Gratuito patrocinio confermato se non risultano conviventi al momento della richiesta

In virtù degli artt. 76, comma 2, e 79 d.lgs. n. 115/2002, ai fini del giudizio di ammissibilità o conferma del beneficio del patrocinio a spese dello Stato, rileva la situazione di convivenza con il beneficiario al momento della domanda, non assumendo alcun rilievo il solo dato formale della convivenza emergente dalla residenza anagrafica.

Così la Cassazione con sentenza n. 42016/19, depositata il 24 ottobre. Il caso. I Giudici di primo grado revocavano con efficacia retroattiva e su richiesta dell’Agenzia delle Entrate l’ammissione al beneficio del gratuito patrocinio, in quanto risultava che il beneficiario aveva un reddito superiore a quello di soglia, stante il cumulo del reddito dei familiari conviventi, in particolar modo della madre. Questi allora si rivolge ai Giudici di legittimità esperendo un ricorso per saltum sostenendo che al momento della presentazione della richiesta era privo di familiari conviventi, come risulta dallo stato civile e dall’autocertificazione, essendo tra l’altro senza fissa dimora. L’ammissione al beneficio. Si deve ritenere che, ai sensi del d.lgs. n. 115/2002, ai fini del giudizio di ammissibilità o conferma del beneficio del patrocinio a spese dello Stato, rileva la situazione di convivenza al momento della domanda, non assumendo alcun rilievo il solo dato formale della convivenza emergente dalla residenza anagrafica. E nel caso in esame, il giudice è pervenuto alla revoca del suddetto beneficio solo sulla base di una valutazione presuntiva riferita all’elemento dello stesso domicilio fiscale, senza avere alcun riscontro effettivo sulla reale situazione di convivenza con la madre, al momento della richiesta. Infatti il giudice è tenuto ad effettuare un attento accertamento al riguardo anche tramite gli organi di indagine finanziaria. Per tali motivi il ricorso deve essere accolto con annullamento dell’ordinanza impugnata e rinvio al Tribunale per nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 4 ottobre – 14 ottobre 2019, n. 42016 Presidente Fumu – Relatore Ferranti Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Vercelli, con ordinanza del 15.03.2019, revocava con efficacia retroattiva, su richiesta in data 11.03.2019 dell’Agenzia delle Entrate, l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, presentata il 24.09.2018, in quanto risultava che, per l’anno d’imposta 2017, B.P.S. aveva un reddito di entità superiore 31.768,00 Euro a quello di soglia, e ciò stante il cumulo del reddito dei familiari la madre , ritenuti conviventi, secondo i dati risultanti dell’anagrafe tributaria. 2. B.P.S. , a mezzo del suo difensore, ha presentato ricorso avverso il provvedimento di revoca, affermando che al momento di presentazione dell’istanza era privo di familiari conviventi, come risulta dallo stato civile datato 10.09.2018 e dall’autocertificazione, essendo tra l’altro senza fissa dimora, con residenza solo formale presso la Casa Comunale di Borgosesia il cumulo del reddito della madre, riferito all’anno 2017, doveva pertanto considerarsi non attuale con riferimento al momento di presentazione della istanza di ammissione al gratuito patrocinio e in violazione comunque della ratio del D.P.R. n. 11 del 2002, art. 76. 3. Il Procuratore Generale con requisitoria scritta ha chiesto che il ricorso venga convertito in reclamo e quindi rinviato al Tribunale di Vercelli. Considerato in diritto 1. Preliminarmente si osserva che avverso il provvedimento che ha dichiarato la revoca dell’ammissione al beneficio, è esperibile il ricorso per cassazione per saltum. 2. Il ricorso è fondato. 