabilito l’inammissibilità dell’impugnazione. Ad esempio, è inammissibile, per difetto di interesse concreto, il ricorso immediato per cassazione della parte civile, che sia diretto esclusivamente alla sostituzione della formula perché il fatto non sussiste con quella, corretta, perché il fatto non costituisce reato nella sentenza di assoluzione che abbia accertato l'esistenza della causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto, in quanto detto accertamento, quale che sia la formula del dispositivo, ha efficacia di giudicato nell'eventuale giudizio civile o amministrativo di danno. Peraltro, è stata ritenuta inammissibile per carenza d’interesse anche l'impugnazione della parte civile avverso la sentenza di proscioglimento per l'improcedibilità dell'azione penale dovuta a difetto di querela, atteso che la stessa ha natura esclusivamente penale, non è modificabile in assenza di impugnazione del pubblico ministero, non contiene alcuna statuizione sull'azione civile e non può spiegare effetti pregiudizievoli nell'ambito dell'eventuale giudizio civile. Per contro, la Suprema Corte ha ritenuto sussistente l'interesse della parte civile ad impugnare la sentenza dichiarativa dell'improcedibilità per mancanza di valida querela, in quanto la scelta di coltivare l'azione civile nel processo penale trova tutela e riconoscimento nel vigente ordinamento giuridico, né in contrario rileva l'assenza di effetti vincolanti nell'eventuale giudizio civile, in quanto sussiste, comunque, l'interesse del querelante, costituitosi parte civile, a perseguire il suo proposito di chiedere, nel procedimento penale, l'affermazione del diritto al risarcimento del danno.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 giugno – 15 ottobre 2019, n. 42146 Presidente Rosi – Relatore Noviello Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 13 febbraio 2019 il G.M. del Tribunale di Padova, nel corso della fase degli atti introduttivi al dibattimento relativi ad un processo inerente il reato ex art. 572 c.p., disponeva la restituzione degli atti al P.M., rilevando nel capo di imputazione la configurabilità del reato di violenza sessuale, appartenente alla competenza del medesimo tribunale in composizione collegiale, nonché la mancata celebrazione dell’udienza preliminare a fronte del ricorso al rito immediato . 2. Avverso la suindicata ordinanza C.L. , tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo. 3. In particolare, si deduce il vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c , qualificandosi come abnorme l’ordinanza sopra indicata siccome in contrasto con l’intero sistema delle norme processuali penali e, in particolare, con gli artt. 33 septies, 50, 516, 517 e 521 c.p.p Si osserva come il disposto di cui all’art. 33 septies c.p., comma 2, invocato dal giudice nella sua decisione, non sia applicabile nel caso in esame per legittimare la decisione impugnata, atteso che nel riportare l’espressione reato non fa riferimento nè ad un reato ulteriore quale potrebbe intendersi il reato concorrente ex art. 517 c.p.p. nè ad un fatto diverso con riferimento possibile alla rettifica di tipo sostitutivo dell’imputazione, ex art. 516 c.p.p. . Nè peraltro può darsi rilievo, ai fini dell’incompetenza per materia, alla mancata celebrazione dell’udienza preliminare, frutto di una deliberata scelta dell’imputato e non di un’arbitraria esclusione. In tal modo, si sarebbe invaso il perimetro dell’azione penale spettante al P.M., delineandosi la prognosi di una nuova contestazione così da accrescere l’accusa modificando l’imputazione originaria quindi, l’ordinanza impugnata esulerebbe dall’ambito di operatività dell’art. 33 septies c.p., che solo riguarda la regressione del procedimento per l’appartenenza del reato contestato alla cognizione del collegio. Si aggiunge che il potere del giudice di rilevare l’inosservanza delle norme sulla composizione del giudice e di quelle relative alla celebrazione della udienza preliminare, interviene solo a seguito della modifica del capo di imputazione ex artt. 516 e 517 c.p.p. e, quindi, deve esercitarsi entro termini tassativi. Consegue che il potere di rilevare le violazioni processuali sorge e può esplicarsi solo entro il ristretto arco cronologico e giuridico segnato dall’art. 516 c.p.p., commi 1 bis e 1 ter, risultando inesistente nella fase precedente. Cosicché sarebbe stato esercitato dal tribunale un potere insussistente. 