Statuizioni civili e prescrizione: il limite del giudice d’appello

Anche nel caso in cui l’appello sia proposto ai sensi dell’art. 576 c.p.p., ove la prescrizione sia maturata prima della sentenza di primo grado, il giudice dell’appello non può decidere sulle statuizioni civili, pure se l’impugnazione sia rivolta a contestare le ragioni poste alla base della assoluzione ritenuta prevalente” ed assorbente rispetto alla declaratoria di estinzione per decorso del termine di prescrizione.

Il caso. In riforma della sentenza assolutoria di primo grado che aveva, altresì, dichiarato la prescrizione dello stesso, su appello del Procuratore generale e della parte civile, la Corte di appello condannava, invece, l’imputato a rifondere il danno. Pertanto, questi proponeva ricorso per cassazione. Il motivo principale di censura della sentenza riguardava la violazione di legge per avere il giudice di appello condannato l’imputato al risarcimento del danno patito dalla parte civile nonostante la prescrizione fosse maturata precedentemente alla sentenza di primo grado. Ritenuta fondata la doglianza, la Corte ha precisato quanto segue Cassazione, sentenza n. 39397/19, depositata il 26 settembre . Normativa di riferimento. Gli articoli 576 e 578 c.p.p. definiscono situazioni processuali diverse. L’art. 576 c.p.p. dispone invero che La parte civile può proporre impugnazione contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l'azione civile e, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio”. L’art. 578 c.p.p., altresì prevede che Quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili”. Prescrizione prima della sentenza. Ebbene, la ratio di quest’ultima norma è quella di assicurare, nonostante la declaratoria della prescrizione e pur in assenza di una impugnazione della parte civile e quindi in presenza solo di quella della pubblica accusa , la cognizione del giudice dell’appello sulle disposizioni e sul capo della sentenza relativo alle disposizioni civili. Tale norma, come specificato dai giudici di legittimità, non interviene, però, in quei casi in cui la prescrizione sia decorsa prima della sentenza di primo grado, inibendo la condanna. D’altra parte, le statuizioni civili possono essere decise anche nel caso di solo appello del pubblico ministero avverso una sentenza assolutoria sempre che, tuttavia, non vi sia alcuna causa estintiva che impedisca l’accertamento della responsabilità con conseguente condanna cui associare le statuizioni civili ai sensi dell’art. 538 c.p.p In tal senso, dunque, se il reato risulta estinto per prescrizione, maturata anteriormente alla emanazione della sentenza di primo grado, il giudice di appello, nella stessa maniera del primo giudice, non può decidere sulla domanda per le restituzioni ed il risarcimento del danno proposta dalla parte civile. E ciò perché, ove sia stato correttamente accertato il decorso del termine di prescrizione prima della decisione del giudice di prime cure, al giudice è impedito di decidere sulla responsabilità che legittima la condanna alle statuizioni civili. Prescrizione dopo la sentenza di primo grado. In conseguenza di quanto appena detto, evidentemente, la decisione sulle statuizioni civili può essere assunta dal giudice di appello solo se la causa di estinzione sia sopravvenuta alla sentenza di primo grado. Afferma la Corte che l’orientamento da seguire, in casi come quello di specie, è quello per cui il giudice dell’impugnazione ha, nei limiti del devoluto e agli effetti della devoluzione, gli stessi poteri che il giudice di primo grado avrebbe dovuto esercitare”. Se la prescrizione, dunque, sopravviene alla sentenza di primo grado, la Corte può riformare la sentenza anche sulle statuizioni civili, con gli stessi poteri che aveva il primo giudice. Nondimeno, il giudice di primo grado, pur se rilevi che sia decorso il termine di prescrizione, deve accertare nel merito la responsabilità o meno dell’imputato, atteso il suo interesse a che tale giudicato rilevi nel giudizio civile previsto dall’art. 652 c.p.p In definitiva, dunque, alla parte civile è dato potere di impugnare tutte le sentenze di assoluzione. Tuttavia, nel caso in cui venga dichiarata la prescrizione prima della sentenza di primo grado, il giudice di appello, avendo gli stessi poteri del primo giudice non può condannare alla restituzione e al risarcimento. Pertanto, il potere di impugnazione può essere limitato solo alla rivalutazione della correttezza della decisione sull’effettivo decorso del predetto termine.