La sentenza che dichiara estinto il reato fa cessare anche l’obbligo di comunicare le variazioni patrimoniali

L’estinzione del reato oggetto di una sentenza di applicazione della pena, determinatasi ai sensi dell’art. 445, comma 2, c.p.p., fa venir meno la qualità di condannato. Di conseguenza cessa anche l’obbligo imposto con la medesima sentenza e previsto dall’art. 30, l. n. 646/1982 di comunicare alla polizia tributaria le variazioni patrimoniali eccedenti un certo limite, essendo questo ricomprendibile tra gli effetti penali della condanna.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con sentenza n. 39820/19, depositata il 27 settembre. Estinzione della sentenza. Il Tribunale di Forlì respingeva l’appello del Pubblico ministero avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari che aveva rigettato la sua richiesta di sequestro preventivo verso un indagato che aveva omesso di comunicare all’autorità di polizia tributaria una variazione del suo patrimonio, nonostante fosse obbligato a farlo ai sensi dell’art. 30, l. n. 646/1982. Infatti, il Tribunale aveva rilevato che prima che ci fosse la variazione patrimoniale, era stata dichiarata estinta la sentenza che imponeva la comunicazione della variazione stessa, da cui era derivato per legge l’estinzione di ogni effetto penale”. Pertanto, venuto meno anche l’obbligo di comunicazione, era venuto meno anche il fumus delicti necessario per il sequestro preventivo. Avverso la decisione del Tribunale ricorre in Cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Forlì sostenendo che l’obbligo di comunicazione non debba rientrare tra gli effetti penali della condanna, non scaturendo direttamente da essa ma rappresentando solo uno dei presupposti di fatto della condotta tipizzata art. 170 c.p. . Viene meno anche l’obbligo di comunicazione. La Cassazione, ritenendo infondato il ricorso, osserva che la questione controversa è la seguente se l’obbligo di comunicazione ex art. 30 l. n. 646/1982 sia ricomprendibile tra gli effetti penali della condanna” e, di conseguenza, se l’estinzione del reato oggetto di tale sentenza, successivamente verificatasi art. 445, comma 2, c.p.p. ed espressamente estesa da tale norma ad ogni effetto penale, faccia venir meno tale obbligo comunicativo. In proposito, i Giudici ricordano che la Cass. n. 45378/2011 si è espressa sul tema specificando che la categoria degli effetti penali della condanna” non è definita a livello normativo e pertanto la sua tipizzazione spetta all’interprete. La giurisprudenza di legittimità ha tuttavia elaborato dei tratti caratteristici di tali effetti, tra i quali rileva a l’essere conseguenze che derivano direttamente, ope legis , dalla sentenza di condanna e non da provvedimenti discrezionali della pubblica amministrazione, ancorché aventi la condanna come necessario presupposto b la natura sanzionatoria, ancorché incidente in ambito diverso da quello del diritto penale sostantivo o processuale . Prosegue la Corte Suprema chiarendo che la natura in senso lato sanzionatoria e di conseguenza giuridica negativa dell’imposizione di comunicare ogni variazione patrimoniale non è discutibile, poiché incide in modo significativo nella sfera dell’autonomia privata dell’obbligato. Questo obbligo, senza dubbio, consegue di diritto alla sentenza di condanna. Alla luce di ciò, l’estinzione del reato oggetto di una sentenza di applicazione della pena, determinatasi ai sensi dell’art. 445, comma 2, c.p.p., facendo venir meno la qualità di condannato del soggetto, fa cessare anche l’obbligo imposto con la medesima sentenza di comunicazione alla polizia tributaria delle variazioni patrimoniali eccedenti un certo limite. Chiarito questo, il ricorso viene rigettato.