4. Il Sostituto Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso, evidenziando che il potere di riqualificazione giuridica del fatto da parte del giudice è immanente nel sistema processuale e che la restituzione degli atti al P.M. consegue in ragione della mancata celebrazione dell’udienza preliminare, seppur a seguito di rinunzia dell’imputato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Si premette che il nostro ordinamento processuale penale è ordinato nel senso della tassatività sia dei mezzi di impugnazione che dei provvedimenti che sono ad essa soggetti. È, in tal senso, inequivocabile il dettato dell’art. 568 c.p.p., il quale al suo comma 1 prevede espressamente che la legge stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti ad impugnazione e determina il mezzo con cui possono essere impugnati . La Suprema Corte ha anche specificato che costituisce requisito indefettibile, ancorché spesso non autonomamente sufficiente, affinché un atto del processo possa essere impugnato, il dato per cui esso sia idoneo a comportare un pregiudizio per le parti o per taluna di esse consegue che un provvedimento per essere impugnabile deve avere un contenuto decisorio, così da potere incidere sul diritto di libertà dell’individuo, su un suo diritto avente contenuto patrimoniale, ovvero sulla cosiddetta pretesa punitiva dello Stato cfr. Corte di cassazione, Sezione II penale, 13 ottobre 1995, n. 3724 . Correlativamente a tale impostazione, non sono autonomamente impugnabili, neppure mediante ricorso per cassazione secondo la previsione dell’art. 111 Cost., comma 7, siccome privi di contenuto decisorio, i provvedimenti meramente ordinatori o processuali che, lungi dall’investire, con possibilità di passaggio in giudicato, il diritto sostanziale dedotto in giudizio, decidono unicamente sul diritto potestativo di ottenere una pronuncia giurisdizionale in una determinata fase processuale o attraverso determinati riti processuali cfr. Corte di cassazione, Sezione III penale, 9 ottobre 2009, n. 39321 . 2.1. Chiude il sistema così delineato il principio della ricorribilità per cassazione del cosiddetto provvedimento abnorme. È tale il provvedimento che sia caratterizzato da vizi in procedendo o in iudicando, imprevedibili per il legislatore, così da dover essere considerato completamente avulso dall’ordinamento giuridico siccome per tale sua caratteristica non è delineato uno specifico mezzo di gravame, l’esigenza di giustizia che esso venga annullato, in quanto contrastante con l’ordinamento giuridico, può essere appagata, ai sensi dell’art. 111 Cost., comma 7, mediante l’immediato ricorso per cassazione sotto il profilo della violazione di legge Corte di cassazione, Sezione III penale, 8 agosto 1996, n. 3010 . In particolare l’atto può definirsi abnorme sotto un duplice alternativo profilo. 2.2. Quello strutturale , che ricorre allorquando l’atto si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale ciò ricorre sia nel caso di esercizio da parte del giudice di un potere non attribuitogli dall’ordinamento processuale carenza di potere in astratto sia quando il provvedimento giudiziale devii dallo scopo del potere di cui è esplicazione, siccome adottato in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, perché oltre ogni ragionevole limite carenza di potere in concreto . 2.3. Quello funzionale che ricorre allorquando quale conseguenza dell’atto si configuri una stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo cfr. Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni sezione II penale, 20 gennaio 2015, n. 2484 . Nei rapporti tra giudice e pubblico ministero ciò è configurabile allorquando il provvedimento giudiziario imponga al pubblico ministero un adempimento che concretizzi un atto nullo, rilevabile nel corso futuro del procedimento o del processo. In siffatta ipotesi il pubblico ministero può ricorrere per cassazione lamentando che il conformarsi al provvedimento giudiziario minerebbe la regolarità del processo negli altri casi egli è tenuto ad osservare i provvedimenti emessi dal giudice 3. Sempre in tema di abnormità, e con riguardo ai provvedimenti assunti sull’atto di citazione a giudizio, le Sezioni Unite Sez. U, n. 28807 del 29/05/2002, Manca hanno stabilito che il regresso del procedimento è atipico e comporta l’abnormità del relativo provvedimento se consegua ad un atto adottato dal giudice in carenza di potere restituzione degli atti nei casi ex art. 552 c.p.p., comma 3, allorché era suo compito provvedere direttamente a rinnovare la citazione a giudizio o la relativa notifica invece, non è abnorme il provvedimento con cui il giudice, dichiarata la nullità del decreto di citazione, restituisca gli atti al pubblico ministero, ancorché si tratti di declaratoria originata da un suo errore, in quanto l’atto rientra nella sfera di competenza del giudice e comporta tipicamente la regressione. 4. Tanto precisato, occorre verificare, alla luce dei predetti principi, se l’ordinanza in contestazione possa qualificarsi come abnorme, così da affermarsene l’astratta impugnabilità. Certamente il provvedimento in questione riveste le caratteristiche del provvedimento esclusivamente ordinatorio, volto solo a governare la corretta qualificazione del fatto contestato e una mera scansione procedimentale del giudizio. Non avendo alcuna della caratteristiche del provvedimento decisorio, non comporta, in sé, alcuna lesione o pregiudizio dei diritti delle parti, pubblica e privata, coinvolti dalla celebrazione del giudizio in esame. In tal modo il provvedimento in esame può ritenersi insuscettibile di essere autonomamente e validamente impugnato. Resta quindi da verificarne solo l’eventuale abnormità. 5. Prima ancora di valutare tale aspetto, tuttavia, è preliminare esaminare la sussistenza di un ulteriore requisito generale di impugnabilità l’interesse ad impugnare, in ordine al quale non si rinvengono ragioni per escluderne la rilevanza in ragione della sola abnormità dell’atto impugnato. Anche in caso di impugnazione dell’atto abnorme deve dunque rinvenirsi l’interesse di chi la proponga. L’interesse ad impugnare si identifica con l’interesse al risultato del giudizio sull’impugnazione ne consegue che, nella valutazione della sussistenza o meno dell’interesse della parte ad impugnare, è necessario prendere in esame i due aspetti di tale interesse e cioè quello processuale e quello sostanziale. Quest’ultimo deve risolversi in un vantaggio , in una utilità in senso obiettivo, per la parte impugnante. Se, dunque, l’impugnazione proposta dall’imputato, come dall’indagato, per una qualsiasi causa, non può portare ad una modificazione significativa degli effetti del provvedimento impugnato, ed in particolare non può conseguire il risultato di porre riparo al pregiudizio dedotto, non vi è interesse cfr. Sez. 6, n. 1473 del 02/04/1997 Rv. 207488 - 01 Pacifico . Le Sezioni unite hanno ribadito questo concetto laddove hanno rappresentato che l’interesse richiesto dall’art. 568 c.p.p., comma 4, quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e sussiste solo se il mezzo di impugnazione proposto sia idoneo a costituire, attraverso la eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente Sez. U, n. 29529 del 25/06/2009 Rv. 244110 - 01 De Marino . È sufficiente in proposito ricordare quanto illustrato dalle Sez. Unite, con fissazione di principi validi per qualunque provvedimento impugnabile l’interesse a proporre impugnazione deve essere apprezzabile non solo nei termini dell’attualità, ma anche in quelli della concretezza, sicché non può risolversi nella mera aspirazione alla correzione di un errore di diritto contenuto nella sentenza impugnata. La concretezza dell’interesse può peraltro ravvisarsi anche quando l’impugnazione sia volta esclusivamente a lamentare una violazione astratta di una norma di diritto formale, purché però da essa derivi un reale pregiudizio dei diritti dell’imputato, che si intendono tutelare attraverso il raggiungimento di un risultato non soltanto teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole cfr. Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008 Ud. dep. 28/10/2008 Rv. 240814 - 01 Guerra . 6. Consegue l’infondatezza del ricorso per mancanza di interesse, da una parte non dedotto dal ricorrente, che si è limitato ad invocare la violazione delle prerogative del PM dall’altra, obiettivamente non rinvenibile. 6.1. In proposito va osservato che, con il provvedimento impugnato, il giudice non ha imposto una nuova contestazione, in quanto il fatto integrante le ritenute violazioni di cui all’art. 609 bis c.p. e ss., risultava già contestato, così che la decisione in questione si pone in termini di mera riqualificazione, legittima, del fatto già delineato dal PM con il capo di imputazione nè modifica tale ricostruzione la circostanza - illustrata dallo stesso istante - per cui il PM avrebbe, con nuovo avviso ex art. 415 bis c.p.p., modificato l’imputazione originaria, atteso che vi sarebbe solo una ulteriore specificazione, essenzialmente giuridica e non fattuale, di quanto già riportato e descritto sin dall’inizio nel capo di imputazione. 6.2. Dunque, a fronte di una originaria contestazione, che di fatto già conteneva anche le ulteriori fattispecie rilevate dal giudice, l’imputato ne avrebbe potuto rispondere sia dinnanzi al giudice monocratico all’esito di un dibattimento che avesse assicurato il pieno contraddittorio su tutte le condotte contestate, e ne potrebbe rispondere comunque anche dinnanzi al giudice collegiale in caso di trasmissione orizzontale degli atti al predetto collegio piuttosto che successivamente al rinnovato esercizio dell’azione penale, ove operato dal PM di seguito al nuovo avviso ex art. 415 bis c.p.p., come descritto dallo stesso imputato nel suo ricorso. 6.3. Ciò significa che con l’atto in contestazione non risulta pregiudicato alcun interesse del ricorrente, esposto in ogni caso, anche nell’eventualità della rivendicata trasmissione orizzontale degli atti al tribunale collegiale piuttosto che al PM, alla possibilità di dover rispondere, oltre che del reato ex art. 572 c.p., anche delle ulteriori fattispecie segnalate dal G.M. ai sensi dell’art. 609 bis c.p.p. e ss 6.4. Da qui, come sopra anticipato, l’assenza di interesse all’impugnazione, quand’anche si volesse ritenere la decisione impugnata affetta da abnormità nella parte in cui ha comportato l’indebita regressione, dalla fase del giudizio a quella delle indagini preliminari, del procedimento principale, in conseguenza di un atto adottato dal giudice in carenza di potere, in ragione del fatto per cui il passaggio alla fase processuale dell’udienza preliminare non sarebbe stato arbitrariamente negato, a causa della originaria scelta dell’imputato di superare la stessa ricorrendo al rito immediato in rapporto ad un capo di imputazione già comprensivo anche dei reati di violenza sessuale poi enucleati dal giudice procedente cfr. in ordine al tema della inosservanza delle disposizioni relative all’attribuzione dei reati al tribunale in composizione monocratica ovvero in composizione collegiale, ed alla regola generale della trasmissione degli atti al giudice ritenuto competente senza regressione di fase e, quindi, senza restituzione degli atti al pubblico ministero, salvo il caso - non ricorrente nel caso di specie - in cui il passaggio alla fase processuale dell’udienza preliminare sia stato arbitrariamente negato all’imputato, Sez. U, n. 29316 del 26/02/2015, De Costanzo, Rv. 264262 Sez. 2, n. 20203 del 21/04/2016, Rebegea, Rv. 266909 Sez. 1, n. 4770 del 15/04/2010, Carella, Rv. 247204 Cass. sez. 6, n. 31758 del 15/06/2006, Carta, Rv. 234864 . 7. Dalla suesposta, articolata ricostruzione della complessa questione sollevata consegue il rigetto del ricorso proposto e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.