2.1 Va premesso che il concetto di convivenza non è necessariamente collegato alla coabitazione, ma comprende tutti quei rapporti continuativi di affetto, di interessi, di comunanza di vita che portano ad un legame stabile tra due o più persone, persistente pur se la coabitazione tra loro è venuta a cessare per motivi che esulano dalla loro volontà. La situazione di convivenza rilevante ai fini del calcolo del reddito al cui limite è collegata l’ammissione al patrocinio a spese dello stato, reddito da determinarsi a norma della L. n. 217 del 1990, art. 3, comma 2 sommando anche i redditi del coniuge e dei familiari conviventi, non può coincidere quindi con il mero domicilio fiscale. Erratamente, pertanto, e in violazione di legge si è dato rilievo nel provvedimento di revoca al reddito della madre del ricorrente solo sul presupposto secondo cui in anagrafe tributaria, Serpico , risultava lo stesso domicilio fiscale e nonostante che la stessa Agenzia delle entrate avesse comunicato, in calce alla nota dell’11.03.2019, che in ordine alla composizione del nucleo familiare del ricorrente non era stata confrontata la risultanza con le informazioni dell’anagrafe dell’amministrazione comunale. 2.2. Inoltre, ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 115, art. 76, comma 2 e art. 79, deve ritenersi, stante il chiaro tenore letterale della normativa, che ai fini del giudizio di ammissibilità o di conferma del beneficio del patrocinio a spese dello Stato, rileva la situazione di convivenza all’atto della domanda e che a tale fine non assume rilievo il solo dato formale della convivenza, emergente dalla residenza anagrafica, che può solo costituire un significativo dato probatorio. Si deve affermare, perciò, in base agli stessi principi emergenti dalla normativa statale, l’obbligo per il giudice di esaminare, ai fini del giudizio sulla condizione di non abbienza, le prove che confermino o confutino la sostanziale e fattuale percezione e condivisione di redditi tra familiari effettivamente conviventi all’atto della domanda idonea ad incidere sulla predetta condizione. Tale interpretazione, che si ricava dal dato letterale normativo, dà attuazione al principio fissato dalla Corte di Strasburgo, in tema di insufficienza dei mezzi economici , che costituisce la ratio del diritto fondamentale dell’accusato all’assistenza gratuita riconosciuto dall’art. 6, par. 3, lett. c CEDU Corte EDU 25/04/1983, Pakelli c. Germania i requisiti di gravità, precisione e concordanza, indicati dall’art. 2729 c.c., perché possano assurgere al rango di prova presuntiva, debbono valutarsi conseguentemente con rigore e con adeguato riferimento ai fatti noti, dai quali risalire con deduzioni logiche ai fatti ignorati, il cui significato deve essere apprezzato senza ricorrere ad affermazioni apodittiche, generiche, sommarie o cumulative. 2.3 Nella fattispecie che occupa, il giudice è pervenuto alla revoca sulla base di una valutazione presuntiva riferita solo all’elemento dello stesso domicilio fiscale, senza un riscontro effettivo, nemmeno circa le risultanze anagrafiche e la reale situazione di convivenza con la madre. Sul punto il provvedimento impugnato è carente di una motivazione che possa ritenersi esaustiva rispetto ai menzionati requisiti di gravità, univocità e concordanza e in linea con i principi affermati anche dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 392 del 28 giugno 1995 in relazione al computo di redditi propri di soggetti diversi dall’istante e legati al criterio oggettivo della convivenza. Il giudice è, pertanto, tenuto ad effettuare un rigoroso accertamento tramite gli organi di indagine finanziaria al fine di verificare se, anche sulla base di elementi presuntivi, il richiedente si avvalesse di contributi dei familiari, con lui conviventi al momento di presentazione dell’istanza, sia pure non più inseriti nell’ambito di un unico nucleo anagrafico, cosi da poterli considerare ai fini dell’importo sul quale determinare il riconoscimento del beneficio. Al contrario, in maniera del tutto apparente ed illogica, il Tribunale di Vercelli si è limitato a recepire acriticamente le risultanze, peraltro incomplete e parziali, dell’Agenzia delle Entrate, nonostante il ricorrente avesse dichiarato che al momento dell’istanza, presentata il 24.09.2018, non aveva familiari anagraficamente conviventi, secondo quanto previsto dall’art. 79, comma 1, lett. b e c , e avesse prodotto il relativo certificato rilasciato dall’Amministrazione comunale. 3. In conclusione l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Vercelli per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Vercelli per nuovo giudizio.