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 5 luglio – 26 settembre 2019, n. 39397 Presidente Rago – Relatore Recchione Ritenuto in fatto 1.La Corte di appello di Messina decidendo sulle impugnazioni proposte dal Procuratore generale e dalla parte civile riformava radicalmente la sentenza di assoluzione per non avere commesso il fatto pronunciata dal Tribunale e, previa dichiarazione dell’estinzione del reato di truffa per decorso del termine di prescrizione, condannava lo S. al risarcimento del danno patito dalla parte civile. 2. Contro tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato che deduceva 2.1. violazione dei legge e vizio di motivazione la reformatio in peius della sentenza di primo grado era stata effettuata senza la rinnovazione delle testimonianze decisive, 2.2. violazione di legge e vizio di motivazione la sentenza impugnata non avrebbe considerato gli argomenti rassegnati con la memoria difensiva depositata all’udienza del 16 novembre 2017 2.3. travisamento della prova non sarebbe stato considerato che dalle testimonianze raccolte emergeva che il denaro che si assume esser provento delle truffa sarebbe stato consegnato dalla persona offesa sempre alla presenza del notaio 2.4. violazione di legge la condanna al risarcimento dei danni sarebbe stata inflitta nonostante la prescrizione fosse maturata prima della sentenza di primo grado, pronunciata il 5 febbraio 2014. 2.5. Con motivo aggiunto depositato in cancelleria il 2 luglio 2019 il ricorrente ribadiva la fondatezza del primo motivo rilevando che l’art. 603 c.p.p., comma 3 bis prevede la rinnovazione della testimonianza in tutti i casi di appello del pubblico ministero contro sentenze di proscioglimento, indipendentemente dalla decisività della prova dichiarativa e dal fatto che la decisione abbia rilievo solo per le statuizioni civili. 2.6. La parte civile con memoria depositata il 30 maggio 2019 rilevava l’infondatezza dei motivi ed instava per il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. I primi tre motivi di ricorso sono manifestamenti infondati. 1.1. È manifestamente infondato il primo motivo, ribadito con il motivo aggiunto, con il quale si denuncia il difetto di rinnovazione dibattimentale delle prove dichiarative e la violazione dell’art. 603 c.p.p., comma 3 bis. 1.1.1. Il collegio in materia di obblighi di rinnovazione dibattimentale ribadisce quanto affermato Sezioni Unite che hanno ritenuto che il giudice di appello che riformi, ai soli fini civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è obbligato a rinnovare l’istruzione dibattimentale, anche d’ufficio Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016 - dep. 06/07/2016, Dasgupta, Rv. 267489 . L’area di operatività di tale obbligo è stata precisamente identificata da una successiva decisione delle Sezioni Unite che, escludendo ogni automatismo, ha affermato che il nuovo quadro normativo risultante dai numerosi innesti operati per effetto della L. n. 103 del 2017 non impone affatto di ritenere che il giudice di appello sia obbligato a disporre una rinnovazione generale ed incondizionata dell’attività istruttoria svolta in primo grado, ben potendo quest’ultima essere concentrata solo sulla fonte la cui dichiarazione sia oggetto di una specifica censura da parte del pubblico ministero attraverso la richiesta di una nuova valutazione da parte del giudice di appello, operando poi, nel caso in cui a seguito di tale rinnovazione dovesse apparire assolutamente necessario lo svolgimento di ulteriore attività istruttoria, la disciplina ordinaria prevista dall’art. 603 c.p.p., comma 3 Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017 - dep. 03/04/2018, P.G. in proc. Troise, Rv. 272430, § 7.2. 