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 30 maggio – 27 settembre 2019, n. 39820 Presidente Petitti – Relatore Rosati Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 12 marzo 2019, il Tribunale di Forlì ha respinto l’appello proposto, a norma dell’art. 322-bis c.p.p., dal Pubblico ministero presso quell’ufficio, avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale dell’8 febbraio precedente, che aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo, avanzatagli dalla medesima autorità giudiziaria requirente, a mente dell’art. 321 c.p.p., comma 2, e L. 13 settembre 1982, n. 646, art. 31, nei confronti di L.R. , indagato per aver omesso di comunicare all’autorità di polizia tributaria una variazione del suo patrimonio, benché vi fosse obbligato, ai sensi dell’art. 30 della stessa L. n. 646. Ha ritenuto il Tribunale che, poiché, prim’ancora che detta variazione patrimoniale intervenisse, la sentenza da cui sarebbe scaturito tale obbligo di comunicazione era stata dichiarata estinta a norma dell’art. 445 c.p.p., comma 2, e poiché, in questo caso, per espressa previsione normativa, si estingue altresì ogni effetto penale della condanna, anche quell’obbligo di comunicazione era venuto meno, con conseguente difetto del fumus delicti necessario per il sequestro. 2. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Forlì, ritenendo tale ordinanza viziata da erronea applicazione del citato art. 445, comma 2, e perciò chiedendone l’annullamento senza rinvio. Egli sostiene, infatti, che l’obbligo di comunicazione in discussione non possa farsi rientrare tra gli effetti penali della condanna , dal momento che esso non scaturisce direttamente da questa, la quale, invece, rappresenta soltanto uno dei presupposti di fatto della condotta tipizzata dal suindicato art. 30. Ragione per cui, nella fattispecie, opera la previsione dell’art. 170 c.p., a tenore della quale l’estinzione del reato presupposto di un altro reato non si estende a quest’ultimo. 3. Ha depositato memoria scritta la difesa dell’indagato, soffermandosi essenzialmente sul merito delle accuse, poiché ha contestato la verificazione della variazione patrimoniale del proprio assistito, dal momento che la relativa somma di denaro è stata versata su un conto intestato all’eredità del defunto padre di costui e da quest’ultimo accettata con beneficio d’inventario sicché egli ne potrà entrare in possesso soltanto se e nella misura in cui detta somma o parte di essa residuino all’esito della soddisfazione dei debiti ereditari. Considerato in diritto 1. Il motivo di ricorso non è fondato. 2. La questione di diritto controversa è quella se l’obbligo di comunicazione di cui alla L. 13 settembre 1982, n. 646, art. 30, sia annoverabile tra gli effetti penali della condanna e, di conseguenza, se l’estinzione del reato oggetto di tale sentenza, successivamente verificatasi a mente dell’art. 445 c.p.p., comma 2, ed espressamente estesa da tale norma ad ogni effetto penale , faccia venir meno quell’obbligo. 3. Secondo una prima lettura Sez. 1, n. 5233 del 15/12/2005, Aiello, Rv. 233104 , richiamata e valorizzata dall’autorità giudiziaria ricorrente, ai fini della configurabilità del reato di cui alla L. 13 settembre 1982, n. 646, artt. 30 e 31, il presupposto costituito dalla condanna per associazione di tipo mafioso si deve ritenere sussistente anche quando, per il reato associativo, sia stata pronunciata sentenza di applicazione della pena su richiesta, dovendosi altresì escludere che possa assumere rilievo l’eventuale estinzione del reato prevista dall’art. 445 c.p.p., comma 2. L’obbligo di comunicazione di cui al cit. art. 30, infatti, non potrebbe farsi rientrare tra gli effetti penali che vengono meno con l’estinzione del reato, poiché esso non presenta, per la sua natura, configurazione e ratio, la caratteristica di conseguenza diretta ed il contenuto di sanzione di tipo accessorio, che sono propri degli effetti penali della condanna. Pertanto, in siffatta ipotesi, dovrebbe trovare applicazione la disposizione dell’art. 170 c.p., comma 1, secondo cui, quando un reato è il presupposto di un altro reato, la causa che lo estingue non si estende all’altro reato. 