L’avvocato non ha diritto ad essere avvisato dello svolgimento dell’alcoltest

Il preventivo avviso che la polizia giudiziaria è tenuta a dare all’automobilista prima dello svolgimento dell’alcoltest, riguardante la facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia, non è configurabile come diritto di quest’ultimo.

Così la sentenza della Suprema Corte n. 41402/19, depositata il 9 ottobre. Il caso. La Corte d’Appello di Brescia riformava parzialmente la pronuncia di prime cure che dichiarava l’imputato responsabile per il reato di guida in stato di ebbrezza art. 186, comma 2, lett. c , c.d.s. , sostituendo la pena inflitta con il lavoro di pubblica utilità. L’imputato ha proposto ricorso per cassazione dolendosi per il mancato avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia prima dell’avvio della procedura del c.d. alcoltest. Invoca dunque la nullità dell’intero procedimento. L’avviso. Secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità il c.d. alcoltest costituisce un atto di polizia giudiziaria urgente ed indifferibile ex art. 354, comma 3, c.p.p. al quale il difensore ha facoltà di assistere ma non può essergli riconosciuto alcun diritto ad essere previamente avvisato. In tal caso, prosegue la pronuncia, la polizia giudiziaria ha l’obbligo di avvisare il conducente della facoltà di farsi assistere dal proprio difensore di fiducia ma non è tenuta né a prendere notizia dell’eventuale nomina né a nominare un difensore di ufficio . Inoltre, viene precisato che l’avviso in parola non necessita di formule sacramentali, dovendo solo soddisfare il requisito dell’idoneità al raggiungimento dello scopo che è quello di avvisare la persona priva di conoscenze tecnico-processuali del fatto che, tra i suoi diritti, vi è anche la facoltà di nominare un difensore che lo assista durante l’atto. La violazione di tale obbligo crea una nullità di ordine generale a regime intermedio ex art. 178, comma 1, lett. c , c.p.p Nel caso di specie, risulta che i carabinieri che hanno condotto l’accertamento hanno avvisato il ricorrente della facoltà di cui sopra, facoltà alla quale egli ha rinunciato. Le doglianze proposte risultano dunque manifestamente infondate e conducono alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 agosto – 9 ottobre 2019, n. 41402 Presidente Sabeone – Relatore Tornesi Ritenuto in fatto 1.Con sentenza del 27 febbraio 2019 la Corte di appello di Brescia ha parzialmente riformato la pronuncia con la quale il Tribunale di Mantova dichiarava C.A. responsabile del reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c sostituendo la pena inflitta in primo grado con il lavoro di pubblica utilità per la durata di mesi sei e giorni sei, previa revoca del beneficio di cui all’art. 163 c.p 1.1. Al predetto imputato era ascritto di avere condotto il veicolo tg. OMISSIS in stato di ebbrezza in conseguenza dell’uso di bevande alcoliche con un tasso alcolemico accertato pari a 0,161 g./l. 2. C.A. ricorre per cassazione avverso la predetta sentenza elevando tre motivi. 2.1. Con il primo motivo denuncia l’inosservanza ed erronea applicazione di legge in relazione all’art. 114 disp. att. c.p.p. rappresentando di avere tempestivamente eccepito la nullità degli accertamenti in quanto la procedura del c.d. alcoltest era stata eseguita senza essere preceduta dall’avviso della facoltà di essere assistito da un difensore di fiducia con conseguente nullità dell’intero procedimento penale. 2.2. Con il secondo motivo denuncia l’inosservanza ed erronea applicazione di legge per violazione dell’art. 533 c.p.p., così come modificato dalla L. n. 46 del 2006, e dell’art. 27 Cost. e il vizio motivazionale sostenendo che non risulta comprovato, oltre ogni ragionevole dubbio, il fatto contestato. 2.3. Con il terzo motivo deduce l’inosservanza e/o erronea applicazione di legge e il vizio motivazionale evidenziando che, a tutto concedere, il fatto è sussumibile nell’ipotesi contemplata dall’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. a depenalizzata dalla L. 30 luglio 2010, n. 120. 2.4. Conclude chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata con conseguente assoluzione dal reato ascritto e revoca della disposta confisca dell’autovettura. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile per genericità atteso che i relativi motivi, già proposti con l’atto di appello, sono stati riprodotti pedissequamente in questa sede, in assenza di censure argomentate alle ragioni contenute nella decisione impugnata, e per manifesta infondatezza essendo incentrati su considerazioni di merito, non scrutinabili in sede di legittimità, a fronte della tenuta logico - argomentativa dell’apparato argomentativo posta a supporto della sentenza impugnata. 2. Ciò premesso si procede, più in particolare, alla disamina dei singoli motivi di ricorso. 2.1. Quanto al primo motivo si premette che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità cfr. ex plurimis Sez. 4, n. 7967 del 06/12/2013 - dep. 2014 -, Rv. 258614 , il c.d. alcoltest costituisce un atto di polizia giudiziaria urgente ed indifferibile ai sensi dell’art. 354 c.p.p., comma 3, al quale il difensore ha facoltà di assistere, ai sensi del successivo art. 356, senza avere diritto ad essere previamente avvisato. In tal caso la polizia giudiziaria ha l’obbligo, ai sensi dell’art. 114 disp. att. c.p.p., di avvertire la persona sottoposta alle indagini della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia ma non è tenuta nè a prendere notizia dell’eventuale nomina nè a nominare un difensore di ufficio. Tale avviso non necessita di formule sacramentali purché sia idoneo al raggiungimento dello scopo, ovvero quello di 127 avvisare colui che non possiede conoscenze tecnico-processuali del fatto che, tra i propri diritti, vi è la facoltà di nominare un difensore che lo assista durante l’atto Sez. 3, n. 23697 del 01/03/2016, Rv. 266825 Sez. 3, n. 4945 del 17/01/2012, Rv. 252034 . L’eventuale violazione di detto obbligo dà luogo ad una nullità di ordine generale a regime intermedio ex art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c . 2.2.Orbene, nel caso in esame i giudici di merito hanno precisato che dal verbale di accertamenti urgenti risulta che i Carabinieri della Stazione di Roncoferraro, prima di eseguire l’alcooltest, hanno ritualmente avvisato il C. della facoltà di farsi assistere da un difensore, ai sensi dell’art. 114 disp. att. c.p.p., facoltà cui il medesimo ha rinunciato. Le doglianze formulate al riguardo dal ricorrente risultano manifestamente infondate in quanto l’asserita non corrispondenza al vero delle attestazioni contenute nel verbale avrebbero dovuto essere supportate dalla difesa con la deduzione di specifici elementi probatori di segno contrario insussistenti nel caso in esame, non potendo di certo valorizzarsi in tal senso il fatto che, a fronte dell’intervento della polizia giudiziaria alle ore 21.00, la redazione del verbale di accertamenti urgenti sia stata effettuata solo alle ore 22,20. Ed invero, in proposito risultano pienamente conformi ai canoni della logica le argomentazioni della Corte distrettuale che ha sottolineato l’irrilevanza, rispetto alla validità di quanto compiuto, del momento di redazione del verbale scritto nel quale si dà conto di un’attività già eseguita, cronologicamente successiva rispetto a quella del suo svolgimento materiale. Nè ad inficiare la veridicità del verbale può essere invocato il fatto che l’operante di polizia giudiziaria, escusso in dibattimento, non abbia confermato di avere avvisato il C. della facoltà di cui all’art. 114 disp. att. c.p.p. posto che non gli era stata formulata alcuna domanda sul punto. 3. Quanto al secondo e al terzo motivo che vengono esaminati unitariamente in quanto strettamente connessi, si rileva che nelle sentenze di merito vengono richiamati, nel dettaglio, gli elementi probatori posti a fondamento del giudizio di colpevolezza in ordine al reato contestato rappresentati dal verbale di accertamenti urgenti, dagli esiti degli accertamenti etilometrici comprovanti il tasso alcolemico di 1,65 g./l. alla prima prova e quello di 1,61 g./l. alla seconda prova eseguiti presso il comando di Piazza Virgiliana in Mantova e dagli esiti della istruttoria dibattimentale. 4.L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.