1.1.2. Si tratta di una interpretazione, che il collegio condivide e ribadisce l’obbligo di rinnovazione della prova decisiva non è correlato ad ogni appello del pubblico ministero contro sentenze di proscioglimento, ma deve essere interpretato in relazione alla conformazione che il giudizio di appello ha assunto dopo l’entrata in vigore della L. n. 103 del 2017 la riforma ha infatti ridisegnato il volto della giurisdizione di secondo grado, che non si atteggia più come rivolta ad una generale ed automatica revisio prioris instantiae, ma si configura piuttosto come un giudizio di controllo su base strettamente devolutiva, richiedendo una precisa e definita circoscrizione dei temi devoluti da parte dell’impugnante. Letto unitamente all’art. 581 c.p.p., l’art. 603 c.p.p., comma 3 bis deve essere interpretato nel senso che l’ obbligo di rinnovazione che incombe sulla Corte di appello è limitato alle testimonianze identificate come decisive dall’appellante fermo restando il potere di integrazione facoltativa del compendio probatorio disponibile previsto in via generale dai primi tre commi dell’art. 603 c.p.p 1.1.3. Nel caso in esame il pubblico ministero con l’atto di appello invocava principalmente la rivalutazione di evidenze documentali, facendo solo marginale riferimento alle prove dichiarative, evidentemente ritenute non decisive. Tale valutazione in ordine alla marginalità delle testimonianze rispetto al compendio probatorio raccolto trova conferma nel tessuto argomentativo della sentenza impugnata che risulta centrato sulla valorizzazione della capacità dimostrativa delle prove documentale mentre il riferimento alle testimonianze ha una funzione solo accessoria e latamente confermativa pag. 2 della sentenza impugnata . Il ricorrente nel dedurre l’illegittimità della progressione processuale, e, segnatamente, il difetto di rinnovazione delle prove dichiarative decisive, non ha tenuto in considerazione la consolidata giurisprudenza delle Sezioni unite che limita l’area di operatività dell’art. 603 c.p.p., comma 3 bis, sicché la doglianza è inammissibile. 1.2. È inammissibile anche il secondo motivo di ricorso, che denuncia la mancata considerazione della memoria depositata all’udienza del 16 novembre 2017. Anche in questo caso difetta il confronto con la consolidata giurisprudenza di legittimità, che con riguardo al tema oggetto di censura, afferma che l’omessa valutazione di una memoria difensiva non determina alcuna nullità, ma può influire sulla congruità e sulla correttezza logico-giuridica della motivazione del provvedimento che definisce la fase o il grado nel cui ambito sono state espresse le ragioni difensive Sez. 2, n. 14975 del 16/03/2018 - dep. 04/04/2018, Tropea e altri, Rv. 272542 Sez. 5, n. 51117 del 21/09/2017 - dep. 09/11/2017, Mazzaferro, Rv. 271600 Sez. 5, n. 4031 del 23/11/2015 - dep. 29/01/2016, Graziano, Rv. 267561 la concreta capacità di influire sulla legittimità della motivazione dipende tuttavia dalla decisività degli argomenti proposti con la memoria che deve essere evidenziata con il ricorso per cassazione che, altrimenti, come nel caso di specie, pecca per genericità. Nel caso in esame, invero, il ricorrente denuncia in modo aspecifico la mancata valutazione del contenuto dell’atto difensivo, di fatto instando per un rivalutazione delle prove, esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza del giudice di legittimità. 1.3. Anche il terzo motivo che invoca il riconoscimento del travisamento delle prove dichiarative è manifestamente infondato dalle dichiarazioni riportate nel ricorso si evince infatti che le somme venivano consegnate alla presenza del notaio P. , ma non si esclude che venissero di fatto devolute all’imputato ricorrente. 2. È invece fondato il quarto motivo di ricorso con il quale si deduce che il termine di prescrizione relativo al reato contestato era spirato prima della pronuncia della sentenza di primo grado, che risale al 5 febbraio 2014 e che, pertanto, era illegittima la condanna relativa alle statuizioni civili. 