4. Successivamente, però, da tale interpretazione ha consapevolmente preso le distanze altra pronuncia della stessa sezione di questa Corte Sez. 1, n. 45378 del 27/10/2011, Aiello, Rv. 251458 , con un’articolata decisione, citata dal Tribunale nel provvedimento impugnato e che questo Collegio condivide. Sulla base delle relative cadenze argomentative, i principi di diritto utili alla risoluzione dell’ipotesi oggetto del presente giudizio possono sintetizzarsi nei termini che seguono. 4.1. La categoria degli effetti penali della condanna non è normativamente definita, sicché la loro tipizzazione è devoluta all’interprete. Tra i tratti caratteristici e distintivi che la giurisprudenza di legittimità ha elaborato, vi sono, per quel che rileva nel caso di specie a l’essere conseguenze che derivano direttamente, ope legis, dalla sentenza di condanna e non da provvedimenti discrezionali della pubblica amministrazione, ancorché aventi la condanna come necessario presupposto b la natura sanzionatoria, ancorché incidente in ambito diverso da quello del diritto penale sostantivo o processuale Sez. U, n. 7 del 20/04/1994, Volpe, Rv. 197537 vds. pure Sez. U, n. 31 del 22/11/2000, Sormani, Rv. 218529, che le definisce come le conseguenze giuridiche negative che dalla condanna derivano de jure, diverse dalle pene principali, dalle pene accessorie e dalle misure di sicurezza e Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011, Marcianò, Rv. 251689, che ne ribadisce il necessario tratto distintivo nell’essere conseguenze giuridiche automaticamente derivanti dalla sentenza . 4.2. La natura in senso lato sanzionatoria, e comunque di conseguenza giuridica negativa , dell’imposizione di comunicare ogni variazione patrimoniale, ai sensi del citato art. 30, non è discutibile, incidendo significativamente nella sfera di autonomia privata dell’obbligato, peraltro a tutela di interessi sostanzialmente analoghi a quelli posti a base dell’incriminazione oggetto della condanna. Parimenti non v’è dubbio che detto obbligo consegua di diritto alla sentenza di condanna, senza alcuna intermediazione ulteriore. 4.3. La fattispecie in rassegna presenta notevoli affinità con quella tipizzata dall’art. 707 c.p., che conferisce rilevanza penale ad una condotta penalmente neutra, per il sol fatto che questa sia tenuta da un soggetto già condannato per alcuni tipi di reato. In relazione a tale ipotesi di reato, la Corte costituzionale, con sentenza interpretativa di rigetto, non contraddetta dal giudice di legittimità, ha precisato che il condannato cessa di rientrare tra i possibili autori di questa contravvenzione, ove abbia ottenuto la riabilitazione, la quale estingue gli effetti penali della condanna sentenza n. 225 del 20 giugno 2008 . 4.4. L’art. 178, c.p., nel descrivere gli effetti della riabilitazione, si esprime con formula sostanzialmente identica a quella dell’art. 445 c.p.p., comma 2, la riabilitazione estingue ogni altro effetto penale della condanna , l’uno si estingue ogni effetto penale , l’altro non v’è, dunque, ragione per ricollegarvi differenti ambiti operativi per l’aspetto qui in discussione. 4.5. Ne consegue, conclusivamente, che l’estinzione del reato oggetto di una sentenza di applicazione di pena, determinatasi ai sensi dell’art. 445, comma 2, cit., facendo venir meno la qualità di condannato del soggetto, vale a far cessare l’obbligo di comunicazione al nucleo di polizia tributaria delle variazioni patrimoniali eccedenti un determinato limite, a costui imposto con la medesima sentenza avente per oggetto il delitto di associazione di tipo mafioso. 5. Il ricorso, pertanto, dev’essere respinto. P.Q.M. Rigetta il ricorso.