40 euro all’agente per evitare la multa: è tentata corruzione, possibile però la “non punibilità”

Sotto processo l’uomo che ha provato così ad ‘aiutare’ l’amico in difficoltà. Evidente per i Giudici come il suo gesto sia catalogabile come tentata corruzione. Vacilla però la condanna ad un anno di reclusione pronunciata in Appello.

Due banconote da 20 euro piazzate nelle mani di un agente della Polizia stradale e accompagnate dalla frase Stiamo in difficoltà, aiutateci . Logico parlare di tentata corruzione, non andata a buon fine grazie all’onestà dell’esponente delle forze dell’ordine. A rischio condanna, quindi, l’uomo che così ha provato ad aiutare un amico ad evitare una contravvenzione del valore di 39 euro. A salvarlo, però, può essere il riconoscimento – plausibile, secondo i Giudici della Cassazione – della particolare esiguità dell’offesa Cassazione, sentenza n. 41973/19, sez. VI Penale, depositata oggi . Denaro. Il fattaccio si verifica nella zona di Brindisi, dove alcuni agenti della Polizia stradale si vedono offrire 40 euro per evitare di emettere contravvenzione nei confronti di un uomo. A fare la proposta indecente, però, non è lui, bensì un amico che si avvicina al poliziotto e gli mette in mano due banconote da 20 euro, accompagnando il gesto con la frase Sai come funziona Stiamo in difficoltà, aiutateci . Il denaro viene rifiutato e così l’uomo che lo ha offerto si ritrova sotto processo per tentata corruzione . Per i Giudici di merito la lettura della vicenda è semplicissima l’uomo va condannato per la sua condotta e punito con un anno di reclusione . Offesa. Sulla stessa linea pare attestarsi anche la Cassazione, che conferma la valutazione della Corte d’Appello sulla concreta offensività della condotta . Su questo fronte i magistrati evidenziano che la somma di 40 euro serviva ad indurre gli agenti a non elevare una contravvenzione del valore di 39 euro, comportante anche la perdita di due punti sulla patente di guida . Essi aggiungono anche che è irrilevante il richiamo alla virtuale divisibilità della somma fra i tre poliziotti , poiché l’eventuale ripartizione del denaro fra i destinatari non può rendere meno grave la tentata corruzione. Tuttavia, l’uomo sotto processo ha ancora una speranza quella di vedersi riconoscere la non punibilità per esiguità dell’offesa . Su questo punto, difatti, i Giudici della Cassazione si mostrano possibilisti, andando in direzione opposta a quella della Corte d’appello, e spiegando, innanzitutto, che non si può escludere la particolare tenuità del fatto solo richiamando la qualità dell’offerente, un privato cittadino o evidenziando le modalità della condotta incriminata estrinsecatasi nel porre in mano a uno degli agenti due banconote da 20 euro . E per chiudere il cerchio, infine, i Magistrati del ‘Palazzaccio’ ritengono impossibile parlare di fatto grave solo per il turbamento psicologico del pubblico ufficiale destinatario del tentativo di corruzione . Riprende quindi vigore l’ipotesi della non punibilità per l’uomo sotto processo, ma su questo fronte dovranno ora pronunciarsi nuovamente i giudici d’Appello, tenendo però conto delle osservazioni fatte dalla Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 settembre – 11 ottobre 2019, n. 41973 Presidente Petruzzellis – Relatore Villoni Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte d'Appello di Lecce ha confermato quella del 11/09/2015 con cui il Tribunale di Brindisi ha dichiarato Li. Bi. Ca. responsabile del reato di cui all’art. 322, comma 2 cod. pen. - consumato con l'offrire 40,00 Euro a degli agenti della Polizia Stradale di Brindisi nell'esercizio delle loro funzioni al fine di indurli ad omettere la contestazione della violazione dell'art. 175, comma 14 del Codice della Strada a carico di una terza persona -condannandolo alla pena di un anno di reclusione, previo riconoscimento della attenuante di cui all'art. 323 bis cod. pen. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato che, con un primo motivo, deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 322 cod. pen. e vizi congiunti di motivazione in ordine alla ribadita sussistenza della responsabilità penale, sostenendo che la Corte territoriale non si è minimamente pronunciata sul profilo della dedotta assenza di offensività della condotta ascrittegli, in rapporto sia al carattere irrisorio della offerta sia all'utilità figurativa che la stessa avrebbe apportato ove divisa fra i tre agenti presenti sul posto. Con un secondo motivo, deduce, inoltre, violazione di legge in relazione all'art. 131 bis cod. proc. pen. e vizio di motivazione sul punto, evidenziando che la Corte di merito ha escluso l'applicabilità dell'esimente speciale valorizzando elementi come la qualità dell'offerente, la modalità della condotta, il grado di colpevolezza e l'entità del danno o pericolo per il bene tutelato dalla norma, tutti slegati dalla peculiarità della fattispecie concreta e inidonei a giustificare la disapplicazicne al caso di specie di un istituto introdotto dal legislatore proprio per escludere la punibilità di condotte caratterizzate da scarsa offensività. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini di cui in motivazione. 2. Risulta manifestamente infondato il primo motivo di censura. La Corte di merito ha, infatti, adeguatamente argomentato in ordine alla concreta offensività della condotta la somma di 40,00 Euro serviva ad indurre gli operanti a non elevare una contravvenzione del valore di 39,00 Euro comportante anche la perdita di due punti di patente di guida del contravventore amico del Ca. , anche se non sotto il profilo, peraltro irrilevante, della virtuale divisibilità della somma offerta fra i tre operanti. A parte, infatti, l'assenza di ogni accenno da parte dell'imputato a tale possibilità dai appuntato, sai come funziona, stiamo in difficoltà, aiutaci” , l'eventuale ripartizione del denaro fra i destinatari della tentata corruzione non costitutiva elemento suscettibile di alterare i connotati intrinseci della condotta, definita nella sua rilevanza e gravità dalle ricordate modalità di manifestazione. 3. Appare, invece, fondato il secondo motivo di censura, riguardante il riconoscimento dell'esimente speciale di cui all'art. 131 bis cod. pen. Al fine di negarne l'applicazione, la Corte territoriale ha richiamato la rilevanza di una serie di elementi, che a ben vedere costituiscono niente più che una parafrasi di quelli indicati dalla previsione del codice penale. Sostenere che non ricorre la particolare tenuità del fatto nel reato di cui all'art. 322 cod. pen. per la qualità dell'offerente, nella specie un privato cittadino, significa, infatti, escludere in radice la ricorrenza dell'esimente in esame, posto che in genere sono proprio i privati cittadini a rendersi responsabili di condotte in tal senso rilevanti. Affermare che non ricorre la particolare tenuità per le modalità della condotta, estrinsecatasi nel porre in mano ad uno degli operanti due banconote da 20,00 Euro e nel pronunciare le parole sopra indicate, vuol dire parimenti escludere comunque l'applicabilità dell'esimente speciale a tale reato, le cui modalità di consumazione sono in genere proprio quelle appena descritte. Affermare che il grado di colpevolezza, non meglio connotato, osta nel caso in esame all'applicazione dell'esimente, senza argomentare se all'origine della condotta vi sia stato alcuno di quei motivi che, in base al comma 2 dell'art. 131 bis cod. pen., ne impediscono il riconoscimento, vuol dire affermarne in maniera apodittica l'inapplicabilità. Sostenere che l'entità del danno o del pericolo per il bene tutelato della norma perturbamento psicologico del pubblico ufficiale destinatario del tentativo di correzione impediscono l'applicazione dell'esimente, senza nemmeno accennare all'entità dei valori monetari 40,00 Euro in gioco, significa di nuovo escludere in maniera radicale l'applicabilità del nuovo istituto ad una fattispecie che, invece, sembra in astratto ricadere propriamente nel suo ambito di applicazione. 4. Alla apodittica e quindi sostanziale assenza di motivazione deve, pertanto, pome rimedio altra sezione della Corte territoriale, cui gli atti vanno rinviati per nuovo giudizio, previo annullamento della decisione sul punto. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata limitatamente all'applicazione dell'art. 131 bis cod. pen. e rinvia ad altra sezione della Corte d'Appello di Lecce per nuovo giudizio sul punto. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.