2.2. Il collegio rileva che sia che si prenda come riferimento la data di consumazione del reato indicata dal ricorrente, ovvero il omissis , sia che si consideri quella indicata dalla parte civile, ovvero il omissis pag. 11 della memoria della parte civile il reato per cui si procede, anche tenuto conto degli 81 giorni di sospensione, risulta decorso, al più tardi, nel settembre del 2013 la sentenza di primo grado veniva invece pronunciata il 5 febbraio 2014, dunque successivamente al decorso del termine prescrizione, come correttamente rilevato dal primo giudice, il quale tuttavia riteneva che le prove raccolte imponessero, in ragione dell’evidenza, la decisione assolutoria. Si tratta di una decisione evidentemente assunta aderendo all’orientamento secondo cui la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione nel solo caso in cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l’assoluta assenza della prova di colpevolezza a carico dell’imputato ovvero la prova positiva della sua innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della prova che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze ex multis Sez. 4, n. 23680 del 07/05/2013 - dep. 31/05/2013, Rizzo e altro, Rv. 2562025 Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009 - dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 244274 . 2.3. Preso atto che nel caso in esame il termine di prescrizione è decorso prima della pronuncia della sentenza di primo grado il collegio ritiene che tale evenienza impedisca al giudice dell’appello di decidere sulle statuizioni civili, anche nel caso in cui, come quello in esame, l’impugnazione sia proposta anche dalla parte civile ai sensi dell’art. 576 c.p.p. e sia rivolta a contestare le ragioni poste a base della assoluzione ritenuta prevalente ed assorbente rispetto alla rilevazione della estinzione del reato per decorso del termine di prescrizione. In materia, al fine di definire l’area di operatività della impugnazione proposta dalla parte civile ai sensi dell’art. 576 c.p.p. si ribadisce che l’art. 576 e l’art. 578 disciplinano situazioni processuali diverse l’art. 578 c.p.p., tende ad assicurare, nonostante la declaratoria della prescrizione, ed in assenza di un’impugnazione della parte civile, la cognizione del giudice dell’appello sulle disposizioni e sul capo della sentenza del precedente grado che riguardano gli interessi civili si tratta di una disposizione che declina il principio di immanenza della parte civile nel caso di intervento di una causa estintiva, che tuttavia richiede come condizione ineludibile l’esistenza di un precedente accertamento di responsabilità e che, pertanto, non è operativa nei casi in cui la prescrizione sia decorsa prima della sentenza di primo grado inibendo la condanna in ossequio allo stesso principio di immanenza, è consolidato il principio secondo cui le statuizioni civili possono essere decise anche in caso di appello del solo pubblico ministero nei confronti di una decisione assolutoria, sempre che non si verifichi alcuna causa estintiva che impedisca l’accertamento di responsabilità e dunque la condanna cui associare le statuizioni civili ai sensi dell’art. 538 c.p.p. Sez. U, n. 30327 del 10/07/2002 - dep. 11/09/2002, Guadalupi, Rv. 222001 Sez. 2, n. 34542 del 08/05/2009 - dep. 07/09/2009, Breda, Rv. 245179 . Di contro l’art. 576 c.p.p. conferisce al giudice dell’impugnazione il potere di decidere sulla domanda al risarcimento ed alle restituzioni, pur in mancanza di una precedente statuizione sul punto dunque anche in caso di assoluzione , e consente la ultrattività della cognizione ai fini civili anche in presenza di una causa estintiva Sez. U, n. 25083 del 11/07/2006 - dep. 19/07/2006, Negri ed altro, Rv. 233918 Sez. 5, n. 3670 del 27/10/2010 - dep. 01/02/2011, Pace e altro, Rv. 249698 . Si ritiene tuttavia che la decisione sulle statuizioni civili possa essere assunta dal giudice di appello solo nel caso in cui la causa di estinzione sia sopravvenuta rispetto alla sentenza di primo grado, ma che la stessa non possa essere assunta nel caso in cui la prescrizione sia decorsa precocemente, ovvero prima della pronuncia della sentenza di primo grado. Si intende cioè dare continuità all’orientamento secondo cui il giudice dell’impugnazione, adito ai sensi dell’art. 576 c.p.p., ha, nei limiti del devoluto e agli effetti della devoluzione, gli stessi poteri che il giudice di primo grado avrebbe dovuto esercitare, cosicché, nel caso in cui il reato risulti estinto per prescrizione maturata anteriormente all’emanazione della sentenza di primo grado, egli, al pari del primo giudice di cui ripete i poteri, non può decidere sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno, proposta dalla parte civile a norma dell’art. 74 c.p.p. e segg. Sez. 3, n. 3083 del 18/10/2016 - dep. 23/01/2017, Sdolzini, Rv. 268894, § 2.1. . In tal caso - ove sia corretto l’accertamento del decorso precoce del termine di prescrizione - al giudice penale è impedito, fin dal primo grado, di effettuare l’accertamento di responsabilità che legittima la condanna alle statuizioni civili Sez. un. 28911 ud. 28/03/2019 - deposito del 03/07/2019, Papaleo, § 6 Si ritiene cioè che - perché sussista la cognizione del giudice penale sulle statuizioni civili - sia necessario che sia stata pronunciata una sentenza di condanna penale almeno in primo grado. Solo tale evenienza legittima la trasposizione della pretesa civilistica in seno alla giurisdizione penale l’accorpamento del giudizio civile richiede infatti che la giurisdizione attrattiva penale sia attiva , almeno nella prima fase della progressione processuale, ovvero possa esprimersi attraverso l’effettuazione di un accertamento di responsabilità penalmente rilevante condizione che non si verifica quando il reato si estingue antecedentemente alla pronuncia della prima sentenza. Infatti sarebbe del tutto irrazionale e asistematica una soluzione interpretativa secondo cui la parte civile può ottenere dal giudice dell’impugnazione una statuizione di condanna al risarcimento dei danni sulla propria domanda che la legge vieta al giudice di primo grado Sez. 2, n. 52195 del 07/10/2016 - dep. 07/12/2016, P.C. in proc. Sciscione, Rv. 268668 conforme Sez. 1, n. 13941 del 08/01/2015, Rv. 263065 . Diverso è il caso in cui la prescrizione sopravvenga alla pronuncia anche assolutoria di primo grado, dato che in tal caso la Corte di appello adita dalla parte civile può riformare la prima decisione decidendo ora per allora anche sulle statuizioni civili con gli stessi poteri del primo giudice Sez. un. 28911 ud. 28/03/2019 - deposito del 03/07/2019, Papaleo § 6 . 2.4. Con specifico riguardo all’interesse ad impugnare il collegio rileva che nel caso, come quello di specie, in cui il primo giudice nonostante l’accertamento del decorso del termine di prescrizione ritenga prevalenti evidenti ragioni assolutorie, l’interesse è chiaramente individuabile nella rimozione della rilevanza del giudicato assolutorio nel giudizio civile previsto dall’art. 652 c.p.p. Sez. U, n. 40049 del 29/05/2008 - dep. 28/10/2008, P.C. in proc. Guerra, Rv. 2408140, § 14 Sez. un. 28911 ud. 28/03/2019 - deposito del 03/07/2019, Papaleo § 7.1.3. . Invece, nel caso in cui la sentenza di primo grado dichiari la prescrizione, l’interesse all’impugnazione appello e ricorso per cassazione permane con riguardo alla sola rivalutazione della correttezza della decisione in ordine all’effettivo decorso del termine di prescrizione Sez. un. 28911 ud. 28/03/2019 - deposito del 03/07/2019, Papaleo, § 7.3. . 2.5. In conclusione si ribadisce che l’art. 576 c.p.p. consente l’impugnazione della parte civile nei confronti di tutte le sentenze di assoluzione tuttavia se il termine di prescrizione risulta decorso prima della pronuncia della sentenza di primo grado, il secondo giudice, che ripete i poteri del primo, non può condannare alle restituzioni ed al risarcimento del danno, essendo le statuizioni civili escluse dall’area della cognizione penale fin dal primo grado. 2.6. Nel caso di specie la Corte di appello condannava l’imputato al risarcimento del danno decidendo sull’impugnazione proposta dalla parte civile nonostante la prescrizione fosse maturata antecedentemente alla pronuncia di primo grado di conseguenza, la condanna al risarcimento del danno deve essere eliminata in quanto decisa nonostante la cognizione ad essa relativa non fosse devolvibile. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili che elimina.